storia romana

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Cesare attraversa il Rubicone: alea iacta est

L’evento 

Il 10 gennaio del 49 a.C. Caio Giulio Cesare, alla testa del suo fidato esercito, attraversò armato il confine politico della penisola italiana: il Rubicone, un fiume che si trova in Emilia-Romagna tra Forlì e Cesena. Chiunque si macchiava di tale crimine, diveniva automaticamente ostile a Roma, un nemico. 

La posizione del Rubicone rappresentata nella carta geografica 

L’antefatto 

Giulio Cesare proveniva dalla gens Iulia, una delle più importanti famiglie romane. Ben presto si affermò come brillante uomo politico ed esponente della fazione dei populares. Tra il 58 e il 56 a.C., il condottiero assoggettò la Gallia Cisalpina e Narbonese, dopo esserne divenuto proconsole; attraverso questa campagna, egli ottenne gloria e potere. In due anni mise in ginocchio la Gallia, sconfiggendo anche gli Elvezi. Egli rimase fino al 51 a.C. in Gallia per riportare all’ordine le tribù galliche che si erano ribellate, tra cui quella di Vercingetorige. Il senato, dunque, iniziava a preoccuparsi della fama che stava riscuotendo il proconsole presso i romani. 

Statua che ritrae Gaio Giulio Cesare, risalente al XVII secolo e collocata al Louvre (immagine da storicang.it)
Cesare contro Vercingetorige (immagine presa da storicang.it)

Cesare contro il senato 

Anche l’altro console in carica – e triumviro -, Gneo Pompeo Magno, cominciò ad essere intimorito dal potere acquisito dall’esponente dei populares. Così decise di allearsi con il senato e attuare una serie di provvedimenti per ostacolare Cesare. Infatti, Pompeo aveva fatto approvare dal senato (e a nulla era valso il veto dei tribuni della plebe) due leggi: nel 55 a.C., la Lex Pompeia Licinia de provincia C. Iulii Caesaris, con cui si prorogava di cinque anni il comando di Cesare in Gallia e la Lex de iure magistratum, in cui nessuno si sarebbe potuto candidare come console fuori Roma, in absentia. Il senato, a questo punto, nominò consul sine collega Pompeo e negli anni successivi furono sempre pompeiani a diventare consoli. La rottura con Cesare era ormai evidente. Soprattutto perché i senatori rifiutarono tutte le proposte fatte dal generale: ossia di mantenere il proconsolato e due legioni e di candidarsi come console in absentia. Ciò non fu possibile per via delle leggi approvate e questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. 

Busto che raffigura Gneo Pompeo Magno (immagine presa da storicang.it)

 Il passaggio del Rubicone 

Oltre a ciò, il senato ordinò a Cesare di sciogliere le sue due legioni e di tornare a Roma come privato cittadino. Questo avrebbe comportato la rinuncia a quella gloria e a quel potere per cui il console aveva annientato i Galli e non poteva permettere che accadesse. A Cesare non rimase che agire con la violenza, seguito dalla sua fedele Legio XIII Gemina. Il 9 gennaio, dalla Gallia arrivò fino al fiume Rubicone, il confine simbolico dell’Italia che non si poteva assolutamente varcare con l’esercito; in caso contrario si sarebbe divenuti nemici di Roma. Cesare, il 10 gennaio del 49 a.C., conscio di ciò, lo oltrepassò e venne dichiarato hostis rei publicae. Si dice che, mentre dava l’ordine, abbia pronunciato la famosa frase “Alea iacta est” (“Il dado è tratto”). Con tale espressione intendeva probabilmente che la sua fu una mossa rischiosa nella partita a scacchi che stava giocando con il senato. E se si pensa alle conseguenze di questo gesto, si capisce come la sua fu una strategia vincente. 

