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NEWS | Su Sky Arte è in programma un viaggio nella città siriana di Palmira

Il 4 settembre 2021 è in programma il docufilm sulla città siriana di Palmira sul canale di Sky Arte (canale 404) alle ore 21:30.

L’incantevole Palmira

La città fu in tempi antichi una delle più importanti della Siria. Palmira è menzionata per la prima volta, con il nome di Tadmor, in documenti provenienti dagli archivi assiri di Kanech, in Cappadocia, nel XIX secolo a.C.; viene citata anche negli archivi di Mari dell’XVIII secolo a.C., in ulteriori archivi assiri dell’XI secolo a.C. In seguito, le menzioni di Palmira scompaiono fino al I secolo a.C. La città crebbe di importanza, grazie alla sua posizione strategica, sotto la dominazione romana: Palmira venne annessa formalmente alla provincia romana di Siria nel 19 d.C., durante il regno di Tiberio, fu integrata praticamente solo con Nerone.

Il tempio di Bel prima e dopo il passaggio dell’ISIS

Il sito archeologico ha subito gravissimi danni durante la guerra civile siriana, opera di sistematiche distruzioni del gruppo terrorista dello Stato Islamico nel 2013, ma è stata riconquistata dalla Siria nel 2016.

Il programma

La pellicola, che andrà in onda il 4 settembre su Sky Arte, ha come titolo: I volti dimenticati di Palmira.

Avrà lo scopo di ricomporre l’identità della popolazione che abitava la città siriana attraverso le scoperte e le ricerche archeologiche sui ritratti funebri sparsi in tutto il mondo. Tramite il documentario sarà possibile ripercorrere la storia di una città attraverso i volti dei suoi abitanti, mostrando un sito multiculturale che merita una visibilità maggiore in seguito ai nefasti avvenimenti che ha subito a causa della guerra.

Rilievo funerario con ritratto di donna, primi decenni III secolo d.C. Museo di Scultura Antica “Giovanni Barracco” (Roma)
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NEWS | Khaled al-Asaad, il “guardiano” di Palmira può ora riposare in pace

Si attendono ancora i risultati del test del Dna, ma con ogni probabilità le spoglie rinvenute nella località di Kahlul, a est di Palmira, potrebbero appartenere a Khaled al-Asaad, archeologo siriano torturato e ucciso da un gruppo jihadista nel 2015. Assieme al suo, anche i resti di altri due corpi, l’annuncio dell’agenzia governativa siriana Sana.


La “sua” Palmira

Khaled al-Asaad si occupava della sposa del deserto a nord-est di Damasco sin dagli anni Sessanta del Novecento. Ed era a Palmira che aveva dedicato gli studi, la passione e, infine, la vita.

Si era occupato degli scavi archeologici e del museo dal 1963 al 2005, prima di diventare consigliere per gli affari culturali a Damasco. Numerosi i consulti da parte dell’Unesco e numerose le collaborazioni con gli archeologi italiani.
Ad ottobre del 2015 il presidente Mattarella lo aveva onorato con la dedica dell’area degli Arsenali della Repubblica di Pisa, allora appena restaurati. E n
ello stesso periodo l’Associazione Gariwo lo aveva dichiarato «giusto delle nazioni» al Giardino dei Giusti di Milano.

Il 18 Agosto del 2015

Nel pieno delle guerra civile siriana, lo stato Islamico avanzava e si abbatteva anche sui siti archeologici, seminando distruzione e la morte della memoria. Il 21 maggio 2015 l’ISIS (l’auto-proclamato Stato Islamico) dichiara la cattura di Palmira e del suo sito archeologico.

Tuttavia, prima dell’arrivo dei miliziani dello Stato islamico, al-Asaad aveva nascosto diversi reperti, i tesori romani di Palmira, per sottrarli alla barbarie jihadista. Ma come un guardiano, Khaled sceglieva di rimanere a presidiare la sua Palmira. Ad 82 anni è stato catturato e torturato per quattro settimane di fila, con lo scopo di ottenere informazioni sul nascondiglio dei reperti. Maamoun Abdulkarim, attuale direttore del Dipartimento delle Antichità e dei Musei della Siria, aveva dichiarato alla stampa che al-Asaad sarebbe stato ucciso per essersi rifiutato di rivelare ai miliziani dove fossero stati nascosti i tesori di Palmira.

Khaled, a più di ottant’anni, ha retto e sopportato le torture, non cedendo neppure un istante. Gli jihadisti, come estremo sfregio finale, lo uccisero proprio in uno dei luoghi più significativi per lui, l’anfiteatro romano di Palmira, di cui Khaled era stato direttore per tanti anni.

Ma la sua morte diventò ancora di più teatro dell’orrore perché venne decapitato in pubblica piazza. Il suo corpo fu appeso ad una colonna ed esposto come monito. Era il 18 agosto 2015 e pochi giorni dopo lo Stato Islamico avrebbe distrutto il tempio di Baal Shamin.

