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APPROFONDIMENTO | La Frontiera agli albori della storia

Il concetto di frontiera e terra di nessuno si era quasi perso entro i confini europei, pur rimanendo fondamentale nel resto del mondo. Da ultimo, le vicende tra Russia e Ucraina, Russia e Occidente, hanno riportato all’attenzione il tema della frontiera, e di quanto sia delicato. Tuttavia, l’idea di una linea invalicabile che separa gli stati è antica quasi quanto la storia stessa, e sin dagli albori le dinamiche legate ai confini sono pressoché sempre gli stessi. Vale la pena conoscerne l’origine per comprendere meglio la nostra attualità.

Il contesto storico

L’idea di un confine ideologico e non geografico nasce nel III milllennio a.C. nella bassa Mesopotamia (Iraq). In quel tempo venne rendicontata la prima guerra mai descritta dall’uomo, tra il regno di Lagaš contro quelli di Ur e Umma. Il conflitto finì con l’innalzamento di colline di cadaveri nella piana. Tale gesto dovette far breccia nell’animo umano in quel tempo, tanto che dopo quella battaglia i sovrani inizieranno a usare i cumuli di cadaveri nemici per stabilire la frontiera, e stelie disposte lungo il confine per commemorare gli eventi bellici. In particolare, la prima guerra di confine mai documentata è quella per il possesso della regione del Guedina, tra i regni sumerici di Lagaš e Umma. Si tratta di un conflitto per accaparrarsi le principali riserve agricole della regione, dinamica che motiva ancora le guerre attuali.

La Mesopotamia con evidenziate le principali città del III millennio a.C.
Non oltrepassare il confine

Secondo la tradizione religiosa dei sumeri erano stati gli dèi a decretare i confini tra gli stati. Gli uomini, invece, ne garantivano l’ordine attraverso la stipulazione di trattati, ossia attraverso una primissima forma di diplomazia interstatale. Tuttavia, il regno di Umma contravvenne all’ordine imposto tendando di strappare il Guedina dal controllo di Lagaš. A termine di ogni battaglia i difensori ristabilivano le stele di confine, in cui erano impressi i moniti contro gli invasori. Ad esempio, il testo RIME 1.9.5.1 tramanda un’interessante maledizione: Possa Enlil (capo del pantheon sumerico) annientare l’uomo di Umma che tenti di oltrepassare il confine di Ninĝirsu e Našše (divinità principali in Lagaš) per strappare i campi con la violenza, che sia esso di Umma o uno straniero.

Le truppe di Lagaš marciano in formazione contro il nemico, un dettaglio dalla cosiddetta “Stele degli avvoltoi” (RIME 1.9.3.1)
Una terra di nessuno per garantire la pace

Per ovviare al problema dei confini sovrapposti i re di Lagaš inventarono quella che oggi è chiamata terra di nessuno. Sono gli stessi sumeri a darne la definizione nell’iscrizione RIME 1.9.5.1: Eannatum, il principe di Lagaš […] tracciò i confini con Enakalle, il principe di Umma […] lasciando dalla parte di Umma il campo di Ningirsu per un’ampiezza di 1290 metri […] e stabilendolo come campagna senza proprietario; su questo fossato eresse delle stele […] e non penetrò nelle campagne di Umma. I due regni erano, quindi, separati da circa un chilometro di campagna, ma gli accordi non vennero rispettati: Il sovrano di Umma […] bruciò le stele di confine e le sradicò; distrusse gli altari degli dèi nella “terra di nessuno”; assoldò genti straniere e attraversò “la frontiera”. Questa dinamica si ripeté per circa un secolo, fino all’assalto finale. Infatti, seppur con stile, fu Lagaš a perdere la guerra.

Il testo sumerico RIME 1.9.5.1 in cui sono narrate le vicende belliche in relazione alla frontiera tra Umma e Lagaš
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APPROFONDIMENTO | Essere mamma agli albori della storia

L’8 maggio si celebra la cosiddetta Festa della Mamma. Un evento che certamente riguarda il nostro presente ed il rapporto che abbiamo con chi ci è vicino. Eppure, vale la pena chiedersi quanto sia antica questa figura così amorevole, o così severa, ma che, in ogni caso, è legata ai figli da una certa consapevolezza e sentimento. Le fonti che ce la svelano sono di circa 4 millenni fa e, in particolare, sono i proverbi e le lettere di epoca sumerica e babilonese a rivelarne gli aspetti più intimi e affascinanti. A seguire, qualche piccolo spunto. 