Cesare varca il Rubicone nella serie tv Roma (immagine dal web)
Le conseguenze 

La mossa di Giulio Cesare ebbe dei risvolti significativi che cambiarono le sorti della res publica. All’indomani del passaggio del Rubicone, si scatenò la guerra civile tra Cesare e Pompeo/senato. Questa fu combattuta soprattutto fuori dall’Italia, coinvolgendo la Spagna, la Sardegna, la Sicilia e la Grecia. Qui Pompeo venne sconfitto nella battaglia di Farsalo nel 48 a.C., scappò in Egitto e trovò la morte per mano del faraone Tolomeo XIII. Proverbiale è la velocità con cui Cesare vinse queste battaglie; secondo Plutarco, per descrivere le sue rapide vittorie, il comandante avrebbe detto “Veni, vidi, vici”. Ne consegue che Giulio Cesare ebbe il via libera per diventare dictator , assumere pieni poteri e avviare la repubblica verso una nuova forma. Il passaggio del Rubicone per certi versi segnò il primo atto della nascita del principato. 

Accadde oggi

ACCADDE OGGI | I sogni di gloria di Crasso e la disfatta di Carre del 9 giugno 53 a.C.

Il 9 giugno del 53 a.C. avvenne una delle più umilianti sconfitte di Roma, moralmente peggiore di quelle di Teutoburgo o di Adrianopoli. Infatti, la disfatta di Carre (oggi Harran, in Turchia) non fu tanto l’opera di un nemico forte, ma il risultato della superbia del triunviro Crasso in cerca di gloria e legittimazione.

Il fatto storico

Non si trattò di una battaglia, ma di un massacro annunciato. L’esercito romano era stato logorato dal deserto, e sfiancato dalla guerriglia portata dai parti. In realtà, furono proprio quegli attacchi veloci a spingere Crasso in trappola: li ritenne una prova della debolezza nemica. Alla prova dei fatti, il condottiero romano optò per uno schieramento difensivo, a quadrato, in modo da non lasciar fianchi scoperti. Eppure, la pioggia di frecce tirata dagli arcieri a cavallo partici costrinse la cavalleria romana all’ingaggio. L’esito fu tragico e lo stesso figlio di Crasso, Publio, morì in quella sortita. Crasso decise quindi di ritirarsi nella fortezza di Carre, lasciandosi alle spalle le aquile di sette legioni che finirono in mano nemica. Alla fine, lui stesso fu catturato ed ucciso.

Busto di Crasso (Louvre MR 510)
Necessità politiche e strategia militare

Crasso fu uno degli uomini più ricchi di Roma, ma con i soldi non aveva comprato la fama di cui invece godevano i suoi pari, e rivali, Cesare e Pompeo. Decise, quindi, di inserirsi nella politica partica, appoggiando la pretesa al trono di Mitridate contro suo fratello Orode. Oltre 40000 soldati romani penetrarono così in territorio nemico attraverso il deserto siriano, un errore strategico imperdonabile. Crasso cercava, infatti, una vittoria rapida, e questo lo spinse ad esporsi. Da un punto di vista strategico l’esercito romano si ritrovò a resistere ad una sfiancante marcia, in un luogo privo di ripari naturali, in balia di un nemico che faceva della mobilità il proprio punto di forza. Così, lontani dall’acqua, le forze partiche trascinarono i romani in un inseguimento mortale.

Arciere partico a cavallo (Palazzo Madama, Torino)
Un terribile epilogo e qualche dettaglio interessante

Secondo lo storico Cassio Dione la sorte di Crasso rivela un deciso contrappasso in relazione alla sua superbia. Lui, così avido di ricchezza e potere, morì tra mani nemiche che gli versarono in gola l’oro che così tanto desiderava. Ben diversa fu invece la sorte di Gaio Cassio Longino, che seguì il triunviro nella sua spedizione. Cassio scelse di abbandonare Carre ritirandosi verso la Siria e, in questo modo, riuscì a salvarsi. Sarà lui, nel 44 a.C., a congiurare contro Giulio Cesare, mettendo fine a un’epoca. Il 9 giugno del 38 a.C., invece, le truppe comandate da Publio Ventidio Basso vendicheranno la morte di Crasso, infliggendo una grave sconfitta ai Parti, riportando il confine lungo l’Eufrate, e potendo, per questo, celebrare il trionfo a Roma.

