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NEWS | Tra mare e mito, sette incontri per valorizzare Messina

Senza memoria del passato non si ha consapevolezza del presente e si rischia di ipotecare il nostro futuro, ciò vale tanto per le persone quanto per le comunità. Vale anche per Messina: scienza, letteratura, storia e spettacolo con protagonista il mare mitico dello stretto che ogni giorno ricorda le origini della città, indicando la strada per il futuro. Sette incontri, di cui il primo il 23 maggio, tutti dedicati ai luoghi magici della città. 

Riscoprire l’identità della città antica

Oggi Messina è alla costante ricerca di quest’identità ed il suo mare ne è testimone rispettoso ed esigente. È dovere comune fare sì che Messina incarni sempre di più lo spirito dei tempi passati con coraggio, forza e consapevolezza, al fine di ricostituire la sua identità collettiva più autentica, condivisa, al fine di modificare i rapporti col passato e trasformare i processi di apatia e diseducazione in sviluppi attivi per un futuro di evoluzione e di nuova formazione. La natura e il mare possono essere d’aiuto in tutto questo poiché l’uomo non è altro che l’architetto minore che deve ascoltare gli architetti maggiori: il sole, il vento, l’acqua e l’ombra.

Mare, Mito, Messina

Proprio per questo il Museo della Fauna dell’Università di Messina, da sempre impegnato nella diffusione e nella divulgazione di tematiche riguardanti l’ambiente in particolare, ma anche la cultura in senso lato, propone una rassegna dal titolo: “Mare, Mito, Messina” articolata in un programma di sette incontri culturali il cui scenario è rappresentato dal nostro mare relativi a tematiche inerenti l’ambiente appunto ma anche la letteratura, lo spettacolo ed il turismo. La formula proposta mira alla riscoperta di luoghi magici della città, per cui la rassegna non avrà una location fissa ma sarà itinerante e all’aperto in piazze, vie e borghi così da valorizzare, oltre alle tematiche trattate nella singola giornata, gli scorci più belli di Messina.

Il comitato tecnico scientifico

A garanzia dell’alta qualità a cui il progetto ambisce è stato istituito un comitato tecnico scientifico composto dal Prof Filippo Spadola, Direttore del Museo della Fauna; dal Prof. Filippo Grasso, Delegato del Rettore alle  Iniziative Scientifiche nel settore del turismo dell’Ateneo di Messina; dal Dott. Giuseppe Ruggeri, giornalista e vicepresidente dell’ Associazione Medici Scrittori Italiani e dalla Dott.ssa Milena Romeo, giornalista e presidente dell’Associazione Cara Beltà.

A seguire il programma degli incontri.

Programma_114
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ACCADDE OGGI | Buon 473° compleanno Università di Messina!

La Bolla Copiosusin misericordia Dominus, emanata dal pontefice Paolo III S. Ignacio de Loyola (1491-1556), istituiva, sulle rive dello Stretto, quella che si può definire la prima Università collegiata gesuitica in Europa. Il 16 Novembre 1548 nasceva così l’Università di Messina.

Uno degli edifici dell’ateneo messinese

 

La storia

La storia dell’Università di Messina è caratterizzata fin dagli inizi dal complesso rapporto creatosi fra Compagnia di Gesù e classe politica locale. Ha inizio, de jure, il 16 novembre del 1548,  quando, per impulso dei giurati messinesi e grazie all’appoggio del viceré Juan de Vega, l’in­tervento di Ignacio de Loyola, che si faceva portavoce presso la curia pontificia delle secolari istanze mes­sinesi di avere uno Studium, induceva il pontefice Paolo III S. Ignacio de Loyola (1491-1556), fondatore della Compagnia di Farnese ad emanare La Bolla Copiosusin misericordia Dominus.

Lo Studium, infatti, veniva ad essere, secondo il disposto della bolla pontificia, governato dalla Societas Iesu e dal suo preposto generale, che ne sceglieva il rettore-cancelliere, i funzionari e i docenti, mentre sulla città gravava l’onere di finanziare l’istituzione. Circa un mese più tardi, lo stesso Paolo III riconosceva, con la bolla Summi sacerdotis ministerio, il Collegio gesuitico operante a Messina già dal marzo del 1548.

Francesco Sicuro, Collegio di San Giovanni Battista dei Gesuiti

Proprio la peculiarità della fondazione dello Studio doveva ostacolarne il regolare funzionamento per almeno mezzo secolo. La Giurazia messinese, infatti, mal tollerava di essere sostanzialmente esclusa dalla gestione dell’Ateneo che aveva tenacemente voluto. Se, dunque, si profilava, all’interno delle mura urbane, uno scontro aperto fra Compagnia di Gesù e Giurazia per il controllo dell’Università, altrettanto paralizzante si rivelava il contrasto esterno con il Siciliae Studium Generale istituito a Catania da Alfonso il Magnanimo, funzionante a partire dal 1445, che rivendicava il privilegio esclusivo di conferire titoli dottorali nell’Isola.

