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NEWS | Piazza Indipendenza a Palermo, scoperta sepoltura del III secolo

Gli scavi per la realizzazione del collettore fognario sud-est di Palermo hanno riportato alla luce una sepoltura, probabilmente databile al III secolo a.C., secondo quanto dichiarato da Alberto Samonà, Assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana.

La scoperta

Le attività di scavo, coordinate dal RUP Ing. Francesco Morga, sono attualmente sotto la vigilanza e la direzione tecnico-scientifica della Soprintendenza dei Beni culturali di Palermo, diretta da Selima Giuliano.

L’area del ritrovamento, al di sotto di Piazza Indipendenza, sta confermando quanto già emerso dalle indagini precedentemente condotte dalla Sezione archeologica nelle zone limitrofe. Le attività di scavo  in via Imera hanno permesso di riportare alla luce 116 ipogei, di ancora incerta datazione, usati come “butti”, ossia cavità progettate e atte allo sversamento di rifiuti, dal periodo islamico (X secolo) a quello normanno (XII secolo).

Già nel 2009, nella parte nord-orientale di Piazza Indipendenza, venne individuata una tomba a camera risalente al III secolo a.C. Secondo gli studiosi, la sepoltura rinvenuta fa parte dell’ area della necropoli punica.

Lo scheletro contenuto nella sepoltura rinvenuta
Le indagini

Al momento, le indagini si concentrano su un’area di circa 225mq dalla quale è emersa una porzione di cava, probabilmente utilizzata per l’estrazione di materiale da costruzione in età punica. Nell’area, una tomba a fossa, contenente uno scheletro con un vasetto di corredo, attesta l’uso sepolcrale della zona. Della tomba manca la parte superiore che sembra sia andata perduta già nell’antichità, durante un’ulteriore attività estrattiva.

L’area fu frequentata in età medievale, a testimonianza di ciò vi è il rinvenimento del pozzo a pianta quadrata. Il pozzo ha restituito manufatti di età islamica e normanna, dimostrando la continuità dell’usufrutto del sito.

Si tratta, chiaramente, di notizie preliminari. Le attività di scavo sono tuttora in corso, e solo le analisi successive potranno fornire una lettura maggiormente accurata del contesto.

Accadde oggi

ACCADDE OGGI | Robespierre muore ghigliottinato

Dopo il suo arresto, nessuna prigione volle trattenerlo e, in seguito, Robespierre fu portato dai soldati della Comune di Parigi all’Hotel de Ville, dove si ricongiunse con alcuni seguaci.

Il 28 luglio del 1794 la polizia irruppe nell’Hotel. Arrestò alcuni fedeli di Robespierre e lui ricevette un un colpo di pistola che lo ferì gravemente al volto.

Robespierre
Il colpo di pistola inferto a Robespierre

I medici, che avevano avuto il compito di curarlo per evitare che evitasse la ghigliottina a causa della ferita, dissero che non emise mai un lamento sebbene il dolore fosse molto forte. Tutte le persone arrestate furono portate dapprima alla Conciergerie (palazzo storico di Parigi) per un primo riconoscimento e poi in Piazza della Rivoluzione per essere giustiziati.

Robespierre
La Conciergerie, Parigi
Piazza della Rivoluzione, Parigi

Robespierre era ferito gravemente alla mascella e un testimone riportò che le sue ferite erano in pessime condizioni. Riferì anche che il prigioniero rimase in silenzio tutto il tempo e che gridò dolore solo quando gli furono tolte le bende dal volto; perse molto sangue: era chiaro che sarebbe morto a breve, così i boia decisero di accelerare l’esecuzione.

Il momento della ghigliottina

Robespierre morì il 28 luglio 1794. Il suo corpo venne gettato il una fossa comune nel Cimitero degli Errancis (Parigi), dove tutt’oggi riposa.

La targa sulla tomba di Robespierre nel Cimitero degli Errancis
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NEWS | La scoperta di un unguentario “egizio” in una sepoltura etrusca intatta a Vulci (VT)

Già qualche anno fa, prima nel 2013 e poi nel 2016, alcuni reperti provenienti dall’area di Vulci (VT) sottolineavano un collegamento con l’Egitto. Si trattava, come scrive in un suo articolo il dott. Mattia Mancini, di tre scarabei che si inserivano perfettamente in quella che era una fase Orientalizzante” (VIII-VI sec. a.C. circa). Durante questo periodo si assistette a una larga diffusione, in tutto il Mediterraneo, di diverso materiale proveniente da Egitto, Mesopotamia, Siria, Anatolia e Cipro, prevalentemente.