Accadde oggi

ACCADDE OGGI | 8 giugno 208 a.C.: un ragazzo, sua nonna e un eunuco conquistarono Roma

L’8 giugno 208 a.C. si svolse la battaglia di Antiochia, non a torto un vero e proprio paradosso nella storia della Roma Imperiale. Macrino, infatti, riuscì a mettersi in scacco da solo, offrendo la vittoria ad un nemico più debole e impreparato. Tale sconfitta permise a Giulia Mesa di porre sul trono di Roma suo nipote, Eliogabalo, dapprima amato, poi abbandonato.

Il fatto storico

Il tempo non giocò a favore di Macrino. L’aiuto che aveva chiesto al senato, e che dimostra lo stato di debolezza dell’imperatore, non arrivò mai in tempo. Inoltre, parte della II legione Parthica, dopo aver ucciso il proprio comandante Ulpio Giuliano, passò dalla parte di Eliogabalo. In questo modo, Macrino fu costretto ad affrontare il nemico contando solo su quanto rimaneva delle proprie forze, la guardia pretoriana. Gli mosse contro Gannys, eunuco e tutore di Eliogabalo, promosso al ruolo di prefetto del pretorio. Inizialmente i pretoriani di Macrino riuscirono a sfondare la difesa avversarie, ma Giulia Mesa e Gannys riuscirono a risollevare la morale degli uomini, capovolgendo l’esito di quello scontro. Alla fine, Macrino fu costretto ad asserragliarsi in Antiochia e, intuita la fine, tentò la fuga sotto false spoglie.

Busto di Macrino, Musei Capitolini
Malcontento e propaganda: come conquistare un impero

Principalmente due furono le cause che portarono alla battaglia di Antiochia. Il fatto che Macrino avesse ridotto la paga e i privilegi dei legionari, e la propaganda sostenuta da Giulia Mesa a favore di suo nipote Eliogabalo, sacerdote del dio Sole di Emesa e presunto figlio di Caracalla. Dapprima fu la III legione gallica ad appoggiare il giovanissimo Eliogabalo; poi, sempre più legionari prestarono ascolto alle promesse di Giulia Mesa, scontenti delle privazioni subite. Addirittura, il prefetto del pretorio  della II legione parthica, Ulpio Giuliano, inviato da Macrino a sedar la rivolta, fu tradito dai suoi che passarono dalla parte dei ribelli. Laute allora furono le promesse di pagamento fatte da Macrino ai soldati. In effetti, la lotta per il potere non fu tanto vinta dagli eserciti quanto dall’offerta migliore in campo, ed i soldati si fidarono più delle ricchezze di Giulia Mesa che non di Macrino.

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ACCADE OGGI | La fine di un’era, muore Costantino il Grande

Costantino I, il Vincitore, il Grande. Questi sono alcuni dei nomi con cui era conosciuto uno dei personaggi più importanti della storia romana, l’uomo che riformò l’Impero e favorì la diffusione del Cristianesimo.

La politica amministrativa e religiosa

Nato il 24 febbraio 274 d.C., dopo un periodo turbolento segnato da lotte interne, divenne Imperatore nel 306. Durante la sua carica mise in pratica una serie di riforme di grande importanza. Non appena si assicurò il potere, Costantino procedette con la riorganizzazione amministrativa e territoriale dell’Impero, riformando la burocrazia e l’Impero stesso che venne suddiviso in quattro prefetture.

Ogni prefetto aveva poteri amministrativi e giuridici ma non quelli militari: il potere militare spettava unicamente all’Imperatore. In modo progressivo le truppe vicine al palazzo imperiale presero sempre più potere, mentre quelle al confine conobbero un progressivo imbarbarimento.

Ebbe importanti conseguenze il trasferimento della capitale a Costantinopoli. La posizione della città, odierna Istanbul, consentiva di controllare in maniera più efficace sia le frontiere che le vie commerciali. 

Ricostruzione ideale della città di Costantinopoli
Ricostruzione ideale della città di Costantinopoli, fondata da Costantino I sull’antica Bisanzio

La morte di Costantino

La morte di Costantino fu tanto inaspettata quanto improvvisa.

