Nelle acque della tonnara del Secco a San Vito Lo Capo (TP) è stato recuperato un antico bacile di ceramica. Il reperto, quasi intatto, è stato localizzato dall’istruttore subacqueo Marcello Basile, il quale ha poi dato notizia a Pietro Selvaggio, funzionario della Soprintendenza del Mare.
Il recupero
Il bacile, recuperato dalla Soprintendenza del Mare, sarebbe stato identificato in un un louterion, oggetto di tipo rituale, utilizzato tanto a terra che sulle navi nell’antichità. Ulteriori studi ne chiariranno la datazione, che sarebbe da collocarsi fra epoca greca e romana. Il recupero è avvenuto per opera dei sub Marcello Basile e Andrea Mineo, con la presenza in immersione di Ferdinando Maurici, Soprintendente del Mare.
“Il nostro mare – sottolinea Alberto Samonà, assessore Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana – continua a restituire interessanti reperti archeologici, che testimoniano la ricchezza storico culturale della Sicilia. Un patrimonio immenso, che vede la Soprintendenza del Mare costantemente impegnata con azioni di individuazione, interventi di recupero e una capillare e incessante attività di valorizzazione”.
I lavori di scavo per la sostituzione delle condotte del gas a Montorio, in provincia di Verona, rivelano nuovi tesori. Risale a pochi giorni fa la scoperta di un mosaico pavimentale di una villa tardoantica, forse appartenente all’imperatore Teodorico. Detto il Grande, Teodorico (Pannonia, 454 – Ravenna, 30 agosto 526) è stato re degli Ostrogoti a partire dal 474 e sovrano del Regno ostrogoto in Italia dal 493. Teodorico è stato sovrano del primo vero regno romano-barbarico.
La scoperta
Come spiegato dal soprintendente dei beni archeologici e delle belle arti di Verona, Francesco Tinè, da anni a Montorio, frazione del veronese, stanno riemergendo in modo sparso mosaici, impianti termali e complessi residenziali.
Questo è il caso di un mosaico pavimentale tornato alla luce pochi giorni fa durante i lavori di scavo per la sostituzione delle condotte del gas. La ricchezza e l’estensione della pavimentazione, nonostante manchino riscontri epigrafici, fa pensare a una villa tardoantica risalente al IV/V secolo d. C., forse collegata all’imperatore Teodorico o a un suo collaboratore di alto rango. Successivamente tutte le informazioni raccolte, verranno organizzate in un’esposizione museale dedicata, in modo da valorizzare la maestosità di una villa, ancora in parte nascosta tra le case di Montorio.
Prospettive turistiche
Il presidente Stefano Casali ha ringraziato il gruppo Agsm Aim, il cui obiettivo principale è scoprire e riportare alla luce gli immensi tesori di cui Verona è ricca. Casali ha comunicato il suo impegno a studiare le scelte più opportune per rendere questi maestosi ritrovamenti fruibili e visibili a cittadini e turisti. Montorio è nota per i suoi mosaici romani ritrovati sin dal 1908 e conservati nel Museo Archeologico del Teatro Romano a Verona.
Nella riorganizzazione degli uffici regionali, pensata dalla giunta Musumeci e approvata dalla giunta, troviamo la cancellazione delle sezioni specialistiche delle soprintendenze. L’esecutivo regionale, con una semplice disposizione amministrativa, ha soppresso le sezioni specialistiche, demolendo la competenza disciplinare cara al Codice dei Beni culturali e del paesaggio.
Uccidere le soprintendenze
Lo scopo della delibera è quello di accentrare nelle soprintendenze i controlli sui settori specialistici, depotenziando all’effettivo la capacità di verifica. La mossa non avrebbe effetto sul numero di incarichi da dirigente: resteranno 121 postazioni dirigenziali.
Il dato è principalmente politico. Già nel 2018 il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, in una conferenza a Palazzo d’Orleans tentò di abolire le soprintendenze. Un refuso, come venne definito da Sergio Gelardi, all’articolo 14 della legge di stabilità regionale. Musumeci affermò: “per alcune è necessaria un’azione farmacologica, per altre invece servono interventi chirurgici profondi”.
E adesso? Un altro refuso?
C’è da dire che alle soprintendenze siciliane manca di tutto, dagli strumenti, al personale, ai fondi. Questa delibera rischia di dare il colpo di grazia su ciò che resta dei presidi a tutela del patrimonio culturale, concepiti in Sicilia alla fine degli anni Settanta.
