Le associazioni che operano nel settore dell’archeologia rendono noti i provvedimenti presi per contrastare la bozza del decreto legge che semplifica le procedure per i lavori di costruzione impianti.
È notizia dei giorni scorsi la proposta di un decreto che sospenderebbe la tutela del patrimonio ambientale, paesaggistico e archeologico. Si tratta della bozza del decreto presentato dal Ministero per la Transizione Ecologica riguardante indicazioni per la semplificazione delle procedure autorizzative per i lavori di costruzione di impianti per le energie rinnovabili finanziati con il Recovery Plan.
Le associazioni di categoria e le consulte universitarie che operano nel settore dell’archeologia stanno mettendo in campo azioni diverse per contrastare queste norme che sospenderebbero la tutela del paesaggio e del patrimonio. Ciò mentre lavorano con deputati e senatori per spiegare loro quali gravissimi rischi correrebbe il nostro Paese se queste norme venissero approvate: hanno scritto due lettere, una al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e un’altra ai ministri della Cultura, Dario Franceschini, della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, e delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, per segnalare le criticità nella formulazione di queste nuove norme e chiedere la loro revoca. La semplificazione e la velocizzazione delle procedure è un obiettivo pienamente raggiungibile senza passare sopra al nostro patrimonio e senza danneggiare il paesaggio.
Anche noi di ArcheoMe ci auguriamo che il governo comprenda come la tutela del nostro patrimonio, archeologico e paesaggistico, non sia un ostacolo allo sviluppo del Paese, bensì la vera risorsa per un futuro che punti realmente sulla sostenibilità ecologica e culturale dello sviluppo economico.
Riportiamo integralmente il testo della lettera inviata ai ministri dalle associazioni di categoria.
Valorizzazione del patrimonio archeologico locale e rilancio del sito archeologico di Morgantina (EN) per il potenziamento del turismo culturale post pandemia. Sono questi i temi che verranno affrontati mercoledì 12 maggio, alle ore 10, online sulla piattaforma Microsoft Teams, nel corso del seminario dal titolo “Dieci anni con la Dea – Una rivoluzione del turismo culturale a Morgantina?” sulla restituzione della statua della dea di Morgantina al territorio di Aidone (EN).
Ne discuteranno Serena Raffiotta, assessore al Patrimonio culturale del Comune di Aidone (EN), Nietta Bruno, presidente del Distretto turistico “Dea di Morgantina”, ed Eleonora Pappalardo, docente di Archeologia classica al Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Catania.
Dopo anni di abusivismo e degrado prende finalmente il via il sopralluogo dell’assessore Cordaro all’area adiacente al castello di Falconara e Butera, in provincia diCaltanissetta.
L’idea è quella di riqualificare questa zona dell’ex lido «Sorriso», vicino al Castello. Ricordiamo infatti come questa struttura fosse stata costruita tra gli anni ’60 e ’80 in maniera totalmente abusiva. La demolizione avvenne grazie all’azione della Magistratura solo nel 2007.
Il lido «Sorriso» accanto al castello di Falconara (CL) prima della demolizione (foto da: Agrigento Ieri e Oggi)
Al sopralluogo presenti l’assessore ai Beni Culturali Alberto Samonà e l’assessore regionale al Territorio e all’Ambiente, Toto Cordaro. Insieme a loro anche la dirigente del Demanio marittimo regionale, Olimpia Campo, un dirigente della Soprintendenza di Caltanissetta, Daniela Vullo; il capo della segreteria tecnica dell’Assessorato ai Beni culturali, Carmelo Bennardo. A sostegno di questa attività anche i membri del comune di Butera, quali il sindaco Filippo Balbo, il vicesindaco Giuseppa Pisano e l’assessore Luigi Puci.
L’assessore Alberto Samonà e gli altri responsabili durante il sopralluogo dell’area dell’ex lido «Sorriso» (foto da: Alberto Samonà)
Si prospetta la valorizzazione di un tratto del litorale che sarà dato in concessione tramite bando pubblico regionale, atto a riqualificare beni immobili in stato di abbandono e degrado.
La Sicilia anche per questo progetto punterà all’abbattimento di alcune strutture in cemento ancora presenti sul luogo e alla realizzazioni di opere reversibili tramite l’uso di materiali ecocompatibili, soprattutto in legno. Il tutto rivolto anche a far apparire questa zona più accessibile e fruibile dal punto di vista paesaggistico e naturalistico.