Morì il 22 maggio del 337 d.C., in una residenza imperiale nei pressi di Nicomedia. Si spense nel trentunesimo anno di regno, durante le festività di Pentecoste e poco dopo essersi ammalato. Pochi giorni prima della morte, resosi conto della propria fine, l’Imperatore decise di farsi battezzare da Eusebio, vescovo cristiano della città, che negli ultimi tempi era diventato il suo consigliere in materia ecclesiastica. La pratica di ricevere il battesimo sul punto di morte, al tempo, non era insolita: in questo modo il battezzato aveva la possibilità di cancellare tutti i propri peccati senza aver tempo di commetterne dei nuovi.

Costantino, infatti, non solo legalizzò il Cristianesimo ma favorì la diffusione della dottrina cristiana. Oltre a restituire i beni confiscati da Diocleziano, fissò una serie di privilegi per la Chiesa: la riformò uniformando la dottrina cristiana e dando così inizio all’Impero cristiano.

Ad oggi, sia la Chiesa ortodossa che le Chiese di rito orientale lo venerano come santo. A livello locale il culto di San Costantino è comunque autorizzato anche nelle chiese di rito romano-latino. 

Capri Leone (ME) venera San Costantino Imperatore come santo patrono e protettore

 

 

Accadde oggi

ACCADDE OGGI | Eliogabalo: il dio, l’imperatore, il ragazzo

Eliogabalo divenne imperatore 16 maggio 218 d.C. Quando parliamo di lui  sono semmai i ricordi di scuola a tornar subito alla mente. Poche parole, in effetti, che liquidano questo personaggio storico quasi come fosse un errore, un paradosso nella linea di successione imperiale, come un uomo che volle avvelenare Roma con culti orientali. In realtà. Eliogabalo, nato come Sesto Vario Avito Bassiano, fu poco più di un bambino, mai del tutto padrone della propria vita. Furono, invece gli interessi di sua nonna, Giulia Mesa, a consacrarlo al potere, così come a spingerlo poi verso una fine orribile.

Ai margini dell’impero

Avito nacque in Siria nel 203 d.C. Nel suo sangue scorrevano due lignaggi importanti: sua madre, Giulia Soemia, era la cugina di Caracalla, con il quale terminava la discendenza maschile della propria famiglia; il suo bisnonno materno, Gaio Giulio Bassiano, era sacerdote dei El-Gabal, dio solare venerato a Emesa. Pertanto, il giovane Avito non si sarebbe mai potuto mettere in salvo dai quei giochi politici che, in un modo o nell’altro, lo attendevano. Ma più di tutti, fu sua nonna, Giulia Mesa, a spingerlo verso un destino amaro. Fu lei, infatti, a far sparger la voce che Avito fosse, in realtà, il figlio illegittimo di Caracalla. Fu lei a manipolare il sostegno delle truppe al fine di spodestare Macrino, il nuovo imperatore. Alla fine, la Legio III Gallica acclamò Eliogabalo, e da quel momento la scalata per il potere si combatté più con la propaganda che con le armi.

Busto di Eliogabalo, Musei Capitolini
Un fanciullo si fa imperatore

Vennero fatte promesse da entrambi i lati pur di conquistare il sostegno dei soldati. Giulia Mesa attirava fedeli grazie alle proprie ricchezze e alla grande influenza del tempio di El-Gabal. Macrino, invece, s’impegnò in generose offerte ai soldati, affinché non lo tradissero, e scrisse addirittura al senato mettendolo in guardia dalla follia del giovane rivale. Tuttavia, le promesse di Giulia Mesa sembrarono ben più dolci di quelle fatte da Macrino e, in più di un’occasione, i soldati in campo passarono dalla parte di Eliogabalo, l’usurpatore. Alla fine, Macrino fu messo in fuga e poi ucciso. Avito, all’età di 14 anni aveva vinto, mostrandosi agli uomini glorioso come fosse stato il dio sole stesso, aspetto che poi volle darsi in concreto durante il suo mandato imperiale. Ma l’Idilio durò poco.