La delibera
La delibera della Giunta Musumeci del 10 marzo scorso ha definitivamente eliminato le unità specialistiche delle soprintendenze. Le unità disciplinari sono state soppiantate da due sezioni ibride: una per i beni architettonici e storico-artistici, paesaggistici e demo-etnoantropologici, e l’altra per i beni archeologici, bibliografici e archivistici. Una mescolanza di tutte le competenze rette da un dirigente generico ai beni culturali. La delibera riorganizza de facto tutta la macchina amministrativa di Palazzo d’Orléans.
Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia, sottolinea la coincidenza della firma con il 10 marzo: “La data della delibera è, per fatale coincidenza, la stessa della giornata dei beni culturali siciliani, che ricorre ogni anno in memoria della tragica scomparsa dell’assessore Sebastiano Tusa” avvenuta nel 2019.
“Un modo per celebrarne non il ricordo, ma il contributo attuale, attualissimo, che Sebastiano ha dato alla cultura”, ha sottolineato l’assessore dei Beni culturali Alberto Samonà.
Le proteste
Zanna annuncia azioni legali “per bloccare questa ennesima riorganizzazione che dimostra, ancora una volta, la visione miope del governo regionale nei confronti della gestione, tutela e valorizzazione dei nostri beni culturali”.
Ana spera che la delibera sia ritirata: “un’amministrazione regionale che squalifica sé stessa delegittimando e appiattendo le competenze dei propri dipendenti si schiera obliquamente con la speculazione e la distruzione del territorio, piuttosto che adempiere con decisione al proprio dovere costituzionale di custodia e difesa del patrimonio e del paesaggio”.
Adele Maresca Compagna, presidente di Icom Italia, in una lettera aperta indirizzata al governatore Nello Musumeci e a Samonà esprime “forte preoccupazione per la soppressione di un cospicuo numero di unità operative tecniche”.
In un colpo solo si è fatta carta straccia delle normative regionali (nn. 116/1980 e 17/1991) e statali.
La discussa legge 10 del 2000
Nel 2016 la Sicilia di Crocetta aprì la strada all’attuale e drammatico scenario: i beni architettonici fecero coppia con i beni storico-artistici mentre quelli paesaggistici vennero accorpati a quelli demo-etnoantropologici, iniziando a sacrificare competenza e professionalità.
Chi è nell’ambito concorda che la colpa di questa carenza specialistica sia della legge regionale 10 del 2000 (L.R. 10/2000). Lo ha ribadito anche Adele Maresca Compagna: ha sottolineato che “gli accorpamenti all’interno delle soprintendenze rischiano di provocare un ulteriore indebolimento dell’intero assetto dei beni culturali regionali, già minato dall’abolizione dei ruoli tecnici per la dirigenza e per il comparto conseguente alla legge regionale 10 del 2000”.
Ma il ruolo unico non è una specialità siciliana: va ricordato che presso l’amministrazione statale fu istituito il ruolo unico già nel 2001 (D.lgs 165/2001, art. 23, c.1). Il provvedimento dunque non è arrivato ex abrupto ma ha radici storiche. Adesso tornare indietro è difficile: dopo ciò che è successo in Sicilia cosa accadrà al Ministero?
Il 16 e il 17 settembre saranno celebrate le Giornate degli Etruschi a Volterra con il progetto “Velathri Volaterrae: dalla città etrusca al municipio romano”.
Enti partecipanti
A collaborare al progetto della città toscana ci saranno la Soprintendenza di Pisa e Livorno, l’Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici, il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, la Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, il Comitato Organizzatore del Convegno Velathri Volaterrae e il Consorzio Turistico Volterra Valdicecina.
Gli eventi
Il primo evento, che si svolgerà il 16 settembre, prevede delle visite guidate su due cantieri di scavo:
La necropoli etrusca a Le Colombaie, tenuto dall’Università di Pisa;
L’Anfiteatro di Volterra, tenuto dalla Soprintendenza di Pisa e Livorno.
Le visite guidate prevedono la prenotazione obbligatoria. La partecipazione è gratuita.
Il secondo evento, che si svolgerà il 17 settembre, prevede la presentazione del volume Velathri Volaterrae. La città etrusca e il municipio romano, gli atti del convegno tenutosi a Volterra nel 2017, pubblicato nella Biblioteca di Studi Etruschi, a cura di Marisa Bonamici ed Elena Sorge.
