Autore: Giulia Musmeci

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Luigi Pirandello, il premio Nobel siciliano

L’evento 

Il 10 dicembre 1936 moriva a Roma Luigi Pirandello, uno degli scrittori e drammaturghi italiani più influenti del Novecento, premio Nobel per la letteratura nel 1934.

Pirandello mentre fuma una sigaretta nel suo studio (immagine presa via lebiografie.it)
Pirandello mentre fuma una sigaretta nel suo studio (immagine via lebiografie.it)

Formazione 

Luigi Pirandello nacque in Sicilia il 28 giugno 1867, a Girgenti, l’attuale Agrigento. Egli crebbe in una famiglia relativamente agiata dal punto di vista economico, legata ad un patriottismo antiborbonico. Questo influenzò la sua educazione e i suoi ideali politici. 

Inoltre, furono importanti nella formazione letteraria dell’autore tre ambienti: quello siciliano, pieno di suggestioni magico-popolari, quello romano, che lo avvicina a Luigi Capuana e quello tedesco, dove scoprirà Nietzsche e Freud

Poetica 

Nel 1889 pubblica la sua prima opera: la raccolta poetica, Mal Giocondo. Nel 1904 l’autore pubblicò sulla rivista Nuova Antologia Il fu Mattia Pascal. In questo romanzo troviamo i tratti caratteristici delle sue opere: come l’umorismo, la derisione della borghesia, la presenza della psicoanalisi, la teoria delle maschere nello stesso individuo ed il relativismo. Tra le altre opere si ricordano: L’Esclusa (1901), Quaderni di Serafino Gubbio operatore (1916/1925), Sei personaggi in cerca d’autore (1921), Enrico IV (1922), Novelle per un anno (1922), Ciascuno a suo modo (1924), Uno, nessuno e centomila (1925), Questa sera si recita a soggetto (1930) ed i Giganti della montagna, pubblicata postuma (1937).

Prima edizione de Il fu Mattia Pascal (immagine via pirandelloweb.com)

L’eredità pirandelliana 

Insieme a Franz Kafka, Robert Musil e James Joyce, Luigi Pirandello introdusse un nuovo approccio al racconto breve e al romanzo, liberandolo dalle arretratezze del romanzo ottocentesco. Infatti, se l’impalcatura esterna continuò a sembrare tradizionale, i contenuti inseriti furono quelli delle avanguardie del primo Novecento: l’Espressionismo e il Surrealismo. Infine, ancora oggi le opere dello scrittore siciliano, continuano ad essere studiate e tradotte in tutto il mondo. 

 

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Pearl Harbor: le Hawaii in fiamme sotto l’attacco giapponese

L’evento

Il 7 dicembre 1941 il Giappone attaccò la base americana di Pearl Harbor, nelle Hawaii. Si trattò di un pesante colpo per gli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale, tanto che, dal giorno successivo, gli USA, neutrali fino a quel momento, entrarono in guerra.

Prima dell’attacco

Gli U.S.A all’inizio del conflitto non presero parte alle ostilità, ma si dichiararono dalla parte della democrazia, mettendosi indirettamente contro l’Italia, la Germania ed il Giappone.

La situazione precipitò quando quest’ultimo invase Saigon, una regione dell’Indocina francese, il 24 luglio 1941. Gli Stati Uniti, sentendosi minacciati, risposero con il blocco delle esportazioni di materie prime verso il Giappone, che ne era carente.

A questo punto la potenza orientale decise di sferrare un attacco a tradimento alla base militare americana di Pearl Harbor. Difatti, non c’era stata alcuna dichiarazione di guerra contro gli Stati Uniti, tutto avvenne all’improvviso.

Veduta del porto di Pearl Harbor

L’attacco

L’offensiva giapponese incominciò all’alba del 7 dicembre 1941, esattamente alle 3:42, quando l’aviazione e la flotta imperiale nipponica entrarono nel radar della base di Pearl Harbor, nelle Hawaii. Lo stato di allerta venne diramato solo a partire dalle 7:58 dal capitano Logan Ramsey.

L’assalto si protrasse fino al pomeriggio con la sconfitta degli U.S.A, che non seppero organizzare una controffensiva adeguata. I giapponesi, invece, guidati dall’ammiraglio Isoroku Yamamoto riuscirono a danneggiare gravemente le navi ancorate al porto e a distruggere ben quattro corazzate (navi da guerra con un rivestimento, o meglio corazza, in acciaio o ferro), ovvero la California, la Nevada, l’Arizona e l’Oklahoma che si capovolse. La United States Pacific Fleet ne uscì semidistrutta. I danni furono ingenti a causa dei molteplici incendi che si svilupparono; soprattutto fu elevato il numero di vittime e feriti tra soldati e civili. Si contano circa 2403 militari e 57 civili tra i morti. Fortunatamente, i portaerei non trovandosi nella base hawaiana, vennero risparmiati.

L’U.S.S. Shaw, uno dei cacciatorpedinieri americano, avvolto dalle fiamme (immagine via New York Times)

Dopo l’attacco

La manovra aggressiva del Giappone ebbe l’effetto di rompere la non belligeranza statunitense. Gli Stati Uniti, infatti, l’8 dicembre 1941 dichiararono guerra al Giappone e ai suoi alleati. Di contro l’Italia e la Germania si schierarono contro gli americani. Ormai era diventato un conflitto di portata mondiale. Non solo.

Gli americani non dimenticarono mai quanto successe a Pearl Harbor e verso la fine della Seconda Guerra, per far arrendere il Giappone, sganciarono l’arma più spaventosa che l’uomo avesse mai visto: la bomba atomica.

In copertina: la corazzata americana Arizona completamente distrutta dai bombardamenti (immagine via Britannica.com)