Busto di Macrino, Musei Capitolini
Al centro del mondo

Roma non era Emesa. Se in Siria i costumi e i modi di Avito potevano passare inosservati, al centro del mondo i mormorii avrebbero accompagnato in ogni momento il nuovo imperatore, passo dopo passo. E così accadde. A nulla valsero i consigli di Giulia Mesa, Eliogabalo decise di esser lui stesso fautore della propria fortuna, conscio che il suo impero lo avrebbe seguito ed amato. Si sbagliava: il mal contento dei soldati crebbe sin da subito e la stessa Legio III Gallica, che aveva lo aveva sostenuto sin dal principio, tentò di metter fine al suo mandato. Fu un fallimento. Avito, infatti, riuscì a rimanere al potere fino ai suoi 18 anni, scandalo dopo scandalo. Alla fine, la stessa Giulia Mesa rivolse la propria attenzione ad un altro nipote, Alessandro Severo, favorendolo affinché soppiantasse il sempre più impresentabile Eliogabalo. Da qui, inizia la caduta del giovane imperatore, una sconfitta di cui lui stesso fu artefice.

Le nozze di Eliogabalo, Alma-Tadema (1888)
Morto di gelosia

Eliogabalo venne convinto ad affiancarsi Alessandro Severo come suo successore, in modo da cedere a lui la gestione secolare dell’impero. Tuttavia, in breve, fu chiara a tutti il maggior consenso che Alessandro godeva presso i soldati. Eliogabalo ne fu geloso, ed iniziò ad agire in maniera sconsiderata provocando la reazione dei pretoriani. Già in un’occasione scampò al loro dissenso, rimandando la fine. Fu come una partita a dadi con la sorte, e non vi era lancio che avrebbe potuto mai portar fortuna all’imperatore. Ancora una volta Eliogabalo tentò di sondare l’affetto dei pretoriani, e questi, alla fine, furono chiari nella risposta. Il giovane Avito morì cercando rifugio in una latrina, e sua madre lo seguì nella sorte, abbracciandolo sino alla fine. Ma non è tutto: fu poi applicata la damnatio memorie  nei confronti dell’imperatore caduto, così che di lui non rimanesse più niente.

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NEWS | Il mosaico perduto di Caligola in mostra al Museo delle Navi Romane di Nemi (RM)

A distanza di quattro anni dal suo ritrovamento e dalla sua restituzione all’Italia, il mosaico si potrà finalmente ammirare al Museo delle Navi Romane di Nemi (RM). Si tratta di una porzione della ricca pavimentazione delle due navi che Caligola aveva fatto collocare nello speculum Dianae, il lago vulcanico di Nemi. Le imbarcazioni erano state affondate pochi anni dopo la loro collocazione.

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Ala sinistra del Museo con le navi di Caligola (Credit: D. De Angelis – DRM Lazio)

Erano stati gli scavi condotti da Eliseo Borghi nel 1865 a riportare alla luce il ricco pavimento, restaurato con integrazioni moderne. Il recupero delle navi, invece era avvenuto tra il 1929 e il 1931, destinate ad un museo costruito ad hoc per contenerle. Il mosaico in questione rivestiva il ponte di una delle due navi da cerimonia dell’imperatore Caligola. Realizzato a intarsi marmorei, in opus sectile, presenta materiali di pregio quali serpentino verde e porfido rosso. Il moderno restauro, con l’aggiunta di una cornice posteriore, ha oscurato la tecnica di realizzazione, comunque desumibile da altri frammenti già presenti nel museo di Nemi.

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Il mosaico di Caligola usato per decenni come tavolino da caffè (Credit: Artslife)

Un mosaico romano oltreoceano

A seguito dell’incendio del Museo di Nemi ad opera dei tedeschi, nel 1944, il mosaico era stato sottratto illegalmente. Negli anni Sessanta, sembra sia stato acquistato a Roma per essere trasferito a New York. Ed è proprio a Manhattan che, grazie ad esperti del settore, era stato ritrovato in una collezione privata. Il mosaico era diventato il tavolino da caffè di Helen Costantino Fioratti, antiquaria e moglie dell’acquirente. Solo nel 2019 era rientrato in Italia e adesso farà parte della collezione permanente del Museo delle Navi Romane di Nemi.

Non resta dunque che attendere tempi migliori per poterlo ammirare di persona.

