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NEWS | L’Università Ca’ Foscari di Venezia riporta alla luce 140 sepolture dell’antica Equilo

Nell’area del monastero di San Mauro, in prossimità delle “Antiche Mura”, tornano alla luce i resti degli abitanti dell’antica Equilo; il lavoro è stato svolto dagli archeologi dell’Università Ca’ Foscari di Venezia coordinati dal professor Sauro Gelichi.

La campagna 2021
Veduta dall’alto dell’area di scavo del monastero di San Mauro

L’attività di ricerca e indagine degli studiosi di quest’anno si è concentrata sull’area del monastero di San Mauro. L’obiettivo che si stanno dando ora i ricercatori è quello di fare luce sulle tradizioni e stili di vita degli abitanti; infatti, tra il 2018 e il 2020 è stato portato alla luce un grande corpus di patrimonio biologico. A queste scoperte fanno eco le parole del direttore di scavo, il professor Sauro Gelichi: “Con lo scavo che abbiamo intrapreso quest’anno il progetto archeologico sull’antica Equilo ha indiscutibilmente segnato un ulteriore salto di qualità, non solo per l’autorevolezza e l’internazionalità delle collaborazioni avviate, ma anche per le tematiche affrontate. Lo scavo di Jesolo si sta proponendo come il progetto archeologico più innovativo e promettente per quanto riguarda la storia della laguna nella post-antichità e, in relazione all’aspetto archeo-biologico, tra i principali in Italia”.

Il professor Sauro Gelichi

 

Le analisi sui resti biologici

Per completare lo scavo ed effettuare uno studio accurato sui resti osteologici è stata attivata una collaborazione con il laboratorio di Antropologia Fisica dell’Università del Salento (Professor Pierfrancesco Fabbri) e con l’Università di Harvard (professor David Reich) per l’analisi del Dna.

Il campione di studio è numeroso, 140 individui databili tra l’VIII e il XII secolo, che gli archeologi sperano di poter raddoppiare nelle prossime missioni.

Pulizia dei resti osteologici nell’area del monastero di San Mauro

Da queste analisi gli studiosi si aspettano di ricevere notizie riguardo alla dieta alimentare, malattie e livello di stratificazione sociale. Lo studio tafonomico, unito a quello antropologico e archeologico, consentiranno di comprendere maggiormente i comportamenti dei gruppi familiari in uno spazio di uso collettivo.

Le parole del sindaco

Le indagini che gli archeologi dell’Università di Venezia stanno conducendo nel sito archeologico di Jesolo portano alla luce ogni anno incredibili novità che raccontano un pezzo dell’antica storia della nostra città. Il lavoro svolto nel 2021 è stato, una volta ancora, eccezionale, e ci consentirà di scoprire le storie dei nostri antenati, di chi viveva su questo territorio ai suoi albori e del modo in cui si relazionavano tra loro le persone.

Il sindaco di Jesolo, Valerio Zoggia
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NEWS | Dal Delta del Nilo (Egitto) ritornano alla luce 110 sepolture antichissime (PHOTOGALLERY)

Il dottor Sayed Al-Talhawi, direttore dello scavo nell’area archeologica di Dakahlia, governatorato a nord-est del Cairo, annuncia la scoperta di 110 sepolture. L’importanza della scoperta, avvenuta nel sito di  Kom al-Khaljan, nel Delta del Nilo, risiede nell’epoca delle sepolture. Sembra siano databili a tre diversi periodi, che scandiscono, di fatto, tre diverse fasi della civiltà egizia, dalla preistoria al Secondo Periodo Intermedio.

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Le sepolture di Kom al-Khaljan (foto: Ministry of Tourism and Antiquities)

Le più antiche, 68 sepolture, risalgono infatti a più di 5000 anni fa, alla Civiltà del Basso Egitto, conosciuta come Bhutto/Buto 1 (3900-3700 a.C.) e Bhutto/Buto 2 (3700-3350 a.C.). Cinque sepolture, invece, risalgono alla civiltà Naqada III (3500-3150 a.C.) e 37 all’epoca Hyksos (1720-1530 a.C.) durante il Secondo Periodo Intermedio. 73 sepolture, dunque, sono state realizzate prima delle piramidi, prima dei faraoni.

Le tombe più antiche

Il dottor Ayman Ashmawy, capo del settore delle antichità egizie presso il Consiglio Supremo delle Antichità, dichiara che le 68 sepolture sono fosse di forma ovale scavate nello strato sabbioso dell’isola del Delta. Al loro interno, i defunti sono stati collocati in posizione rannicchiata. La maggior parte giaceva sul lato sinistro e con la testa rivolta a ovest. All’interno di un grande vaso di argilla, inoltre, sono stati scoperti i resti di un bambino, databili al periodo Bhutto/Buto 2, sepolto insieme a un piccolo vaso di argilla sferico.

