villa romana

News

NEWS | Venafro (IS), scoperta villa tardo imperiale durante i lavori per la rete elettrica

Durante gli scavi per la realizzazione delle fondazioni di un traliccio elettrico nella piana di Venafro (IS) sono emerse quattro sepolture e numerose strutture, che facevano parte di una grande villa romana.

Le indagini archeologiche

Sul posto erano già presenti gli archeologi per l’assistenza al cantiere, che hanno subito avviato le indagini. Per prima cosa, lo scavo ha riguardato le quattro sepolture di età successiva all’abbandono della villa. La lettura stratigrafica ha attribuito a queste sepolture una datazione all’Alto Medioevo, che potrebbe essere confermata da future analisi antropologiche. Al di sotto dello strato destinato a uso funerario, si trovano le strutture e gli ambienti di quella che è stata identificata come la pars rustica della villa.

Per comprendere la natura e l’estensione delle strutture intercettate, l’indagine archeologica si è estesa a un’area di 900 metri quadri. Lo scavo di queste strutture ha permesso di ricostruire la loro finalità d’uso: si tratta della parte produttiva di un’importante villa romana. Il rilevamento di diverse opere di risistemazione edilizia ha permesso agli studiosi di distinguere due fasi di costruzione della villa: una di età tardo repubblicana e una di età tardo imperiale.

“La parte produttiva, spiega il dottor Luca Coppola, presenta una serie di ambienti con fornaci per la lavorazione del materiale, magazzini e ambienti di stoccaggio per le derrate alimentari. Conosciamo l’ultima fase di vita della villa grazie ad uno degli oggetti più belli che abbiamo ritrovato: un anello sigillo in bronzo che reca il nome di Maecius Felix, databile al IV secolo d.C”.

Oltre all’esame delle tecniche costruttive, la datazione delle fasi abitative della villa è stata resa possibile dai reperti rinvenuti durate gli scavi. Il ritrovamento di due tegole, bollate con il nome di M. Clodio, colloca nel I secolo d.C. l’utilizzo della fornace, ritrovata in uno degli ambienti indagati, per la produzione proprio di tegole e mattoni. L’anello con sigillo appartenuto a Maecius Felix, invece, appartiene all’ultima fase della villa, cioè tra la fine del IV e l’inizio del V secolo d.C., periodo in cui Maecius Felix era patrono di Venafro e governatore della provincia del Sannio.

Archeologia preventiva, un iter perfettamente seguito con Terna

Dal 2018, nella piana di Venafro sono in corso i lavori per il rinnovo della rete elettrica Capriati-Presenzano. La società Terna, che cura i lavori di rinnovo della rete elettrica in quest’area, si è interfacciata con i vari enti per avere i nulla osta necessari ai lavori, tra cui la Soprintendenza per le valutazioni sull’impatto archeologico dei lavori. La tempestiva indagine archeologica del sito è stata resa possibile dalla corretta sinergia tra Terna e la Soprintendenza, come spiega la dottoressa Maria Diletta Colombo della Sabap Molise:

In questo caso, con Terna è stato eseguito perfettamente l’iter di archeologia preventiva prevista dalla normativa. Nello specifico, dopo la trasmissione dei documenti di valutazione d’impatto preliminare, si è proceduto all’assistenza archeologica per lo scavo dei sostegni del traliccio”.

Durante i lavori per la rete elettrica nella piana di Venafro, sono state trovate due ville rustiche, di cui questa rinvenuta recentemente risulta la meglio conservata.

 

News

NEWS | Volpiano (TO), scoperta una necropoli romana con 44 tombe del I secolo d.C

Durante i sondaggi preliminari per la costruzione del nuovo parco fotovoltaico Eni di Volpiano (TO), appena pochi centimetri sotto la superficie del terreno, è venuta in luce una necropoli di epoca romana.

La necropoli ha restituito 44 tombe, i cui corredi erano costituiti da preziose coppe in vetro, vasi in ceramica e iscrizioni in latino. Il perfetto stato di conservazione dei reperti deve la sua fortuna alla natura sterile e pietrosa del terreno: sebbene si trovasse solo pochi centimetri sotto la superficie, infatti, l’inutilizzo del terreno ha fatto si che la necropoli restasse invisibile e incorrotta fino a oggi.

La presenza romana in quest’area era già nota agli archeologi, grazie al ritrovamento di una villa rustica di età imperiale avvenuto casualmente, durante i lavori per la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Milano. La villa è situata a soli 10 km dal luogo della necropoli, tra Brandizzo e Volpiano.