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NEWS | Al via lo scavo archeologico sul lato est del Foro di Cesare (RM)

Via a nuove operazioni di scavo archeologico per portare alla luce le diverse fasi di vita del Foro di Cesare. Le indagini avranno come oggetto di studio il lato orientale tra i Fori Imperiali e il Belvedere. Lo scavo potrà essere attuato grazie alla donazione di 1.500.000 euro dall’Accademia di Danimarca con la Fondazione Carlsbers di Copenaghen e la Aarhus University Research Foundation. Le operazioni verranno invece condotte dalla Soprintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Il finanziamento è frutto di un accordo rinnovato tra Soprintendenza e Accademia in vigore già dalle prime fasi di scavo del sito, pubblicate nel 2017

“Roma ci riserva continue sorprese: l’avvio degli scavi del Foro di Cesare ci consente di riportare alla luce diverse fasi di vita di questo settore urbano che presenta una stratificazione molto ricca, come emerso dalle indagini condotte dalla Soprintendenza negli ultimi decenni. Ringrazio Sua Maestà la Regina di Danimarca Margherita II e l’Accademia di Danimarca per questo importante atto di mecenatismo. Con il sostegno di tutti continuiamo a scoprire la nostra storia“. Ha dichiarato così Virginia Raggi.

foro di cesare
Foro di Cesare (RM)

Gli obiettivi del nuovo scavo archeologico del Foro di Cesare

Lo scopo del progetto è ampliare l’area archeologica del Foro di Cesare e recuperarne membrature architettoniche dal sottosuolo. Le ipotesi degli archeologi contemplano la possibile presenza di parti del Tempio di Venere Genitrice e del portico orientale della piazza.

Parte del Tempio di Venere Genitrice (RM)

Durante la pulitura dell’intera area archeologica nel 2019,  sono riemersi edifici del secolo scorso abbattuti per l’apertura dei Fori Imperiali. Inoltre, precedentemente all’avvio dello scavo, sono state attuate numerose ricerche e studi interdisciplinari sulle fasi del complesso monumentale, da studio di reperti degli scavi 1998-2000 e indagini bibliografiche.

“Lo scavo del Foro di Cesare costituisce una nuova importante occasione di ampliamento della conoscenza dell’area forense nella sua integrità. Scopo condiviso con Roma Capitale da sempre è quello di restituire al pubblico e alla comunità scientifica un viaggio nella storia di Roma“. Queste sono le parole della Direttrice del Parco archeologico del Colosseo Alfonsina Russo

Infatti, gli archeologi inizieranno con lo scavo del primo lotto esplorando 400 mq su una superficie totale di 13.300 mq. Le indagini dovrebbero concludersi nel mese di agosto del 2021.

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NEWS | “La Sicilia protagonista: l’età romana”, il resoconto del secondo incontro

Come annunciato, l’Università di Messina, l’Associazione S.U.D. (Studenti Universitari Democratici) e ArcheoMe hanno curato il secondo appuntamento de “La Sicilia protagonista”. Durante il primo appuntamento (11 gennaio 2021) gli interventi si erano concentrati sull’età greca della Sicilia, oggi invece sull’età romana dell’Isola.

Ha moderato Kevin Vadalà, studente di Filosofia dell’ateneo messinese e membro dell’Associazione S.U.D. La Prof.ssa di Storia romana dell’Ateneo, Elena Caliri, ha curato il primo intervento riguardo le fonti storiografiche per la Storia romana e i primi rapporti tra la Sicilia e Roma; presente in questo frangente è stato il focus sulle guerre puniche e sull’evoluzione dell’amministrazione romana sull’Isola. Ha concluso Francesco Tirrito, Dottore in Archeologia e Direttore della nostra Redazione, con un approfondimento sulla Messina romana.

Gli scogli storiografici

“Non c’è Storia se non Storia contemporanea”, così la Prof.ssa Caliri ha dato inizio all’intervento: l’Unità d’Italia ha spinto a riguardare la Storia romana, ma, cambiando la politica, si è verificata un’inversione storiografica: è ritornato il profondo interesse per l’età delle poleis greche. Un altro filone interpretativo vede la Sicilia come icona dell’incontro-scontro tra Oriente ed Occidente, frammento di una grande Storia dell’Umanità. Ha continuato poi con una particolare linea interpretativa, quella della passività dell’Isola: la Sicilia ha subito tante civiltà, senza mai dare il “la” a nessuna. Suggestivi in questo caso i richiami a “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nel discorso del Principe Fabrizio Salina nei confronti di chi lo aveva esortato a far parte del nuovo parlamento.

