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ATTUALITÀ | Cavillier e Magro raccontano il “Progetto Iside” ad ArcheoMe

ArcheoMe ha avuto il piacere di presentare un incontro molto partecipato avente per oggetto il Progetto Iside”. L’incontro è stato presentato e introdotto dal dott. Francesco Tirrito, direttore di ArcheoMe, con gli interventi del prof. Giacomo Cavillier, egittologo, e della dott.ssa Maria Teresa Magro, archeologa presso la Soprintendenza dei Beni Culturali di Catania. Per chi se lo fosse perso, sarà possibile visionare l’incontro sulla pagina Facebook di ArcheoMe a questo link.

Cos’è il “Progetto Iside”?

Il dott. Tirrito introduce immediatamente l’argomento chiedendo al prof. Cavillier di presentare il Progetto. «Ringrazio ArcheoMe per questa diretta su un argomento che è nato lo scorso anno», dice il professore. E continua: «Il Progetto mira allo studio di quelli che sono i culti egizi in Sicilia. Lo stesso Progetto è stato avviato anche in Sardegna per avere un quadro di insieme di quello che poteva essere il concetto di approdo dei culti e di trasformazione locale. Sappiamo che il culto di Iside, soprattutto in epoca romana a partire dall’età Tolemaica, è uno dei pochi che avvia il suo percorso cultuale e culturale sulle principali sponde dell’Impero, spostandosi poi anche verso l’interno».

E conclude: «Il “Progetto Iside” nasce proprio così, per dare una profondità a quelli che sono i contatti tra Egitto e la Sicilia, soprattutto orientale. Abbiamo cominciato proprio da Catania, uno dei capisaldi della Regione, in collaborazione con la Soprintendenza, avviando uno studio dei reperti egizi che legano l’isola al mondo egiziano».

I vari volti di Iside

Il prof. Cavillier continua con un excursus sulla figura di Iside e sul concetto di immortalità e aldilà ad essa legato. Iside, st in egiziano, col il simbolo del trono (poiché legata alla regalità), è la dea madre, la dea moglie, maga e protettrice. È colei che guida e protegge Ra nel suo viaggio notturno, prima della rinascita. Iside è la divina sposa di Osiride, dio sovrano dell’oltretomba, e madre di Horus.

«Iside è una delle divinità più significative del pantheon egizio. È protettrice del focolare familiare, dea della fertilità e della navigazione, regina del cielo, della terra e dell’aldilà», aggiunge il professore.

Spesso rappresentata in qualità di Iside lactans, che allatta il piccolo Horus in un’iconografia che si ritroverà, secoli dopo, in quella cristiana della Madonna con bambino, sottolineando il suo carattere di “colei che porta vita” e il concetto di continuità dinastica. Iside, infatti, allatta Horus che rappresenta il nuovo re, seduta a fianco del marito Osiride, rappresentazione del re defunto.

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Uno screenshot dalla conferenza. Il geroglifico per Iside, st, e Iside lactans

Iside è la grande maga, colei per mezzo della quale avviene il miracolo della vita per due volte nella stessa vicenda. Osiride, smembrato dal fratello antagonista Seth, viene ricomposto da Iside e dalla sorella Nephtys. Osiride non torna però in vita nel mondo terreno, diviene sovrano del mondo dei defunti, un mondo altro in cui continua a vivere una vita dopo la vita. Il suo, più che una resurrezione, è un passaggio di stato. E Iside, con il corpo ricomposto del marito, concepisce nuova vita: Horus, che vendicherà il padre e riceverà la regalità sulla terra.

Iside è una divinità che avrà una grande rinomanza anche in epoche successive perché rappresenta il concetto di stabilità contro il caos e la rinascita. Difficilmente, parlando di Iside, si può scindere la sua figura dalla vicenda del suo divino paredro, Osiride, dio dell’oltretomba. Tutto nella vicenda di Iside e Osiride è teso alla continuità della vita, alla fertilità, alla fecondità della terra (come ricorda, ad esempio, il colore verde dell’incarnato del dio nelle raffigurazioni, un colore che richiama il germogliare di nuova vita). Tutto è teso all’immortalità: l’idea principale è che l’uomo non muoia, ma che, semplicemente, cambi condizione, continuando a vivere in un mondo altro.

Iside è la protettrice della navigazione, intesa come continuo viaggio dell’esistenza, non solo mero spostamento materiale.

