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NEWS | L’archeologia partecipata: al via lo scavo didattico a Palazzo Ingrassia (CT)

Protagonisti dell’attività di bonifica da sterpaglie e rifiuti dell’area dei giardini di Palazzo Ingrassia (via Biblioteca) sono stati gli studenti di Beni Culturali e Archeologia dell’Università di Catania. L’operazione di bonifica è stata necessaria in vista dell’avvio dello scavo archeologico previsto dal “Progetto  Archeologico di Montevergine“.

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Durante i lavori di bonifica dell’area da indagare
Il lavoro di bonifica

Le azioni di bonifica, alla quale seguirà lo scavo archeologico, sono state supportate anche dal Comitato popolare Antico Corso (che ha messo a disposizione la strumentazione per ripulire l’area e parte attiva del progetto) e dal Servizio Igiene urbana e ambientale del Comune di Catania. Un progetto che prevede attività di ricerca, didattica e divulgazione e che, soprattutto, consentirà per la prima volta di toccare con mano l’archeologia in un’esperienza pubblica e partecipata, aperta a studenti e ai cittadini.

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L’area di Palazzo Ingrassia (CT)
L’archeologia partecipata

Previsti anche interventi di valorizzazione dell’area con specifiche azioni di archeologia partecipata, dirette agli abitanti del quartiere e ai visitatori e turisti della città di Catania. Il progetto sarà realizzato dall’ateneo catanese in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali, il Parco archeologico di Catania e con il supporto logistico del Comune.

catania bonifica scavo archeologico
Gli studenti dell’Università di Catania impegnati nel lavoro di bonifica
Uno scavo archeologico con funzione didattica

«Gli interventi di scavo stratigrafico saranno avviati nelle prossime settimane e consentiranno di far scoprire l’archeologia da un punto di vista scientifico e didattico in un processo continuo e costante di integrazione con i residenti del quartiere». Ha spiegato così la docente Simona Todaro dell’ateneo catanese, responsabile del progetto, coadiuvata da Gioconda Lamagna del Parco archeologico di Catania e da Michela Ursino della Soprintendenza.

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NEWS | Carminiello ai Mannessi, nuovi scavi nel Centro storico di Napoli

Da alcuni giorni hanno avuto inizio le operazioni di rilievo archeologico dell’area archeologica di Carminiello ai Mannesi. L’area archeologica di età romana imperiale si trova in via Duomo, nel Centro Storico di Napoli

Precedentemente, a Settembre 2020, erano state effettuate numerose opere di riqualificazione dell’area. Infatti, il sito verteva in condizioni di abbandono talmente gravi da essere ignorato dai turisti. Tale incuria ha pregiudicato la valorizzazione e la fruizione dell’area, nonostante questa risulti essere di capitale importanza: il sito è una delle poche aree archeologiche napoletane ad aria aperta, essendo la città moderna costruita sulle rovine antiche.

Area Archeologica di Carminiello ai Mannesi (NA) prima della riqualificazione.

Il Centro Storico di Napoli è patrimonio UNESCO, queste nuove operazioni possono essere interpretate come un riavvio degli scavi archeologici, nell’ottica del progetto UNESCO per la sua valorizzazione. 

L’area archeologica di Carminiello ai Mannesi

Il sito archeologico si trova nella zona di Forcella, in Via Duomo, nelle vicinanze della grande opera dell’artista Jorit rappresentante il grande San Gennaro.

I resti appartengono al periodo romano-imperiale (I sec. a.C.- II sec. d.C.) e consistono in un grande complesso edilizio, con la presenza anche di terme e di un santuario di Mitra. Le rovine scoperte durante la seconda guerra mondiale e messe in luce dopo i bombardamenti del 1943, sono uno dei pochi siti visibili dell’antica Neapolis e sono tutelati dalla Soprintendenza Archeologica napoletana.

Area Archeologica di Carminiello ai Mannesi (NA).
L’Area Archeologica vista da Via Duomo-Forcella (NA).

 

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NEWS | Milano, in via Zecca Vecchia riemerge una zona archeologica di 3800mq

A due passi dalla Biblioteca Ambrosiana di Milano è venuta alla luce una grande area di interesse archeologico. Si trova in via Zecca Vecchia, una zona circondata da palazzine in cui erano stati avviati dei lavori di edificazione di un albergo. In questo spazio, infatti, sede dell’ex garage/rimessa Sanremo e da poco demolito, la ditta ha interrotto le attività per indagare meglio il sito rinvenuto.