Il Castello di Falconara (CL) oggi (da lasiciliainrete.it)
Immagine di copertina: Castello di Falconara-Butera (CL), foto di Massimiliano Labbate.
È stata realizzata una nuova illuminazione per due tele del Caravaggio in esposizione al Museo Regionale di Messina (MuMe); Adorazione dei pastori e Resurrezione di Lazzaro hanno ricevuto nuova luce e, quindi, nuova vita. Si tratta di uno dei tanti interventi di valorizzazione che il Museo ha realizzato approfittando della chiusura dovuta all’emergenza sanitaria.
Michelangelo Merisi da Caravaggio, Adorazione dei pastori, 1609. Olio su tela. Museo Regionale di Messina (foto da: Alberto Samonà)
A cosa serve la luce?
L’operazione «ha risposto alle moderne esigenze di illuminazione, coniugando i vincoli dettati dalla conservazione delle opere con l’esigenza di migliorare e renderne più interessante la fruizione». L’assessore ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana, Alberto Samonà, sintetizza così lo scopo dell’intervento; compreso appieno dalla società di illuminotecnica che si è occupata di realizzarlo: ERCO. ERCO ha infatti esperienza maturata per molti anni in illuminazioni museali internazionali; la luce che accarezza le opere deve quindi avere cinque funzioni: accogliere, sperimentare, conservare, scoprire e commercializzare. Clicca qui per saperne di più riguardo agli studi di illuminazione ERCO applicati ai beni culturali.
L’illuminazione museale non è semplice e deve dunque soddisfare una molteplicità di esigenze. Nelle opere di Michelangelo Merisi la luce ha quindi il compito di esaltare la drammaticità dei volti, riempire le scene e trasportare il visitatore. Un comfort visivo infatti pienamente realizzato al MuMe: i visitatori resteranno sbalorditi!
Michelangelo Merisi da Caravaggio, Resurrezione di Lazzaro, 1609. Olio su tela. Museo Regionale di Messina (foto da: Alberto Samonà)
In copertina: le due opere del Caravaggio protagoniste dell’intervento all’interno del Museo Regionale di Messina (foto: Foto Parrinello).
La mostra, che continuerà fino a gennaio 2022, si articolerà sui due piani di Palazzo Ducale, presenterà diverse sezioni incentrate su attività di tutela e attività di valorizzazione che hanno interessato il territorio nell’ultimo decennio. Sarà la vetrina dei lavori in corso che, giorno dopo giorno, permettono di ricostruire un tassello della storia del Mantovano, merito degli scavi seguiti dalla Soprintendenza in proficua collaborazione con Palazzo Ducale.
L’inizio del percorso mostra (foto: Museo Archeologico Nazionale di Mantova)
Nelle viscere della “città nascosta”
Gli scavi archeologici hanno regalato soddisfazioni alla Mantova etrusca, romana, longobarda e rinascimentale. L’archeologia urbana ha fatto rivivere intere epoche attraverso molte scoperte: la domus romana di piazza Sordello, le mura dei Gonzaga in piazzale Mondadori, spostate con precisione ingegneristica, i mosaici romani di via Accademia.
La domus romana in corso di scavo in piazza Sordello (MN)
Gli amanti di Mantova
Non possono mancare gli «Amanti di Valdaro», il grandioso ritrovamento del 2007 è un esempio compiuto di tutela e valorizzazione, emblema dell’archeologia mantovana: una sepoltura “bisoma”, due giovani sepolti insieme, rannicchiati, l’uno di fronte all’altro per più di 5500 anni. Sono state rimosse tutte le sepolture della necropoli con un’operazione delicatissima, ma necessaria alla conservazione nel Museo Nazionale di Mantova.
Gli «Amanti di Valdaro» in esposizione al Museo Archeologico Nazionale di Mantova (foto: Direzione Regionale Musei Lombardia)
La Mantova preistorica e dei Gonzaga: lo scavo di Gradaro-Fiera Catena
Il Quartiere costituisce una sezione della mostra in quanto rientra nell’ampio progetto di tutela “Mantova Hub”, voluto dal Comune nel 2016 per recuperare e restituire alla collettività spazi abbandonati e in stato di degrado.