Reperti egizi nel mondo greco-romano

E così come il suo culto, anche altri aspetti della ritualità egizia hanno continuato a vivere nel mondo greco-romano. Il “Progetto Iside” ha, tra gli altri anche questo fine, quello di capire la funzione dei reperti egizi rinvenuti sul suolo italico. Infatti Cavillier dice: «Legato a Iside c’è tutto il mondo funerario. Il Progetto si propone non tanto di studiare le antichità egizie presenti, ma di darne una funzione. Ad esempio, perché trovo uno scarabeo in un contesto funerario che può essere fenicio, che può essere punico o che può essere romano?»

Continua: «L’oggetto stesso, per quanto possa essere divenuto in determinate epoche un oggetto che può sembrare quasi a livello industriale (soprattutto a partire dal periodo fenicio in poi), sostanzialmente a cosa serve? Questa è la domanda che ci facciamo. Perché mai una società che è diversa da quella egizia deve adottare questi strumenti e questi oggetti di protezione? Del mondo egiziano, quello che si diffonde poi all’esterno, viene, di fatto, tesaurizzato. E il tesaurizzare tutto questo implica proprio la volontà di una società, come può essere quella romana, di incamerare dei culti che sono ritenuti effettivamente efficaci».

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Amuleti egizi (screenshot dalla diretta)
Il culto di Iside in epoca ellenistica e romana

Il culto di Iside, prima di approdare lungo le coste dell’Italia, si fermò in Grecia dove fu accolto e, com’è ovvio, anche riadattato. La figura di Iside nel mondo greco-romano viene concepita nei più disparati modi. Nel corso dei secoli si vede ampliata la sua sfera di competenza. Passa dall’essere, in Egitto, la dea protettrice del sovrano divinizzato (immagine terrestre del figlio Horus) e del sovrano defunto (identificato con Osiride) all’essere una dea universale che, oltrepassati i confini della terra del Nilo, acquisisce una nuova indipendenza.

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Uno screenshot dalla conferenza

«Ma cos’è che porta il culto?» – si chiede Cavillier – «È la navigazione, è l’approdo», è lo scambio di merci e culture.

Iside, come detto, assume caratteristiche dei luoghi in cui il suo culto viene accolto. Insieme a una particolare acconciatura greca, elementi peculiari della divinità in epoca ellenistica e romana sono il sistro, la situla aurea, l’ureo e il loto.

Simbologia isiaca nel mondo ellenistico e romano (screenshot dalla diretta)

«Il culto della dea in Egitto» – ci dice Cavillier – «prevedeva una serie di rituali giornalieri alcuni dei quali, probabilmente rielaborati, erano presenti nella penisola Italica e nelle Isole (Sardegna e Sicilia). Uno di questi è il Navigium Isidis (5 marzo), di cui Apuleio ne descrive i canti accompagnati con sistro e flauti e le preghiere recitate dal grammateus. Anubi e Osiride figurano quali figure mitiche e divine nel cerimoniale di rigenerazione». Il culto veniva celebrato in luoghi appositi quali serapeum iseum.

Il prof. Cavillier conclude il suo intervento con un focus sull’obelisco della Fontana dell’Elefante di Catania. Secondo Cavillier sarebbe, piuttosto, la colonna di un tempio isiaco in cui, sebbene appaiano stilizzati, sembrerebbero essere presenti divinità e simboli specifici connessi alla ritualità egizia.

A Catania Iside così come Demetra

A questo punto prende la parola la dott.ssa Maria Teresa Magro con un excursus sulla figura della dea madre, passando, nel corso dei millenni per un certo numero di divinità femminili. Vedendo una stretta connessione tra le divinità femminili e le dee madri di tutte le epoche, la dott.ssa parte dalle epoche più antiche, dalle prime epoche. «Una stretta connessione è stata ritrovata nelle figure di divinità: le prime “Veneri”, raffigurazioni delle donne come rappresentazione di fecondità, già dal Paleolitico. Si tratta di figure presenti in tutto il mondo Mediterraneo, di cui si può procedere ad un’identificazione a tappe. La cosa principale è che la figura della donna è associata alla fecondità ed alla fertilità».

