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Approfondimento

Vincent Van Gogh, uno sguardo nell’inconscio

La mostra 


Roma si prepara ad accogliere 50 opere di Vincent Van Gogh, in mostra presso Palazzo Bonaparte dall’8 Ottobre 2022.
Le opere del celeberrimo pittore olandese verranno trasferite dal Museo Kröller-Müller di Otterlo e saranno a disposizione del pubblico della capitale italiana fino a marzo 2023. La mostra avrà dunque luogo in autunno e ospiterà alcune delle opere più celebri, tra cui il famoso Autoritratto del 1887. Il Museo di Otterlo contiene uno dei più grandi patrimoni dell’arte vangoghiana e grazie alle sue testimonianze biografiche sarà possibile ripercorrere la storia umana e artistica del pittore. Si tratta di un percorso espositivo a cadenza cronologica che parte dal vissuto olandese, per fare tappa a Parigi, ad Arles in Provenza fino a St. Remy e Auvers-Sur-Oise, dove l’artista si suicidò con uno sparo di rivoltella all’età di 37 anni.

La mostra è un ottimo pretesto per fare un passo in avanti rispetto al desueto e addentrarci nell’inconscio del pittore per scoprire più a fondo la complessità del genio creativo che lo animava.

Dodici girasoli in un vaso, 1888, olio su tela. Monaco, Neue Pinakothek

La lettura patografica

Alla pittura di Vincent Van Gogh è quasi sempre stata attribuita, sia dalla storiografia sia dai critici, una validità creativa generatasi più che dal genio, dalla biografia dell’artista. L’obiettivo di questo articolo è di mettere da parte tale lettura patografica per dedicarsi all’analisi del genio creativo avulso dalla biografia del pittore, in altre parole; una lettura che mette in risalto l’io e i pensieri dell’autore a discapito di una biografia che giustifica tale innovatività tramite gli eventi drammatici che hanno segnato la sua breve esistenza. 

Lo sforzo speculativo che ci accingiamo a fare, trae forza ed ispirazione dall’opera dello psicologo Massimo Recalcati, Melanconia e creazione in Vincent Van Gogh (Bollati Boringhieri 2014). La validità dell’analisi di Recalcati sta nel riuscire a far emergere la forza creativa del pittore senza però tracciarne un ritratto idealizzato, bensì disilluso e dinamico. Come ben sappiamo Van Gogh fu un’artista sui generis e famosissimi sono gli episodi di follia a cui la storiografia ci ha abituato. Prima di procedere con un’analisi più dettagliata dell’inconscio dell’autore, ripassiamo qualche vicenda biografica sempre utile per poterne tracciare un quadro complessivo.

Iris, olio su tela, 1889. Los Angeles, Getty Museum

Chi era Vincent Van Gogh? Cenni biografici

Vincent Van Gogh nasce in Olanda il 30 marzo 1853 e muore, suicida, il 29 luglio 1890 nei campi di Auvers. Il primogenito della famiglia, il primo Vincent, nasce morto e l’artista da noi conosciuto ne eredita il nome insieme alle aspettative riposte dai genitori (passo cruciale nell’analisi recalcatiana che attribuisce alle pressioni paterne parte dei tormenti del pittore). Dalla famiglia Vincent riceve un’educazione restrittiva e religiosa, al punto che la prima scelta del giovane è la carriera da predicatore. Fallita quest’ultima Vincent trova, grazie all’arte, il suo posto nel mondo e tramite il fratello Theo, il secondogenito mercante d’arte, riesce ad inserirsi in questo ambiente. In vita i suoi quadri non riscossero il benché minimo successo e incerte sono le fonti su quelli venduti, alcuni dicono addirittura nessuno.

 Autoritratto, 1887, olio su cartone. Art Institute of Chicago (dettaglio in copertina)

La sua arte (clicca qui per conoscere le opere dell’artista nel database online) è in continua evoluzione e passa da una predilezione per i paesaggi scuri al famoso amore per il giallo. Il soggiorno a Parigi presso gli Impressionisti si rivela proficuo sia dal punto di vista artistico che umano, infatti è proprio qui che Vincent si lega a Gauguin, artista con lui in sintonia e con cui decide di avviare una breve convivenza.