Mai raccontare bugie alla mamma

Il rapporto con i figli è spesso così difficile da costituire un aspetto fondamentale nella vita dei genitori. Lo è oggi così come al tempo dei sumeri, tanto che in uno dei più antichi componimenti scritti dall’uomo, Le istruzioni di Shuruppak, databile alla metà III millennio a.C., è presente un consiglio pedagogico di particolare interesse. È rivolto ai figli, e recita come segue: Non devi dire bugie a tua madre: queste generano odio! […] La madre è come il dio sole, ha generato il genere umano (258–263). Concetto ripreso secoli dopo in un proverbio paleo-babilonese che definisce meglio l’insegnamento: un bambino dovrebbe comportarsi con modestia verso sua madre. Dovrebbe prendere in considerazione la vecchiaia! (UET 6/2 371). Insomma, i tempi cambiano ma certe dinamiche sembrano restare invariate.

Dipinto con ambientazione vicino orientale, An ancient custom di Edwin Long
Mamme disperate e figli ribelli

L’aspetto del disordine è uno dei principali casus belli tra mamme e figli. Nulla di nuovo, nemmeno per i sumeri. Infatti, non stupirà quanto le fonti antiche hanno da dire su questo argomento, anzi nel leggerle si potrebbe provare un certo senso di complicità o, più che altro, rassegnazione. Il consiglio, in questo caso, ha più il sapore di uno sfogo immortale: un figlio disordinato? sua madre non avrebbe dovuto metterlo al mondo, il suo dio non avrebbe dovuto crearlo! (c. 1.157). Non manca poi l’analisi del differente rapporto che si instaura con una figlia o con un figlio, come recita il seguente proverbio: una ragazza chiacchierona è messa a tacere da sua madre; un ragazzo chiacchierone non viene messo a tacere da sua madre (c. 1.185). Da questo punto di vista, ci si metta allora l’animo in pace: a quanto pare i maschi sono storicamente ingestibili.

Dipinto con ambientazione vicino orientale Queen Esther di Edwin Long
Mamme ingrate e figli fuorisede

Dato un assaggio ai proverbi sumerici, vale la pena passare alle lettere private. In un caso, troviamo un figlio che studia lontano da casa. Decisamente arrabbiato, prende argilla a stilo, e scrive una lettera a sua madre rinfacciandole di non inviargli vestiti nuovi. Il risultato è esilarante: […] Hai reso i miei vestiti più economici di anno in anno. Risparmiando sulle mie vesti sei diventata ricca! […] Il figlio di Adad-iddinam, il cui padre è un servo di mio padre, ha due vestiti nuovi […] Mentre tu mi hai dato alla luce, sua madre lo ha adottato, ma tu non mi ami nel modo in cui sua madre lo ama! (AbB 14 165). Una situazione proprio incresciosa quella vissuta dallo studente babilonese fuorisede che, evidentemente, subisce il peso di non sentirsi alla moda come i suoi coetanei. Che avesse ragione o meno il suo sfogo ha prevaricato, nel tempo, sulle ragioni di sua madre.

Dettaglio del dipinto con ambientazione vicino orientale, The Babylonian marriage market di Edwin Long
Mamme amorevoli e figli in ritardo a scuola

A chiusura di questo excursus sulle mamme agli albori della storia vale la pena ricordare la giustificazione di uno studente per il suo ritardo a scuola. L’episodio è tratto, in realtà, da un componimento sulla vita degli scribi, detto Edubba A, ma a tutti gli effetti è una finestra sulla vita scolastica dei fanciulli.  In questo caso, si può concludere che dar il la colpa alla mamma sia una strategia antichissima da usare con i maestri a scuola. Così parla il protagonista: la mattina svegliami, dissi, se faccio tardi il maestro mi punirà; ma al mio risveglio ho puntato gli occhi su mia madre, e le dissi, dammi la colazione che devo andare a scuola! Niente da fare, come si capisce dalle linee successive del testo, il ragazzo saltò la mattinata scolastica per aver ricevuto la colazione in ritardo. Sempre colpa di mamma, in ogni caso. D’altronde, un proverbio sumerico è molto chiaro in merito: la mia sorte è in una voce, (e) la mia mamma la può cambiare (c. 2.6).

 

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APPROFONDIMENTO | La Guerra agli albori della storia

La parola Guerra è tornata d’uso comune, soprattutto in relazione alle vicende di Russia e Ucraina. Non la si pronuncia più per riferirsi ad episodi storici o ad eventi percepiti lontani da noi, ma per descrive la nostra quotidianità o il nostro futuro prossimo. La guerra, tuttavia, non ha origine nel presente, ma è un affare antico almeno quasi quanto la storia stessa. Conoscerne gli inizi, pertanto, non è tempo sprecato.