Il controllo dell’Università

Al contrasto con i gesuiti la città rispondeva rigettando il modello del Colegio-Universidad disegnato nella bolla paolina e proponendo, in un primo momento, una forma di gestione mista dell’Università, sancita negli Statuti del 1550, ove lo Studio risultava diviso in due tronconi, uno laico e cittadino (diritto e medicina) gestito dalla Giurazia, l’altro gesuitico (teologia) retto dalla Societas Iesu e, successivamente, nel 1565, ribadendo l’adesione al modello universitario “bolognese” ed escludendo di fatto la Compagnia di Gesù dal controllo sullo Studium.

Il portale del Collegio di San Giovanni Battista dei Gesuiti, Messina

Nonostante proprio nel 1565 si avesse una più consistente articolazione dei corsi accademici (precedentemente saltuari e limitati alle sole cattedre fondamentali di diritto e di medicina), con la chiamata di docenti di prestigio come Giovanni Bolognetti per il diritto e Giovan Filippo Ingrassia per la medicina, nonché la presenza di un buon numero di studenti provenienti anche dalla vicina Calabria, purtuttavia lo Studium non poteva conferire lauree, e ciò in attesa che si risolvesse la lite con il Siculorum Gymnasium di Catania, che si trascinava davanti al tribunale romano della Sacra Rota.

Iscrizione sul portale del Collegio dei Gesuiti

 

Il nuovo scopo dell’Università

La situazione si sbloccava solo quando, nel 1591, Messina, a fronte di un consistente donativo di circa 200.000 onze, otteneva da Filippo II la rifondazione dell’Università con l’esplicita facoltà di conferire titoli dottorali. A quel punto il processo dinnanzi alla Sacra Rota volgeva verso le battute finali. La Giurazia messinese incaricava il doctor iuris napoletano Giacomo Gallo di difendere le ragioni dello Studium Messanae contro la pretesa “privativa di Studio Generale” vantata dall’Università etnea.

Il giureconsulto riusciva, con un articolato parere, a convincere i giudici del tribunale romano della fondatezza delle pretese messinesi ottenendo, fra il 1593 ed il 1595, tre sentenze conformi e il riconoscimento, per lo Studio peloritano, della facoltà di conferire titoli dottorali. Con l’esecutoria viceregia della sentenza definitiva della Rota romana, nell’aprile del 1596, si chiudeva l’annosa questione. Ora lo Studium Messanae era pronto a funzionare regolarmente.

I nuovi Statuti del 1597

Testimonianza della “nuova fondacione delli Studii” erano i nuovi Statuti redatti nel 1597 per impulso della locale classe politica e commissionati ad un gruppo di dottori di diritto. Il nuovo testo disegnava uno Studium Urbis gestito dalle élites cittadine nei momenti fondamentali come la scelta dei docenti (rigorosamen­te “forestieri”, almeno per le cattedre più importanti), del retto­re (che, in omaggio al modello universitario italiano era uno studente), dei rifor­matori (scelti all’in­terno dei componenti della “mastra” sena­toria), del mastro notaro etc.

Aula magna, sezione Diritto privato

A partire dal 1597 e fino al 1679, anno della sua chiusura, l’Università di Messina riusciva a proporsi, all’interno dello spazio urbano, come tappa centrale del percorso formativo delle élites culturali e politiche cittadine e, all’esterno, come istituzione concorrenziale rispetto al Siculorum Gymnasium di Catania. Peraltro, la felice posizione sulle rive dello Stretto doveva favorire lo Studium peloritano rispetto all’Università etnea, rendendolo naturale punto di convergenza da parte di giovani provenienti dalla Calabria e da Malta, secondo l’intuizione che era stata di Ignacio de Loyola e che aveva ad erigere un Colegio-Universidad a Messina, destinato ad accogliere non solum siculi sed etiam ducatus Calabriae et Regni Graeciae ac aliorum maritimorum incolae.

Il nuovo legame Università-città e l’ascesa di Messina

Gli ottant’anni di reale esistenza dell’Università messinese (la prima laurea veniva conferita il 2 dicembre 1599 a Giovan Battista Castelli, in seguito lettore dello Studio e giudice) appaiono caratterizzati dal rinsaldarsi del legame fra la città e lo Studium, in particolare la facoltà di diritto. Infatti, il progetto di ascesa politica, culturale ed economica tentato da Messina tra la fine del Cinquecento e i primi decenni del Seicento doveva trovare sostegno proprio fra i doctores iuris formatisi nell’Università cittadina, poi giudici del locale tribunale della Curia Stratigoziale o iudices presso i tribunali centrali del Regno.

L’antica sede dello Studium messanensis nella Piazza del Grande Ospedale (J. HOUEL, Vue de MessinePlace du Grand Hopital – D. Anciennes Etudes in ID., Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malte et de Lipari, Paris 1782, tav. LXXXII)
 

Tanto ai dottori di diritto “stranieri” che reggevano le cattedre più importanti dello Studio e componenti del collegium iuristarum (come il senese Ippolito Piccolomini, il napoletano Giacomo Gallo, il perugino Innocenzo Massini, il padovano Galeotto Ferro, i calabresi Leonardo Amarelli e Ottavio Glorizio), quanto ai giuristi messinesi (come Mario Giurba), impegnati nel giudicato a livello centrale e periferico, la Giurazia (o Senato) poteva commis­sionare articolate allegazioni che difendessero i privilegi cittadini. 

