Cominciano a riprendere vita i musei dell’Università di Catania. Dopo le riaperture del Museo dei Saperi e delle Mirabilia Siciliane al Palazzo centrale, con un nuovo allestimento e insieme con la mostra “Etna 1669. Storie di lava”, e dell’Orto Botanico, il 7 luglio 2021 altre due strutture del Sistema museale dell’Ateneo riapriranno le porte ai visitatori presentando nuovi allestimenti.
Il “nuovo” Museo di Mineralogia, Petrografia e Vulcanologia
Alle 12.30, al Palazzo Ingrassia del Dipartimento di Scienze Umanistiche, sarà inaugurato, con la cerimonia “Alla scoperta di Catania antica”, il nuovo allestimento del Museo di Archeologia in cui sono riposti i reperti archeologici della provincia etnea della collezione Guido Libertini. Sarà, inoltre, presentato il Progetto Archeologico Montevergine che prevede lo scavo nei giardini di Palazzo Ingrassia, diretto da Simona Todaro in collaborazione con la Soprintendenza di Catania, il Parco Archeologico di Catania, e con il supporto logistico del Comune di Catania, e la valorizzazione dell’area, anche attraverso specifiche azioni di archeologia partecipata dirette agli abitanti del quartiere e ai visitatori della città di Catania.
In copertina: vetrina del Museo Archeologico dell’Università di Catania – foto: MAUC.
L’Etna è il vulcano più alto d’Europa, ma anche uno dei più attivi al mondo da sempre. La Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania ha infatti organizzato una mostra sull’eruzione del 1669. Etna 1669. Storie di lava a 350 anni dalla grande eruzione sarà inaugurata il 28giugno, alle ore 18, al Palazzo Centrale dell’Università di Catania e sarà visitabile fino al 30 ottobre 2021.
La tremenda eruzione del 1669
L’eruzione dell’Etna nel 1669 costituisce uno degli eventi più importanti di tutta la storia vulcanologica italiana. Un enorme fiume di lava distrusse la pendice meridionale dell’Etna e i paesi che sorgevano a valle. Frequenti scosse sismiche si aggiunsero al panorama generale di devastazione aprendo delle fenditure eruttive.
Dopo il collasso del grande cratere centrale, il fiume si ramificò in tre bracci e prese così la direzione di Catania. Il 23 aprile del 1669 il fuoco raggiunse il litorale e abbracciò il Castello Ursino, ampliando pian piano la linea di costa con oltre un chilometro di lava. Per una ventina di giorni Catania fu invasa dal fiume di fuoco: molti cittadini rimasero senza tetto e, poco a poco, la città si spopolò. La devastazione di 16 chilometri di colata lavica durò complessivamente ben 122 giorni.
Non è la prima volta, però, in cui Catania fa i conti con la potenza smisurata dell’Etna, ma questa è stata l’unica eruzione in grado di distruggerla, insieme ad altri quindici paesi etnei.
Il prof. Marco Viccaro è il nuovo presidente dell’Associazione Italiana di Vulcanologia, la comunità vulcanologica nazionale che riunisce università ed enti di ricerca. Il docente di Geochimica e Vulcanologia del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania è stato eletto, dunque, nei giorni scorsi alla guida della Società per il triennio 2021-2023.
«L’Associazione Italiana di Vulcanologia ha come obiettivo il perseguimento di finalità culturali e sociali tramite attività mirate alla promozione e alla valorizzazione della cultura vulcanologica e del territorio. La presenza di vulcani attivi e la conseguente natura vulcanica di una parte significativa del territorio italiano rendono il nostro Paese una palestra naturale per lo svolgimento di tali attività» – spiega il prof. Viccaro.
Cosa avrà in serbo l’Associazione di Vulcanologia per il nuovo triennio?
Tra gli obiettivi della Società vi è anche l’organizzazione e promozione di convegni ed escursioni, finalizzati all’approfondimento delle conoscenze vulcanologiche; fanno riflettere anche le problematiche collegate alla tutela del patrimonio naturale, alle risorse e al rischio vulcanico. L’Associazione è impegnata a migliorare anche l’insegnamento e la formazione nel campo della vulcanologia e per affermarne le valenze didattiche, educative e professionali; il tutto pure mediante l’organizzazione di scuole rivolte a studenti universitari di vario livello e giovani ricercatori. L’ultima grande iniziativa dell’Associazione è stata la Conferenza Rittmann che si è svolta nel febbraio del 2020 al Monastero dei Benedettini.