Un momento della conferenza

Nel mondo ellenistico e romano si assiste ad un’unione stretta tra Iside e le divinità locali. Iside è assimilata a molte divinità femminili che abbiano caratteristiche simili, legate al mondo della fecondità e della rinascita, principalmente. Sarà il caso di Demetra-Proserpina in Sicilia e Sardegna, con particolare attenzione alla vicenda di Demetra e Kore di cui ci sono tracce anche nella stessa Catania, in cui esisteva un tempio dedicato proprio a Demetra, oggi non ancora individuato, ma descritto da Cicerone.

Rilievo con Demetra e Kore rinvenuto in via Crociferi a Catania

Alla fine dell’800, proprio a Catania fu scavato nuovamente (già noto da almeno due secoli) un edificio templare. Una rilettura successiva, ci fa sapere la dott.ssa Magro, ha individuato nel tempio un luogo sacro a Iside. E proprio su questo edificio, tra le altre cose, si pensa di concentrare lo studio futuro in relazione alla presenza isiaca a Catania. «Noi pensiamo che questo lavoro» – dice la Magro – «non sia solo un confronto, che può essere sicuramente interessante, ma utile per un riscontro anche in relazione ad alcune festività che potrebbero avere radici più antiche di quanto si pensi, come per la festa di Sant’Agata». 

L’incontro si conclude con una serie di domande da parte dei partecipanti e con l’augurio che gli studiosi si fanno di poter portare avanti questo Progetto straordinario, che oltrepassa i confini spaziali e temporali, incentrato sulla connessione tra l’Egitto e la Sicilia.

Un momento della diretta
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NEWS | SopriCT, al via la dichiarazione di interesse culturale per la villa di Battiato

La Soprintendenza dei Beni culturali e ambientali di Catania ha avviato la procedura di dichiarazione di interesse culturale per “Villa Grazia”, la casa di Franco Battiato a Milo. A comunicarlo è direttamente l’assessore Samonà sul suo profilo Facebook. 

Alle pendici dell’Etna, e con lo sguardo rivolto alla costa ionica, Villa Grazia è stata il luogo nel quale l’artista siciliano aveva deciso di tornare ormai da diversi anni per vivere in un’atmosfera raccolta e di quiete. Molto più che una villa in senso stretto, ma un piccolo borgo circondato da un parco, con uno studio dove Franco Battiato era solito comporre i suoi brani, e con diversi ambienti dedicati alla meditazione, alla lettura e alla ricerca. La dimora dove, circondato dall’affetto dei familiari, ha trascorso anche questi ultimi anni.

Il procedimento, avviato dalla Soprintendenza, terminerà entro 120 giorni con l’apposizione del vincolo che dichiarerà la villa quale bene culturale.

“La nostra funzione è quella di preservare e tutelare ciò che ha un valore storico, etnoantropologico e culturale perché ne resti memoria nel tempo. La villa di Milo – precisa Donatella Aprile, Soprintendente di Catania – oltre ad essere un bell’esempio di casale rurale, è oggi un luogo simbolico che testimonia la vita di un artista siciliano riconosciuto in tutto il mondo per la peculiarità della sua produzione; la sua casa deve essere preservata perché possa testimoniarne la vita e diventare un luogo di riferimento, un Museo della Musica che ne possa mantenere la memoria”.

“Villa Grazia è un luogo unico – sottolinea l’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà – perché esprime quel silenzio e quella spiritualità che Franco Battiato ci ha donato con la sua arte. Il vincolo culturale è un gesto di amore verso l’artista, ma anche di rispetto e di attenzione per quella che fu la sua dimora. Un luogo che ci invita alla riflessione, all’introspezione e alla ricerca della verità: un microcosmo alle pendici della montagna sacra, che con questo gesto vorremmo che fosse ulteriormente valorizzato, nel nome di questo grande, grandissimo artista”.

“La casa di Franco Battiato – evidenzia Alfio Cosentino, Sindaco di Milo – rappresenta nel mondo culturale italiano un bene di enorme valore. Essa, infatti, è stata il luogo in cui l’artista ha composto la sua musica, approfondito i suoi studi, realizzato i suoi dipinti, raccolto gli oggetti a lui più cari. Apprezzo e accolgo, dunque, con grande soddisfazione l’iniziativa dell’assessore ai Beni Culturali, Alberto Samonà e della Sovrintendente dei beni culturali di Catania, architetto Donatella Aprile, i quali hanno mostrato grande attenzione e sensibilità ponendo il vincolo culturale su Villa Grazia, residenza di Milo che Battiato aveva scelto come luogo in cui vivere e da cui trarre ispirazione”.