Sicilia-Roma, da timidi contatti all’amministrazione dell’Isola

Roma si struttura inizialmente come città-stato, quando entra in contatto con altre civiltà non esercita delle annessioni territoriali, ma conclude una serie di accordi federativi (foedera) e non ha mano ferma, se non in rari casi. Tutto cambia quando Roma mette piede in Sicilia.

La Fides dei Romani, un valore o anche un culto?

Uno dei punti cruciali è la richiesta d’aiuto dei Mamertini ai Romani, mercenari osco-campani che si erano rivolti precedentemente ai Cartaginesi. I Mamertini si rivolgono a Roma con la deditio in fidem, atto di resa totale e, come tale, pericolosissimo. La Fides per i Romani è una divinità, il concetto di fides è un patto di sangue che non si può disattendere. I nobili della società romana non volevano accettare la receptio in fidem dei Mamertini, ma iniziano ad aver peso le classi medie: i comizi centuriati votano la guerra.

Cosa cambia dopo la prima guerra punica

La prima guerra punica attraversa più di un ventennio del III secolo a.C. e ha degli effetti devastanti. La parte occidentale della Sicilia «diventa romana»: Roma non aveva mai organizzato territori separati da un braccio di mare e non si sa come li abbia amministrati dal 241 al 227 a.C., anno dell’elezione di Gaio Flaminio, primo governatore della Sicilia. Roma acquisirà la parte orientale della Sicilia solo durante la seconda guerra punica. Tutta la Sicilia per Roma è inizialmente un luogo di sperimentazione: vuol trarre il massimo rendimento con il minimo sforzo, sostituendosi alle autorità che dapprima riscuotevano le tasse; la natura delle tasse non è stata cambiata (1/10 del prodotto agricolo): era regolata dalla Lex Ieronica, che Roma utilizza, ma non riconosce con questo nome.

Non dopo tanto tempo Roma inizia a diventare “bulimica”, a chiedere quantitativamente sempre più; l’economia agraria della Sicilia ne risente molto. Dalle Verrine di Cicerone è chiaro che Roma instaura con con alcune città siciliane i già menzionati foedera (rapporti bilaterali), con Messina, Taormina e Noto; altre città erano state definite “immuni”, cioè non tenute a pagare le decime.

La Professoressa ha infine introdotto un altro argomento: di lì a poco la Sicilia diventa un grande centro di manodopera servile. Gli schiavi danno vita a due burrascose rivolte; Diodoro Siculo ne riferisce il motivo: le pessime condizioni in cui i padroni, in maggior parte greci, li tenevano.

Messina, un significativo caso studio nella Sicilia romana

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L’area distrutta dal terremoto del 1908
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La vecchia sede municipale nella cd. “Palazzata”

“La Storia si fa attraverso le fonti”, l’incipit del Dottor Francesco Tirrito apre un intervento che si propone di indagare le fonti archeologiche della Messina romana. Ha iniziato con un quadro puntuale della Messina pre-terremoto del 1908; la catastrofe ha aiutato la ricostruzione poiché le macerie hanno protetto tutto quello che c’era al di sotto, hanno fatto da tappo. Il primo scavo sistematico dell’area è stato effettuato solo nel momento in cui Giacomo Scibona era a capo della nascente Soprintendenza di Messina (prima gli scavi erano stati condotti dalla Soprintendenza di Siracusa). 

Il seguito dell’intervento ha studiato la carta archeologica di Messina, evidenziandone i punti cruciali, le nuove scoperte e i limiti geografici in fiumi e necropoli. L’indagine si è concentrata sull’area archeologica di Palazzo Zanca, territorio importantissimo per ricostruire interi secoli della storia messinese. Nella foto i livelli romani sono colorati in rosso: si tratta di un piano pavimentale da cui si innalzano dei pilastri; questi dovrebbero corrispondere ad un criptoportico con accanto edifici ad andamento circolare, si ipotizzò la struttura di un Odeion.