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Sepoltura a fossa ovale con resti antropici in posizione accovacciata. Dal sito di Kom al-Khalian nel Delta, risalente alla civiltà di Buto (foto: Ministry of Tourism and Antiquities)
Le sepolture con corredo di Naqada III

Anche le cinque tombe risalenti al periodo Naqada III sono fosse di forma ovale ricavate nello strato sabbioso. Tra queste, due sepolture presentano il fondo e la parte superiore ricoperti da uno strato di argilla. «All’interno delle fosse, spiega Ayman Ashmawi, la missione ha trovato un gruppo di arredi funerari caratteristici di questo periodo, come vasi cilindrici e triangolari, oltre alla ciotola del kohl, la cui superficie era decorata con disegni e forme geometriche».

Le sepolture del periodo Hyksos

Nadia Khader, capo del Dipartimento centrale del Basso Egitto presso il Consiglio Supremo delle Antichità, afferma che le tombe del Secondo Periodo Intermedio sono 37; 31 di queste sono fosse semi-rettangolari, con profondità tra i 20 cm e gli 85 cm. Presentano tutte sepolture in posizione distesa e supina con la testa verso occidente. Alcune sepolture presentano una struttura rettangolare in mattoni di argilla, a forma di edifici. Anche in questo gruppo, inoltre, è presente l’inumazione di un bambino all’interno di un grande vaso: si tratta di una tipologia di sepoltura diffusa in Oriente.

Le tombe presentano un corredo funerario di piccoli, ma significativi oggetti: vasi di argilla nera, amuleti (in particolare scarabei) in pietre semipreziose e gioielli, come anelli e orecchini in argento.

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NEWS | Riemerge un’altra parte della necropoli tardo romana di Catania

Riemerge ancora una parte della necropoli tardo romana di Catania; la scoperta è avvenuta durante i lavori della Terna S.p.A., proprio nel tratto tra via Androne e via Battiato. Sono state individuate quattro sepolture, tre del tipo a forma con pareti intonacate e una su terra con copertura a cappuccina. Le tombe sono povere: presentano pochi elementi di corredo che forniranno comunque preziose indicazioni per una più precisa collocazione cronologica.

Gli scavi dell’intera tratta sono stati seguiti da archeologi: il dott. Alberto D’Agata, direttore del cantiere da agosto 2020, nonché collaboratore della nostra testata, e il dott. Federico Caruso; entrambi in raccordo con una funzionaria della Soprintendenza di Catania, la dott.ssa Michela Ursino. Si ringrazia la Terna S.p.A. e la Ditta Tethys, che ha fornito il supporto per la parte relativa allo scavo archeologico.

Le indagini nella zona della necropoli tra ieri e oggi

Fin dall’inizio si intuiva che la zona avrebbe regalato grandi soddisfazioni: è stata ritrovata la necropoli nord di Catania e, su via Androne, erano stati inizialmente intercettati, senza possibilità di indagine, dei muri; un muro trova continuità con un rinvenimento di Paolo Orsi del 1917, l’archeologo aveva allora scavato una struttura funeraria in conci di calcare. Sono stati rinvenuti altri muri che hanno fatto pensare ad una struttura funeraria di età ellenistica, riutilizzata anche successivamente.

Poco più sotto, invece, in continuità con le tombe scoperte negli scavi tra gli anni ’50 e ’70, sono state ritrovate sepolture con orientamento nord-sud: seguivano quindi la viabilità dell’epoca; delle sei sepolture a cassa individuate, se ne conservano però due e mezzo circa, con un’altra metà sotto i tubi che non può essere raggiunta. Sembravano circondate da una sorta di piano di calpestio e, all’esterno di questo perimetro, dovevano trovarsi le cappuccine. La tomba con copertura a cappuccina scavata ha restituito la sepoltura di un infante, di cui si conservano pochissime ossa; trovati all’esterno solo delle borchie in bronzo e un vasetto.

Molte tombe sono state distrutte dai lavori precedenti, ma il tutto è stato sufficiente a individuare due tipologie di sepoltura: una singola e due plurime. Si aspetta l’antropologo per stabilire il sesso dei defunti. Il corredo della mezza sepoltura rinvenuta comprende: un anello, una brocchetta, che trova confronti nelle tombe povere di quest’area e di questo periodo, e monete spesso illeggibili. 