Lo Studium Messanae, controllato sempre più strettamente dal Senato che nel 1641 avrebbe avocato a sé la carica di cancelliere dell’Università sottraendola all’arcivescovo, si presentava, nel corso del Seicento, come un’istituzione peculiare. Laddove, infatti, la facoltà di diritto rappresentava il momento della “conservazione” e della difesa delle prerogative cittadine contro i pretesi attacchi del potere centrale, la facoltà di medicina appariva, in un panorama siciliano dominato dalla tradizione, un “luogo di ricerca attiva” grazie alla presenza di maestri come i bolognesi Giovan Battista Cortesi e Marcello Malpighi.

La rivolta contro la Spagna

Il “legame organico” fra la città e il suo Studio doveva segnare, inevitabilmente, la storia dell’istituzione universitaria destinata a seguire le sorti della classe dirigente della quale aveva sostenuto la politica autonomistica. 

La rivolta contro la Spagna (1674-1678) segnava, infatti, la fine delle velleità messinesi e la città dello Stretto veniva privata, oltre che della sua stessa memoria storica, subendo la confisca dell’Archivio cittadino ove erano custoditi, fra l’altro, i privilegi sui quali si fondava la sua autonomia, anche dello Studio ovvero del “luogo” di progettazione delle strategie di difesa dell’autonomia cittadina e di formazione di intellettuali organici alle posizioni espresse dall’oligarchia politica.

Allegoria della restituzione di Messina alla Spagna di L. Giordano (1678)

 

L’Università tra nuove aperture…

Ad una riapertura dell’Università di Messina, in seguito a vari, reiterati, tentativi, si giungeva sol­tanto nel 1838, quando, con decreto del 29 luglio, n. 4745, Ferdinando II di Borbone elevava la locale Accademia Carolina, fon­data nel secolo XVIII, al rango di Università.
Tuttavia non si può negare che il nuovo Ateneo, lungi dal rispec­chiare i fasti del passato, fosse di tono decisamente minore, così come minore era la dimensione politica della città dello Stretto. 

In base ai “Regolamenti per le tre università della Sicilia” (1841), l’Ateneo messinese veniva ad essere articolato in cinque facoltà (giurisprudenza, teologia, medicina, filosofia e scienze matema­tiche, letteratura) con un totale di 28 cattedre, più 3 di belle arti. L’isti­tuzione era amministrata da una Depu­tazione composta da un presidente, dal rettore e dal segretario cancelliere e da quattro membri “temporanei”. Il rettore era scelto dalla Deputazione fra i professori titolari, proposto al governo e nominato dal sovrano.

Senato Accademico Unime

Le cattedre erano assegnate per concorso. Una recente indagine sul Fondo palermitano della “Commissione di pubblica istruzione ed educazione” ha fatto rilevare le difficoltà nelle quali il rifondato Ateneo si trovava ad ope­rare, soprattutto a causa della man­canza di fondi. Tuttavia, ciò non impe­diva il riproporsi, come nel passato, del legame Università-classe politica cit­tadina.

… e nuove chiusure!

L’istituzione, infatti, non mancava di partecipare, accanto alla cittadinanza, ad un nuovo appuntamento rivoluzionario, quello del 1847-48, che vedeva coinvolti, solo per fare qualche esempio, Carmelo La Farina, docente di geometria con i figli Silvestro e Giuseppe, gli studenti Francesco Todaro, più tardi senatore del Regno, e Giuseppe Natoli, futuro ministro dell’Istruzione. Una partecipazione che, ancora una volta, doveva segnarne l’esistenza. 
L’Ateneo, infatti, a dieci anni dalla sua riapertura, veniva nuovamente soppresso. Riaperto due anni più tardi vedeva però sensibilmente ridotto il suo bacino d’utenza a causa di norme limitative che, allo scopo di attuare un più stretto controllo sugli Atenei, imponevano all’Università di non immatricolare studenti provenienti da altre province siciliane e dalla Calabria.

Prospetto dell’Ateneo messinese prima del terremoto

 

La legge Coppino 

Grazie a tale intervento, con la legge Coppino del 13 dicembre 1885, n. 3572, l’Università di Messina ve­niva elevata al rango di Ateneo pareggiato di primo grado. 
Gli ultimi anni del secolo vedevano il molti­plicarsi di iniziative che dovevano fare sperare in un possibile e dignitoso decollo dell’istituzione: si impiantava un nuovo orto botanico, si potenziavano i gabinetti scientifici, si fondavano i musei di mineralogia, di geologia, di zoologia e ana­tomia comparata.

Il 28 dicembre 1908 anche gli edifici dell’Università vennero distrutti dal disastroso terremoto. La difficile ricostruzione doveva investire anche l’Ateneo, al centro di una polemica dai toni spesso accesi, fra quanti ne chiedevano la definitiva chiusura e quanti lo consideravano momento centrale del processo di rinascita di Messina. Ancora una volta, la battaglia cittadina per l’Università si sarebbe rivelata vincente.