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I reperti conservati nell’Antiquarium di Messina

Straordinari i reperti esposti nell’Antiquarium di Messina, tra cui spiccano tessere di mosaico dai materiali ricercati. Si pensò quindi di collocare nell’area il Foro della città romana di Messina. Messina ha onorato quindi l’insediamento greco anche espandendosi, si è monumentalizzata dal I secolo d.C. con le suddette strutture e ha rispettato i limiti naturali imposti dai fiumi e dalle necropoli. 

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In rosso: le strutture di età romana nell’area di Palazzo Zanca

La scoperta dell’area archeologica di Palazzo Zanca

Si è concluso così il secondo di un ciclo di incontri che continuerà il 25 marzo 2021 con una conferenza sulla Sicilia medievale; la discussione sarà animata da altri interventi. 

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NEWS | UNICT, un viaggio-studio ad Atene per gli studenti dei corsi di Storia romana e Archeologia classica

Scienze del Turismo, un viaggio studio a Atene per gli studenti dei corsi di Storia romana e Archeologia classica

Coniugare lo studio della storia e del patrimonio artistico archeologico mediterraneo con l’esperienza dell’ “heritage making”, nella consapevolezza che alla base della valorizzazione e della promozione dei beni culturali stia la profonda conoscenza degli stessi. Questo l’obiettivo del viaggio ad Atene che recentemente ha visto protagonisti circa 50 studenti di Storia romana e di Archeologia classica del corso di laurea in Scienze del Turismo, afferente al dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Catania.

Accompagnati dalle docenti Mela Albana (Storia romana) ed Eleonora Pappalardo (Archeologia classica), e grazie al supporto della Scuola archeologica italiana ad Atene, tramite il dott. Carlo De Domenico, la numerosa comitiva ha potuto muoversi agevolmente tra il Museo archeologico nazionale, l’Acropoli, il Museo dell’Acropoli, l’Antica Agorà, l’Agorà Romana, la Biblioteca di Adriano e il Cimitero del Ceramico con i relativi musei.

Inoltre, grazie alla guida specialistica della prof.ssa Mariangela Ielo, gli studenti hanno potuto visitare i quattro piani del Museo di Arte cicladica, un museo avveniristico e interattivo, il cui allestimento non si limita alla descrizione dell’affascinante civiltà cicladica, ma offre un interessantissimo esempio di didattica museale. L’ultimo giorno, l’intero gruppo è stato ospite del direttore del Museo di Arte cicladica, Nikolas Stampolidis, docente di Archeologia classica dell’Università nazionale di Creta e membro del Consiglio archeologico nazionale ellenico.

“Nel corso dell’anno – spiegano le due docenti – si effettuano, abitualmente, diverse uscite per integrare le lezioni frontali con viaggi di studio in siti archeologici di rilevante importanza. In questo modo gli studenti possono avere esperienza diretta di quanto appreso sui libri delle civiltà greca e romana e, allo stesso tempo, possono cimentarsi in prima persona, in quelle attività che stanno alla base della gestione/organizzazione di un viaggio”.

La prima esperienza fuori dall’ aula ha riguardato nei mesi scorsi la visita della Catania Romana. Grazie alla collaborazione decennale col Parco archeologico, i ragazzi hanno accesso facilitato al Teatro greco-romano, all’ Anfiteatro e alle Terme della Rotonda e, all’ interno degli stessi monumenti, la possibilità di esaminare gli aspetti salienti della storia e dell’architettura pubblica di età imperiale.

A questa visita si aggiungono le escursioni a Morgantina, alla Villa del Casale e al Museo di Aidone, per approfondire gli elementi urbanistici, religiosi e culturali di periodo greco e le dinamiche politiche e socio-economiche relative alla Sicilia del tardo-impero. L’anno scorso, grazie al supporto del dipartimento di Scienze della Formazione, gli studenti hanno avuto l’opportunità di compiere una visita guidata a Selinunte e al Museo Archeologico Salinas di Palermo, al fine di ripercorrere interamente lo sviluppo dell’architettura templare greca in Sicilia e, parallelamente, quello della decorazione scultorea. In primavera è, inoltre, previsto un nuovo viaggio-studio a Paestum, a Pompei e a Napoli.