È di pochi giorni fa, invece, l’annuncio dell’apertura della sepoltura di una donna, databile al VI sec. a.C., inviolata da 2600 anni, nella necropoli dell’Osteria. Al suo interno erano presenti i resti ossei, ancora in connessione anatomica, di una donna di circa 20 anni. Aveva un corredo funerario comprendente vaghi di collana in ambra, un’olla chiusa da una coppa greca in stile ionico e tre in bucchero (ceramica tipicamente etrusca); ma anche un kyathos (attingitoio) e un’oinochoe (brocca da vino).

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Un’immagine del ritrovamento (fonte: Il Mattino)

Nell’edizione del 18 giugno 2021 del TGR Regione Lazio è possibile vedere, al minuto 9 circa, il servizio sull’apertura della tomba inviolata.

Un rinvenimento particolare

Ad attirare maggiormente l’attenzione degli studiosi su questa sepoltura è un piccolo oggetto in faience azzurra, un unguentario che rappresenta una donna accovacciata con la schiena coperta da una pelle maculata, probabilmente di leopardo (gialla con macchie nere), con una acconciatura corta e riccioluta e, tra le gambe, un grande contenitore ceramico chiuso con un tappo a forma di rana (di cui manca la testa).

«Non è un oggetto unico, ma molto raro», afferma Carlo Casi, a capo dell’equipe della Fondazione Vulci. «La nostra tomba è molto importante perché intatta e questo ci consente di poter ricostruire l’identikit del defunto. Abbiamo un’ipotesi un po’ ardita. La ragazza potrebbe essere stata in vita un’addetta alla mescita del vino. Anche il balsamario, con la chiusura in pelle del vaso rimanda al processo della fermentazione di liquidi (forse la birra). Nell’Antico Egitto la birra era molto consumata e per essere prodotta doveva subire un lento processo di fermentazione. La chiusura (dell’unguentario, ndr) in pelle serviva a facilitare la fermentazione».

Unguentario da Vulci (immagine via Scienzenotizie)
Gli unguentari del Nilo

Il realtà, almeno nel loro contesto originario, questa tipologia di unguentari, detta “Nilo”, fungeva da contenitori per l’acqua del sacro fiume e, in un secondo momento, come hanno chiarito le analisi chimiche svolte su tali oggetti, erano stati utilizzati come contenitori per latte o sostanze oleose. Da “fiaschette” per l’acqua sacra del Nilo erano divenuti veri e propri unguentari per oli e profumi, molto in voga nei corredi funerari femminili. La giara tenuta dalla figurina, alla luce di ciò, non può fungere da contenitore per vino o birra e, nel contesto di Vulci, difficilmente può dare una conferma circa l’identità (quantomeno lavorativa) della defunta (fonte Djed Medu). Spetterà alle analisi scientifiche chiarire il contenuto del piccolo contenitore, qualora fosse possibile analizzarne eventuali residui.

Unguentario di ispirazione egiziana prodotto a Rodi (VI-V sec. a.C.), molto simile all’esemplare di Vulci

Sia la pelle di leopardo, sia l’acconciatura, sia il materiale in cui è realizzato l’oggetto fanno propendere per l’attribuzione della sua origine a un contesto egiziano. Tuttavia, sottolinea il dott. Mancini, di questi vasetti antopomorfi se ne trovano diversi esemplari soprattutto fuori dal’Egitto, come in Grecia (principalmente a Rodi) e nella Magna Grecia (Sicilia, Campania ed Etruria). Molti studiosi ritengono che si tratti, invece, di una serie di oggetti prodotti nell’isola di Rodi, frutto di un mix di elementi iconografici greci ed egiziani: la parrucca “hathorica” (legata ad Hathor), corta e riccioluta, ad esempio, richiama anche quella della dea cananea Astarte.

