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NEWS | CNR, alla scoperta dei papiri carbonizzati di Ercolano

Il 18 gennaio 2021, dalle 9:15 alle 12:30, si terrà l’evento di lancio del progetto ERC Advanced Grant GreekSchools. Si tratta di un progetto interdisciplinare per l’edizione e l’analisi con tecniche avanzate dei papiri di Ercolano. Questi papiri contengono la più antica storia della filosofia greca in nostro possesso: uno studio epigrafico che non può passare inosservato!

Il progetto è quindi coordinato dal CNR ISPC, dal CNR ILC e dal MiBACT in collaborazione con l’Università di Pisa, sotto la guida del professor Graziano Ranocchia. Sarà possibile seguire l’evento online dal canale YouTube del Progetto o dalla pagina Facebook dell’ateneo pisano. Segue il programma.

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La più antica storia della filosofia greca è custodita in papiri carbonizzati

La conoscenza che si ha oggi delle scuole filosofiche greche è in gran parte basata sulle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio (III secolo d.C.). Quest’opera attinge dalla Rassegna dei filosofi del filosofo epicureo Filodemo di Gadara (110 – post 40 a.C.): è un trattato, trasmesso dai papiri carbonizzati di Ercolano. Dagli scritti di Filodemo di Gadara è, infatti, possibile ricavare un resoconto attendibile della storia delle scuole filosofiche greche. Tuttavia, i manoscritti originali, sopravvissuti grazie all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e conservati a Napoli presso l’Officina dei Papiri Ercolanesi della Biblioteca Nazionale ‘Vittorio Emanuele III’, sono di difficile lettura e le edizioni attualmente disponibili delle opere in essi contenute sono ampiamente superate.

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NEWS | Tracce di leucemia su uno scheletro paleocristiano da Vaste (LE)

Il complesso paleocristiano di Fondo Giuliano nel parco archeologico di Vaste, frazione di Poggiardo (Lecce), è stato oggetto negli ultimi decenni di una notevole campagna di ricerca archeologica, sotto la direzione scientifica del Prof. Giovanni Mastronuzzi.

Il sito comprende una chiesa e un’ampia area cimiteriale databile tra il IV ed il VI sec. d.C. Da quest’area provengono numerosi materiali archeologici e i resti umani di circa 400 individui.

L’attività svolta dall’Università del Salento ha portato a un’interessante scoperta paleopatologica. Una collaborazione tra l’Università e l’Azienda Ospedaliera Papardo di Messina ha permesso di risalire alla possibile causa di morte di uno degli individui di circa 1500 anni fa.

L’analisi antropologica dei resti dell’area cimiteriale è stata affidata alla Dott.ssa Giorgia Tulumello dell’Università del Salento, osteoarcheologa messinese. I dati raccolti mostrerebbero una popolazione composta da numerosi adulti e bambini.

Le analisi antropologiche sono state condotte in collaborazione con la Dott.ssa Giulia Riccomi, osteoarcheologa della divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa. Lo studio ha permesso di individuare le tracce paleopatologiche visibili su un individuo specifico recuperato e, a uno studio approfondito, è stato possibile identificare i segni di una neoplasia maligna, riferibile probabilmente a una forma di leucemia.

Il Prof. Giovanni Mastronuzzi con la Dott.ssa Valeria Melissano al lavoro sui resti antropici (© Lecce Prima)
Lo studio

Lo scheletro appartiene a un maschio adulto di circa 40 – 50 anni. Esso presenta numerose piccolissime aree di lesioni osteolitiche sulla superficie ossea (c. 1 –  3 mm) diffuse principalmente presso vertebre, coste, cinto scapolare e zona metafisaria delle ossa lunghe – dichiarano gli studiosi.

La possibile diagnosi di leucemia solitamente è piuttosto difficile nei resti scheletrici ed è stata effettuata macroscopicamente. L’analisi istologica del tessuto osseo è stata effettuata della Dott.ssa Marisa Falduto, anatomopatologa dell’Unità di Anatomia Patologica dell’Ospedale Papardo di Messina (dipartimento di Oncoematologia), nonché competente conoscitrice dell’emolinfopatologia, coadiuvata nella parte tecnica dalla Dott.ssa Ivana G. Verboso. Un simile studio si è dimostrato decisivo per chiarire l’origine patologica delle microscopiche erosioni, in modo da escludere fenomeni di erosione post – deposizionale.

È fondamentale l’approccio della ricerca in senso multidimensionale per spingere oltre la nostra ricerca della verità – commenta il Direttore Generale del Papardo – e in tal senso la nostra unità di Anatomia Patologica vanta professionisti in grado di dare contributi importanti come questo che ci rendono molto fieri del nostro organico.