 

Veduta dei nuovi edifici del plesso centrale dell’Università di Messina, ricostruiti e trionfalmente inaugurati nel 1927

 

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SPECIALE COVID | Archeologia ai tempi del Covid-19 tra incertezze e difficoltà, ma si guarda al futuro

La pandemia da Covid-19 ha portato al mutamento di tante delle nostre abitudini, anche nel settore dell’archeologia e dei beni culturali. Università, musei, poli culturali, scavi archeologici hanno dovuto fare i conti con la realtà e adattarsi alle nuove esigenze anche con l’aiuto dei mezzi tecnologici e informatici. Incalcolabili i danni e i disagi causati dalle restrizioni anti-Covid, soprattutto in ambito accademico e didattico: a soffrire di più sono le migliaia di studenti costretti non solo a una didattica oramai quasi esclusivamente a distanza, ma anche all’interruzione di tutte quelle attività formative come seminari, convegni, scavi didattici. 

Lo stato degli scavi archeologici 

Molte sono le campagne di scavo archeologico mai partite a causa della pandemia. Altre invece, sono state condotte con un numero ridotto di personale e per periodi di tempo più brevi. Non sono mancati le eccezioni come gli scavi  proseguiti senza troppe limitazioni e che al contrario hanno incrementato notevolmente i risultati della ricerca sul campo, come nel caso di Pompei e dei suoi recenti e straordinari ritrovamenti. 

Una discussione a parte merita la questione degli scavi didattici. Durante l’estate del 2020, il rallentamento dell’ondata epidemica e le temperature favorevoli, hanno permesso una piccola e claudicante ripresa degli scavi rivolti agli studenti. Ripresa che si è bruscamente arrestata con la nuova ondata epidemica, che ha causato un rallentamento della ricerca e un ingente danno per accademici e studenti. Non è cosa facile riuscire a fotografare in maniera universale la situazione degli scavi archeologici, soprattutto didattici, in Italia. L’incertezza lavorativa che ha contraddistinto il 2020, continuerà, probabilmente, ancora nel 2021, ma con una nuova e maggiore consapevolezza della situazione. L’impressione e l’intenzione è quella di ripartire, di scavare e lavorare sul terreno, a maggior ragione se i grandi spazi aperti lo permettono. 

Le limitazioni ai viaggi e agli spostamenti peseranno ancora molto: i gruppi di lavoro saranno meno numerosi e quando necessario si preferirà lavorare da remoto, con tutti i vantaggi e gli svantaggi. Un aspetto positivo, effetto della pandemia, si potrà rilevare nell’ambito della sicurezza. Le regole di igiene e distanziamento porteranno a una maggiore attenzione alle condizioni di lavoro e di alloggio di archeologi esperti e studenti; si tenderà sempre meno all’utilizzo di strutture spartane e di fortuna. 

La testimonianza dall’Università di Pisa

“Un conto è la teoria, un altro è la pratica” e uno studente di archeologia questo lo sa bene. 

Non importa quanto bene abbiamo studiato i testi di Carandini, quanti matrix abbiamo disegnato alla lavagna la notte prima dell’esame di metodologie dello scavo archeologico. Ogni studente ricorderà perfettamente l’esatto momento in cui, il primo giorno su un cantiere di scavo, Carandini & co sono spariti in una nuvola di fumo per fare spazio alla realtà di scavo nuda, cruda, e irresistibile. Ma se da un lato, la didattica a distanza ha permesso agli studenti di continuare a studiare l’archeologia sui pesanti manuali e sulle slide, meno fortuna ha avuto la parte più importante della formazione di un archeologo: lo scavo didattico.

Dall’inizio della pandemia molti sono stati i cantieri abbandonati e rimandati in un futuro prossimo (si spera!). Lo scavo archeologico, oltre ad essere una palestra indispensabile per i futuri archeologi, è un banco di prova. Molti ragazzi non hanno idea di come possa essere la vita durante un cantiere, e capita qualche volta che per quanto si possa amare l’idea dell’archeologia, ci si rende conto che quella non è la vita che fa per tutti. Questo è un aspetto molto importante, che i nuovi iscritti ai corsi di archeologia non hanno potuto sperimentare. Per non parlare del problema dello studio dei reperti e delle analisi di laboratorio post campagna di scavo. Tutto si è fermato, le ennesime cassette di materiali messe a prendere polvere nei magazzini!

Lo stop ai lavori non ha risparmiato nessun ateneo italiano, e noi di ArcheoMe abbiamo raccolto qualche testimonianza di studenti, docenti e ricercatori che ci hanno raccontato dei disagi che tutto ciò ha comportato. 
Il dott. Gianluca Martinez, responsabile dei rilievi di scavo

Gianluca Martinez, responsabile dei rilievi e del GIS per gli scavi diretti dal dipartimento di Archeologia medievale dell’Università di Pisa, ci parla dei progetti che hanno dovuto interrompere e dell’importanza delle attività di laboratorio post scavo, che quest’anno sono rimaste ferme:

“L’Università stava indagando su tre diversi siti tardo antico-medievali: San Genesio, nel comune di San Miniato (PI), la villa dell’Oratorio a Capraia e Limite (FI) e uno scavo in Sicilia, in provincia di Ragusa. Essendo tutti fuori dal comune di Pisa, non abbiamo potuto proseguire con la campagna di scavo da quando è iniziata la pandemia. La nostra preoccupazione più grande è non sapere quanti e quali danni abbiano riportato le strutture parzialmente scavate e in che condizione troveremo la stratigrafia che avevamo messo in luce nelle scorse campagne di scavo. Probabilmente troveremo un terreno diverso da quello con cui ci eravamo rapportati gli anni scorsi“.