Le parole del sindaco
«Sono molto orgoglioso dell’iniziativa messa in campo quest’anno per le “Giornate degli Etruschi”. Avere la collaborazione di prestigiose istituzioni come la Soprintendenza, l’Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici, l’Università di Pisa, oltre alla Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra e il Comitato Organizzatore del Convegno Velathri Volaterrae è di per sé indice di grande lustro per la nostra città e per l’evento».
Lì dove la bellezza della natura si incontra con la storia è avvenuta una grande scoperta. Siamo in Puglia, precisamente a Torre Guaceto (BR), dove è stata rinvenuta una necropoli della tarda Età del Bronzo, riconducibile al villaggio ubicato sul promontorio della Torre, simbolo dell’area protetta.
Nella sola area interessata dagli scavi sono state ritrovate ben quindici tombe risalenti al XIII-XII sec a.C. È un’area in cui l’inumazione era stata sostituita dalla cremazione, probabilmente a causa di problemi epidemiologici o grazie a un’evoluzione ideologica, spiega il professore Cavazzuti, direttore dello scavo.
Le urne funerarie sono state ritrovate in depressioni naturali della roccia o all’interno di pozzetti appositamente scavati. Queste contenevano, oltre ai resti umani, anche oggetti di corredo che, al momento della cremazione, venivano bruciati insieme al defunto.
Gli studiosi ritorneranno sul campo tra un anno, quando saranno terminate le analisi sui dati raccolti e non appena si riuscirà a ricostruire la storia della necropoli.
«Il nostro obbiettivo è proseguire sulla strada già intrapresa e implementare notevolmente la divulgazione scientifica in tema archeologico» – ha dichiarato il presidente Malatesta – «La nostra comunità e gli utenti tutti meritano di sapere cosa è stata Torre Guaceto nella storia e di fruire dei suoi beni. Il prossimo passo da fare è quello di realizzare un grande evento divulgativo già nel prossimo autunno per raccontare come proseguiranno i lavori di ricerca e progettare nuovi sistemi di fruizione sostenibile».
I lavori di ammodernamento dell’impianto fognario del Palazzo Reale a Palermo, che stanno comportando anche la risistemazione di piazza del Parlamento, hanno restituito interessanti testimonianze di età medievale. Durante il cantiere, avviato dall’Assemblea Regionale Siciliana, infatti, è stata effettuata un’esplorazione archeologica preventiva nella lunga trincea interessata dalla quale sono emerse importanti testimonianze storico-archeologiche. L’annuncio è stato dato direttamente da Alberto Samonà sul suo profilo Facebook.
Nel corso degli scavi – effettuati sotto la direzione tecnico-scientifica della Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo, sono emerse strutture murarie di età medievale, realizzate con varie tecniche di costruzione (blocchetti regolari in calcare biancastro disposti in filari alternati), pietrame grossolanamente sbozzato legato con malta di terra, strutture in mattoni crudi.
Tra i reperti rinvenuti, numerose espressioni di ceramica islamica e normanna, quali catini carenati, coppe emisferiche a breve tesa, anfore con solcature sulla superficie e pennellate in bruno, ceramica a spirali. Rinvenuti anche manufatti di età sveva (ceramica solcata di importazione tirrenica e le produzioni nord-africane decorate con i colori cobalto e manganese).
Oggi l’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Alberto Samonà ha effettuato un sopralluogo per verificare lo stato in cui versa la Cripta del Duomo di Messina e per valutare l’entità degli interventi necessari a restituire questo prezioso e suggestivo luogo di culto ai messinesi. Il sopralluogo si è svolto insieme alla soprintendente dei Beni Culturali e ambientali di Messina Mirella Vinci e all’arcivescovo di Messina S.E. mons. Giovanni Accolla.