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NEWS | Riemerge un’altra parte della necropoli tardo romana di Catania

Riemerge ancora una parte della necropoli tardo romana di Catania; la scoperta è avvenuta durante i lavori della Terna S.p.A., proprio nel tratto tra via Androne e via Battiato. Sono state individuate quattro sepolture, tre del tipo a forma con pareti intonacate e una su terra con copertura a cappuccina. Le tombe sono povere: presentano pochi elementi di corredo che forniranno comunque preziose indicazioni per una più precisa collocazione cronologica.

Gli scavi dell’intera tratta sono stati seguiti da archeologi: il dott. Alberto D’Agata, direttore del cantiere da agosto 2020, nonché collaboratore della nostra testata, e il dott. Federico Caruso; entrambi in raccordo con una funzionaria della Soprintendenza di Catania, la dott.ssa Michela Ursino. Si ringrazia la Terna S.p.A. e la Ditta Tethys, che ha fornito il supporto per la parte relativa allo scavo archeologico.

Le indagini nella zona della necropoli tra ieri e oggi

Fin dall’inizio si intuiva che la zona avrebbe regalato grandi soddisfazioni: è stata ritrovata la necropoli nord di Catania e, su via Androne, erano stati inizialmente intercettati, senza possibilità di indagine, dei muri; un muro trova continuità con un rinvenimento di Paolo Orsi del 1917, l’archeologo aveva allora scavato una struttura funeraria in conci di calcare. Sono stati rinvenuti altri muri che hanno fatto pensare ad una struttura funeraria di età ellenistica, riutilizzata anche successivamente.

Poco più sotto, invece, in continuità con le tombe scoperte negli scavi tra gli anni ’50 e ’70, sono state ritrovate sepolture con orientamento nord-sud: seguivano quindi la viabilità dell’epoca; delle sei sepolture a cassa individuate, se ne conservano però due e mezzo circa, con un’altra metà sotto i tubi che non può essere raggiunta. Sembravano circondate da una sorta di piano di calpestio e, all’esterno di questo perimetro, dovevano trovarsi le cappuccine. La tomba con copertura a cappuccina scavata ha restituito la sepoltura di un infante, di cui si conservano pochissime ossa; trovati all’esterno solo delle borchie in bronzo e un vasetto.

Molte tombe sono state distrutte dai lavori precedenti, ma il tutto è stato sufficiente a individuare due tipologie di sepoltura: una singola e due plurime. Si aspetta l’antropologo per stabilire il sesso dei defunti. Il corredo della mezza sepoltura rinvenuta comprende: un anello, una brocchetta, che trova confronti nelle tombe povere di quest’area e di questo periodo, e monete spesso illeggibili. 

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I rinvenimenti in situ (Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania, foto della dott.ssa Michela Ursino)

In copertina: sepoltura rinvenuta in situ – Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania, foto della dott.ssa Michela Ursino.

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NEWS | “Paesaggi rurali nella Sicilia greca e romana”, termina il convegno

Il 13 e 14 novembre 2020 si è svolto il Convegno online dal titolo “Paesaggi rurali nella Sicilia greca e romana”, curato dalla Soprintendenza per i Beni Culturali di Catania e dall’Università di Catania.

Il Convegno ha accolto studiosi da tutto il mondo con interventi su insediamenti, installazioni produttive e viabilità dall’età arcaica agli albori del medioevo. Il Convegno avrebbe dovuto svolgersi a Ramacca (CT) nel mese di marzo: l’annullamento causa Covid19 non ha, però, impedito di riscuotere un buon successo anche attraverso Microsoft Teams.

Cosa è stato detto

Il 14 novembre il Convegno ha accolto diversi studi nell’ambito di due ricche sessioni: insediamenti e viabilità di età romana e di età tardo antica e medievale in Sicilia. Durante il secondo intervento della mattinata (ore 9.20), la Dott.ssa Maria Teresa Magro, archeologa della Soprintendenza per i Beni Culturali di Catania, nonché Direttrice del Comitato Scientifico della nostra Redazione, il Dott. Rodolfo Brancato e i ricercatori Laura Manganelli e Vittorio Mirto si sono alternati ai microfoni.