Un secondo problema è stato quello dello studio dei dati provenienti dallo scavo: 

Molti pensano che l’attività di ricerca si limiti al cantiere di scavo, tanti ragazzi passano con noi 2 o 3 settimane e poi vanno via, non sanno che la maggior parte del lavoro continua nei laboratori e dura tutto l’anno. Quest’anno tutto il materiale proveniente dai tre siti indagati è rimasto nelle cassette, ci sarà molto lavoro arretrato che dovremo svolgere giorno e notte se vorremo rimetterci al passo con le prossime campagne”.

Ma il dipartimento di Archeologia medievale non è rimasto completamente immobile ed è andato avanti, aprendo un nuovo cantiere nel cuore pulsante di Pisa: è nato così il San Sisto project che ha permesso agli studenti di continuare le attività di scavo, nel pieno rispetto delle normative anti Covid-19. Anche le attività di laboratorio hanno trovato modo di raggiungere gli studenti a distanza: “Anche se non possiamo lavorare sui reperti, abbiamo portato avanti le attività di laboratorio in maniera del tutto digitale, con l’informatizzazione delle schede di cantiere e concentrandoci sulle tecniche di rilievo e GIS che saranno sempre di più parte integrante e fondamentale di uno scavo archeologico”. 

(In copertina: studenti dell’Università di Pisa durante le prime campagne di scavo alla Villa dei Vettii (Oratorio, PI), 2010.

Veduta aerea dell’impianto termale della Villa dei Vertici, anche detta dell’Oratorio (Capraia e Limite, FI)
scavi
Cripta dell’insediamento religioso di San Genesio (PI)
scavi
Mosaico della “caccia al cinghiale”, Villa dell’Oratorio (Capraia e Limite, FI)

La testimonianza dall’Università di Messina

Come già accennato, sono poche le università che hanno deciso di gestire degli scavi in una situazione tanto complessa. La maggior parte delle università, invece, ha bloccato ogni esperienza diretta sul campo. Una di queste è l’Università di Messina, come testimonia la prof.ssa Caterina Ingoglia, docente di Metodologie dello scavo archeologico: 

“Come in molte altre università si sono interrotte le attività, sia all’aperto che dentro i depositi. Si sono interrotti i tirocini di scavo e tutti i laboratori che non potevano essere svolti se non in presenza. Abbiamo quindi incrementato soprattutto le attività seminariali che non richiedono presenza. Un anno di interruzione dell’attività di scavo può favorire lo svolgimento di altri tipi di ricerca, ma con le biblioteche chiuse, o comunque parzialmente utilizzabili, anche quello non è facile”.

Ma il clima di incertezza e sconforto non si sofferma solo sul fermo scavi. “I rischi sono seri ovviamente” – continua la prof.ssa Ingoglia – “Bisogna evitare il contagio. Non è facile poter garantire agli studenti una stanza ed un bagno ciascuno, la possibilità di pranzare e cenare a distanza, etc. etc. quindi aspettiamo di essere tutti vaccinati, docenti e studenti”. 

Ciò che è certo è che moltissimi studenti stanno perdendo l’opportunità di fare esperienza diretta sul campo, un’esperienza fondamentale in un contesto come quello archeologico. La professoressa si augura “di poter fare recuperare, per quello che riguarda il mio ruolo, l’attività di formazione sul campo a tutti gli studenti che sono stati penalizzati dal covid, ma potrò organizzare questi recuperi solo quando ci sarà la garanzia della sicurezza della salute“. 

La testimonianza dall’Università di Milano

“Nel mio piccolo, ho sperato fino alla fine che i tirocini si potessero portare avanti. Ma così non è stato. Molti tirocini sono stati accantonati, non solo nell’ambito dell’archeologia, a causa dell’emergenza sanitaria dando, giustamente, priorità allo svolgimento dei tirocini per le aree mediche. Ciò che però dev’essere sottolineato è l’importanza fondamentale che il tirocinio, l’esperienza diretta sul campo, riveste per noi del settore archeologico. Durante la quarantena, inoltre, la mia speranza era quella di poter riprendere gli scavi in estate. Quando ho capito che non sarebbe stato possibile, la reazione non è stata sicuramente delle migliori”.

Uno stato di sconforto, dunque, quello che emerge con chiarezza dalle parole di Clelia Marchese, laureata in Archeologia all’Università di Messina e studentessa di Archeologia all’Università di Milano. La speranza di tornare alla normalità, però, non ricade solo ed esclusivamente sull’aspetto pratico degli scavi didattici. Le attività di tirocinio sul campo tengono viva una passione personale non indifferente, passione che nell’ultimo anno ha trovato appagamento solo per pochi fortunati.

Scavi di emergenza

L’unico settore, per quanto riguarda l’Archeologia e i Beni Culturali, a subire meno variazioni è quello degli scavi di emergenza. Al contrario si è notata una maggiore attenzione alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio culturale.  

