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NEWS | “La Potente” dea Sekhmet arriva al Museo di Bologna

Dal 7 luglio 2021 al 31 dicembre 2023 un’ospite di eccezionale rilievo troverà dimora presso il Museo Civico Archeologico di Bologna grazie al progetto espositivo Sekhmet, la Potente. Una leonessa in città, a cura di Daniela Picchi. L’iniziativa è resa possibile dalla generosa collaborazione con cui il Museo Egizio di Torino ha concesso in prestito uno dei suoi capolavori più rappresentativi: una statua colossale di Sekhmet, materializzazione terrestre della temibile divinità egizia con testa di leonessa e corpo di donna, di cui il museo torinese conserva una delle più grandi collezioni al di fuori dell’Egitto, composta da 21 esemplari.

Sekhmet
La statua della dea Sekhmet del Museo Egizio di Torino in esposizione al Museo Civico Archeologico di Bologna – foto: Alessandro Galli
Sekhmet
Altro esemplare del busto di Sekhmet conservato al Museo di Bologna – foto: Sergio Anelli
Il male e il bene di Sekhmet

Divinità dalla natura ambivalente, al contempo di potenza devastatrice e dispensatrice di prosperità, Sekhmet, ovvero “la Potente”, venne raffigurata in varie centinaia di statue per volere di Amenhotep III, uno dei faraoni più noti della XVIII dinastia (1388-1351 a.C.), allo scopo di adornare il recinto del suo “Tempio dei Milioni di Anni” a Tebe Ovest.

Sekhmet

Alcuni studiosi ipotizzano che il gigantesco gruppo scultoreo fosse composto da due gruppi di 365 statue, una in posizione stante e una assisa per ogni giorno dell’anno, così da creare una vera e propria “litania di pietra”, con la quale il faraone voleva pacificare Sekhmet tramite un rituale quotidiano. La regolarità dei riti in suo onore servivano infatti a placarne l’ira distruttrice che la caratterizzava quale signora del caos, della guerra e delle epidemie, trasformandola in una divinità benevola e protettrice degli uomini.

 Particolari della dea Sekhmet in esposizione al Museo di Bologna – foto: Giorgio Bianchi (questa e precedente foto)
La Sekhmet del Museo di Bologna

Nella collezione egizia del Museo Civico Archeologico di Bologna è presente il busto di una di queste sculture che – grazie al confronto con la Sekhmet seduta in trono proveniente dal Museo Egizio di Torino – potrà così riacquistare, almeno idealmente, la propria integrità creando una proficua occasione di confronto e ricerca scientifica. La statua sarà esposta nell’atrio monumentale di Palazzo Galvani e arricchirà un importante repertorio di materiali lapidei.

Posizionamento della statua di Sekhmet al Museo di Bologna – foto: Giorgio Bianchi

Dall’alto dei suoi 2,13 metri di altezza, Sekhmet potrà così accogliere il pubblico e introdurlo alla visita della collezione egizia, continuando a svolgere quella funzione protettrice per la quale era stata commissionata da Amenhotep III mentre, al suo cospetto, il visitatore potrà rivivere la stessa emozione che il sacerdote dell’antico Egitto doveva provare quando entrava nel cortile del Tempio per pronunciare il nome della “Potente” e invocarla nelle sue preghiere per placarla e propiziare ogni estate la fertile esondazione delle acque del Nilo.

La statua della dea Sekhmet al Museo di Bologna – foto: Giorgio Bianchi
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NEWS | Lunigiana, ritrovata la testa di una statua stele di 5000 anni fa

In Lunigiana, a Nord della Toscana, più precisamente nei pressi di Pontremoli (MS), è stata ritrovata la testa di un’eccezionale statua stele risalente a 5000 anni fa. Il ritrovamento è stato casuale: durante una passeggiata, il sig. Paolo Pigorini ha trovato una pietra di forma anomala. Dopo averla trasportata presso la propria abitazione, Pigorini ha riconosciuto la statua e l’ha consegnata al Direttore del Museo delle Statue Stele di Pontremoli (MS), Angelo Ghiretti, che ha segnalato il ritrovamento alla funzionaria della Soprintendenza, Marta Colombo e al sindaco di Pontremoli, Lucia Baracchini. Ghiretti ha confermato l’autenticità del manufatto: si tratta probabilmente di una testa raffigurante un volto femminile, come si nota dagli orecchini stilizzati scolpiti, è in buono stato di conservazione e risale a circa 5000 anni fa (Età del Rame)

Lunigiana
Paolo Pigorini insieme al direttore del Museo, Angelo Ghiretti, e alla Dottoressa Marta Colombo – ©Museo delle Statue Stele Lunigianesi

 

Le misteriose statue stele della Lunigiana

Le statue stele sono manufatti preistorici e protostorici, tipici della Lunigiana, realizzati dalla popolazione dei Liguri Apuani. Raffigurano personaggi maschili o femminili stilizzati e connotati nel genere dagli oggetti che portano (armi o monili). Le statue risalgono a un periodo compreso tra il III millennio a.C. e il VI secolo a.C. Se ne conoscono in tutto 80 esemplari, classificabili in tre gruppi (A, B e C a seconda della loro forma).

