Tradizioni

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NEWS | Nasce “Borghi dei Tesori”, il network di 42 piccoli comuni siciliani

Si tratta di 42 borghi siciliani sotto i cinquemila abitanti, in qualche caso poco più grandi, sotto i diecimila, di tutte le nove province dell’Isola. Custodi di centinaia di tesori artistici, naturalistici, umani, artigianali che raccontano millenni di storia, dalle testimonianze archeologiche fino al Novecento. E possono essere una delle risposte alla vita e al turismo post-pandemia.

Adesso, consapevoli della necessità di fare sistema, si strutturano in un network sotto il patrocinio della Fondazione Le Vie dei Tesori, che ha condotto, con la loro collaborazione, un censimento del patrimonio: castelli, abbazie, chiese, miniere, piccoli musei, conventi, osservatori astronomici, siti rupestri, grotte, cave, fari.

Caccamo (PA)

Ma il patrimonio culturale non conta solo beni materiali. Anche i tesori immateriali saranno interessati dall’iniziativa: sapienze antiche custodite dagli ultimi artigiani – veri tesori viventi – ricette tradizionali, tradizioni. Guidati dal Comune di Sambuca di Sicilia con la Fondazione Le Vie dei Tesori, i 42 borghi hanno partecipato al bando del Ministero Borghi in Festival, con un progetto che punta alla realizzazione del Festival Le Vie dei Tesori nei sei fine settimana compresi tra il 29 maggio e il 5 luglio con 210 luoghi aperti, 70 esperienze collaterali, e il coinvolgimento di 500 giovani del territorio, adeguatamente formati. Ma la Fondazione e i 42 Comuni hanno inoltre scelto di strutturarsi – oltre la partecipazione al bando per il Festival – in modo stabile per portare avanti politiche di rigenerazione, valorizzazione, lotta allo spopolamento, creando così un vero e proprio network dei borghi.

Elenco dei “Borghi dei Tesori”

  • Provincia di Agrigento
    Sambuca di Sicilia; Comitini; Narò.
  • Provincia di Caltanissetta
    Butera; Montedoro; Sutera.
  • Provincia di Catania
    Licodia Eubea; Militello in Val di Catania; Vizzini; Zafferana Etnea.
  • Provincia di Enna
    Centuripe; Sperlinga.
  • Provincia di Messina
    Santa Lucia del Mela; Condrò; Roccavaldina; Mirto; San Piero Patti; San Marco d’Alunzio; Frazzanò; San Salvatore di Fitalia; Montalbano Elicona; Graniti; Castelmola; Savoca.
  • Provincia di Palermo
    Gangi; Castelbuono; Polizzi Generosa; Vicari; Geraci Siculo; San Mauro Castelverde; Petralia Soprana; Petralia Sottana; Caccamo; Lercara Friddi; Roccapalumba; Godrano; Castronovo di Sicilia.
  • Provincia di Ragusa
    Chiaramonte Gulfi; Monterosso Almo.
  • Provincia di Siracusa
    Buccheri; Portopalo di Capo Passero.
  • Provincia di Trapani
    Custonaci.
borghi dei tesori
Mappa dei “Borghi dei Tesori”
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NEWS | A Palermo riaprirà il Museo Pitrè

A Palermo il Museo etnografico siciliano Giuseppe Pitrè riaprirà al pubblico il 10 marzo 2021. Si potrà accedere dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 alle ore 18:30 (l’ultimo ingresso consentito è alle ore 18). Le visite avverranno su prenotazione.

Il Museo, collocato in Via Duca degli Abruzzi 1, fu fondato proprio nel 1909 dal medico, scrittore e studioso Giuseppe Pitrè, uno dei più importanti etnologi siciliani. Egli dedicò la sua vita a tramandare le tradizioni folkloristiche dell’Isola e i suoi studi ispirarono molti dei racconti di Luigi Capuana e di Giovanni Verga.

Il Museo ha riaperto, in via del tutto eccezionale e in modalità virtuale, a dicembre; dunque, l’occasione è servita a festeggiare in streaming l’anniversario della nascita dello studioso. La riapertura della struttura sarà quindi un evento da non perdere per vivere in un giorno la cultura materiale dei nostri avi. La nuova sistemazione museale è stata affidata all’architetto catanese Giuseppe Pagnano; si potrà visitare una sala dedicata interamente a Pitrè e una a Giuseppe Cocchiara, etnologo ed ex Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo, nonché prosecutore dell’opera di Pitrè. Le sale vanteranno anche nuove donazioni di reperti da parte di privati.