Proprio per la vicinanza con la villa, i lavori per la costruzione del parco fotovoltaico sono stati progettati con cautela. Eni e la Soprintendenza hanno effettuato dei sondaggi preliminari, affinché la posa dei pannelli fotovoltaici non distruggesse nulla, costringendoli a un improvviso stop dei lavori.

Il Sindaco di Volpiano, Emanuele De Zuanne, ha commentato:

“In base al presunto tracciato della centuriazione romana (l’antica organizzazione agraria del territorio) e ai precedenti ritrovamenti era ipotizzabile rinvenire qualcosa nel sito interessato dal nuovo impianto. Questi reperti sono le più antiche testimonianze presenti nel territorio di Volpiano ed è intenzione dell’amministrazione comunale mostrarli al pubblico, prima in una mostra temporanea e successivamente in una sede permanente”.

News

ARCHEOLOGIA | Resti di un sistema di riscaldamento in età romana: le terme della villa romana di Patti marina

Gli scavi archeologici della villa romana di Patti marina sono intrapresi dalla Soprintendenza Archeologica di Siracusa nel 1973. Essi, oltre a mettere in luce gli ambienti più lussuosi del complesso architettonico, sono riusciti a identificare un settore della residenza extraurbana piuttosto importante: le terme.

Gli impianti termali in età romana

Le terme rappresentavano uno dei principali luoghi di ritrovo in età romana, a metà strada, per paragonarle ai tempi moderni, tra una Spa e un centro ricreativo.
Le ragioni che spingevano gli antichi Romani a frequentare questi luoghi non erano solo riconducibili ad esigenze personali, quali la cura del corpo e l’igiene personale. Venivano usati, infatti, anche per scopi di carattere sociale. Era qui, infatti, che spesso ci si dava appuntamento per discutere degli affari politici.

Dal punto di vista planimetrico, le terme erano contraddistinte da una successione di tre ambienti. Questi, sottoposti a varie temperature, sono noti con il nome di calidarium, tepidarium e frigidarium.

Ma da dove proveniva tutto quel calore?

I Romani avevano escogitato un sistema di riscaldamento efficace: il sistema dell’hypocaustum.

Ricostruzione del sistema dell’hypocaustum.

Questo sistema di riscaldamento prendeva il nome dall’ambiente di combustione, l’ipocaustum per l’appunto, che veniva alimentato da un forno chiamato praefurnium, posto al di sotto dei pavimenti dei calidaria. Attraverso questo sistema, l’aria calda proveniente dal basso veniva convogliata agli ambienti soprastanti e alle pareti attraverso pilastrini di mattoni, alti circa 50 cm, chiamati suspensurae.

Secondo quanto riportato da Vitruvio nel De Architettura, per la realizzazione del pavimento superiore veniva utilizzata una malta: una miscela di argilla frammista a crini di cavallo, a cui veniva adagiato uno strato di argilla e uno spesso strato di cemento, miscelato con mattoni sbriciolati. Al di sopra di questo livello pavimentale si andava a costituire l’ultimo strato della pavimentazione, contraddistinto da lastre di marmo e frammenti musivi.

Dove si trovano i resti della terme nella villa romana di Patti marina?

Villa romana di Patti marina- Planimetria degli impianti termali.

I locali degli ambienti termali sono stati intercettati a Nord-Est del peristilio.
Il ritrovamento di pavimenti provvisti di suspensurae, insieme ai resti di un praefurnium e di  vasche, denuncerebbe chiaramente la destinazione dell’area come impianto termale.

News

ARCHEOLOGIA | La celebrazione del dominus nella tradizione figurativa delle ville romane. I mosaici della villa di Patti marina

Nel volume “Sicilia. Guida archeologica Laterza” la villa romana di Patti marina viene definita dagli archeologi Filippo Coaerelli e Mario Torelli “un’ importantissima testimonianza del lusso dell’aristocrazia romana e locale” d’età tardo antica.

Che cosa farebbe trapelare questa espressione, ai fini di una corretta ricostruzione storica del sito? Senz’altro, quello di una villa rustica, che non assolve solo la funzione di una grande residenza agricola, basata sullo sfruttamento della manodopera servile, ma costituisce anche un mezzo di ostentazione del potere sociale e politico del dominus

Che ruolo, dunque, hanno avuto le immagini per la trasmissione di questo tipo di messaggio? e, dal punto di vista storico-artistico, che tipo di schema decorativo sceglie la classe dirigente per manifestare la propria ricchezza?