Inoltre, l’analisi al microscopio elettronico (Sem), effettuato dalla Prof. Alessandra Genga e dalla Dott.ssa Tiziana Siciliano dell’Università del Salento, ha costituito un contributo prezioso per la diagnosi effettuata in team.

L’importanza della scoperta

Il possibile caso di leucemia di Vaste potrebbe rappresentare una delle più antiche evidenze di tale patologia in Italia. Sono noti e maggiormente diffusi casi osteoarcheologici di leucemia infantile; mentre, a oggi, i casi di questa patologia nei resti ossei di soggetti adulti risultano essere piuttosto rari. Lo studio è stato appena pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale The Lancet Oncology di dicembre. Esso fornisce importanti nuovi dati sulla storia delle neoplasie nei tempi antichi, dimostrando quanto sia efficace il lavoro congiunto e coordinato di enti universitari differenti.

Una delle sepolture rinvenute a Vaste nel 2003 (© Lecce Sette)

Sono molto felice di avere partecipato a uno studio così interessante ed affascinante – ha dichiarato la Dott.ssa Falduto – condotto in assoluta sinergia con l’università del Salento e di Pisa, basato sulla collaborazione tra esponenti di ambiti scientifici certamente diversi ma solo apparentemente lontani. Mi auguro che l’interesse che ci ha accomunati possa far sì che possiamo ritrovarci per altre stimolanti ricerche.

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NEWS | È scomparsa Edda Bresciani, stimata egittologa italiana

Edda Bresciani è scomparsa ieri, 29 novembre 2020, in seguito a un ricovero nella clinica Barbantini di Lucca. La grande egittologa ed archeologa è stata ricordata con affetto dalle parole dei colleghi dell’Università di Pisa, dove insegnava, e dal sindaco di Lucca, Alessandro Tambellini.

La nostra Redazione, addolorata per la grande perdita, vuole ricordare la Professoressa e la sua splendida carriera

Chi era Edda Bresciani

Edda Bresciani è stata archeologa ed egittologa, professoressa dell’Università di Pisa, nonché vero e proprio “mito” dell’Egittologia italiana.
Nata a Lucca il 23 settembre del 1930, dopo gli studi classici si iscrisse alla Facoltà di Lettere a Pisa. La Facoltà di Lettere, ricordava la Bresciani, era, all’epoca, l’unica considerata davvero adatta ad una donna, perché si riteneva fosse poco impegnativa intellettualmente. Tuttavia, la giovanissima Edda riuscì fin da subito a sovvertire l’ordine costituito, preparando la propria tesi di laurea su una materia che in Italia, negli anni ’50, era quasi sconosciuta: l’Egittologia, di cui all’epoca c’erano in Italia solo due cattedre, una a Milano, l’altra a Pisa, entrambe affidate a Sergio Donadoni.

Edda Bresciani
Edda Bresciani in un ritratto degli anni ’60

Medinet Madi e il Fayyum

La vita di Edda Bresciani non si legava soltanto alla cattedra pisana di Egittologia, ma anche, e forse soprattutto, alla regione del Fayyum, dove ha lavorato fino al 2011. Qui, dalla metà degli anni ’60 erano riprese le attività di scavo, dapprima con l’università di Milano, fino al 1969, poi con quella di Pisa. Già dal 1966 Bresciani era Direttrice responsabile della missione a Medinet Madi, il grande sito della regione del Fayyum, già investigato da Achille Vogliano negli anni ’30.
Medinet Madi è stato protagonista anche di una serie di progetti di cooperazione internazionale con l’Egitto per il  restauro e la musealizzazione. Negli anni 2000, oltre alle ricerche sul terreno, sono stati avviati due progetti: la realizzazione di un grande Centro visitatori e un progetto di restauro finalizzato alla creazione del Parco archeologico (progetto ISSEMM, in collaborazione con il Consiglio supremo delle Antichità egiziano e con il Ministero degli Esteri italiano). Dal 2011 Medinet Madi è un Parco archeologico amministrato dal governo egiziano.