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NEWS | A Bacoli (NA) riapre la Tomba di Agrippina

A Bacoli (NA) riapre la tomba di Agrippina, madre dell’imperatore Nerone. Fu la prima donna a governare, di fatto, l’impero ad interim durante i primi anni di regno del figlio, mostrando quasi con fierezza l’impietosa indole. Spietata, audace, accecata dalla smania di potere e, pertanto, macchiatasi di numerosi atti delittuosi al fine di conseguirlo e mantenerlo. L’odio, la violenza, la vendetta, accrescevano in lei sin dalla più tenera età, quando il dispotico prozio Tiberio le sterminò in maniera efferata la famiglia e la costrinse a contrarre matrimonio con il console dalla dubbia reputazione Enobarbo, dal quale ebbe Nerone.

Dev’essere stata proprio la personalità magnetica di Agrippina a spingere l’imperatore Claudio, sposato in terze nozze, a designare come erede al trono Nerone. Il rapporto tra madre e figlio, però, fu notoriamente conflittuale, al punto da risolversi in un matricidio di non facile riuscita. Sappiamo che Nerone invitò la madre ad una festa a Baia (NA) e ordinò di far affondare la nave che avrebbe dovuto riportare Agrippina ad Anzio. La schiava personale, anch’ella precipitata in mare e sperando in un celere salvataggio, cominciò a gridare ai marinai di essere Agrippina; quelli, complici di Nerone, la uccisero colpendola alla testa con i remi. Agrippina assistette alla scena e, allontanatasi a nuoto, venne tratta in salvo da alcuni pescatori che la condussero in una Villa nei pressi del Lago Lucrino. Nerone perseverò negli intenti e inviò alcuni sicari alla villa facendo consumare il delitto. È il 59 d.C. Secondo Tacito venne sepolta lungo la strada per Miseno, in una grande villa di epoca romana sul mare nella Marina di Bacoli. Finalmente quella villa rimasta chiusa per vent’anni verrà riaperta al pubblico e, tra i suoi resti, si potrà rivivere tutto il fascino “macabre” dell’Augusta.

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Giulia Agrippina Augusta

Ventrem feri!” (“Colpisci il ventre!”), gridò Agrippina ai suoi assassini porgendo il ventre.

 

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NEWS | Una tomba semi integra con corredo riemerge in Via Androne (CT)

A Catania, all’incrocio tra Via Androne e Via Battiato, vicino Piazza Santa Maria di Gesù, continuano i lavori di interramento di cavi elettrici, la zona rappresentava una delle necropoli più importanti dell’antichità. Michela Ursino, archeologa della Soprintendenza, ha confermato che si tratta di una tomba realizzata con una serie di pietre e una copertura a cappuccina. Inoltre, al suo interno, sono conservati ossa e vasellame.

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Dettaglio della tomba ritrovata in Via Androne (CT)
La tomba e i ritrovamenti

La tomba sembrerebbe, secondo le prime analisi, di epoca romana imperiale. La Soprintendenza fa però sapere che devono essere effettuate degli studi più approfonditi per accertarlo, in quanto in questa zona è possibile trovare sepolture di ogni tipologia e di ogni periodo storico. Difatti, solo ulteriori ricerche confermeranno le ipotesi sui ritrovamenti. Già dai primi materiali emersi sembrerebbe esserci uno scheletro di individuo giovane e ossa non integre di un individuo adulto. Il corredo, inoltre, presenta due vasetti acromi e tracce di bronzo.

Le indagini nel contesto urbano

In particolare si cerca di recuperare la copertura della tomba realizzata in tegole. Il circolo di pietra a base della tomba è stato lasciato in sede per studiare meglio il sito, visto che ritrovamenti simili sono emersi nelle vie adiacenti grazie a lavori urbani. La strategia sarà quella di cercare di isolare e conservare ogni traccia di questa tomba riemersa quasi integra.

L’indagine dovrà essere svolta in tempi veloci dato che i lavori di interramento dei cavi saranno a breve conclusi. Inoltre, questa Via del centro cittadino catanese è densamente popolata e trafficata a livello di viabilità stradale. La Soprintendenza e gli archeologi che stanno lavorando presso il cantiere (Federico Caruso e Alberto d’Agata), seguiranno passo passo l’evolversi degli scavi preventivi.