Museo Pitrè
Ingresso del Museo Pitrè a Palermo (fonte: QdS.it)

(Immagine di copertina dal sito Personal Reporter)

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NEWS | “Delle armi di Sandokan e dei tagliatori di teste”, l’evento in attesa della mostra

Il Museo delle Civiltà (MUCIV) di Roma, in attesa della riapertura delle sue porte che, per le recenti disposizioni governative, si è trovato a serrare, e come augurio di una pronta ripresa delle attività nel 2021, trova il modo “virtuale” di abbracciare il suo pubblico.

Aspettando la mostra…

Il Museo non rinuncia alla mostra “Nel mondo di Sandokan”, prevista dal piano di valorizzazione promosso nel 2020, spostandone l’anticipazione online con un incontro aperto a tutti, su piattaforma Meet, che si terrà oggi 17 Dicembre, a partire dalle ore 16:30.

Protagoniste saranno le armi di Sandokan e dei tagliatori di teste, per esplorare il misterioso Borneo salgariano. L’evento sarà un pretesto per guidare il pubblico, attraverso interventi originali di esperti sulle inedite tracce che ci “porteranno indietro fino alle origini della metallurgia arrivando a inedite esplorazioni della nostra stessa identità nazionale”, si legge sulla pagina ufficiale dell’evento.

Un tuffo, dunque, nell’inedito mondo dei “Pirati della Malesia”, fatto di tagliatori di teste e pirati, e tramandato attraverso i protagonisti del ciclo di undici romanzi creati da Emilio Salgari – tra la fine dell’ 800 e l’inizio del ‘900 – che ha saputo miscelare storia e mirabili fantasie letterarie.

Locandina dell’evento “Delle armi di Sandokan e dei tagliatori di teste” – Museo delle Civiltà (RM)

Poche le anticipazioni, molte le aspettative

L’usanza di decapitare i nemici uccisi in battaglia, le armi utilizzate per mozzarne il capo, come segno di forza, l’esposizione delle teste come trofei da rispettare: tutto questo sarà raccontato nell’incontro di oggi “seguendo e mai abbandonando il filo conduttore dello sconfinato patrimonio del Museo delle Civiltà” (MUCIV).

Interverranno all’incontro: Francesco Aquilanti, Fabiana Dimpflmeier, Claudio Mancuso, Alessandra Sperduti, Francesco De Feo, Francesca Anzelmo.

Per partecipare all’evento basterà collegarsi al seguente link, a partire dalle 16:30:  meet.google.com/etv-xgac-edi.

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ARCHEO-ANTROPOLOGIA | Ricostruire la vita attraverso la morte

Nell’Alegoría de la Muerte, un dipinto a olio dell’artista Tomás Mondragón del 1856, la scena rappresentata è suddivisa in due parti simmetriche: a sinistra vi è una donna ricca, ben vestita, accompagnata dagli usi e costumi del suo tempo, a destra, invece, nella sua immagine riflessa allo specchio, quello che ci accomuna tutti, uno scheletro. La vita e la morte sono sempre state concepite come due realtà distinte. Cio è manifesto nella separazione dei cimiteri dalle città, del mondo dei vivi da quello dei morti.

Alegoría de la Muerte, dipinto a olio dell’artista Tomás Mondragón del 1856

Il grande archeotanatologo (archeologo che studia la morte e le modificazioni del corpo che avvengono dopo la sepoltura) Henry Duday utilizza la potente immagine del dipinto – slegandola dal contesto messicano della sua realizzazione –  per sottolineare il concetto di come l’Archeoantropologia possa “ribaltare le prospettive”: si parte dalla morte, ossia dall’analisi degli scheletri, per ricostruire la storia, la vita delle persone del passato, per comprendere meglio il nostro presente.

Che cos’è l’Archeo-antropologia?

Quando si parla di un contesto funerario antico, nel quale la tomba costituisce l’elemento centrale di uno scavo archeologico, ciò a cui si pensa, e che si incontra con maggiore facilità, sono i reperti ossei. Questi materiali sono, a pieno titolo, da considerarsi alla pari degli altri oggetti che caratterizzano una sepoltura. I manufatti, le strutture architettoniche e quelle funerarie sono una manifestazione materiale dell’uomo; i resti umani sono gli unici rappresentati dell’”artefice”, ossia di chi ha realizzato questi manufatti. Essi costituiscono l’ultimo collegamento biologico con i nostri antenati, nonché un’ulteriore e complementare fonte d’informazione sulla vita delle comunità antiche.  