Lo scavo ha restituito reperti che si datano all’Età del Bronzo Finale (XII-X sec. a.C.) e all’epoca dei Gonzaga (1400-1600). In ambito preistorico è doveroso menzionare, per il grande lavoro condotto in laboratorio, undolio a corpo ovoide e un vaso biconico. All’età dei Gonzaga risale una selezione di ceramica graffita, «fossile guida» (reperto che aiuta la ricostruzione della cronologia poiché ha buona presenza negli strati), e oggetti di uso quotidiano, come le prime pipe dopo l’introduzione del tabacco.
Olla decorata da un cordone plastico dopo la ricomposizione (Foto: Museo Archeologico Nazionale di Mantova)Esemplare di ceramica graffita da Fiera Catena (seconda metà XV-XVI sec.) in corso di studio (foto: Museo Archeologico Nazionale di Mantova)
La Mantova etrusca, romana e medievale: lo scavo di via Rubens – Case dei Canonici di Santa Barbara
Nel V secolo a.C. nasce l’abitato etrusco di Mantova, dominante sulla valle del fiume Mincio, in cui selvicoltura e commercio fluviale sono solo due dei tanti punti di forza del territorio. Il sistema viene scosso dalla grande invasione celtica del secolo successivo. Nomi celti si ritrovano infatti inscritti su ceramica in alfabeto etrusco: gli stranieri dovevano essersi integrati nella comunità.
Alfabetario etrusco inciso sul fondo di una ciotola, riporta tutte le venti lettere in uso nel IV secolo a.C. (foto: Museo Archeologico Mantova)
Lo scavo si è concentrato sul quartiere residenzialedi via Rubens portando in luce: utensili da cucina (frammenti di ciotole e pentole), pesi da telaio, scarti di produzione ceramica pertinenti a un’officina sul Mincio. Nell’area sono state poi scavate domus di epoca romana, ricche di mosaici; Invece, nelle Case dei Canonici di Santa Barbara, è stato rinvenuto un edificio monumentale di età medievale, ancora in corso di scavo e parte della cosiddetta Civitas Vetus di Mantova.
La sezione della mostra dedicata allo scavo di via Rubens-Case dei Canonici di Santa Barbara (foto: Museo Archeologico Nazionale di Mantova)
Il «Reperto W» è venuto alla luce dalla tomba del bimbo longobardo sepolto in via Rubens, ma è rimasto ignorato a lungo. Si tratta di una manciata di frammenti di ferro arrugginito, rinvenuta vicino alle guarnizioni in oro della cintura; i frammenti sono stati recentemente studiati dalla curatrice della mostra, la dott.ssa Hirose, e da altri esperti che hanno ricomposto un coltello; il fodero dell’oggetto doveva esser appeso alla cintura che reggeva la tunica e le brache del bimbo.
Come prenotare la visita alla mostra
L’inaugurazione è fissata per venerdì 7 maggio alle ore 17. La partecipazione è gratuita previa prenotazione in quattro diverse fasce orarie(17/17.20/17.40/18.00) durante le quali, a gruppi contingentati di 12 persone, sarà possibile partecipare a una visita guidata gratuita della mostra. Per prenotarsi è necessario compilare uno dei moduli onlinea questo link a seconda della fascia oraria scelta.
Dirige la grande macchina di Palazzo Ducale, si è insediato in un momento difficile: novembre 2020. Come ha diretto il lavoro “a porte chiuse”? Cosa ha ereditato dalla precedente organizzazione e cosa ha cambiato?
«Dalla precedente direzione – e mi riferisco a quella di Peter Assmann, piuttosto che all’interim di Emanuela Daffra che ha coperto circa un anno – ho ereditato un Museo vivace, pieno di iniziative e di attività, ma anche uno scarso interesse per i problemi di manutenzione e conservazione, nonché poca attenzione all’avvio delle procedure per i grandi interventi, per i grossi restauri. Questi sono quindi necessariamente le mie priorità. Su diversi fronti mi trovo quindi a lavorare in continuità, con una ricca programmazione di eventi, seppure meno rivolti al contemporaneo; ho tuttavia ritenuto improcrastinabile dedicarmi all’avvio dei lavori e alla programmazione di interventi di restauro e di manutenzione a breve e a lungo termine».