Quest’area è molto vicina alla zona di piazza San Sepolcro, dove si trovava il Foro romano di Mediolanum. Alla luce di ciò, gli archeologi prevedono uno scavo difficile e importante al medesimo tempo, atto a comprendere qualcosa in più riguardo la stratigrafia dell’area e ad identificare, quindi, le fasi di transizione. La Soprintendenza di Milano è già sul campo per coordinare le operazioni: Annamaria Fedeli ha ottenuto la direzione scientifica dello scavo; l’obiettivo è indagare non solo le preesistenze romane, ma anche le probabili tracce del periodo precedente. Purtroppo, le operazioni richiederanno tempo e l’impresa sarà abbastanza delicata: questa parte del centro milanese, soprattutto nel periodo fascista, ha subito opere di abbattimento e riedificazione.

via Zecca Vecchia
Via Zecca Vecchia (MI) vista dall’alto

(Immagine di copertina dal Corriere della Sera)

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NEWS | Apre al pubblico l’area archeologica di via San Cosimo (Verona)

La Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza e l’associazione culturale Archeonaute hanno presentato l’accordo. L’intesa ha l’obiettivo di valorizzare l’area archeologica di via San Cosimo 3 a Verona, rendendola finalmente fruibile al pubblico. Precedentemente l’acceso al sito era consentito esclusivamente con l’autorizzazione della Soprintendenza e dell’Istituto Suore Figlie di Gesù, sotto il quale è collocato.

L’area archeologica sarà aperta tutte le settimane gratuitamente con visite guidate, attività didattiche e servizi di prenotazione gestiti dell’associazione Archeonaute. Inoltre, l’apertura dell’area archeologica vedrà anche il supporto di pannelli illustrativi.

Via San Cosimo
Pannello illustrativo della Domus romana di via San Cosimo (fonte: Soprintendenza per Verona, Rovigo e Vicenza)

La storia dell’area sotterranea di Via San Cosimo

Il sito archeologico ha un significativo valore storico per la ricostruzione topografica dell’antica Verona. Infatti, i resti, in ottimo stato di conservazione, permettono di comprendere come erano costruite le mura romane della città. La storia di questo diamante sotterraneo dell’Archeologia ha inizio nell’età municipale romana (metà I sec. a.C.). Difatti, al suo interno, è conservata anche la porzione di una ricca domus romana, con i suoi pavimenti mosaicati e affreschi parietali.

Via San Cosimo
Mosaico a nido d’ape della Domus di via San Cosimo (fonte: Soprintendenza per Verona, Rovigo e Vicenza)

 

La città vide dei mutamenti durante il Medioevo: le mura primarie furono dotate di speroni e torri difensive. Inoltre, Re Teodorico fece costruire una cinta muraria secondaria con materiali di reimpiego da edifici romani. Le nuove mura sono tutt’ora visibili a 10 metri dalle mura originarie, al loro interno si notano i blocchi di spoglio: sui più visibili corrono due epigrafi romane capovolte.

La cinta muraria secondaria di Re Teodorico (fonte: Soprintendenza per Verona, Rovigo e Vicenza)

Il sito fu scoperto nel 1971 durante dei lavori di servizio, gli scavi furono eseguiti dall’allora Soprintendenza alle Antichità di Venezia. Da oggi diventerà un percorso archeologico.

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ARCHEOLOGIA | L’area archeologica di Fiesole (FI)

Gli scavi nell’area archeologica di Fiesole comprendono un teatro romano, le terme, un tempio etrusco-romano e un museo archeologico, che custodisce reperti datati dal III sec. a.C. al II sec. a.C.

L’area archeologica, delimitata a nord dalle mura etrusche, conserva le tracce della storia fiesolana: sul tempio etrusco di IV secolo a.C. i Romani, dopo aver conquistato la città nel I secolo a.C., costruirono un altro tempio e arricchirono l’area con il teatro e le terme. Presso la zona sacra del tempio, una necropoli testimonia il successivo utilizzo dell’area.

Il Teatro romano

Costruito tra l’inizio del I secolo a.C. e gli inizi del I d.C., è stato il primo edificio dell’area a destare interesse e ad essere scavato: le sue rovine devono essere sempre state visibili, se nel Medioevo e nei secoli successivi il luogo veniva indicato dai paesani come “Buca delle Fate”, a testimonianza dei suggestivi racconti che volevano che le Fate Fiesolane, simbolo di un tempo felice, si fossero nascoste in oscure cavità sottoterra, per non vedere l’orribile scempio che fecero i Fiorentini dopo aver conquistato la città nel 1125.