Gauguin è protagonista dell’episodio dell’orecchio mozzato e causa degli isterismi presso la casa gialla, residenza che Vincent prende in affitto ad Arles e in cui sogna di riunire una fraterna comunità d’artisti in grado di stimolarsi reciprocamente. Il progetto tuttavia fallisce e, a seguito dell’incidente dell’orecchio, Gauguin si allontana da Vincent. Quest’ultimo continua ad andare avanti in solitudine accompagnato da paranoie e isterismi, entrando e uscendo dal manicomio di Saint-Rémy. Disperato e sempre più vittima di crisi, decide di suicidarsi sparandosi nel petto all’età di 37 anni.   

Cielo tempestoso sulla spiaggia di Scheveningen, 1882 Olio su carta. Amsterdam, Van Gogh Museum

 

Un cromatismo melanconico

Uno dei primi punti da tenere in considerazione dell’arte di Vincent Van Gogh è la sua multiformità. Il dato emerge dalla continua ricerca di una scala cromatica che esprima l’assoluto nella sua essenza, un assoluto melanconico espresso progressivamente. La melanconia, come ben sappiamo, ha un ruolo fondamentale nella vita di Van Gogh ed è uno di quegli elementi imprescindibili per indagare seriamente la sua arte. La melanconia però non pregiudica l’arte a prescindere ma anzi dialoga con l’inconscio diventando la dimensione ontologica vangoghiana.

«In Van Gogh la pittura diventa un gorgo che lo trascina via, una incandescenza che brucia la vita e che frammenta l’essere dell’artista. Si pensi alla travagliata serie degli autoritratti, ma anche al problema della firma delle sue opere. Assistiamo a uno sciame di immagini e di segni, mai uno uguale all’altro, a un caleidoscopio vertiginoso che anziché dare consistenza all’identità del soggetto la sbriciola e la pluralizza senza alcuna possibilità di unificazione. […] Questa assenza di un centro permanente, irraggiungibile e, dunque, ideale in modo esorbitante, tende a produrre un’identificazione di tipo melanconico. È la nostra ipotesi clinico-diagnostica intorno a Van Gogh: la sua schizofrenia è secondaria a una posizione fondamentalmente melanconica del suo essere»¹.

La descrizione della realtà avviene attraverso questa lente melanconica, i soggetti delle sue opere sono la caducità e il vero. Ne I mangiatori di patate del 1885, che sono il compendio della sua prima fase creativa, l’obiettivo è quello di rappresentare le cose così come stanno. «Nella melanconia ciò che emerge senza veli è la “nuda vita”, il reale brutto dell’esistenza, l’esistenza nella sua contingenza più radicale»². Nel caso di questo dipinto – scrive Vincent al fratello Theo – «mi sono sforzato di dare a chi guarda l’idea che queste persone, hanno rivoltato la terra con le stesse mani con le quali prendono il cibo dalla ciotola». Dunque, sono la fatica e la precarietà gli obiettivi della rappresentazione.

I mangiatori di patate, 1885 olio su tela. Amsterdam, Van Gogh Museum
L’assoluto e la religione

Il ruolo della religione nella vita di Vincent si rivela improduttivo in ambito lavorativo – dato che la tanto attesa nomina a predicatore non arrivò mai – ma l’esperienza del sacro nei quadri appare onnipresente da un punto di vista ermeneutico, cioè interpretativo:

«Con la precisazione doverosa che per lui il sacro, l’assoluto, il volto del santo, non è mai accessibile attraverso una rappresentazione canonico-religiosa perché il volto del santo coincide con il volto del mondo. In questa opzione si fa presente tutto il peso della kenosis cristiana come dissoluzione di ogni versione puramente speculativa e teologale di Dio. […] Verbo che si fa carne, assoluto che abita il mondo, che è in ogni cosa, in ogni volto del mondo. Per questo egli non dipinge mai le icone religiose della tradizione, ma solo le cose del mondo, la natura e i volti degli umani elevandoli alla dignità dell’icona. Non c’è anima senza corpo, non c’è trascendenza se non nell’immanenza, non c’è volto del santo se non nei colori e nelle figure che abitano il mondo»³.