Stefano L’Occaso nella presentazione del restauro dell’Ultima Cena di Leonardo (photo credits: Paolo Gai)
Palazzo Ducale riapre in grande. Lei ha la paternità della mostra “La città nascosta – Archeologia urbana a Mantova”, com’è nata l’idea?
«Dal 2016 al 2018 il Museo Archeologico di Mantova, che accoglierà questa mostra, è stato gestito dal Polo Museale della Lombardia del quale ero direttore; allora mi occupai di allestire il Museo in via permanente dato che, fino al 2015, si visitava praticamente una sola sala. Ma un Museo Archeologico non può essere una realtà statica: deve anzi riflettere il continuo incremento di conoscenze che deriva dagli scavi, che sono oggi affidati alle Soprintendenze. Il mio desiderio era riallacciare il legame con la tutela, con il territorio, e fare del Museo Archeologico una realtà viva, attenta alle scoperte più recenti, che possono giorno dopo giorno aiutarci a scrivere od obbligarci a riscrivere la storia della città e suo contesto».
Il direttore Stefano L’Occaso durante una conferenza
La mostra presenterà grandi lavori, tra questi il restauro dell’imponente dolio ovoide del Bronzo Finale dal quartiere di Fiera Catena (MN). Dopo lo scavo in situ, il microscavo in laboratorio è stato impegnativo. Anche l’esposizione di questo recipiente ha richiesto condizioni e spazi particolari?
«Un primo intervento è stato effettuato proprio in situ dai restauratori di Palazzo Ducale (Daniela Marzia Mazzaglia) e della Soprintendenza (Aria Amato); successivamente l’intervento è stato affidato a una ditta di restauro di Torino. I due dolii trovati e restaurati sono stati accolti entro una teca di grandi dimensioni, appositamente disegnata nella splendida cornice del Museo Archeologico, il luogo che un tempo ospitò il teatro di corte dei Gonzaga e che oggi è deputato a raccontare la storia delle origini della città virgiliana».
Protagonista della mostra è anche il «Reperto W», un coltello idealmente ricostruito da sei frammenti di ferro arrugginiti dalla tomba del bimbo longobardo su via Rubens (MN). La ricostruzione vede in prima linea la dott.ssa Hirose, anche curatrice della mostra, com’è stato trattato il Reperto in vista dell’esposizione?
«Si tratta infatti di un reperto di notevole interesse, tanto per il contesto di provenienza, quanto per se stesso. Dall’area di scavi di via Rubens sono emersi i resti di una struttura a pianta ottagonale che si può forse interpretare come battistero: forse il battistero ariano, in contrapposizione a quello ortodosso, rinvenuto oltre mezzo secolo fa nell’area del Seminario Diocesano. In via Rubens, una sepoltura infantile, del tipo a “casa mortuaria”, ha restituito un ricco corredo, ma a lungo ci si è concentrati sulle guarnizioni d’oro della cintura, mentre solo ora si è compreso il valore di sei frammenti di ferro arrugginito, ricomposti per l’occasione in un coltello ancora nel fodero. Un coltello che doveva avere una lamina d’argento sul manico e inserti di osso o corno nella punta del fodero. Anche questo recupero è merito dei curatori, Mari Hirose e Leonardo Lamanna, ai quali sono davvero grato per l’eccellente lavoro svolto».
Ricco corredo dalla tomba del bimbo longobardo (VI-VII sec. d.C.): guarnizioni, una crocetta e altri elementi in oro (foto: Museo Archeologico Nazionale di Mantova)
Il Palazzo Ducale di Mantova è dotato di autonomia speciale di tipo scientifico, finanziario, organizzativo e contabile. È stata un vantaggio durante il periodo di chiusura? Permetterà di attuare in meglio i suoi programmi dopo la riapertura?
«L’autonomia gestionale di Palazzo Ducale ha consentito nei recenti anni grandi investimenti in termini di valorizzazione, soprattutto eventi, mostre (in particolare di arte contemporanea), ma anche feste e sontuosi banchetti. Le risorse sono oggi calate a ragione della pandemia e, inoltre, le urgenze di carattere conservativo mi impongono di destinarne una parte alla manutenzione del Palazzo Ducale, ma credo molto nel connubio tra tutela e valorizzazione e stiamo infatti portando avanti un programma di importanti mostre anche per gli anni a venire. Anzi, sin da ottobre, quando presenteremo un’esposizione dedicata a “Dante e la cultura figurativa del Trecento a Mantova”. Le mostre in cantiere, questa è la differenza principale rispetto al passato, sono radicate nel contesto del Palazzo e da esso o dalle sue collezioni prendono spunto. Esse ambiscono a restituire a Mantova e al suo meraviglioso monumento la centralità che la città ebbe nel Rinascimento. Le prolungate chiusure sono state impegnate per la programmazione dei prossimi anni: i segnali di risposta del pubblico alla riapertura sono stati molto positivi».