Dentro la villa romana di Ramacca (CT)

L’intervento a quattro voci ha esposto i dati preliminari e le nuove ricerche sulla villa romana di contrada Castellito a Ramacca (CT). La villa era già stata individuata sulla parte più alta di un poggio e scavata negli anni ’70 e ’95-’96; i primi scavi hanno riportato in luce gli ambienti della pars rustica e, successivamente, è riemersa la pars dominicia, identificata dalla dott.ssa Maria Teresa Magro, funzionaria della Soprintendenza di Catania e Direttrice del nostro comitato scientifico (per i suoi contributi alla rivista ArcheoMe clicca qui). I restauri del 2019 sono stati necessari a causa di atti vandalici e sterri di ruspa: i rilievi 3D con droni e GPS differenziali hanno aiutato molto; protagonisti indiscussi dei rilievi sono stati i bellissimi mosaici, decorati da svastiche, losanghe e doppie trecce.

I mosaici della villa romana di Ramacca (CT)

Mascalucia (CT), tra età romana e tardo antica

L’intervento introduttivo del pomeriggio su Mascalucia (CT) romana e tardo antica ha riguardato i fenomeni economici e sociali del medio versante dell’Etna. Le ricerche avvenute nel corso degli anni sono sono state esposte dalla Dott.ssa Magro, dal Dott. Antonino Mazzaglia e dal Dott. Alberto D’Agata, prezioso collaboratore della nostra Redazione (per i suoi contributi alla rivista clicca qui). I primi dati a riguardo provengono da fonti storiche, non a caso Strabone (VI, 2) considera benefiche le colate laviche:

“Si rivelano un beneficio per la campagna perché la rendono fertile e producono una vite eccellente, mentre il resto del territorio non produce vino di alta qualità. Dicono inoltre che le radici che fuoriescono dai campi coperti di cenere ingrassino a tal punto il bestiame da farlo soffocare”.

L’evidenza archeologica delle ricche produzioni proviene dalle zone risparmiate dalle colate. Viagrande e Trecastagni (CT) hanno restituito anfore da trasporto di produzione africana e frammenti di coppette in sigillata; le anfore sono di grandi dimensioni e dovevano contenere olio, vino o salsa di pesce. Ad Aci Catena (CT) si sentì la necessità di produrre contenitori per vino che passavano da Capo Mulini (CT): infatti, condutture per l’acqua sono state trovate riempite per oltre due metri da frammenti di anfore.

Frammenti di anfore da trasporto da Viagrande e Trecastagni (CT)
L’uomo, motore dell’economia

Il Convegno sulla Sicilia ha visto anche l’intervento del Dott. Mazzaglia, il quale si è concentrato sulla storia umana nel territorio di Mascalucia (CT); è evidente la presenza di strutture produttive fisse, da cui provengono tegole patinate da fornaci e frammenti di ceramica sigillata africana, campana… Era sì un territorio produttivo, ma anche ben servito: tutto giungeva tramite una fitta rete di collegamenti con Catania

Per una carta geologica di Mascalucia (CT)

Il Dott. D’Agata ha parlato delle ricognizioni sul territorio di Mascalucia (CT) sulla base della carta geologica dell’Etna (Branca, 2011). Ha individuato tutte le colate antiche di età preistorica (41.28%), romana (8.47%) e tardo antica (0.003%) in un perimetro di circa 25 km. Il territorio confinante con la proprietà privata della famiglia Bonaiuto ha, inoltre, restituito tegole e mattoni di suspensurae, i sostegni del pavimento, frammenti di ceramica africana e focese.

Carta geologica di Mascalucia (CT) dallo studio delle colate antiche. In rosso le aree archeologiche in superficie, in blu quelle all’interno delle cave di ghiara.
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NEWS | Paesaggi rurali nella Sicilia greca e romana, online il Convegno

Nelle giornate del 13 e del 14 novembre 2020, dalle ore 9:00, si svolgerà un Convegno online dal titolo “Paesaggi rurali nella Sicilia greca e romana”. Il webinar è organizzato dalla Soprintendenza per i Beni Culturali della Regione siciliana e curato dall’ Università di Catania.