Nel 1809 il Barone prussiano Friedman von Shellersheim, scavando alla ricerca di oggetti preziosi, sostenne di aver trovato presso le antiche strutture del teatro due ricchi corredi, ma la notizia rimane difficilmente verificabile. Gli scavi per la messa in luce del teatro furono ripresi in modo sistematico nel 1870 e si conclusero tra il 1882 e il 1900, con la ricostruzione della parte sinistra delle gradinate (cavea), anche in vista della fruizione da parte del pubblico.

L’edificio si presentava con un’ampia cavea semicircolare, ricavata in parte nella roccia della collina, e quattro vomitoria, da cui si accedeva alla galleria crypta coperta, che doveva sostenere un porticato o un altro ordine di posti, del quale, però, non rimangono tracce. La cavea era divisa in quattro settori per mezzo di strette scalette, che permettevano al pubblico di prendere posto più facilmente. In basso si trova l’orchestra e, di fronte, lo spazio dedicato alla rappresentazione teatrale; un muro con nicchia centrale, il pulpitum, delimitava frontalmente il palcoscenico, proscenium, dietro al quale si ergeva la scaena frons, di cui non rimangono strutture architettoniche, ma solo la fondazione e alcune decorazioni marmoree.

Le Terme

Dietro al teatro vi sono i ruderi delle terme, risalenti ai tempi di Silla (I secolo a.C.), restaurate ed ingrandite in epoca adrianea. Furono scoperte nel 1891, quando, finalmente, si poté dare una funzione alle tre arcate da sempre visibili: esse, difatti, costituivano la terrazza delle terme verso valle.

Le terme si trovano lungo le mura e sono costituite dai tre classici ambienti del calidarium, tepidarium e frigidarium, più altre vasche e stanze. Una piscina rettangolare e due vasche (una delle quali a immersione) servivano per i bagni pubblici: sul loro fondo furono trovate molte anfore, usate per depurare l’acqua, raccogliendo le impurità che andavano a fondo.

Si trovano i resti di locali per il riscaldamento dell’acqua e la produzione di vapore, che, a mezzo di condutture di piombo o di terracotta, si distribuiva nei vari locali. Nel calidarium, caratterizzato dal pavimento in cocciopesto, arrivava acqua bollente, mentre nel tepidarium (costituito da tre vasche) era raccolta l’acqua tiepida e, infine, nel frigidarium si trovava acqua fredda; il frigidarium è suddiviso da una struttura ad archi (che è stata ricostruita) che ha una forma semicircolare e si trova accanto alle latrine. Forse esisteva anche un criptortico che separava le vasche. Alcune delle strutture sono state ricostruite in seguito agli scavi.

Il Tempio

Il tempio etrusco-romano venne costruito tra la seconda metà del IV secolo a.C. e il II sec. a.C., sebbene l’area fosse in uso per rituali sacri almeno dal VII secolo a.C. Fu scavato all’inizio del Novecento e molto probabilmente corrisponde all’antico Capitolium fiesolano.

La cella è la parte più antica ed è divisa in tre parti: ciò ha fatto supporre che il tempio fosse dedicato a Giove, Giunone e a Minerva (quest’ultima attribuzione quasi certa, come suggerirebbe un bronzetto ellenistico raffigurante un gufo trovato nei paraggi e ora esposto nel museo). Davanti al tempio c’è una piccola ara in pietra arenaria decorata (IV secolo a.C. – III secolo a.C.). In epoca repubblicana il tempio venne ricostruito, innalzato e ingrandito sia sulle ali che sulla parte frontale, in parte riutilizzando le murature dell’edificio precedente. La gradinata, ben conservata, ha sette scalini e giunge allo stilobate su cui sorgevano le colonne del portico, sormontato dal frontone del tempio. La parte più lunga dello stilobate fa supporre che il porticato allacciasse il tempio al Collegium.

A sinistra si vedono le basi di tre colonne residue del porticato che circondava la cella. Fra questi ruderi sono state ritrovate monete di bronzo e d’argento (III secolo a.C. – X secolo d.C.). In questo luogo, inoltre, sono stati ritrovati i resti di un sepolcreto barbarico di epoca longobarda (VII-VIII secolo d.C.), costruito su un’area della cella, e i ruderi di un tempio cristiano, sorto sui resti di quello pagano intorno al III secolo d.C.