Stefano L’Occaso e il ministro Franceschini con Obama in visita al Cenacolo nel 2017 (foto: Milano – La Repubblica)
In conclusione, si sente di dare qualche consiglio ai nostri lettori e ai giovani studenti che si approcciano al mondo dell’arte e dell’archeologia?
«Sono uno storico dell’arte, ma con numerose esperienze di collaborazione con gli archeologi: da quando lavoravo come restauratore, per esempio nella Domus Aurea, a quando ho impostato l’allestimento del Museo Archeologico. Mi rivolgo direttamente ai giovani archeologi: dovete avere speranza e fiducia nel futuro, perché oggi il sistema museale e le soprintendenze hanno molto bisogno di voi, delle vostre energie, del vostro entusiasmo. L’ingresso, pochissimi anni fa, di giovani funzionari in Palazzo Ducale è stato una vera benedizione per un istituto che stava perdendo smalto e che oggi è invece una realtà viva e piena di iniziative. Sia lavorando in Soprintendenza che in Museo, vi troverete a collaborare costantemente con architetti e storici dell’arte e anche questo credo che sia un importante passo in avanti rispetto al recente passato».
Stefano L’Occaso è dottore di ricerca in Storia delle Arti Visive (2009) e funzionario Storico dell’Arte del Ministero della Cultura. È nuovamente direttore di Palazzo Ducale a Mantova da novembre 2020, già direttore del Polo Museale della Lombardia (novembre 2015 – gennaio 2019). Tra le pubblicazioni, vanta più di un centinaio di articoli e saggi e diverse monografie, fra cui: Fonti archivistiche per le arti a Mantova tra Medioevo e Rinascimento (2005), oltre al catalogo scientifico dei dipinti del Museo di Palazzo Ducale (2011). È artigiano, artista ed è stato anche docente universitario; nonché membro di diversi consigli d’amministrazione, comitati scientifici e socio ordinario dell’Accademia Nazionale Virgiliana.
L’Istituto Italiano dei Castelli– Sezione Basilicata presenta il I ciclo di incontri sull’architettura fortificata. Dalla difesa militare alle dimore feudali. Conoscere, restaurare e valorizzare le architetture fortificate, questo il titolo della serie di cinque incontri previsti dall’8 maggio al 5 giugno 2021. Il ciclo di incontri è organizzato dall’Istituto Italiano dei Castelli in collaborazione con l’Università degli Studi della Basilicata e il CNR-ISPC. Il tutto è reso possibile grazie al patrocinio degli Ordini degli Architetti P.P.C. delle province di Matera e Potenza e della SAMI – Società degli Archeologi Medievisti Italiani. Tra i promotori dell’evento anche la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici di Matera (SSBA).
Il programma
Si tratta, dunque, di un evento di alto profilo per l’approfondimento del tema dell’architettura dei castelli sul suolo italiano, con particolare attenzione al contesto lucano. Cinque incontri su Google Meet della durata prevista di circa 2 ore, che ospiteranno docenti ed esperti del settore provenienti da diversi atenei e istituti culturali italiani. Alla fine di ogni incontro, inoltre, ci sarà uno spazio per il dibattito con domande e risposte.
– 8 maggio 2021, ore 10-12.30 Castelli e siti fortificati quali poli di organizzazione territoriale e del paesaggio.
– 15 maggio 2021, ore 10-12 Il processo conoscitivo dell’architettura fortificata: dal rilievo alla diagnostica.
– 22 maggio, ore 10-12 Dall’analisi del rischio all’intervento di restauro.
– 29 maggio 2021, ore 10-12 Riuso e Valorizzazione.
– 5 giugno 2021, ore 10-12.30 Approcci multidisciplinari per la conoscenza e la valorizzazione dell’architettura fortificata.