Il manufatto rinvenuto si può classificare nel gruppo “B”: presenta la testa con la tipica forma della mezza luna. Il reperto è stato inserito nel catalogo delle statue stele con il numero 85. Secondo il Direttore del Museo di Pontremoli (MS) non si tratta di un ritrovamento insolito poiché avvenuto in un luogo già molto perlustrato dagli studiosi. Proprio sulla sella di Monte Galletto probabilmente esisteva un allineamento di statue stele, quasi come un santuario. Un ritrovamento dunque casuale che permette di fare ulteriormente luce su questi affascinanti e misteriosi reperti.

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NEWS | Statua romana trafugata ritorna a casa

Il 20 gennaio 2021 è finalmente tornata in Italia una statua romana trafugata nel 2011. Si tratta di un’opera risalente al I secolo a.C. e raffigurante un togatus, cioè un membro eminente della società romana vestito con la toga. L’opera è inoltre riconoscibile per l’assenza della testa.

La statua, dopo essere stata localizzata in una galleria d’arte di Bruxelles, è stata restituita dalle autorità belghe a quelle italiane. La vicenda rappresenta così una fruttuosa collaborazione tra Belgio e Italia nella lotta contro il traffico illecito di opere d’arte.

La vicenda della statua romana

La statua romana, trafugata a Roma nel 2011, è stata individuata dall’Ispettorato Economico del Belgio e dal Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale in seguito a un’investigazione sul traffico illecito di opere d’arte. Infatti, le forze dell’ordine hanno localizzato la statua seguendo la pista di un già noto trafficante d’arte. La statua si trovava nella galleria di Bruxelles proprio in attesa di essere venduta a questo cittadino straniero già noto alle autorità italiane.

Le autorità belghe fanno sapere che a questa investigazione ne seguiranno altre per combattere contro il mercato nero dell’arte. Questo, infatti, non solo danneggia i diritti dei consumatori e permette il riciclaggio di capitale, ma finanzia anche movimenti terroristici. In merito, il vice-Primo Ministro, nonché Ministro dell’Economia e del Lavoro belga, Pierre-Yves Dermagne, ha dichiarato:

Questo esempio di buona collaborazione tra Belgio e Italia nella lotta contro il traffico d’arte permette a questa scultura di più di 2000 anni di ritornare a casa. Presto la legge contro il riciclaggio di denaro del 18 settembre 2017 sarà applicabile nel settore delle arti, così che ne possa ulteriormente frenare il commercio illegale.

La legge in questione è la Legge dell’Antiriciclaggio del 18 settembre 2017. Questa ha introdotto in Belgio l’obbligo per tutte le società, le organizzazioni non professionali, le fondazioni e i trustee di identificare e registrare i proprietari effettivi e inserire tali informazioni in un apposito registro.

 

Statua del togatus recuperata dai Carabinieri (news.economie.fgov.be)
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News | La statua di Baal fa ritorno a Mozia

Da anni l’equipe archeologica dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, guidata da Lorenzo Nigro, docente di Archeologia del Vicino Oriente Antico, porta avanti una campagna di scavo sull’isola di Mozia. Ultimo prodotto delle preziose ricerche condotte su questo sito archeologico è la ricostruzione della statua di Baal, divinità astrale venerata dai Fenici.

Il monumento in questione risulta essere uno dei primi colossi nella storia del Mediterraneo e la sua riproduzione sta per essere ricollocata al centro del Kothon, la piscina sacra collegata al tempio dedicato alla divinità. L’evento avrà luogo il 7 e l’8 Settembre e, data la spettacolarità del momento, sarà riservato a un numero massimo di 150 partecipanti, i quali saranno guidati dal prof. Lorenzo Nigro e dal suo staff, che presenteranno l’opera dietro la suggestiva cornice dagli ultimi raggi solari. Durante la manifestazione, sarà possibile anche degustare prodotti e vini locali.