Fondi e incognite sul futuro

In che modo ripartirà il settore archeologico e in generale dei Beni Culturali? Ci saranno nuovi fondi e maggiori investimenti? 

Sono considerevoli le cifre destinate dal governo al mondo della Cultura. Senza soffermarsi sulla difficile situazione che stanno vivendo musei, teatri e cinema, nuovi fondi sono necessari anche e soprattutto in ambito archeologico. Lo Stato avrebbe stanziato quasi 900 milioni di euro destinati alla tutela del patrimonio e circa 145 milioni invece a Musei e mostre d’arte.

Le incognite sono ancora molte, non solo in riferimento agli aiuti economici, ma anche e soprattutto per ciò che riguarda l’organizzazione del lavoro sul campo per gli addetti ai lavori di tutte le fasce, studenti compresi.

 

Maria Carmela D’Angelo, Oriana Crasì e Vera Martinez

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NEWS | UniMe aderisce alla Virtual Italian Days on Higher Education

Dopo Study in Italy Days, il più grande evento di promozione dedicato alle Università italiane in Turchia, l’Ateneo peloritano parteciperà al prossimo evento promozionale  (17 – 19 dicembre) della Virtual Italian Days on Higher Education rivolto agli studenti dell’India.

Gli eventi di Virtual  Italian Days sono aperti alle sole Università italiane partner di Uni-Italia, a cui l’Ateneo ha aderito prendendo già parte alla Fiera rivolta agli studenti iraniani, che si è tenuta nel mese scorso .

Uni-Italia è un’associazione, di cui UNIME è partner, costituita tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero dell’Università e della Ricerca e il Ministero dell’Interno, con l’obiettivo di favorire l’attrazione di studenti e ricercatori stranieri verso le università italiane, attraverso l’attività di promozione dell’offerta formativa italiana, con lo scopo di favorire la cooperazione universitaria fra l’Italia e gli altri Paesi.

L’attività di promozione e reclutamento di studenti internazionali in India si svolgerà attraverso una piattaforma ideata da Uni-Italia per stabilire un link diretto con gli studenti internazionali, interessati allo studio nel nostro Paese.

Virtual Italian Days on Higher Education 2020 (© Ambasciata d’Italia Jakarta)
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NEWS | Festival Internazionale del Libro Taobuk: stage, campus e tirocini per studenti Unime

Sono state presentate in diretta FB, sulla pagina ufficiale dell’Ateneo peloritano, le iniziative della X edizione del Festival Internazionale del libro Taobuk per gli studenti Unime. La diretta – che ha raggiunto la quota di circa 5 mila visualizzazioni – è stata trasmessa anche sulla pagina del Festival. All’incontro, dopo i saluti del Rettore, prof. Salvatore Cuzzocrea e del Prorettore ai Servizi agli studenti, prof.ssa Roberta Salomone, è intervenuto anche il Direttore esecutivo Taobuk, dott. Alfio Bonaccorso.
Nel corso della diretta, introdotta e moderata dal prof. Francesco Pira, Delegato alla Comunicazione, sono state illustrate le attività del campus e degli stage nelle quali saranno coinvolti gli studenti che decideranno di parteciapare. Le collaborazioni col Festival ogni anno si rivelano un efficace laboratorio per ragazzi con diversi background universitari ma con la medesima voglia di cimentarsi con un grande evento culturale internazionale. Grazie all’accordo gli studenti Unime avranno l’opportunità di effettuare stage formativi nell’ambito del Festival letterario internazionale di Taormina. L’Associazione, inoltre, attiverà un Campus che permetterà loro di partecipare a svariate attività: assistenza all’interno del Festival a scrittori e giornalisti, possibilità di assistere e di essere protagonisti di incontri con scrittori, giornalisti e attori e attività di guida all’interno del percorso letterario e cinematografico denominato Taormina Cult, curato da Taormina Book Festival. Da quest’anno, inoltre, il Festival provvederà alla copertura delle spese di ospitalità per gli studenti universitari che seguiranno gli eventi Taobuk. Una sinergia, quella tra l’Università e il Taormina International Book Festival, che ha permesso, già da molti anni, la partecipazione di studenti dell’Ateneo che si sono impegnati a stretto contatto con la direzione artistica e la segreteria organizzativa del Festival. La X edizione di Taobuk si svolgerà dal 1 al 5 Ottobre 2020 nel corso di cinque intense giornate in cui la letteratura incontrerà il cinema, l’arte, l’attualità, la musica e la cultura enogastronomica.
La serata di gala Taobuk Award sarà la chiave di volta di un ricco programma che, nell’arco di cinque giornate vedrà susseguirsi oltre 50 eventi, con un ritmo serrato dal mattino alla sera, coinvolgendo 10 sedi del centro storico di Taormina, e un parterre di 100 autori ospiti provenienti da quindici diversi Paesi.

Per poter accedere alle selezioni i volontari dovranno registrarsi attraverso un form disponibile online sul [ https://www.taobuk.it/unisciti-a-taobuk/ | sito del Festival ] . Colloqui one-to-one tenuti dall’organizzazione di Taobuk completeranno la selezione in base alle figure richieste, valorizzando le inclinazioni di ciascuno. Grazie ad un protocollo d’intesa stretto tra il Festival e l’Ateneo, agli studenti sarà data inoltre la possibilità di far valere la propria esperienza a Taobuk con un riconoscimento di crediti formativi universitari.