Lo stato della Cripta del Duomo di Messina durante i sopralluoghi – foto: Alberto Samonà
Le parole dell’assessore Samonà
«Ho voluto rendermi conto personalmente dello stato della Cripta, mosso dalle tante sollecitazioni ricevute da parte della comunità messinese, per la quale la chiusura di questo luogo prezioso rappresenta una dolorosa ferita. La Soprintendenza ha predisposto il progetto di messa in sicurezza e nelle scorse ore ho incontrato il collega Marco Falcone, assessore regionale alle Infrastrutture, che ha garantito la disponibilità ad intervenire economicamente per finanziarne i lavori, in modo da bloccarne il degrado e renderla fruibile: un segnale importante di piena sinergia fra i due assessorati e di attenzione da parte del Governo regionale, perché la cripta del Duomo rappresenta, per la sua storia e per la sua bellezza, un luogo importantissimo che va restituito a tutti».
L’assessore Samonà, la soprintendente Vinci e tutto il team di esperti che si occuperà del recupero della Cripta del Duomo di Messina – foto da: Alberto Samonà
Quali sono i lavori in programma?
A questo proposito, la Soprintendenza di Messina ha già effettuato le indagini specifiche per gli interventi necessari a recuperare la Cripta. In particolare si tratta di lavori di messa in sicurezza dell’impianto che risulta per lo più compromesso da infiltrazioni d’acqua provenienti dalle fondazioni che, per capillarità, hanno deteriorato i ricchi stucchi del Seicento e le pitture.
Gi interventi da effettuare riguardano anche il recupero funzionale dei locali e la creazione di un sistema di accesso con camminamenti e pedane adatte anche a un pubblico con difficoltà motorie. Interventi significativi vanno, inoltre effettuati a salvaguardia e per il ripristino degli stucchi e dei dipinti nonché della pavimentazione originaria.
La Cripta del Duomo di Messina – foto da: Alberto Samonà
La ditta AdArte Srl – Rimini, Italia ha condotto diversi scavi nell’area dell’ex Filanda Bosone di Fano, dove si trovano i resti del teatro romano. Qui è stata ritrovata l’ala sinistra del criptoportico del Tempio della Fortuna.
I resti del Tempio della Fortuna a Fano (foto della Soprintendenza Archeologica Marche)
Nella foto si può vedere come alcuni dei setti radiali che compongono la struttura inizino a riemergere dal terreno. «Un importantissimo tassello della storia della città di Vitruvio sta tornando alla luce» , si legge nel post della Soprintendenza.
Cronaca di un rinvenimento annunciato
Ma Gabriele Baldelli, già archeologo della Soprintendenza marchigiana, fa sentire la propria voce forte e chiara proprio sotto lo stesso post che dà la notizia. «Non posso più stare zitto», dice. E continua: «Questi ultimi scavi non sono che la riapertura ed estensione verso via De Amicis del saggio da me aperto e diretto nel 2006. Tale saggio, richiuso nello stesso anno per ragioni di sicurezza e amministrative, fu da me illustrato agli amministratori e cittadini fanesi in visite guidate e in almeno una pubblica conferenza, tanto che Luciano De Sanctis potè riferirne sinteticamente il risultato in due suoi lavori a stampa del 2011 e 2012. Il rinvenimento del ventaglio di sette radiali e del muro con lesene del podio a cui si appoggia non rappresenta quindi, da allora, alcuna novità. Che il tempio impostato sul podio fosse quello della dea Fortuna rimane poi solo una congettura».
Una critica diretta e piena di amarezza quella che l’archeologo Baldelli rivolge all’attuale Soprintendenza marchigiana. Una situazione spiacevole, che getta ombre sull’operato della Soprintendenza e toglie merito, invece, all’operato di chi ci aveva già lavorato con passione e dedizione.
Nonostante la polemica, tuttavia, si tratta di un rinvenimento importante, che aggiunge un grandioso tassello in più alla nostra storia.
Oggi, lunedi 24 maggio alle ore 10 a Caltanissetta, sarà presentato il restauro della cripta della chiesa di San Domenico. All’evento, sarà presente anche l’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Alberto Samonà.
Il restauro è stato finanziato con risorse F.S.C. 2014-2020 “Patto per la Sicilia”, per 360.000,00 di euro. Il lavoro è stato curato dalla Soprintendenza ai BB.CC. di Caltanissetta e in collaborazione con i funzionari Michele Miccichè e Filippo Ciancimino. La ditta che ha eseguito il progetto è la C.M.C. di Mussomeli (CL). L’assessore, dunque, oggi restituirà alla curia nissena, proprietaria dell’immobile, proprio la cripta della chiesa di San Nicola dopo i lavori. Parteciperà anche la soprintendente dei Beni Culturali di Caltanissetta, che ha diretto i lavori, nella figura di Daniela Vullo. Saranno presenti inoltre il vescovo mons. Mario Russotto e il sindaco di Caltanissetta, Roberto Gambino.