L’Archeoantropologia altro non è che la branca dell’Archeologia che si occupa dell’analisi e del recupero delle ossa umane, seguendo criteri d’applicazione specifici. Questo costituisce il punto d’inizio di un lavoro che continua in laboratorio.

Come possiamo ascoltare ciò che le ossa umane hanno da dirci?

Si cercherà di rispondere a questa e ad altre domande, osservando gli studi, le ricerche, le analisi che nel tempo si sono sviluppate attorno ai resti umani,  durante il ritrovamento e dopo il recupero, e di illustrare il modo in cui hanno portato alla luce aspetti significativi del nostro passato. 

Un Neanderthal regge un cranio

Sepolture stravaganti e insolite credenze

Ci si focalizzerà su casi “singolari”, espressione di curiose credenze funerarie; casi che indicano la presenza di diverse modalità o luoghi di seppellimento in relazione alle diverse classi d’età dei defunti o del loro livello sociale; il ruolo e l’esplicazione nella morte degli intimi rapporti madre-figlio, donna-uomo o tra fratelli; un focus particolare sarà riposto sugli studi più recenti. Ci si concentrerà sulle pratiche funerarie, sulle scelte di sepoltura e il substrato di credenze a esse connesso. Tutto ciò sempre partendo dallo scheletro, vero protagonista delle storie e delle vicende che saranno raccontate, che è in grado di “reincarnare” la vita del passato, anche dopo la morte.

Uno scheletro allo specchio

Il principale obiettivo della rubrica vuole essere quello di spingere il lettore ad approcciare agli scheletri con un nuovo sguardo, per comprendere l’importanza degli stessi in ambito archeologico. Allontanare l’idea che essi siano solo semplici cumuli di ossa, o la macabra espressione del passato, invece che i principali testimoni del tempo che fu. Il lettore sarà invogliato a ricostruire, nella propria mente, partendo dalle carni, poi dalle vesti, dalle credenze, dalle usanze, la vita di questi uomini sepolti da tempo. 

Sarà proprio come capovolgere il quadro di Mondragón: partire dall’immagine riflessa dello scheletro, per giungere dall’altro lato dello specchio e vedere ciò che esso era per ricostruire l’uomo, gli uomini e le loro storie, provenienti dal passato, dalla preistoria e dalla protostoria, fino a giungere ai periodi più vicini a noi.

 

La rubrica Archeo-antropologia inizierà nella nuova rivista di ArcheoMe da Febbraio 2021 che, a cadenza bimestrale, ci accompagnerà per tutto l’anno….a presto.

Articolo a cura di Ilda Faiella

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LOMBARDIA | Como, il Castello Baradello

Il castello Baradello è una fortificazione che domina dall’alto la città di Como. Deve il suo nome alla radice  bar, che significa “luogo elevato”.

Sono diverse le narrazioni inerenti alla sua costruzione: c’è chi la vorrebbe far risalire alla dominazione Gallica e chi, invece, la attribuisce al re Liutprando. Secondo un’ulteriore ipotesi, il castello sarebbe stato costruito nel X secolo, probabilmente dal vescovo Vallone.  Infine, la teoria più accreditata è quella che attribuisce l’edificazione dell’opera a Federico I Hohenstaufen, detto il Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero.

La posizione del Baradello, all’imbocco della strada proveniente da Milano e dominante un tratto della campagna, costituiva un valido punto d’appoggio per il popolo comasco.

In particolare, è durante la guerra tra Como e Milano (1118 – 1127) che il Castello Baradello assume un ruolo di fondamentale importanza.

Milano e Como erano già in lotta da alcuni decenni, soprattutto per questioni commerciali e religiose. Milano, nel XII secolo, era in assoluto la provincia più grande e potente e aspirava a controllare un territorio ben più vasto di quello milanese: in particolare, mirava a sottrarsi al controllo dell’imperatore e solo con il possesso del Lago di Como e delle Valli Ticinesi poteva garantirsi tale sicurezza.

Dal canto suo, Como non tollerava il fatto che parte del ramo orientale del lago fosse sotto il dominio politico di Milano.

Nel 1117, Milano tentò di assoggettare Como con una mossa politica: l’imperatore Enrico V, alleato di Milano, nominò vescovo di Como il milanese Landolfo da Carcano, nel tentativo di rendere la diocesi lariana egualitaria a quella ambrosiana.

Fu nel 1118 che il conflitto esplose. La causa scatenante fu l’attacco da parte della cittadina comasca nel territorio della Pieve di Agno; l’offensiva costò la vita ai nipoti di Landolfo, Ottone e Bianco, mentre Landolfo stesso venne, invece, imprigionato e consegnato al suo nemico Guido Grimoldi. A seguito di questo contrasto, Milano dichiarò guerra a Como.