La sua arte è quindi da intendere come manifestazione e ricerca di un sacro-assoluto che si esplicita in ogni materia del mondo. Viene notevolmente influenzato dall’arte giapponese, di cui fu un grande collezionista di stampe, ma dal principio, sarà la scossa artistica ricevuta a Parigi dall’Impressionismo ad essere centrale nelle sue produzioni. Nei più di novecento quadri prodotti si ritrova nelle pennellate la necessità di rappresentare il mondo così com’è, senza mediazioni ne artifici.

Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, Arles, olio su tela, 1888. Otterlo, Museo Kröller-Müller

La semplicità del linguaggio pittorico traduce nell’immediato la vera dimensione ontologica di ciò che lo circonda; una semplicità ravvisabile nella terza versione della Camera di Vincent ad Arles, in cui concede spazio alla pura espressività del colore con l’intento di semplificare e quindi di donare una dimensione universale agli oggetti. Una dimensione che non lascia spazio a interpretazioni individuali ma che comunica immediatamente l’intenzione del pittore, nel caso della camera, era quello di far pensare al riposo.

La camera di Vincent ad Arles, 1889, olio su tela. The Art Institute of Chicago

«Nonostante l’intenzione di rappresentare uno scenario sereno e pacifico, il dipinto non riesce nel suo intento: gli oggetti non hanno niente in comune, ognuno è isolato al proprio posto. Il senso d’inquietudine è dato inoltre dallo scorcio estremo con cui sono resi, oltre che dal pavimento, che si inclina in avanti e pare quasi sul punto di crollare, dalla finestra semiaperta, dai mobili disposti obliquamente nella stanza, come pure dai quadri che pendono storti dalla parete»4

L’intento vangoghiano di rappresentare uno scenario di tranquillità, non riesce ad emergere nonostante fosse proprio quello lo scopo. Pur approntando una lettura anti-patografica, ecco che la melanconia riappare. Tuttavia, ciò non deve far presuppore un’arte dominata dagli eventi, l’arte per Van Gogh è anzi il posto sicuro in cui rifugiarsi, il luogo dove la creatività dell’inconscio emerge nonostante tutto.

Caos e consapevolezza

Nell’ultimo Autoritratto, quello del fatale 1889, si percepisce che l’uso del colore – arrivato al suo culmine della vivacità negli ultimi anni – è intenzionalmente inquieto. Lo sfondo a spirali azzurro-verdi pulsa sulla tela; le forme «non sono originate né da un ritmo regolare né da un motivo fisso»5. Il forte contrasto emotivo è dato anche dalla contrapposizione di colori accesi come la barba rossiccia e la vivacità dei lineamenti tirati. Le forme in cui Van Gogh rinchiude l’autoritratto sono elementi dinamici, che non sono fuori controllo, bensì accuratamente scelti per rendere sulla tela uno stato tormentoso.

Autoritratto, 1889, olio su tela. Parigi, Musée d’Orsay

La lettura patografica è sicuramente tra le più valide per interpretare l’arte vangoghiana e ciò che la caratterizza; è però soffermandosi individualmente sul processo creativo di ogni opera che si riesce davvero a scorgere il genio dietro questa straordinaria arte multiforme.

 

                                                                            «Tutto ciò che facciamo si affaccia sull’infinito»

                                                                                            – Vincent Van Gogh

Riferimenti bibliografici

  1. M. Recalcati, Melanconia e creazione in Vincent Van Gogh, Bollati Boringhieri, Torino 2014, pp. 27-28.
  2. Ivi, p. 48.
  3. Ivi, p. 12.
  4. I. Walther, Van Gogh, Taschen, Slovakia 2020, pp. 77-78.
  5. Ivi, p. 76.

 

 

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STUDENTI | “La banalità dell’arte contemporanea”, la riflessione di Giorgia Castiglione

Riceviamo e pubblichiamo la riflessione della studentessa Giorgia Castiglione che ci introduce nella travolgente storia dell’arte contemporanea.

Siamo appena entrati nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma e come prima opera vediamo esposta una balla di fieno, “Ah, ma lo potevo fare anch’io!”, dovete sapere però che l’arte dei nostri giorni non può essere fatta da chiunque.

arte
Pino Pascali, Balla di fieno
Il punto dell’argomentazione è far capire l’utilità dell’arte contemporanea e perché considerarla tale.