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Ferdinando II di Borbone, un Re passato alla storia come cattivo

Una  statua eretta e collocata nel 1973 alla Passeggiata a mare di  Messina, raffigurante Ferdinando II di Borbone, ricorda al popolo messinese quel controverso periodo nel quale la città e non solo, fu in mano alla dinastia borbonica. Questo monumento scolpito nel 1839 da Pietro Tenerani, progettato in marmo ma poi realizzato in bronzo a Monaco di Baviera e collocato in origine a piazza Duomo il 30 maggio 1845, celebra una delle figure più importanti della storia messinese e siciliana, un re accolto favorevolmente dalla popolazione che nutriva grandi speranze sul suo operato.

Una figura questa sulla quale si  continua a dibattere fra gli studiosi, della quale probabilmente non tutto si sa, molto forse è ancora da scoprire. Le fonti certe ed incontestabili, ci dicono che Ferdinando Carlo Maria di Borbone, nacque a Palermo il 12 gennaio 1810, figlio di Francesco I e Maria Isabella di Spagna, nel 1827 divenne capitano generale dell’esercito e l’8 novembre 1830 salì al trono (a soli 20 anni), divenendo re del Regno delle Due Sicilie e restandovi sino al 22 maggio 1859. Sotto il suo dominio, questo Regno conobbe una serie di riforme burocratiche e innovazioni in campo tecnologico, fu un re abile e un onesto amministratore, gelosissimo dell’indipendenza del regno.  Inaugurò la ferrovia Napoli-Portici (la prima ferrovia costruita in Italia, 1839), dette grande incremento alla marina mercantile, concluse trattati di commercio con varie potenze (1841-45), promosse l’eversione della feudalità in Sicilia (1841), reprimendo duramente ogni tentativo liberale. 

Il suo innovativo progetto  vacillò pesantemente con i moti rivoluzionari di Palermo del 1848, che segnarono la sua figura e inevitabilmente il suo operato, passato da un breve esperimento costituzionale ad una progressiva stretta assolutista, che lo costrinse prima a concedere la costituzione, ma il 15 maggio successivo, dopo un sanguinoso urto fra liberali e truppe regie, a riprendere il potere assoluto, domando poi alcuni mesi dopo (maggio 1849) l’intera Sicilia.

Di questo periodo controverso, altamente dibattuti da alcuni storici e faziosi, sono gli episodi, che portano forse in maniera troppo semplicistica ad annoverare questo sovrano fra i cattivi della storia, rendendo però altrettanto difficile, celebrarne positivamente la figura. In particolar modo il bombardamento di Messina (nel settembre 1848), che gli varrà l’appellativo di “Re Bomba“, uno degli episodi più cruenti e significativi  di questa rivolta, domata semplicemente da monarca, in maniera ne più ne meno differente da altri monarchi nella storia. Le fasi successive del suo regno contribuiranno e rendere sempre più negativa, forse eccessivamente, la sua figura di questo Re nel firmamento della storia di questa nostra affascinante Nazione.

Il periodo che poi ne seguì infatti, lo portò ad accentrare su di sé il peso dello Stato e ad attuare una politica economica parsimoniosa e paternalista che lasciò il reame, negli ultimi anni, in una fase statica. Alla sua morte, avvenuta a Caserta il 22 maggio del 1859, il Regno delle Due Sicilie passò al figlio Francesco II, che lo perse di li a poco, in seguito alla Spedizione dei Mille e all’intervento piemontese.

Il governo di Ferdinando II di Borbone si può dunque riassumere come una parabola discendente: quando sale al trono, gode di rispetto e ammirazione per le doti di intelligenza e di acume politico e, in quanto sovrano del Regno più potente d’Italia, viene visto come il possibile futuro re della nazione; poi, con il passare del tempo, la sua condotta assolutista e repressiva ne causeranno un calo di rispetto e ammirazione.

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Palazzo Zanca e Statua di Messina


La statua di marmo simboleggiante Messina, scolpita da Giuseppe Prinzi nel 1859, era collocata originariamente  nel primo pianerottolo dello Scalone d’Onore del Palazzo Municipale. In seguito al terremoto del 1908 e alla distruzione dell’edificio, venne conservata all’interno del Museo Regionale.

Dopo il restauro eseguito da Francesco Finocchiaro nel 1973, è stata collocata in largo Giacomo Minutoli (fronte Palazzo Zanca). Oltre agli emblemi del commercio, la statua reca nella mano destra il decreto del 1838 con il quale Ferdinando II concesse nuovamente alla città il porto franco.

Ogni anno il 28 dicembre, in occasione della ricorrenza del terremoto che semidistrusse la città, la Confraternita della SS. Annunziata dei Catalani, ripone ai piedi  del monumento una corona d’alloro in memoria di tutti i caduti di quel triste giorno.