Ecco, quindi, che troviamo nella villa romana di Patti marina la presenza del mosaico policromo.

Villa romana di Patti marina- sala tricora. Pavimento musivo.

Il mosaico, in età romana, secondo quanto riportato da Plinio il Vecchio e da Vitruvio, consisteva in una composizione artistica figurativa di grande pregio, in cui venivano adoperati piccoli frammenti di varia composizione (basalto, marmo, travertino, pasta vitrea ecc..) definiti tessere musive. Lo schema decorativo, ottenuto dall’accostamento di queste tessere, era il frutto di un lavoro estremamente particolareggiato e meticoloso, tale da essere di prerogativa della classe più abbiente. Pertanto, più le tessere erano piccole e pregiate, più il costo della manodopera aumentava.

La presenza di questa tecnica decorativa tenderebbe senz’altro a sottolineare l’ importanza e la ricchezza della villa romana di Patti marina in età tardo antica.

Dove si trovano i mosaici più significativi della villa di Patti?

Villa romana- Planimetria ricostruttiva. Indicazione degli ambienti intorno al peristilio.

I mosaici sono stati rinvenuti nei vani distribuiti intorno alla corte centrale della villa. Tra questi, quelli più famosi e allo stesso tempo più esplicativi a livello ideologico, si trovano nella sala tricora, il triclinium.

Proprio qui, nel luogo in cui il dominus intratteneva i suoi ospiti, troviamo degli interessatissimi mosaici figurati, molto simili al ciclo dei mosaici della “ Grande caccia”  attestati nella villa del Casale a Piazza Armerina. Al centro del vano, all’interno dei medaglioni ottagonali e circolari, troviamo la rappresentazione di vari animali: cervi, asini selvatici, cinghiali. Tra questi, spicca un riquadro ottagonale in cui è inscritta una grande tigre che gioca con la palla. Per i caratteri stilistici e tecnici, i mosaici emersi nella sala tricora sarebbero, in qualche modo, riconducibili a maestranze africane che giunsero in Sicilia in seguito a intensi scambi commerciali.

Villa romana di Patti marina- sala tricora. Particolare musivo

La ciclicità della terra, allusiva allo sfruttamento agricolo del territorio, è stata rappresentata, invece, nel tablinium. All’interno di rettangolo, in cui è inscritto un medaglione circolare, sono state rinvenute le personificazioni delle stagioni. Oggi, delle quattro figure, si conservano soltanto la “primavera” e “l’inverno”.

Villa romana di Patti marina- peristilio. Tablinum.

I mosaici della villa di Patti si inseriscono, pertanto, nel cosiddetto “ciclo dei latifondi”.

L’adozione di questo tipo di immagini, quindi, non solo aveva un preciso scopo celebrativo, ma diveniva anche il mezzo di comunicazione del valore “estetico” del complesso architettonico.

Cristina Acacia

News

ARCHEOLOGIA | Alla riscoperta della villa romana di Patti marina

Villa romana di Patti marina- I mosaici della sala tricora. Veduta da Sud.

A soli 10 km dal sito archeologico di Tyndaris, nel piccolo centro di Patti, si trova una delle ville romane tardo antiche più famose di Sicilia: la villa romana di Patti marina.

Dal momento in cui sono stati messi in luce i primi lembi pavimentali, la villa romana di Patti marina viene equiparata alle più grandi e ricche residenze extraurbane tardo imperiali di Sicilia: la villa del Casale di Piazza Armerina e la villa del Tellàro presso Noto.

La riscoperta di questo interessantissimo sito archeologico è avvenuto in circostanze del tutto occasionali nell’agosto 1973.

Tracce di strutture murarie sono state intercettate durante i lavori di costruzione del viadotto autostradale Messina-Palermo e opportunamente documentate dalla Soprintendenza Archeologica per la Sicilia Orientale, grazie all’archeologo Giuseppe Voza.

La villa romana di Patti marina

Gli interventi di scavo, condotti a più riprese dalla Soprintendenza Archeologica di Siracusa e poi dalla Soprintendenza per i Beni culturali e Ambientali di Messina, hanno permesso di accertare che la villa fu costruita nel corso del IV secolo d.C., impiantandosi al di sopra di strutture precedenti, comprese tra il I e il III secolo d.C.; il suo sviluppo edilizio ricevette, poi, una battuta d’arresto in età bizantina, quando un violento terremoto ne sconvolse completamente l’aspetto, determinando il crollo di gran parte degli elevati. La villa venne poi rifrequentata a più riprese fino al IX d.C.