Un nuovo studio, coordinato dal prof. Marco Viccaro del Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania, presenta dati all’avanguardia sulle eruzioni vulcaniche a Stromboli.
La necessità di nuovi interventi per incrementare il livello di allerta sull’isola
Lo studio, pubblicato oggi sulla prestigiosa rivista Scientific Reports del gruppo Nature, ha definito i processi e i tempi di innesco delle eruzioni parossistiche, altamente esplosive, del vulcano Stromboli nell’estate del 2019. Al tempo stesso suggerisce la necessità di nuovi interventi per incrementare il livello di allerta sull’isola, per mitigare i rischi associati ai fenomeni eruttivi.
La ricerca, dal titolo Shallow conduit dynamics fuel the unexpected paroxysms of Stromboli volcano during the summer 2019, è coordinata da Marco Viccaro, docente di Geochimica e Vulcanologia al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’ateneo catanese. L’analisi è stata sviluppata in collaborazione con un team di ricercatori dell’Università di Catania, dell’Università della Calabria, dell’Università di Perugia e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
L’elaborazione dei dati micro-analitici alla base della ricerca
Alla base della ricerca l’elaborazione di dati micro-analitici d’avanguardia, ottenuti su cristalli portati alla luce e inclusi nei prodotti piroclastici emessi nel corso della straordinaria attività eruttiva dello Stromboli del 3 luglio e del 28 agosto 2019. Le informazioni sono state integrate anche con dati geofisici relativi alle deformazioni dei fianchi del vulcano registrate nei minuti precedenti le eruzioni parossistiche.
L’interesse della vulcanologia moderna verso questa tipologia di attività deriva dal carattere spiccatamente inaspettato di queste fenomenologie eruttive, che incrementa esponenzialmente i rischi per la popolazione e per le attività antropiche, specialmente turistiche, sull’isola, in quanto risulta pressoché “invisibile” agli attuali strumenti di early warning propedeutici per la mitigazione dei rischi stessi, ha spiegato il prof. Marco Viccaro.
“Attraverso modelli di diffusione intra-cristallina avanzati, capaci di estrarre i tempi di movimento di specifici elementi volatili contenuti all’interno dei cristalli, e l’integrazione delle informazioni relative alle deformazioni del suolo, il gruppo di ricerca ha ricostruito i meccanismi e i tempi che portano all’escalation di fenomeni in grado di scatenare simili eruzioni parossistiche allo Stromboli“, continua il docente dell’ateneo catanese. “Finora la letteratura scientifica ha attribuito le cause primarie per lo sviluppo delle eruzioni parossistiche a processi bottom up, ovvero a ricariche veloci di magmi ricchi in gas, provenienti dai livelli più profondi del sistema di alimentazione del vulcano. L’innovazione apportata con il presente studio si basa sul fatto che l’innesco di eruzioni parossistiche sia, invece, da attribuire a processi top down del tutto accidentali, dovuti ad esempio a repentine modifiche della geometria delle parti più superficiali dei condotti, oppure a ostruzioni transienti degli stessi. Ne consegue che le tempistiche per l’attivazione dei fenomeni eruttivi dell’estate 2019 a Stromboli siano risultate estremamente rapide, ovvero comprese in un range da poche decine di secondi e fino a 2-3 minuti”.
Le implicazioni emergenti da questo studio – conclude il prof. Marco Viccaro – sono rilevanti poiché mettono di fronte alla comunità scientifica vulcanologica e alle autorità preposte alla protezione civile un quadro di sostanziale incapacità, dell’attuale sistema di early warning presente sull’isola, di anticipare con sufficiente preavviso eventi eruttivi di questa portata, stimolando dunque la ricerca di nuovi parametri e segnali precursori utili per incrementare il livello di allerta a preludio di queste fenomenologie.
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