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FLASH | Mozia (TP) era abitata già nell’Età del Bronzo: anche Palermo conferma

Lo ha reso noto questa mattina l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, a seguito dei recenti ritrovamenti effettuati durante uno dei sondaggi praticati dal professore Aurelio Burgio dell’Università di Palermo. Lo scavo nell’isola di Mozia (TP), condotto in collaborazione con l’Università di Palermo e la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani, ha portato in luce un contesto archeologico che risalirebbe all’Età del Bronzo, 1600 a.C. circa, confermando la presenza di insediamenti umani nell’isola in questo periodo, rilevata nelle precedenti campagne di scavo.

I ricercatori dell’Università di Palermo impegnati nelle ricerche a Mozia (TP)

Il ruolo di Mozia nel Mediterraneo nell’Età del Bronzo

«La scoperta – afferma il professore Aurelio Burgio – assume particolare valore perché testimonia la vitalità e il ruolo di Mozia lungo le rotte mediterranee in un’epoca di molti secoli antecedente alla fondazione della colonia fenicia, gettando nuova luce sulla diffusione degli orizzonti culturali preistorici siciliani anche in questo estremo lembo occidentale dell’isola, al crocevia dei traffici tra il Tirreno e il Canale di Sicilia».

Il professore Aurelio Burgio

La fiducia nell’archeologia in Sicilia: Mozia è un buon esempio

«La ripresa degli scavi a Mozia e gli eccezionali ritrovamenti effettuati – sottolinea l’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà – ci rafforzano nella consapevolezza di aver fatto una scelta giusta, promuovendo il rilancio in grande dell’archeologia in Sicilia. Il nostro passato è un libro ancora straordinariamente pieno di pagine da scrivere, che rappresentano il più bel biglietto da visita per chi vuole scoprire l’essenza della nostra terra. La grande sfida che abbiamo intrapreso è di mettere la Cultura e l’Identità al centro di una visione di futuro per la Sicilia».

L’assessore Alberto Samonà
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NEWS | Conclusa la campagna di scavi a Segesta (TP), Samonà: «Oltre all’ingresso dell’Agorà, trovata anche una base di statua»

Al Parco Archeologico di Segesta (TP) si conclude la sessione di scavi condotta con la Scuola Normale Superiore di Pisa, con la quale si consolida una più che decennale e fruttuosa collaborazione. La ricerca ha visto in campo l’équipe della Scuola Normale di Pisa, con studenti specializzandi e dottorandi provenienti da varie università. In particolare sono riprese le indagini nell’Agorà dove sono stati fatti importanti ritrovamenti. Fra questi, l’ingresso del monumentale accesso all’Agorà con l’iscrizione, rinvenuta qualche settimana fa, e la base di una statua in perfetto stato di conservazione.

Segesta
Gli studenti a lavoro a Segesta (TP)

Le indagini sono state quindi dirette dalle professoresse Anna Magnetto (Direttrice Laboratorio SAET, Scuola Normale Superiore) e Maria Cecilia Parra (docente di Archeologia della Magna Grecia e della Sicilia antica, Università di Pisa) e il dott. Riccardo Olivito (ricercatore IMT di Lucca) ha coordinato il lavoro sul campo; Carmine Ampolo, professore emerito della Scuola Normale, è stato presente, come già in passato, per lo studio del materiale epigrafico e degli aspetti storici. Presente in situ anche l’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà.

Segesta
Le professoresse Magnetto e Parra con il professor Ampolo a Segesta (TP)
L’assessore Samonà sugli scavi di Segesta (TP)
In luce l’ingresso dell’Agorà, la base di statua e l’iscrizione

La piazza – Agorà – fu costruita, dal II secolo a.C., su tre terrazze digrandanti rifacendosi a modelli urbanistici e monumentali diffusi nelle città e nei santuari del Mediterraneo, dall’Asia Minore all’area egea e italica.

Lo scavo è stato condotto sul versante meridionale della grande piazza, dove un portico (stoà) monumentale chiudeva l’agorà. Il portico è stato realizzato facendo grandi tagli nella roccia con possenti opere di sostruzione lungo il pendio; un complesso imponente quindi quanto quello sul lato nord, riportato alla luce negli anni passati. Un portico superiore si affacciava sulla piazza e un corpo monumentale aveva una facciata a livello inferiore su un percorso viario. Qui si apriva un’ampia porta d’accesso con vani che dovevano avere funzione pubblica.

Un’iscrizione greca, riemersa durante gli scavi in prossimità della porta, arricchisce il quadro delle testimonianze di munificenza per la comunità (evergetismo) della Segesta ellenistico-romana: vi compare lo stesso nome che era iscritto su una base di statua nel teatro di Segesta, forse era il nome del suo finanziatore. Tutte queste testimonianze mostrano dunque il ruolo che avevano le grandi famiglie nella storia della Sicilia antica.

L’ara con l’iscrizione greca ritrovata a Segesta (TP)