Oggi, sfortunatamente, il pessimo stato di conservazione in cui versano i resti archeologici impedisce una chiara lettura di insieme del sito.

Come doveva essere, dunque, la villa in origine? Cerchiamo di ricostruirne l’ aspetto originario attraverso una planimetria ricostruttiva.

Villa romana di Patti marina- Planimetria ricostruttiva.

L’ingresso principale avviene dal settore Ovest: da qui ci si immette direttamente all’interno di un grande cortile centrale (33,50 x 25 m), che costituisce il nucleo attorno a cui si snodano i vari ambienti. L’accesso ai vani è dato da un portico largo circa 3,40 m, sostenuto da pilastri quadrangolari, posti ad una distanza di circa 2,20-2,40 m gli uni dagli altri.

A Sud del peristilio, attraverso un ingresso tripartito con due colonne, vi è l’accesso a una delle sale di rappresentanza della villa, il triclinium, nota anche come sala tricora: la ricchezza di questo ambiente viene conferito dai pavimenti musivi, caratterizzati da rappresentazioni zoomorfe e vegetali che rievocano i mosaici della “Grande caccia”, presenti nella villa del Casale di Piazza Armerina.

Villa romana di Patti marina- sala tricora. Particolare musivo.

A Nord-Est della sala tricora, si trova un’aula absidata porticata, ai lati della quale si dispongono una serie di ambienti rettangolari, chiusi da pilastri angolari e coperti da semicupole chiuse.

Infine, vi sono le terme, struttura che non poteva di certo mancare in una villa romana, .

Gli ambienti termali si dispongono a Est della corte centrale: qui sono state riconosciute le tracce di un frigidarium, con annessa vasca, insieme agli altri sistemi di riscaldamento. Nel VII secolo d.C., questo settore sarà occupato da sepolture, i cui corredi, insieme alle testimonianze di cultura materiale, sono conservate presso il piccolo antiquarium, costruito all’ingresso dell’area archeologica.

Cristina Acacia

News

PIEMONTE | La villa romana di Almese

A poche decine di chilometri da Torino, proprio all’imbocco della Val di Susa, si trova la villa romana di Almese.

La villa

Nell’antica Roma, il termine villa indicava una qualunque residenza extraurbana. Quella trovata nel 1879 nel comune di Almese, alle pendici del
monte Musinè, non è, tuttavia, una casa qualsiasi. I suoi 3000 mq di superficie, con gli edifici disposti intorno a un corpo principale, ne fanno la residenza signorile più importante del Piemonte romano.

La sua posizione, di certo, non è casuale: essa si trova nel luogo in cui il territorio extraurbano pianeggiante di pertinenza della città di Augusta Taurinorum si incontra con le pendici della Valle di Susa e della strada che portava al di là delle Alpi, verso la Gallia Cisalpina.

Siamo, infatti, in prossimità di Ad Fines (località Malano, Avigliana), la dogana sul confine della provincia delle Alpi Cozie. Questo potrebbe significare che i ricchi proprietari della casa potessero essere stati in qualche modo coinvolti nell’amministrazione statale della zona.

Benvenuti in una villa romana

Come era costituita questa grande nobiliare? Per fortuna, l’estensione degli scavi e la conservazione delle strutture hanno permesso di ricostruirne completamente la planimetria.

L’ingresso, che si apriva lungo il perimetro nord del muro di cinta, era costituito da un ampio portico colonnato aperto su tre lati. Il quarto lato era chiuso da una porta a due battenti. Da questa si accedeva al cuore della casa, il cortile porticato, che conduceva all’abitazione vera e propria, che probabilmente si sviluppava su due piani. Il primo piano, l’unico conservato, era occupato da ambienti di servizio, con pavimenti di terra battuta e senza rifiniture di pregio. Sul lato opposto al cortile porticato, verso valle, la costruzione si apriva su un ampio giardino. Gli ambienti da questo lato erano intonacati di bianco e alcune travi bruciate fanno pensare alla presenza di un solaio soprastante.

Questa parte è stata pesantemente rimaneggiata quando, nel IV-V sec. d.C,
la famiglia abbandonò l’abitazione. Gli ambienti vennero modificati per
diventare unità abitative singole.

Gli oggetti trovati durante lo scavo hanno permesso di collocare il periodo
di massima fioritura della villa tra il I e il IV sec. d.C.

Per informazioni: 

http://archeo.piemonte.beniculturali.it/index.php/it/musei/aree-archeologiche/70-aree-arch-prov-di-torino/346-villa-romana-di-almese