“Abbiamo creduto da sempre al rapporto UniMe-Taobuk – ha commentato il Rettore – e abbiamo aumentato quella che è la durata del nostro accordo di collaborazione. Si tratta di una sinergia importante che prosegue in un momento contraddistinto da questa pandemia che ha modificato e condizionato il nostro modo di vivere. Cerchiamo sempre di fare di più, con grandi sforzi, senza abbassare mai la guardia. Organizzeremo molte iniziative attraverso i nostri canali e questo Festival ne è un esempio. Speriamo di arrivare presto alla normalità, ma intanto ci siamo per i nostri studenti e lo facciamo con Taobuk che nel tempo ha regalato molte opportunità e molto spazio ai nostri giovani. Stiamo allestendo ben 150 aule che presto saranno disponibili per altre iniziative a beneficio dei nostri studenti”.

“Accanto elle tradizionali missioni universitarie che tutti conoscono – ha aggiunto la prof.ssa Salomone – e, cioè, didattica e ricerca, vi è anche quella di consolidare collaborazioni con varie organizzazioni che operano nel territorio, per promuovere sviluppo sociale, economico e culturale. Ciò avviene in un connubio perfetto fra l’Università di Messina e Taobuk, ormai consolidatosi come uno dei più importanti Festival letterari di respiro internazionale. Durante l’evento, talenti provenienti da tutto il mondo sono protagonisti di dibattiti e confronti, ma oltre a tutto questo i nostri studenti hanno l’opportunità di esplorare un contesto accattivante svolgendo importanti attività, fra cui quella d’orientamento. Il percorso di collaborazione ha una valenza importantissima per noi e siamo ben lieti di proseguirlo”.

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NEWS | Il commovente video degli studenti Unime impegnati nello scavo di Troina

Gli allievi dell’Università di Messina, impegnati da diversi anni con la prof.ssa Caterina Ingoglia, docente di Metodologia della ricerca archeologica, nella Missione di scavo archeologico del Progetto ArcheoTroina, hanno realizzato questo video per dedicarlo al Sindaco di Troina (EN), all’IRCSS-Oasi Maria SS. Onlus, ai Troinesi tutti, tristemente coinvolti da uno dei pochi focolai siciliani di COVID-19. Dal 4 maggio Troina non è più zona rossa, ma rimane il gesto di grande sensibilità. Il Rettore, prof. Salvatore Cuzzocrea, si è complimentato con la docente e gli studenti per il gesto davvero encomiabile:“E’ la testimonianza forte e concreta – ha commentato – di una presenza sul territorio del nostro Ateneo che non è soltanto mettere a disposizione delle competenze ma entrare in piena sintonia con il territorio e le comunità che lo abitano anche in momenti di grandissima difficoltà”.

Dal 2015 la Missione archeologica dell’Università, generosamente ospitata dal Comune di Troina, riporta in luce i resti dell’antica Troina, soprattutto di età classica e medievale (necropoli, case, edifici pubblici, etc.), contribuendo in maniera decisiva alla ricostruzione della storia sconosciuta del paese. Durante l’estate, lo scavo archeologico accoglie tanti studenti anche di altre università italiane e straniere, portando avanti il progetto nei suoi aspetti di ricerca, di scavo didattico, di archeologia pubblica.

“Sono molto orgogliosa -ha dichiarato la professoressa Ingoglia – perchè i miei allievi, partecipando allo scavo di Troina, hanno compreso in maniera corretta anche il ruolo sociale dell’archeologia, con il suo carico di valori specialistici, culturali ed educativi, ma anche di sentimenti ed emozioni. Li ringrazio tutti, in particolare Lorenzo Zurla, Elisa Misiano, Clelia Marchese che hanno pensato e concretamente realizzato il video”.

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NEWS | “Open UniMe”, al via la campagna virtuale di orientamento nelle scuole

L’Università di Messina – ha detto il Rettore, prof. Salvatore Cuzzocrea – anche in questo momento d’emergenza continua a dimostrare la sua attenzione al territorio, attraverso 12 dipartimenti che riescono a fare molte azioni importanti, anche nell’ambito della ricerca. L’Ateneo vanta un’offerta formativa sempre più competitiva, che si arricchisce, anno dopo anno, di nuovi Corsi di Laurea, si modifica e si migliora. L’Università è a fianco dei suoi studenti, con cui cerca di dialogare con un confronto continuo e leale; studiare a Messina è un motivo d’orgoglio, come testimoniano coloro che qui si sono formati e oggi ricoprono un ruolo di responsabilità nel nostro Paese ed in diverse parti del mondo. Il nostro Ateneo continua ad investire molto nelle sue strutture ed in tecnologia, sperimentando nuove applicazioni per innalzare la qualità della vita universitaria dei nostri studenti e i servizi a loro erogati. Piuttosto che convincervi delle grandi eccellenze che ci sono nella nostra Università, domando a voi futuri studenti universitari: perché non iscriversi a Messina? In bocca al lupo, vi aspettiamo, con entusiasmo, nel nostro Ateneo, per investire tutti insieme nella nostra realtà”.