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Scavo preventivo della Tomba ritrovata a Via Androne (CT)

 

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NEWS | Catania, riemergono resti archeologici in via Androne

Sono emersi a Catania, in via Androne, durante dei lavori di interramento di cavi, dei resti di natura archeologica. Sulla loro identificazione non si ha ancora sicurezza, ma molti hanno ipotizzato la presenza di una tomba. La Via è infatti in una delle più importanti della Catania greca: all’angolo tra via Dottor Consoli e via Androne fu ritrovata, nel 1730, la famosa epigrafe Iulia Florentina, di tipo funerario e in marmo, conservata oggi al Museo del Louvre; si tratta di un documento che attesta la presenza della prima comunità cristiana a Catania.

In merito all’importanza dell’area, l’archeologo Paolo Orsi aveva ben indagato questa zona. Nel 1915, grazie ai lavori di costruzione dell’Istituto di Fisiologia, fu rinvenuta un’imponente struttura a grandi blocchi squadrati e i resti di una cassa di piombo. Orsi identificò la cassa come un’edicola funebre, attribuibile al III sec. a.C., o un heroon, appartenente ad un personaggio o famiglia in vista. Dunque, la Via del centro catanese, come altre d’altronde, rappresenta un’importante miniera per ciò che riguarda la scoperta archeologica.

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Lo scavo di via Androne (via Legambiente Catania)

In copertina: foto dallo scavo di via Androne a Catania (via Legambiente Catania).

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NEWS | Alezio (LE), scavo concluso con grandi risultati

Da pochi giorni si sono concluse le operazioni di scavo della prima campagna di ricerche presso la necropoli messapica di Monte d’Elia ad Alezio (LE). Prosegue invece lo studio dei dati di scavo nell’ambito del Laboratorio di Archeologia Classica dell’Università del Salento da parte del team che include ricercatori del CNR – ISPC (soprattutto i Dott. Ivan Ferrari e Francesco Giuri), archeologi professionisti formati presso l’Università del Salento (in particolare i Dott. Patricia Caprino e Francesco Solinas) e studenti tirocinanti del corso di Laurea Magistrale in Archeologia (le Dott.sse Irina Bykova ed Elisa Lauri).

Le indagini sul campo e in laboratorio vengono effettuate in regime di concessione ministeriale MiBACT; in accordo anche con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e e Paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto. Sulla base delle conoscenze acquisite quest’anno si potrà quindi programmare una nuova campagna di ricerche a partire dalla prossima primavera.

Nuove scoperte nella necropoli di Alezio (LE)

Alcuni saggi di scavo hanno permesso di recuperare informazioni sulla morfologia dell’area, sull’andamento del rilievo collinare che accoglie la necropoli di Alezio (LE); dalla sommità è possibile osservare sia il mare che l’antico insediamento messapico. Di estrema importanza è poi il dato che concerne l’identificazione di una grande piazza cerimoniale intorno alla quale si concentravano i gruppi di tombe appartenenti a nuclei di famiglie o clan; essa costituiva il punto di arrivo delle processioni che accompagnavano il defunto nell’ultimo viaggio dalla casa al luogo del seppellimento. 

Identificata anche una fossa scavata nel terreno, dotata di pavimento in blocchi di calcare e di cornice in carparo; al suo interno erano accumulati i resti di almeno 12 individui, con alcuni oggetti da corredo: una lucerna, un piatto, una trozzella, due pesi da telaio ed un puntale di giavellotto. Alcuni di questi sono indicatori di genere, ovvero identificativi del sesso del defunto: la trozzella per le donne, le armi per gli uomini. Si tratta in sostanza di un ossario collegato al funzionamento della necropoli e alla prassi del riuso delle strutture funerarie per varie deposizioni. 

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Ossuario in corso di scavo nella necropoli di Alezio (LE)

Riposa lì anche un bambino

Un altro rinvenimento molto importante è costituito dalla tomba di un bambino, sepolto in un piccolo sarcofago con alcuni oggetti di corredo: un bicchiere per il vino (skyphos, σκύφος), un’anforetta, un sonaglio, un astragalo con funzione di giocattolo e anche uno strigile. Quest’ultimo è elemento che contraddistingue gli atleti e dunque sembra costituire un dono che sottolinea il mancato raggiungimento dell’età adulta.

Intorno alla tomba si dispongono numerose deposizioni secondarie: i resti di inumati precedentemente collocati all’interno di sarcofagi potevano essere rimossi e spostati per accogliere nuove deposizioni. Le ossa e gli oggetti di ornamento personale, come anelli e spille, venivano religiosamente raccolti e ricollocati nelle immediate vicinanze delle tombe. Un dato di straordinario rilievo è rappresentato dal rinvenimento di olive, quali offerte alimentari destinate ad accompagnare il viaggio nell’aldilà.