L’evento è aperto ai soci, agli studenti e agli esterni, previa prenotazione e compilazione del modulo di iscrizione. Il modulo compilato dovrà essere inoltrato all’indirizzo iic.basilicata@gmail.com. È previsto, inoltre, il rilascio di 11 CFP agli architetti regolarmente iscritti ai rispettivi Ordini professionali di Potenza e Matera.
Di seguito il programma completo e il modulo di iscrizione scaricabili in pdf.
A causa dell’emergenza Covid-19, lo svuotamento del lago artificiale di Vagli, inizialmente previsto per il 2021, verrà rimandato al 2022; a dare l’annuncio è stato l’ormai ex sindaco Mario Puglia. Il lago, situato nel comune diVagli Sotto, in provincia di Lucca, è un vero e proprio custode di segreti, tra cui anche un paese fantasma.
Lago di Vagli (LU) – foto: Vagli Park
L’origine del Lago e i suoi segreti
Di origine artificiale, il Lago si è formato in seguito allo sbarramento del Torrente Edron per la costruzione della diga idroelettrica, iniziata nel 1941 e terminata, anche a causa della guerra, nel 1947.
Diga del Torrente Edron (LU)
Le acque, salendo di livello, andarono a coprire diversi borghi medievali tra cui il più importante, Fabbriche di Careggine (LU), conosciuto anche come “paese fantasma”; fondato nel 1270, era un tempo borgo di fabbri ferrai provenienti da Brescia, che lavoravano il ferro estratto dal Monte Tambura. Per motivi di manutenzione venne più volte svuotato: nel 1958, nel 1974, nel 1983 e nel 1994.
Progetto di valorizzazione
Il progetto di svuotamento del Lago, previsto ora per il 2022, è stato pensato nell’ottica di valorizzazione turistica del territorio; l’amministrazione comunale, guidata da Giovanni Lodovici, ha affermato che, a causa dell’emergenza sanitaria, non sarà possibile effettuare l’opera entro la fine del 2021; le restrizioni non permetterebbero un libero spostamento tra regioni o comuni, limitando di fatto l’arrivo dei turisti da tutta l’Italia. Per ovviare al problema, si è deciso di spostare l’evento al prossimo anno nella speranza che la situazione migliori.
Borgo di Fabbriche di Careggine (LU), foto: Vagli Park
L’Assessorato ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana ha sottoscritto il 10 aprile 2021 il contratto per la riqualificazione dell’area archeologica di Cava D’Ispica. Il progetto è finalizzato alla valorizzazione di quest’area del ragusano, atta ad attrarre forza turistica con anche l’abbattimento delle barriere architettoniche ancora presenti. Ricordiamo infatti come questa zona sia stata un’importante meta siciliana del Grand Tour e come ancora oggi sia un gioiello archeologico e naturalistico della provincia ragusana. Maggiore accessibilità significherà non escludere nessuno dai percorsi culturali, creando dei percorsi appositi. Il finanziamento deriva dal PON Cultura e Sviluppo e ha un importo d’asta pari a €2.906.187, oltre IVA. Il tutto rientrerebbe tra le iniziative atte a portare avanti i progetti pilota dei poli di eccellenza del Mezzogiorno.
L’iniziativa è stata affidata alla Soprintendenza dei Beni Culturali di Ragusa, che ha sottoscritto un appalto integrato assegnato all’ATI, formata dalla Conscoop di Forlì, dal C.A.E.C. e dalla Operes S.r.l. di Santa Venerina (CT). A queste cooperative è stato dato l’incarico di redigere, entro trenta giorni dal contratto, l’esecutivo per la realizzazione. La conclusione dei lavori si prospetta entro sei mesi dalla consegna del disegno progettuale. Responsabile Unico del Procedimento (RUP) sarà l’architetto Titta Tumino della Soprintendenza dei Beni Culturali di Ragusa.
Cosa era stato previsto nel 2018
A settembre 2018 l’allora Assessore ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana, Sebastiano Tusa, consegnò alle ditte vincitrici i lavori di realizzazione e ripristino. Questi riguardavano i sentieri del Parco di Cava D’Ispica grazie ai fondi, pari a circa 6 milioni di euro. L’intervento al Parco di Cava D’Ispica avrebbe mirato a riqualificare l’area con un ampliamento delle aree visitabili dai turisti e la messa in sicurezza della strada provinciale, con la ricostruzione di ambientazioni archeologiche e ripristino del paesaggio storico antico. Inoltre, si prospettò la valorizzazione dei sentieri e delle vie di collegamento tra i monumenti, il miglioramento dei percorsi di visita attraverso un nuovo sistema di indicazioni topografico-temporali. Si parlava già allora di percorsi di visita virtuale all’interno dei monumenti e di ricostruzione del ciclo pittorico della “Grotta dei Santi”, per fornire una lettura migliore delle pitture.