Ritorniamo un po’ indietro: siamo nel 1400-1500, in pieno Rinascimento, e stiamo ammirando Leonardo Da Vinci che dipinge la Gioconda o Raffaello che affresca una delle Stanze Vaticane con la Scuola di Atene o, ancora, Michelangelo che poco più che ventenne realizza la Pietà. Capolavori che hanno segnato la Storia dell’Arte realizzati da veri e propri maestri con una tecnica che ai loro tempi non si era mai vista. Ai loro tempi, sì perché prima di loro, prima del Rinascimento, prima della prospettiva di Brunelleschi, della quarta dimensione di Leonardo, dei colori vividi di Raffaello, della plasticità di Michelangelo non c’erano altro che figure bidimensionali, senza prospettiva, senza colori, senza plasticità. Loro hanno stravolto tutte le certezze, le hanno fatte cadere: hanno fatto la rivoluzione.

I loro insegnamenti sono stati presi d’esempio e nei secoli successivi sono nate scuole d’arte che insegnavano questo modo di dipingere e scolpire, alla maniera del Rinascimento, classica.

Spostiamoci ora al 15 aprile del 1874 a Parigi, saltiamo Barocco e Neoclassicismo per vedere, nello studio del fotografo Felix Nadar, la prima mostra impressionista; questo dopo che Napoleone III inaugurò il Salon des Refusés nel 1863 dove vi erano esposte tutte le opere escluse dal Salon ufficiale, quindi anche quelle impressioniste. Gli impressionisti erano dei reietti, disprezzati destavano scandalo con il loro nuovo modo di dipingere. Eppure, se si chiede ad una persona qualsiasi quale sia il suo movimento artistico preferito, risponderà con fierezza: “L’Impressionismo!”.

François-Joseph Heim, Le Salon de Refusés, 1824

L’Impressionismo è una corrente artistica amata da tutti oggi, ma che quando nacque provocò scandalo e fu rifiutata da tutti. Talmente amato oggi, che è come se la mente della gente comune si fermasse a questo movimento o a Van Gogh, un post-impressionista. Ecco, Van Gogh, l’artista preferito di chiunque che è quasi diventato una moda amarlo e postare sui social i suoi dipinti con frase annessa cercata un minuto prima su www.frasicelebridiartisti.com. Ma non andiamo fuori tema, perché il punto è che anche un artista amatissimo come Van Gogh era un reietto che non riusciva a vendere i suoi quadri, tant’è vero che erano comprati solo da suo fratello Teo.

Van Gogh esprimeva i suoi sentimenti nei dipinti, allora perché le tele tagliate e bucate di Lucio Fontana non vengono apprezzate? Lucio Fontana intendeva esprimere un concetto ben preciso e cito proprio le sue parole: “Il buco, il famigerato buco, non è il buco della tela, è la prima dimensione di vuoto. La libertà data agli artisti, agli uomini di creare l’arte con qualsiasi cosa. L’arte è pura filosofia”. Con i suoi tagli e buchi voleva portare lo sguardo dello spettatore oltre e dentro il quadro, restituendogli una certa vitalità.

Lucio Fontana, Concetto spaziale. Attese, 1966 – fonte: “Christie’s”

Fino ad adesso, però, abbiamo parlato solo di tecniche pittoriche e si potrebbe andare avanti per ore parlando di tutte le innovazioni portate fino ad oggi, dal Cubismo all’Espressionismo astratto (quest’ultimo neanche apprezzato, per giunta). Ma se vi dicessi Marcel Duchamp? Con la sua arte intendeva provocare e il Dadaismo in generale è stato un movimento di rivoluzione, di ribellione; ci sentiamo presi in giro da un tizio che ad una mostra presenta con lo pseudonimo “R. Mutt” un orinatoio e probabilmente il pensiero che l’artista ha voluto esprimere, almeno secondo il filosofo Stephen Hicks, è quello secondo il quale “l’arte è qualcosa su cui puoi pisciare”. Una provocazione a tutte le scuole d’arte e agli artisti stessi. Jerry Saltz scrisse su The Village Voice nel 2006:

«Duchamp asserì duramente che voleva “de-deificare” la figura dell’artista. I ready-made fornirono una strada alternativa a quelli che erano inflessibili aut aut di proposizioni estetiche. Esse rappresentano un cambiamento copernicano nell’arteFontana è un così definibile “Acheropoietoi”,cioè un’immagine non modellata dall’artista. Fontana ci porta in contatto con un originale che rimane sì un originale, ma esiste in uno stato filosofico e metafisico alterato. È una manifestazione del sublime kantiano: un’opera d’arte che trascende una forma ma che è anche intellegibile, un oggetto che abbatte un’idea permettendole di nascere più forte».