Edda Bresciani
Edda Bresciani a Medinet Madi

Cercando un altro Egitto

Nel 1974 Edda ottenne per l’Università di Pisa la concessione di scavo alla necropoli di Saqqara, scavando la tomba di Bakenrenef, visir di Psammetico I – fondatore della XXVI dinastia saitica (664-624 a.C.) – che, nonostante fosse stata depredata già nel 1800, ha restituito splendidi reperti e pitture murali. Notevole il ritrovamento di una grande tela dipinta a tempera, risalente ad epoca romana, attualmente esposta al Museo del Cairo.
Dal 1978 diresse poi anche gli scavi a Gurna, presso Tebe, dove gli operai le regalarono una statuina, che la raffigura come un Faraone, con il suo nome scritto in geroglifici. Nello stesso anno fondò la rivista Egitto e Vicino Oriente, di cui era direttrice.  La sua personalità e la spontaneità con la quale si rapportava a colleghi e operai le valsero, nel Fayyum, l’appellativo di Mudira (dall’arabo mudir, “capo”), parola che, al femminile, fino ad allora non esisteva.

Archeologia e primavere arabe

Sebbene Edda Bresciani non avesse mai preso ufficialmente posizione nei riguardi dei vari rivolgimenti politici seguiti alla cosiddetta “stagione delle primavere arabe” dal 2011 in poi, l’archeologa toscana aveva continuato a gestire i rapporti bilaterali in ambito culturale lavorando per la conservazione e la tutela dei beni archeologici che aveva contribuito a riscoprire per quasi mezzo secolo. Numerose sono le onorificenze di cui l’egittologa è stata insignita: dalla Medaglia del Presidente della Repubblica ai benemeriti per la Scienza e la Cultura nel 1996, al “Campano d’Oro” dell’Università di Pisa nel 2012.

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NEWS | I primi risultati della campagna di scavo del San Sisto Project

Si è quasi conclusa la prima campagna di scavo archeologico del San Sisto Project, progetto triennale promosso dall’Università di Pisa e diretto da Federico Cantini, professore ordinario di Archeologia cristiana e medievale.  Lo scavo ha interessato la Chiesa di San Sisto di Pisa.

Il giardino della chiesa: una curtis longobarda?

La scelta dell’area di scavo è presto detta: il toponimo Cortevecchia, attestato nelle fonti dal 1027, è un probabile indicatore dell’esistenza del centro amministrativo di età longobarda. Dalla cartografia storica pisana il giardino della chiesa risulta da sempre uno spazio libero da edifici e questo sembra confermare l’ipotesi che quest’area fosse un centro del potere politico e, in particolare, una curtis gastaldale longobarda

Non solo indagare, ma anche raccontare: quando l’archeologia è social
Foto, hashtag, emoticon e tanta voglia di condividere

Il San Sisto Project è molto attivo sul web; non solo ha una pagina web personale, ma anche un profilo Facebook  e un profilo Instagram . Sui social gli amministratori caricano quotidianamente notizie dallo scavo archeologico, per permettere a tutti gli utenti di seguire, passo dopo passo, le nuove scoperte e le interpretazioni degli archeologi.  

La trowel in una mano, lo smartphone nell’altra, per immortalare i momenti di vita di cantiere, al momento giusto!  (@sansistoproject)

una foto dal profilo instagram di @sansistoproject
Foto dalla pagina Facebook San Sisto Project
la pagina facebook di San Sisto Project
La pagina Facebook di San Sisto Project
Cosa è emerso dallo scavo archeologico

Gli archeologi hanno scavato l’area 5000, l’area 1000 e l’area 10.000, raggiungendo strati del XIII-XIV secolo. Nell’area 5000 sono stati rinvenuti numerosi materiali ceramici, alcuni impreziositi da stemmi familiari, che in questa fase preliminare sono stati attribuiti al Seicento. Dal giardino della Chiesa sono emersi reperti ossei e molti elementi architettonici in marmo e pietra serena. Tra questi, uno dei reperti più interessanti è senza dubbio la cosiddetta “pietra sacra”, una lastra quadrata di pietra con una croce incisa nel centro. Questa doveva ospitare delle reliquie e doveva essere collocata sulla mensa d’altare.

Frammenti ceramici recuperati nello scavo, alcuni datati al V sec. a.C.       Foto dalla pagina Instagram @sansistoproject.
La cosiddetta pietra sacra, che doveva far parte di una mensa d’altare. In foto, il Professor Riccardo Belcari, responsabile dell’analisi di reperti e manufatti lapidei. (Fonte: @sansistoproject)
Elementi lapidei frammentari in marmo e pietra serena trovati nel giardino della Chiesa di San Sisto. (Fonte: @sansistoproject)
Verso nuovi orizzonti di indagine

Dal ritrovamento di alcuni reperti in questa prima fase degli scavi sembra certa una lunga e antica frequentazione dell’area.  Gli archeologi del San Sisto Project non vedono quindi l’ora di tornare sul campo e di continuare a scavare, per riportare alla luce le fasi più antiche della città.

Non resta che attendere ulteriori notizie dal #sansistoteam e aspettare la prossima campagna di scavo.