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Tomba di bambino e deposizioni secondarie (Alezio, LE)
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NEWS | Scoperta sepoltura gentilizia a Sirolo (AN), la tomba del Guerriero piceno

Il ritrovamento è avvenuto durante gli scavi di archeologia preventiva, guidati dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche in accordo con l’Amministrazione comunale di Sirolo (AN). 

Le indagini, dirette dall’archeologo Stefano Finocchi e condotte dalla cooperativa ArcheoLab, sono state effettuate in un terreno di proprietà comunale. In vista di un cambiamento di destinazione d’uso del terreno, i lavori di archeologia preventiva erano finalizzati alla verifica di eventuali interferenze di origine archeologica. La necessità di queste indagini era data dalla vicinanza di quest’area con la “necropoli dei Pini” e della cosiddetta “Tomba della Regina”. Queste sepolture di epoca picena, risalenti al VI secolo a.C., hanno restituito numerosissimi esempi della ricchezza dei corredi con cui le famiglie aristocratiche seppellivano i propri morti.

La sepoltura del Guerriero

L’oggetto della sensazionale scoperta effettuata a Sirolo è proprio un’altra sepoltura gentilizia. La fossa, di forma rettangolare, contiene un individuo armato di elmo, lancia, spada lunga, pugnale con fodero e un’ascia. Una serie di oggetti che lasciano pochi dubbi su quale sia stato il ruolo dell’uomo. Il Guerriero è stato deposto in posizione rannicchiata, sul fianco destro. Sul suo petto sono state trovate due fibule in bronzo, ambra e osso, probabilmente attaccate alla veste con cui era avvolto il corpo.

Ai suoi piedi si trova parte del ricchissimo corredo funerario, costituito per la maggior parte da reperti ceramici. Lo status di prestigio del defunto è testimoniato da alcuni particolari oggetti bronzei tra cui una brocca di tipo rodio (oinochoe), da attribuire forse a una produzione etrusca e connessa al consumo del vino. La presenza di due spiedi e di altri strumenti in ferro per la cottura delle carni sono importanti riferimenti alla pratica del banchetto.

Lo sgabello portatile, il simbolo più eloquente dello status sociale del Guerriero

Oltre agli spiedi, al ricco corredo ceramico e alle armi, un altro elemento ritrovato nella sepoltura racconta qualcosa in più sulla storia del Guerriero e sulle cariche che può aver ricoperto durante la sua vita: uno sgabello pieghevole. Si tratta del reperto più affascinante e rappresenta lo status e la magnificenza del personaggio qui sepolto. L’oggetto è stato realizzato con elementi e sottili aste di ferro con terminazione a borchie di bronzo inserite entro un disco d’avorio, che reggevano il piano di seduta originariamente in stoffa o cuoio.

La Soprintendenza ci viene in aiuto spiegandoci il significato dello sgabello:

«Nel mondo etrusco (e poi anche romano) lo sgabello è simbolo di alte cariche pubbliche nella vita politica della città: la presenza di questo oggetto in questa ricca deposizione potrebbe far ipotizzare che il defunto possa aver ricoperto una carica pubblica/politica nell’ambito della comunità picena di età arcaica di Sirolo/Numana.»

Questa nuova e importante scoperta è frutto della collaborazione tra la Soprintendenza e l’Amministrazione comunale che si era già concretizzata nel sostegno logistico ed economico delle nuove ricerche avviate nella necropoli “dei Pini” dalla soprintendenza delle Marche, assieme all’Università di Bologna.

Per approfondimenti sulla necropoli “dei pini” di Sirolo clicca QUI

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NEWS | A Marsala riemergono 37 tombe e due ipogei

Durante i lavori per le fognature sono state trovate tombe e ipogei forse appartenenti alla necropoli di Lilibeo

A Marsala, durante le operazioni per i lavori fognari, alcuni operari hanno fatto per caso una scoperta impressionante. A pochi metri di profondità i lavoratori, scavando, scorgono alcuni resti antichi. Ed ecco che riaffiorano ben 37 tombe e due ipogei, facenti parte della Necropoli di Lilibeo. Il luogo del ritrovamento è in Via de Gasperi, a Marsala.