Come vedete, ogni cosa ha un significato e non è da tutti pensare una cosa del genere e mostrarla facendola diventare un’opera d’arte. L’arte contemporanea si caratterizza per le idee che si hanno e non per la tecnica, sarebbe noioso vedere sempre gli stessi dipinti. Essere un vero artista oggi significa pensare a cose banali, su cui nessuno normalmente si focalizza e mostrarle agli altri facendo vedere il proprio punto di vista; essere un vero artista significa prendere i problemi della società del nostro tempo ed esplicarli in arte.

Sia una balla di fieno, sia un orinatoio, sia un quadro completamente bianco, sia un barattolo di feci con scritto “Merda d’artista” sono da considerarsi arte anche solo per il fatto che ci facciano riflettere sull’oggi, sul presente. Definire un’opera arte solamente per la sua complessità tecnica non ha senso oggigiorno, non basta.

Sì, anche noi avremmo potuto esporre una balla di fieno in un museo, così come avremmo potuto esporre un orinatoio, ma per qualche ragione non l’abbiamo fatto e gli artisti contemporanei ce lo ricordano mostrando la loro arte. A noi non resta altro che ammirare.

 

 

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NEWS | I volti del passato nell’iperrealismo di Bas Uterwijk

Vi siete mai chiesti quale fosse il vero aspetto di alcuni personaggi del passato? Oppure che aspetto avesse realmente Van Gogh? O quale fosse il vero volto del modello usato  da Michelangelo per il suo David ? E quale fosse l’aspetto di Gesù?

Gesù (© Bas Uterwijk)

 

L’artista olandese Bas Uterwijk ha provata a dare una riposta a queste curiosità! Uterwijk, infatti, utilizzando l’intelligenza artificiale ha creato ritratti estremamente realistici, non solo di personaggi storici, come George Washington o Napoleone,  ma anche di monumenti come la Statua della Libertà.

Lady Liberty (© Bas Uterwijk)

Uterwijk è riuscito a realizzare una collezione di immagini simil – fotografiche di personaggi del passato grazie alla realtà virtuale. La serie conta più di 50 immagini, disponibili sul profilo Instagram dell’artista.

Iperrealismo e intelligenza artificiale

L’artista usa Artbreeder, un software in grado di realizzare un volto realistico partendo da alcune immagini. Poco importa, come in questo caso, che le immagini siano dipinti o statue, come nel caso del David o della Statua della libertà.

David di Michelangelo (© Bas Uterwijk)

Le ricostruzioni sono particolarmente suggestive e variegate: dagli occhi chiari e dalla barba rossa di Van Gogh, elementi estrapolati dall’autoritratto dell’artista, fino all’uomo di Neanderthal, ricostruito grazie a una serie di rielaborazioni grafiche fatte dalle ricerche scientifiche.

Uomo di Neanderthal (© Bas Uterwijk)

Ma sono presenti ricostruzioni anche di Sandro BotticelliNiccolò Machiavelli, la regina Elisabetta I, Caracalla e perfino di uno dei volti delle mummie del Fayum.

Caracalla, busto romano degli inizi del III sec. d.C. e ricostruzione iperrealistica di © Bas Uterwijk

Cerco di guidare il software verso un risultato credibile. Penso al mio lavoro più come a interpretazioni artistiche che a immagini scientificamente o storicamente accurate. – ha spiegato l’artista al Daily Mail – L’obiettivo del progetto è quello di raggiungere un fotorealismo quasi perfetto pur rimanendo fedele alla somiglianza della persona.

In copertina Fayum Mummy, © Bas Uterwijk.