Il contesto storico

La storia inizia canonicamente con l’invenzione della scrittura, alla metà del IV mil. a.C. nella città sumerica di Uruk (Iraq). I primi testi erano rendicontazioni amministrative, ma già alla metà del III mil. a.C. la scrittura è messa al servizio della narrazione, dell’affermazione della memoria. Si potrebbe immaginare che, tutti questi millenni fa, i ricordi dell’uomo fossero legati a semplici problemi di vita quotidiana, non certo ai grandi affari e interessi che caratterizzano il mondo contemporaneo. Invece no, le prime cronache del mondo antico parlano proprio di politica estera e di quanto fosse complesso la convivenza con i vicini.  Lo sappiamo dalla testimonianza di Ur-Našše, re della città sumerica di Lagaš, a cui è attribuito il più antico resoconto di guerra mai scritto dall’uomo, e non va certo per il sottile.

La Mesopotamia con evidenziate le principali città del III millennio a.C.
Bronzo e sassi

Ci troviamo in piena età del bronzo quando re Ur-Našše di Lagaš sale al potere. Dai testi conosciamo il suo grande interesse per la sistemazione ambientale del territorio, la prima pianificazione di una vasta rete idrica. Ciò comporta l’allargamento dei confini di stato per la volontà di sfruttare le sempre più ampie zone agricole, ma Ur-Našše non è solo. Gli stati di Ur e di Umma guardano le ricchezze del regno di Lagaš con certo interesse, e lo attaccano, vogliono le sue risorse. Sappiamo che l’attacco arrivò via terra, ma anche tramite imbarcazioni. È possibile sostenerlo perché tra i prigionieri fatti da Ur-Našše figura un comandante delle barche cargo, evidentemente impiegate per il trasporto di uomini e carri. Lo scontro fu cruento, e il resoconto del re di Lagaš non lascia adito su come finì questa vicenda, testimonianza che vale la pena leggere proprio così come fu scritta.

Pugnale sumerico con il suo fodero, rinvenuti nel cimitero reale di Ur, conservato presso l’Iraq Museum di Baghdad
Colline di cadaveri e l’invenzione della frontiera

Stando alla versione di Ur-Našše, l’iscrizione RIME 1.9.1.6b, è lo stato di Lagaš a compiere la prima mossa, non subisce ma incalza gli invasori: Il sovrano di Lagaš è andato in battaglia con il sovrano di Ur e il sovrano di Umma. Segue poi il bollettino di guerra. Per quanto riguarda lo scontro con Ur, la lista dei prigionieri comprende: il comandante delle barche; gli ufficiali Amabarasi e Dubgal; Papursag, il figlio di Bubu. Per quanto riguarda Umma: Pabilgaltuk, il re di Umma in persona; gli ufficiali Lupa, Billala, e Ursaggigir; Hursagšemah, il capo dei mercanti. Infine, il re di Lagaš fa degli sconfitti colline di cadaveri, macabro monito per ricordare quale sia la linea da non valicare, tema di cui ancora oggi si parla.

Il testo sumerico che tramanda le gesta di Ur-Našše di Lagaš

 

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APPROFONDIMENTO | La diplomazia agli albori della storia

La diplomazia fa parte delle complesse dinamiche belliche, con lo scopo di trovare vie alternative allo scontro armato. Se ne parla molto negli ultimi tempi a proposito delle vicende tra Russia e Ucraina, ma, in realtà, il dialogo tra gli stati è una realtà che mai si arresta, seppur non sia evidente. L’abilità di giungere a un compromesso è, tuttavia, una virtù antica, e già ve ne sono accenni agli albori della storia, quando le guerre si combattevano con bronzo e sassi.

Il contesto storico

La prima guerra documentata nella storia umana è quella sostenuta dal re sumero Ur-Našše di Lagaš contro gli stati di Ur e Umma. Da quel momento si sviluppa il concetto di guerra di confine con la creazione della terra di nessuno a protezione della frontiera. A motivare il conflitto era il possesso delle risorse agricole della regione di Guedina, bramate da Umma e difese da Lagaš. Per più di cento anni la frontiera venne violata e ristabilita col sangue. Se ne legge un crudo esempio nell’iscrizione RIME 1.9.5.1: Enannatum, il re di Lagaš, si misurò con [Ur-lumma, il re di Umma] in battaglia, ed Entemena, figlio di Enannatum, lo sconfisse con le armi. Ur-lumma fuggì, si ritirò in Umma abbandonando le sue truppe, 60 truppe di carri, sulla riva del fiume, lasciando le ossa dei suoi uomini ovunque nella campagna; Entemena le ammucchiò in cinque colline di cadaveri.