Subito i Milanesi avanzarono nel territorio comasco, arrivando fin sotto al Castel Baradello. Qui ebbe luogo il primo scontro armato del conflitto che vide l’ago della bilancia pendere dalla parte dei comaschi.

Durante i dieci anni di guerra, si susseguirono numerose battaglie, anche navali, che portarono alle vittorie alternate di entrambi gli schieramenti.

Nel 1127, si verificò un ultimo assalto dei Milanesi contro la città nemica: i comaschi non furono in grado di rispondere come avevano fatto dieci anni prima e furono completamente  travolti dai nemici. La città cadde, venne saccheggiata e, infine, distrutta.

Con questo evento, il 27 agosto 1127, Como divenne territorio di Milano. Fu soltanto sotto Federico I Hoenstaufen, detto il Barbarossa, che la città lariana recuperò la propria indipendenza e partecipò alla campagna militare italiana dell’imperatore, culminata nel 1162 con l’assedio e la distruzione di Milano.

 

Il Palio del Baradello

Dal 1981 la città comasca allestisce, nel mese di settembre, una serie di eventi per festeggiare la prima visita dell’imperatore Federico Barbarossa e per ringraziarlo del suo aiuto nella lotta contro la dominazione milanese.

I diversi borghi si sfidano tra loro con giochi quali il tiro alla fune, la corsa delle carriole e la gara delle Lucie (la tipica imbarcazione del lago di Como) per la conquista del  “Pallium”, il drappo in seta dipinto a mano ogni anno da vari artisti comaschi.

Un momento imperdibile che diffonde in città un magico profumo di medioevo.

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EATME | Il Gambero Rosso premia per la prima volta la Sicilia: “L’Orso in Teglia” (ME) sugli allori

Una Messina che continua a stupire, a livello gastronomico, con riconoscimenti sempre più importanti. È quello che è accaduto alla pizzeria “L’Orso” di via Calipso. Una recente apertura, sede in Via Tommaso cannizarto, che ha portato da subito ampi consensi. La guida “Pizzerie D’italia 2020 del Gambero Rosso, nota casa editrice italiana, specializzata in enogastronomia, ha conferito ben due spicchi e, per la prima volta, due rotelle” “all’Orso in teglia”. La versione Street della pizzeria L’Orso, con 84 punti, si aggiudica il primo traguardo, a pochi mesi dalla sua apertura.

Qui di seguito riportate le motivazioni ufficiali:

“in poco più di un anno hanno sviluppato prodotti esemplari e portato avanti un’interessante ricerca sulle materie prime. Le farine sono macinate a pietra, la pasta matura per 18 ore e lievita per altre 48/72 ore; il sale è quello integrale delle saline di Trapani, l’olio è un extravergine ottenuto dalla cultivar Minuta messinese. Un laboratorio a sé è riservato al senza glutine.”

Una grande traguardo che inorgoglisce le nostre tradizioni e la nostra terra.

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EATME | Sicily Fest London: la Sicilia approda nella capitale inglese

Il gusto e la tradizione siciliana approdano a Londra, più precisamente a Brick Lane, una delle strade multietniche e multiculturali più famose dell’est londinese. Il Sicily Fest London, difatti, porterà nella capitale inglese, dal 18 al 30 Ottobre, i gusti, i sapori e le tradizioni della nostra isola. Saranno presenti più di 40 espositori con il meglio dei prodotti enogastronomici isolani: dal pane cunzatu al cannolo, dal pistacchio di Bronte alla ricotta fresca. Protagonista di questo evento non sarà solo il cibo ma anche tanta buona musica con il DJ set di Jerry Prestigiacomo AKA Licht e Nunzio Ciuridda che proporrà una selezione di ska siciliano. I concerti della cantautrice folk Sara Sauta, originaria della provincia di Catania e della band palermitana The Heron Temple, tra i protagonisti del celebre talent X Factor. Inoltre, grazie al MUSCÀ – The Museum of Sicilian Cart di Taormina, saranno esposti una ventina di pezzi unici di carretti siciliani dei primi del ‘900.

Un evento che ormai si trova alla sua quarta edizione. Nasce, difatti, nel 2015 grazie ad un gruppo di ragazzi siciliani, il cui intento era quello di far conoscere al mondo un nuovo concetto di Sicilia, tanto lontano dagli stereotipi quanto vicino alle tradizioni. Una terra dove i sapori, i colori e la natura, diventano attrazione internazionale con l’amore e la passione per la propria terra.