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NEWS | Van Gogh, online il più grande database delle sue opere

Così come era accaduto nella scorsa primavera, durante il lockdown, i musei si ingegnano per continuare la loro missione divulgativa. L’arte ritorna dunque a colorare le nostre giornate chiuse in casa.

In questo contesto si colloca il database contenente le opere di Vincent van Gogh.

Ramo di mandorlo fiorito (1890)
Van Gogh Worldwide

La collaborazione tra due grandi musei olandesi, il Kröller-Müller Museum di Otterlo e il Van Gogh Museum di Amsterdam, ha prodotto la realizzazione della raccolta di opere del pittore post-impressionista.

Il database, dal nome Van Gogh Worldwide, raccoglie attualmente un migliaio di opere di altissima qualità. Si tratta di un progetto dal profilo scientifico elevato, comprendente, per ogni opera, informazioni tecniche e storico-artistiche come: materiali, dimensioni, datazione, collocazione, eventuali danni e restauri subiti…

Sul sito sono attualmente presenti 338 dipinti, 732 disegni e 39 stampe, per un totale di 1109 opere tutte fruibili in HD con un semplice click.

La raccolta non si focalizza su un unico periodo di produzione dell’artista. Comprende, dunque, i dipinti e disegni incentrati sulla classe operaria, realizzati nella sua prima fase produttiva, e i successivi paesaggi, più espressivi e suggestivi.

La vigna rossa (1888)

Il database attualmente raccoglie le opere dei due musei fondatori del progetto. Tuttavia, l’obiettivo sarà quello di inserire tutte le opere di van Gogh (sono circa 2000 le opere note) in una seconda fase, prevista per il 2021. Le opere da mappare e inserire proverranno da ogni parte del mondo, da diversi musei internazionali, anche per tener fede al titolo del progetto e realizzare un database che sia il più completo possibile.

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NEWS | “Van Gogh e i campi di grano”, arte e musica in digitale

Il Centro San Gaetano di Padova, lo scorso 11 ottobre, aveva appena fatto in tempo ad inaugurare l’attesissima mostra dal titolo “van Gogh. I colori della vita”, prima della chiusura forzata a seguito dell’entrata in vigore dell’ultimo Dpcm.

Il curatore Marco Goldin durante l’inaugurazione della mostra “van Gogh. I colori della vita”, Padova

Questo, però, non ha fermato Marco Goldin, storico dell’arte e curatore della mostra che, in collaborazione con il compositore e pianista Remo Anzovino, ha pensato di dar vita alle opere di van Gogh attraverso un vero e proprio spettacolo in diretta Facebook, trasmesso dalle sale ospitanti le opere del pittore olandese.

Forti del successo ottenuto da un primo recital la scorsa settimana, con una partecipazione record di oltre 100mila spettatori in diretta Facebook, hanno pensato di riproporre l’artistico miscuglio di colori e musica suddividendo la programmazione in quattro puntate.

La potenza espressiva di van Gogh in diretta sul web

La prima serata si è tenuta lunedì 9 Novembre, con una diretta dal titolo “van Gogh nei campi di grano. La forza della natura e l’idea del tempo circolare”. La puntata è stata suddivisa in tre parti: introduzione al tema, letture e musiche, e confronto con il pubblico. Il fulcro delle letture è costituito dalle lettere, indirizzate prevalentemente al fratello Theo e scritte dal pittore nel giugno del 1888, nei campi di grano della piana di Crau, appena fuori Arles.

Le puntate successive si concentreranno sugli amici di van Gogh ad Arles, sul tema della malinconia nella casa di cura di Saint-Rémy e sugli ultimi anni della sua tormentata vita trascorsi ad Auvres. Ad occuparsi della diffusione sul web saranno la pagina Facebook di Linea d’Ombra (società produttrice della mostra) e il sito lineadombra.it, con le puntate programmate per il 16, il 23 e il 30 Novembre alle ore 21. Un’occasione da non perdere per immergersi nei colori emotivi e turbinosi di uno dei più grandi pittori del panorama artistico di tutti i tempi.

Vincent van Gogh, Paesaggio con covoni e luna nascente, 1889, olio su tela, cm 72 x 91,3. © 2019 Collection Kröller-Müller Museum, Otterlo, the Netherlands; Photography Rik Klein Gotink, Harderwijk