Introduce Alberto Samonà, assessore per i Beni Culturali della Sicilia, e gli interventi verteranno su insediamenti, installazioni produttive e viabilità dall’età arcaica agli albori del medioevo. Il Convegno accoglierà anche studiosi stranieri e farà una panoramica delle ricerche in corso nel desiderio di produrre una prima carta archeologica della Sicilia antica.

Cosa ci aspetta

Dopo i saluti istituzionali il Convegno procederà in sezioni. La prima del 13 novembre sarà dedicata agli insediamenti preistorici e la seconda della giornata includerà anche quelli greci ed indigeni. Il 14 novembre si indagherà la vena romana dell’Isola entrando nelle ville rurali, tra agricoltura e commercio, percorrendo le antichissime vie dell’entroterra etneo. Nella seconda giornata interverrà più volte la dottoressa Maria Teresa Magro, archeologa della Soprintendenza per i Beni Culturali di Catania, nonché Direttrice del Comitato Scientifico della nostra Redazione.

Molti degli interventi, soprattutto nella giornata del 13, riguarderanno Ramacca, un comune del catanese ricco di storia che avrebbe dovuto ospitare il Convegno nel mese di marzo, poi rimandato causa Covid19. Ramacca fu trafficata nella preistoria dell’Isola ed è inserita nell’importantissimo il Parco Archeologico della Montagna, Torricella e S. Maria. Gli scavi hanno messo in luce fasi di vita e di distruzione, quindi strutture urbanistiche, aree sacre e necropoli; il Convegno darà voce ai nuovi traguardi nello studio di questi primissimi modelli di organizzazione sociale. Ai microfoni anche la storia degli scavi di Monte Iudica, un importante centro indigeno già esplorato da Paolo Orsi, e gli insediamenti nella piana tra Gela e Niscemi.

Sarà possibile partecipare dalla piattaforma Microsoft Teams inserendo il codice 7tru35e.

 

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NEWS | Iside in Sicilia Orientale, online la conferenza Cavillier

Il 6 novembre 2020 alle 17:30 la pagina Facebook della Soprintendenza per i Beni Culturali di Catania trasmetterà in diretta una conferenza tenuta dall’egittologo Giacomo Cavillier dal titolo: Iside in Sicilia Orientale. Archeologia di un culto faraonico in età tolemaica e romana.

Questa è solo una delle tante iniziative del progetto di ricerca Iside, archeologia, storia e antichità, avviato questo ottobre dal Centro Studi di Egittologia e Civiltà Copta “J.F. Champollion” con sedi a Genova, al Cairo e a Luxor e in collaborazione con la Soprintendenza di Catania.

Iside, dentro o fuori dal Pantheon romano?

Approfondire il culto di Iside nella Sicilia Orientale non è semplice, perché dall’Egitto la dea madre approdò rapidamente in tutto il Mediterraneo dall’età saitica. Fu uno dei culti principali sulla penisola in età tolemaica e si affermò definitivamente con l’espansione dell’Impero: l’esercito da grande vettore ne divenne propulsore. I culti orientali arrivati in Occidente, come quello di Iside o Mitra, non entrarono mai a far parte del Pantheon romano, ma mantennero con esso un rapporto sereno, di reciproca e buona convivenza. I fedeli iniziati ai culti orientali furono, infatti, personaggi anche molto in vista a livello politico, sociale e militare e non furono soltanto seguaci del culto isiaco: basti pensare al ricchissimo record epigrafico relativo al culto mitraico nei castra peregrina di Santo Stefano Rotondo sotto al Celio.

Egiziana d’origine, siciliana d’adozione

Il culto isiaco in Sicilia è diventato importante fin dall’età tolemaica, tanto da esser associato a quello di Serapide: a Taormina (ME), sotto la chiesa di San Pancrazio, sono ancora visibili i resti di un serapeo; Catania ha restituito monete bronzee sulle cui effigi appaiono entrambe le dee. Non lontano è stata ritrovata un’iscrizione bilingue, stesso testo sia in greco che in latino: il pubblico determina da sempre la lingua di comunicazione e la Sicilia è la grande madre, spesso e volentieri adottiva, di greci, latini, ma anche di orientali.

Partendo dalle origini del culto di Iside nell’Egitto faraonico, mediante lettura di passi in geroglifico e di immagini tratte dalle principali opere della letteratura funeraria e dall’architettura templare, Cavillier fornirà un quadro analitico aggiornato sul fenomeno nella Sicilia orientale in epoche successive.