Navata centrale della chiesa di San Domenico di Caltanissetta – foto: Typical Sicily
La storia della cripta e il restauro
La cripta di San Domenico si trova all’interno della chiesa ed è stata realizzata nel 1758. Occupa quasi interamente lo spazio sottostante la navata centrale della chiesa domenicana. In origine si accedeva alla cripta proprio dalla chiesa, dove si trovava una cappella di cui restano poche tracce a causa di un crollo pavimentale, avvenuto a metà del ‘900. Il grande spazio sotterraneo è suddiviso in vari ambienti, separati da un corridoio centrale e destinati alla sepoltura dei defunti. Elemento caratterizzante di molte cripte siciliane è la presenza di tre tipologie di colatoi in uso a quel tempo: quelli costituiti da sedili in muratura, aventi un foro al centro ove si raccoglievano i resti organici, altri con sostegni laterali in muratura e ripiano superiore realizzato con “catusi” in terracotta, dove il defunto veniva collocato in posizione supina, e altri ancora come piccole nicchie, dove il cadavere veniva posto in piedi fino alla completa decomposizione organica.
La cripta della chiesa di San Domenico (CL) con i colatoi dopo i restauri (via Regione Siciliana – Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana)
Nella zona in cui è avvenuto il crollo, che è accessibile attraverso l’ingresso della cripta, dopo il restauro è stato collocato un servoscala per consentire l’ingresso anche ai portatori di handicap. Sono state eliminate le infiltrazioni d’acqua dal sottosuolo e i colatoi sono stati restaurati. Si è poi rimessa in luce la vecchia scala che portava dalla chiesa alla cripta. Grazie a un supporto in vetro sarà possibile vedere la cripta sottostante, con parte della pavimentazione in cotto, direttamente dalla chiesa. Una lapide commemorativa ricorda simbolicamente le sepolture.
La cripta della chiesa di San Domenico (CL) dopo i restauri (via Regione Siciliana – Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana)
Le parole di Samonà
«La restituzione della cripta della chiesa di San Domenico dopo i lavori di restauro effettuati dalla Soprintendenza di Caltanissetta – sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà – è un’occasione importante per ribadire, dal cuore della Sicilia, l’attenzione e il valore che l’amministrazione regionale dedica al proprio patrimonio culturale. In quest’occasione desidero evidenziare l’importante opera di vigilanza, progettazione e direzione dei lavori svolta quotidianamente dalle Soprintendenze di tutta la Sicilia, nell’attività di custodia e valorizzazione dei beni culturali».
Scoperta una chiesa con cripta nel quartiere Ballarò a Palermo. Tra piazza Brunaccini, via Casa Professa e vicolo Madonna della Volta è infatti in corso da diversi mesi un cantiere per la costruzione di un edificio. Si pensa si tratti della chiesa di Santa Maria la Grotta, luogo di culto e rifugio dei primi fedeli palermitani che sfuggivano alle persecuzioni.
Un’area dello stesso cantiere era già sottoposta a controlli al momento del ritrovamento: era infatti necessario abbattere un muro di grandi dimensioni; il muro doveva essere pertinente alla chiesa della Madonna della Volta, costruita nei pressi dell’omonimo Vicolo a Ballarò (PA), ma demolita negli anni ’30 del secolo scorso.
Tempestivo l’intervento dei funzionari archeologi della Soprintendenza per i Beni Culturali di Palermo. Così si esprime Selima Giuliano, soprintendente di Palermo: «Sì, abbiamo trovato la cripta. Tra l’altro la Soprintendenza è presente nei luoghi interessati dal cantiere sin dall’inizio, in quanto tutto il centro storico è sottoposto a vincolo paesaggistico. Adesso la ditta deve presentare un progetto che potrebbe contenere la proposta di rendere fruibile la cripta; noi decideremo se approvare o meno il progetto: dipende da tanti fattori».
Il progetto di cui parla la soprintendente è già nella mente di Giuseppe Caronia, titolare della ditta, che vorrebbe costruire un caffè letterario in piazza Brunaccini da cui poter osservare la cripta, ben protetta e illuminata. Quindi, non ci resta altro che attendere aggiornamenti!
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