L’esplosione del tempio a Palmira (© SANA via Il Messaggero)
 
Il ritrovamento nel deserto

Da Damasco giunge la notizia che potrebbe essere suo il corpo rinvenuto, dopo quasi sei anni. Qualcuno lo aveva lo aveva trascinato in mezzo al deserto dopo l’esecuzione.

Si attendono dunque i risultati del Dna, per poter dare almeno una degna sepoltura ad un uomo il cui onore e il cui amore verso il passato culturale, verso la memoria della civiltà umana significavano più della vita stessa.

Conoscere il passato ci aiuta a crescere. Ignorarlo ci fa restare per sempre bambini – era solito ripetere Khaled al-Asaad

 

Pur avendo sempre fatto parte della classe dirigente siriana per il ruolo e la posizione ricoperte, il suo brutale assassinio aveva suscitato il dispiacere e la condanna di ogni componente della società, sia dei lealisti pro-regime, sia degli oppositori.

Pietra commemorativa al Giardino dei Giusti di Milano (© Associazione Gariwo)
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NEWS | Ebla e gli archivi storici nella Siria del III millennio a.C.

Il nome di Ebla è entrato nella storia dell’archeologia orientale quando, nel 1975, undici anni dopo l’inizio degli scavi nel sito di Tell Mardikh, l’archeologo Paolo Matthiae e il suo team portarono alla luce i resti degli Archivi della antica città siriana, situata a circa 60 km a sud-ovest di Aleppo, nella Siria settentrionale.

La scoperta di migliaia di tavolette cuneiformi, risalenti agli anni compresi tra il 2350 e il 2300 a.C., stupì il mondo scientifico internazionale, colpendo fortemente l’opinione pubblica mondiale. Queste tavolette costituiscono un patrimonio inestimabile di informazioni sulla struttura economica, le relazioni internazionali, le credenze religiose, l’amministrazione statale e la cultura letteraria della antica città di Ebla.

La professoressa Maria Giovanna Biga – docente di Storia e Religioni del Vicino Oriente Antico all’Università di Roma La Sapienza – terrà una conferenza online dal titolo Ebla 1975-2020: gli studi eblaiti 45 anni dopo la scoperta del Grande Archivio. La conferenza potrà essere seguita attraverso la piattaforma Google Meet a questo link, martedì 24 novembre dalle 13 alle 14.30.

Storica, filologa e orientalista, Maria Giovanna Biga è specialista di scrittura cuneiforme e delle lingue sumerica, accadica ed eblaita. Ha contribuito negli anni al notevole lavoro filologico di ricostruzione dei testi eblaiti insieme ad altri studiosi.

Dalle tavolette in argilla al database virtuale

Recentemente è stato sviluppato un progetto di digitalizzazione di questi antichi testi con gli Ebla Digital Archives (EbDA), database in cui sono conservati e digitalizzati i testi degli archivi eblaiti.

ebla digital archives
Foto del sito di Tell Mardikh, antica Ebla, vista dall’alto (da http://ebda.cnr.it)

Basato su una partnership con la Missione Archeologica di Ebla, il progetto mira a fornire un’edizione digitale dell’intero corpus di testi di Ebla. Esso comprende tutti i documenti pubblicati finora nella collana ARET (“Archivi Reali di Ebla – Testi”) e in altre monografie e riviste.

Il progetto degli Archivi Digitali di Ebla fornisce a studiosi e studenti uno strumento di ricerca facile da usare per lo studio dei testi eblaiti. Gli utenti possono consultare i documenti individualmente o interrogare il database in modo semplice, grazie alla rappresentazione digitale dei documenti cuneiformi. Una bibliografia ampia, ricercabile e aggiornata di tutto il materiale pubblicato finora, completa la piattaforma.

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NEWS | Ass. Archeologi (ANA): “Serissimi rischi al patrimonio culturale in Siria”

Si riceve nota dall’Associazione Nazionale Archeologi riguardo l’azione militare turca in Siria, che pubblichiamo per intero.

Mentre la Turchia invade la Siria in un’operazione militare illegale nei termini del diritto internazionale, anche alla luce di questo appello lanciato pochi giorni fa dalle autorità siriane l’Associazione Nazionale Archeologi denuncia i serissimi rischi ai quali è esposto il patrimonio archeologico, eredità culturale globale.

Esistono organismi sovranazionali per la risoluzione dei conflitti (Onu) e per la protezione del patrimonio (Unesco) che devono intervenire con urgenza per fermare la barbarie già in atto.

Auspichiamo che le autorità italiane preposte attivino al più presto i propri canali diplomatici per fermare le violenze contro la popolazione civile e contro il patrimonio culturale.