Avvoltoi banchettano con le teste mozzata dei soldati di Umma, un dettaglio dalla cosiddetta “Stele degli avvoltoi” (RIME 1.9.3.1)
Un’alternativa alla guerra.

La violenza degli scontri nell’età del bronzo è innegabile. Eppure, colpisce di più il tentativo politico di metter fine al conflitto attraverso la negoziazione di un compromesso. Sia Umma che Lagaš lottano per il possesso delle risorse agricole della regione di Guedina. I re di Lagaš si rendono conto che i rivali non si fermeranno mai, così offrono al nemico sconfitto parte del territorio conteso. Una piccola cessione in cambio di un bene superiore, la pace. Non parliamo, certo, di uno spirito caritatevole, i re di Lagaš ragionavano esattamente come i grandi leader dei nostri giorni: va bene la pace, purché porti profitto. Elaborarono, pertanto, quello che può essere considerato il primo prestito a interesse della storia, ai limiti dello strozzinaggio, creando nei fatti i presupposti per un’instabilità perpetua ai confini di stato. Fatto che poi porterà alla caduta del regno.

Soldati di Umma prigionieri nella rete di Ninĝirsu, dio poliade di Lagaš, un dettaglio dalla cosiddetta “Stele degli avvoltoi” (RIME 1.9.3.1)

 

I primi accordi di pace e la loro effettiva tenuta

Vincendo la guerra Lagaš poté stabilire la propria pace. Mantenne il controllo dei territori di confine ma non rivendicò quelli del proprio vicino, anzi. Ad Umma venne concesso di gestire una parte delle terre contese pagando in cambio un interesse al legittimo proprietario, una tassa che comprendesse parte profitti economici ottenuti. L’espediente, tuttavia, non funziona ed Umma, incapace di pagare si affida alle armi per ristabilire il proprio dominio. Le fonti di Lagaš ricordano come lo stato rivale finisse per allagare i territori di confine per poi attaccarli, rimuovendo le stele di confine. La diplomazia, dunque, fallì e i tentativi di spostare la frontiera non si fermarono fino a quando le forze di Lagaš non vennero sopraffate dopo più di un secolo di belligeranza.

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APPROFONDIMENTO| Non solo l’Endurance: la barca di Uruk

Prima è abbandonata, poi s’insabbia, in fine riemerge alla luce. No, non si tratta del Titanic. Nemmeno parliamo del sensazionale ritrovamento dell’Endurance. Questa è invece la storia della barca di Uruk, recentemente rinvenuta in uno degli antichi canali che scorrevano presso questo antico centro sumerico. Un’occasione per imbarcarsi una una breve crociera attraverso la Mesopotamia, non solo per scoprirne l’ambiente e le dinamiche umane, ma anche ricordare i forti legami che stringono l’Italia all’Iraq, l’Italia alla storia del paese di Sumer. 

Orientarsi nel Tempo

Roma venne fondata nel 753 a.C. in seguito all’aggregazione di più villaggi. Una data simbolo, uno spartiacque temporale per quanto riguarda la nostra storia. Più indietro, verso la fine del IV millennio a.C. incontriamo l’uomo del Similaun, Ötzi, il cacciatore dell’età del rame. Se invece parliamo di Mesopotamia la percezione del mondo cambia: ai tempi di Romolo e Remo, l’Impero Assiro gettava le basi per la propria egemonia nel vicino oriente, dal Levante alla Babilonia; ai tempi di Ötzi, la scrittura iniziava ad essere praticata nella città di Uruk, che già contava parecchie migliaia di abitanti e colonie sparse un po’ ovunque. Non a caso, la culla della civiltà è individuata tra i fiumi Tigri ed Eufrate, un contesto che, campagna archeologica dopo campagna archeologica, continua a offrire fonti per ricostruirne la storia. Ma quando è un’intera barca a rispuntar fuori dalla sabbia, lo stupore conquista anche l’orientalista più incallito.

Il profilo dell’imbarcazione visto da una foto aerea. © Deutschen Archäologischen Institutes
Il reperto archeologico, dal canale al museo

Il merito dell’intervento va alla missione tedesco-irachena del Consiglio di Stato per le Antichità e del Dipartimento Oriente dell’Istituto Archeologico Tedesco. La barca era stata già individuata nel 2018, tuttavia il suo scavo si è realizzato solo nel mese di marzo 2022 per preservare il reperto dall’erosione. Nello specifico si tratta di un’imbarcazione costruita in materiale organico e bitume, lunga 7 m e larga fino a 1,4 m. Ovviamente il materiale organico non ha superato la prova del tempo ma ha letteralmente lasciato il proprio segno sul nero rivestimento. Per quanto riguarda la datazione, si stima che il reperto risalga alla fine del III millennio a.C., quando il canale in cui navigava s’insabbiò, imprigionando la barca sotto strati di sedimento. Un’incredibile crociera attraverso il tempo la sua: dai canali di Uruk all’Iraq Museum di Baghdad, dove i ricercatori ne studieranno i segreti.