Tra tutti i rinvenimenti, quelli che fanno più parlare sono gli ipogei: questi sono stati scavati per oltre 8 metri di profondità e nasconderebbero due camere. Una volta resisi conto del ritrovamento, gli archeologi hanno immediatamente fermato i lavori e allertato la Soprintendenza dei Beni Culturali di Trapani.

Lilibeo, l’antica Marsala

Le tombe e gli ipogei che sono riemerse a Marsala potrebbero essere un essenziale strumento per chiarire definitivamente l’importante storia dell’antica Lilibeo. Proprio sotto Marsala si estendeva, nell’antichità, la città di Lilibeo. Questa, di fondazione punica, successivamente fu modificata e sviluppata in età romana imperiale. In particolare, a testimonianza della fase romana, persiste l’area di Capo Boeo, che conserva i resti di una villa romana di fine II – inizi III secolo d.C. provvista di terme e pavimenti musivi.

L’ipogeo di Crispia Salvia

 

Ipogeo di Crispia Salvia. Fonte: marsalaturismo.com

Tutti, insomma, sono con gli occhi puntati verso i due nuovi ipogei appena scoperti. Non è da escludere che sotto via de Gasperi a Marsala ci siano siti importanti come l’ipogeo di Crispia Salvia. Questo ipogeo, situato in un luogo non molto distante dal luogo dell’ultima scoperta e rinvenuto nel 1994, è molto interessante. Si tratta di un’area sepolcrale punica, che venne poi utilizzata, da pagani e cristiani, fino alla tarda età romano-imperiale e paleocristiana.

 

 

 

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NEWS | Palermo, emerge un’anfora tombale

Gli archeologi, sotto la direzione di Rosa Maria Cucco, funzionaria archeologa della Soprintendenza palermitana, hanno portato alla luce un’anfora tombale. Il reperto è stato rinvenuto sulla strada provinciale 9bis, che collega Scillato a Collesano, vicino Himera. L’Associazione “Sicilia Antica” di Scillato ha scoperto e segnalato l’anfora alla Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Palermo. L’anfora è riemersa a causa della pioggia, che ha smosso il terreno ai lati della strada. Il personale della Direzione Viabilità della Città Metropolitana di Palermo ha facilitato le operazioni: questo dimostra quanto sia fondamentale la collaborazione tra gli Enti. 

Particolarmente interessante è la tipologia tombale: una sepoltura a enchytrismòs. Attestata tra la fine del VI e l’inizio del IV secolo a.C., questa tomba si crea tagliando il vaso per lungo, per permettere l’inserimento del corpo del defunto e procedere quindi alla sepoltura. Il tipo di vaso più utilizzato in epoca imperiale è l’anfora, nonostante la sua natura commerciale. Le anfore tombali molto spesso contengono ossa di neonati e di bambini. All’interno dell’anfora gli archeologi hanno trovato anche un’anfora più piccola, con al suo interno il corredo funerario.

Sepolture in ziro da Cantaru Ena, Florinas (SS) (da MAETZKE 1964).

 

Tipologie di anfore utilizzate anche nelle sepolture a enchytrismòs. Da sinistra: africana I e II; tripolitana I e II .

Nuovi orizzonti di indagine

Il ritrovamento di quest’anfora tombale potrebbe aprire gli archeologi verso nuovi orizzonti di indagine. Il sito infatti è poco distante dalla città di Himera, colonia greca fondata nel 648 a.C. dai Calcidesi provenienti da Zancle, l’odierna Messina (per approfondire clicca qui). Himera inoltre è stata teatro di grandi battaglie, in particolare contro Cartagine, che la distrusse nel 408 a.C. Gli archeologi quindi auspicano nuove ricerche, alla ricerca di una eventuale necropoli.

BIBLIOGRAFIA

CAMINNECI, V. 2012, Enchytrismòs. Seppellire in anfora nell’antica Agrigento, in V. CAMINNECI (a cura di), Parce Sepulto: il rito e la morte tra passato e presente, Agrigento 2012, pp. 111-132.

MAETZKE, G. 1964, Florinas (Sassari). Necropoli a enchytrismòs in località Cantaru Ena, Notizie degli Scavi di Antichità 1964, pp. 280-314.