Alcune pitture della “Grotta dei Santi”, Modica (RG) – foto di Davide Mauro
Cosa si realizzerà nel 2021
Sono queste, dunque, le realizzazioni previste nel nuovo progetto: oltre all’abbattimento delle barriere architettoniche, l’idea è quella di valorizzare l’ex mulino e l’area d’ingresso al sito. Saranno realizzati nuovi servizi igienici, un deposito e implementati illuminazione e video sorveglianza oltre che una riqualificazione per mezzo di camminamenti dell’area del belvedere. Importanti interventi sono previsti, inoltre, nella necropoli della Larderia e nell’area del Gymnasium, che potrà essere adibita a luogo per iniziative culturali con lo sfondo della rupe della Spezieria.
La necropoli della Larderia (RG) – fonte: Etnanatura
In questo frangente infatti l’area archeologica sarà dotata di un innovativo sistema di realtà aumentata. Ciò permetterà al visitatore di ricevere nuove informazioni in merito ai luoghi d’interesse tramite rappresentazione panoramica su mappa satellitare e geolocalizzazione.
Ipotesi di ricostruzione dopo il progetto di riqualificazione
La Giornata ha lo scopo di diffondere la cultura paesaggistica italiana per valorizzare il nostro territorio e sensibilizzare i cittadini alla sua tutela. Durante queste 24 ore di celebrazione gli enti pubblici e privati provvederanno all’organizzazione di eventi e manifestazioni in tema. Quest’anno le attività, consultabili nella sezione “Eventi culturali” del Ministero, seguiranno le normative sanitarie vigenti. Dopo l’annullamento della Giornata dell’anno scorso causa pandemia, il Governo ritiene necessario il suo recuperoe svolgimento per poter riportare in auge le meraviglie dei paesaggi nostrani.
Inoltre, contemporaneamente alla Giornata, si svolgerà la consegna delPremio Nazionale del Paesaggio. Il Premio, giunto alla sua VII edizione e promosso dal Ministero, prevede l’assegnazione di un riconoscimento agli enti che attuano pratiche economiche sostenibili, con lo scopo di divulgare i valori etici e culturali del territorio italiano. infine, l’attribuzione del premio biennale costituisce la candidatura italiana al Premio del Paesaggio del Consiglio Europeo.
Manifesto del Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa
Il reperto è in superficie dal 2 agosto 2020, nella giornata del sessantottesimo compleanno del compianto Assessore ai Beni culturali, Sebastiano Tusa. Il recupero aveva visto la collaborazione della Guardia di Finanza, dei subacquei altofondisti della Global Underwater Explorers e del personale dell’area marina protetta. Proprio Tusa infatti lo individuò nel 2018, nei fondali a nord-ovest dell’isola di Levanzo.
Le operazioni di analisi sono iniziate proprio il 10 marzo 2021 al Palazzetto Mirto di Palermo, in occasione del secondo anniversario della scomparsa del Soprintendente del Mare, avvenuta nel 2018 in un incidente aereo. Si tratta di un progetto di cooperazione culturale che procederà con un’analisi diagnostica e solo dopo con il restauro e la successiva musealizzazione nelle Egadi, come ha confermato l’assessore Samonà. Il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, è molto entusiasta di questo progetto; infatti, iniziative come queste vedono sempre più la sinergia e la cooperazione in ambito culturale e non solo tra pubblico e privato.
Non a caso anche la soprintendente del mare, Valeria Li Vigni, ha confermato che si continuerà a coordinare e a operare secondo le linee che già lo stesso Tusa aveva tracciato. Alla società Siqilliya sono state affidate le operazioni di restauro e diagnostica, sotto la coordinazione dell’architetto Francesco Mannuccia.
Immagine di copertina: via “Via dei Tesori” – Magazine.
Alcuni protagonisti della vicenda (via Regione Siciliana)
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