Dettaglio del rivestimento bituminoso che calafatava l’imbarcazione. © Deutschen Archäologischen Institutes
Non solo tedeschi: italiani pionieri della ricerca

Il ritrovamento della barca di Uruk accende l’attenzione sulla questione della navigazione del mondo antico, e di conseguenza della gestione dei corsi d’acqua agli albori della storia. La ricerca ha messo in evidenza come quello che si riteneva un’arida steppa fosse invece un’immensa palude. Tema interessante soprattutto per il mondo accademico italiano che, ormai da anni, conduce importanti ricerche sul suolo iracheno. Ad esempio, l’università Sapienza di Roma finanza gli scavi nella città sumerica di Niĝen, e nel sito di Abu Tbeirah in cui è stato scavato un porto risalente al III millennio a.C. Sotto il nome Sapienza è stato anche realizzato il primo Primo Congresso di Archeologia del Paesaggio e di Geografia Storica del Vicino Oriente che ha visto, nella sua prima giornata d’incontri, una massiccia presentazione di studi in relazione al paesaggio acquatico della Mesopotamia. In quest’occasione, un’analisi sulla navigazione è stata proposta proprio da chi scrive.

localizzazione delle città sumeriche di Niĝen e Abu Tbeirah
Barche a confronto: da Sumer a oggi

Osservando la barca di Uruk viene spontaneo chiedersi come si navigasse quattromila anni fa. In realtà sono gli stessi sumeri a fornire la risposta. Sinteticamente gli spostamenti via fiume avvenivano in due modi distinti: a traino, nei territori a monte, o a spinta, nei territori a valle in cui la corrente era più debole. Nel primo caso si sfruttava la forza animale che, dal margine dei canali, trainava l’imbarcazione controcorrente. Nel secondo caso, si usava spingere il mezzo con un grosso palo di legno, come fosse una gondola. Ovviamente le forme erano varie: sono attestati imbarcazioni con equipaggi di un paio di persone ma anche di 20, persino 45 barcaioli. Per quanto riguarda la barca di Uruk osserviamo un mezzo di piccole dimensioni, tipologicamente simile a quello ancora in uso nelle Marshland irachene. Allora, che sia il nostro oggi la guida per immaginare il passato, come nel video che segue.

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NEWS | La Sapienza lancia il workshop sui Sumeri e il mare

Dal 2 al 4 giugno 2021 si svolgerà il workshop online sui Sumeri e il mare dal titolo: Sumer and the Sea: Delta, Shoreline, and Urban Water Management in 3rd Millennium Mesopotamia. L’evento è organizzato dal Dipartimento Istituto di Studi Orientali della Sapienza di Roma, in collaborazione con l’University of Pennsylvania, lo European Center for Upper Mesopotamian Studies, University of Cambridge e Woods Hole Oceanographic Institution.

Tra il mare e la palude: come i Sumeri gestivano l’acqua

Agli appuntamenti prenderanno parte esperti nazionali e internazionali, coinvolti nelle recenti ricerche archeologiche e geo-archeologiche nella Mesopotamia meridionale, e si confronteranno sul tema del rapporto dei Sumeri con l’acqua e il mare. In particolare, i nuovi dati, ottenuti tramite remote-sensing e indagini geo-archeologiche, permetteranno di discutere l’evoluzione dell’antica linea di costa, la cui progradazione nel corso dei secoli ha profondamente modificato il paesaggio e condizionato la vita degli insediamenti della Mesopotamia meridionale.

La presentazione delle recenti ricerche archeologiche e geo-archeologiche nel sud dell’Iraq, insieme alle coeve fonti cuneiformi, arricchirà le nostre prospettive storiche sul modo in cui i Sumeri si adattarono all’ambiente paludoso, utilizzando e gestendo l’acqua fuori e dentro le città. L’incontro sarà occasione per discutere delle diverse strategie e dei metodi di ricerca attualmente in uso, includendo anche aspetti pratici e problematiche condivise del lavoro geo-archeologico in Iraq. Clicca qui per leggere l’abstract della conferenza.

La partecipazione al workshop è possibile il 2, il 3 o il 4 giugno nelle fasce orarie indicate: clicca qui per registrarti.

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