“Nel perseguimento dell’obiettivo di orientamento agli studi e al lavoro – ha aggiunto la prof.ssa Roberta Salomone, Presidente COP UniMe – il Centro Orientamento e Placement dell’Università di Messina entra in contatto con studenti delle scuole e universitari, con i loro docenti, con le famiglie, le aziende e tutte le organizzazioni che operano nel territorio. Tutte le attività del COP, quindi, ruotano intorno agli studenti e l’impegno del personale è quello di accompagnare questi giovani in quel meraviglioso, ma anche complesso percorso, che va dall’uscita del pianeta scuola all’ingresso in Ateneo e dalla fuoriuscita dal mondo universitario sino all’entrata in quello del lavoro. Quando è cominciata l’emergenza della pandemia da COVID-19, abbiamo subito cominciato a riflettere per riuscire a trovare un modo in cui poter continuare a fare dell’orientamento la nostra priorità. E la risposta è stata ‘Open UniMe’, che ci consente di continuare a erogare i nostri servizi in maniera virtuale: si tratta di un’area dedicata nella site area COP, all’interno del sito istituzionale dell’Università di Messina. Dentro è possibile trovarvi una serie di contenuti specifici e servizi online, tra i quali poter scegliere; in particolare, sono disponibili una Sezione orientamento ed una Sezione placement che contengono link utili, materiale scaricabile, ed una parte on demand in cui sarà possibile contattarci per verificare i laboratori o gli eventi che si possono realizzare in base alla richiesta. Invito dunque i futuri studenti, gli studenti universitari e chiunque fosse interessato a esplorare ‘Open UniMe’ per restare sempre in contatto”.

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NEWS | L’UniMe crea le maschere per proteggere medici e infermieri dal contagio Covid 19


“E’ stato un weekend lungo ma molto produttivo”. Con soddisfazione e un pizzico d’orgoglio il Rettore dell’Università di Messina, prof. Salvatore Cuzzocrea, ha annunciato una grande novità che proteggerà gli operatori sanitari impegnati nella lunga guerra contro il Covid 19. “E’ questo il nostro modo di essere Ateneo al servizio del territorio e della nazione. I nostri docenti e dottorandi del Dipartimento di Ingegneria non si sono fermati per tutto il weekend e i risultati sono stati straordinari”.

L’Università di Messina prosegue il suo impegno sociale e scientifico nella lotta all’emergenza COVID-19. Mentre continua la produzione del gel disinfettante messo a disposizione di enti ed associazioni, sono stati potenziati i servizi dello sportello d’ascolto psicologico del Cerip, e grazie alla piattaforma Teams le lauree, gli esami e le lezioni del secondo semestre si fanno on line, la ricerca non si ferma.

I docenti del Dipartimento di Ingegneria Filippo Cucinotta, Alessandro Pistone e Giacomo Risitano, i dottorandi Marcello Raffaele, Fabio Salmeri e Dario Santonocito, coordinati dal Direttore prof.ssa Candida Milone, hanno eseguito un upgrade relativo all’impiego delle maschere da snorkeling per proteggere medici ed infermieri dal rischio di contagio.

“E’ già stato stampato in 3D il prototipo di un sistema filtrante con membrana certificata antibatterica ed antivirale che – spiega il Direttore del Dipartimento di Ingegneria prof. Candida Milone – montato sulla maschera da snorkeling, consentirà a tutto il personale sanitario di operare in totale sicurezza di fatto azzerando il rischio di contagio in virtù della copertura totale dell’intero viso (bocca, naso, occhi). Il dispositivo è dotato di un attacco rapido che consente di sostituire il filtro, ogni 12 ore, in maniera semplice e sicura così da avviarlo a sanificazione e successivo riutilizzo scongiurando quindi eventuali problemi di approvvigionamento. La scelta di un filtro quadrato (5cmx5cm) consente di rendere la produzione particolarmente veloce e senza sfrido di materiale, in un momento di difficile reperibilità delle materie prime. Ciò è stato reso possibile grazie alle rete di collaboratori che si è instaurata nei giorni scorsi e che vede coinvolte anche aziende del territorio siciliano specializzate nella produzione di materiali plastici. L’azienda brolese Plastitalia, leader del settore, si è già resa disponibile per la produzione su scala industriale sia dei filtri certificati che dell’intero dispositivo mediante stampaggio ad iniezione. Sono stati avviati anche proficui contatti di collaborazione con l’Azienda Orthom di Ragusa impegnata in questi progetti di trasformazione delle maschere.”

Il prototipo, come già avvenuto per la precedente maschera, sarà provato questa mattina presso il Policlinico universitario di Messina, dove medici e infermieri sono in prima linea contro il coronavirus. Su questo tipo di prototipo ci sono altre sperimentazioni in Italia ma l’Università di Messina è la prima che ha già tutto pronto per l’immediata produzione. Il Rettore Cuzzocrea è costantemente in contatto con le istituzioni che stanno gestendo l’emergenza Covid 19. Va anche detto che l’Università di Messina ha avviato una raccolta fondi ampiamente pubblicizzata sul sito dell’Ateneo [ http://www.unime.it/ | www.unime.it ] e sui canali social.