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I rinvenimenti in situ (Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania, foto della dott.ssa Michela Ursino)

In copertina: sepoltura rinvenuta in situ – Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania, foto della dott.ssa Michela Ursino.

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NEWS | Animali domestici in Egitto: un nuovo studio sul “pet cemetery” di Berenice

Di recente World Archaeology ha proposto un nuovo e interessante articolo (Osypinska, Michał Skibniewski & Piotr Osypinski (2021) ANCIENT PETS. The health, diet and diversity of cats, dogs and monkeys from the Red Sea port of Berenice (Egypt) in the 1st-2nd centuries AD, World Archaeology) che riguarda il rinvenimento di una vasta area cimiteriale per animali a Berenice, in Egitto.


Gli antichi egizi sono ben noti per le loro attenzioni cultuali nei confronti dei gatti. Il recente rinvenimento suggerisce però anche un interesse diverso da quello cultuale. Sembra che, così come oggi, i felini avessero un posto come animali domestici. Si tratta di un’ipotesi molto suggestiva che scaturisce dallo studio dei resti di circa 600 sepolture di gatti, cani e scimmie, inumati in un’ampia area funeraria di quasi 2000 anni fa.

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Metodi di sepoltura dei cani (a), dei gatti (b) e delle scimmie (c). Marta Osypinska, Michał Skibniewski & Piotr Osypinski (2021)

La scoperta del cimitero, tuttavia, non è recente; risale a una decina di anni fa, presso l’antico porto di Berenice, sul Mar Rosso. I ricercatori non erano ancora certi che si trattasse di autentiche sepolture. Inizialmente alcuni studiosi avevano suggerito che i resti fossero stati semplicemente gettati come in una discarica.
Ma è bastata un’indagine più approfondita dell’area per stabilire che, di fatto, si trattasse di un luogo di sepoltura per animali domestici.

Il nuovo studio

Il team di ricercatori rivela nell’articolo che il sito contiene i resti di 585 animali defunti, ognuno dei quali sepolto in una fossa scavata con cura. Anche se il cimitero è stato in uso solo tra il I e il II sec. d.C., è presente una notevole varietà di specie differenti, alcune delle quali non native dell’Africa.

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NEWS | Alessandria, tra scoperte archeologiche e mummie con la lingua d’oro

La missione egiziano-dominicana dell’Università di Santo Domingo, sotto la direzione della dott.ssa Kathleen Martinez, ha riportato alla luce 16 sepolture di oltre 2000 anni. Queste si presentano scolpite nelle pareti rocciose e, quindi,  tipiche del periodo greco-romano. La scoperta è avvenuta nei pressi del tempio di Taposiris Magna (città fondata da Tolomeo II tra il 280 e il 270 a.C. circa), non lontano da Alessandria.

Una delle maschere funerarie del recente ritrovamento (© Ministero delle Antichità egiziano)

Le sepolture presentano un certo numero di mummie, tutte in cattivo stato di conservazione, che evidenziano le caratteristiche di mummificazione d’epoca greca e romana.
Sono stati rinvenuti resti di cartonnage dorato (maschere funerarie realizzate alternando strati di lino e papiri, stuccati e dipinti), oltre ad amuleti in lamina d’oro. Tra questi spicca il ritrovamento di una mummia con una lingua in lamina d’oro in bocca. Si suppone potesse far parte di uno specifico rituale funerario che garantisse al defunto la capacità di parlare nell’aldilà, di fronte alla corte di Osiride, signore dell’oltretomba e giudice dei defunti.

Mummia con lingua in lamina d’oro (© Ministero delle Antichità egiziano)

La dottoressa Kathleen Martinez ha spiegato che tra le mummie ce ne sono due che presentano frammenti di papiri e resti  di cartonnage. Su una sono evidenti resti di decorazioni dorate che rimandano al dio Osiride. L’altra mummia indossa la corona Atef, decorata con corna, e il serpente cobra sulla fronte. Sul petto di quest’ultima sono stati rinvenuti i resti dorati di una, verosimilmente, ampia collana da cui pende un amuleto a forma di testa di falco, simbolo del dio Horus.

Una missione ricca di scoperte

Il dottor Khaled Abu Al-Hamd, direttore generale dell’Alexandria Antiquities, ha affermato che durante questa campagna di scavo la missione ha rinvenuto diversi reperti archeologici. Tra questi vi sono: la maschera funeraria femminile, otto lamine d’oro che rappresentano le foglie di un ghirlanda e otto maschere di marmo risalenti all’epoca greco-romana. Le maschere mostrano un’elevata precisione nella scultura e nella raffigurazione delle caratteristiche dei proprietari.

Maschere marmoree (© Ministero delle Antichità egiziano)

Alcuni rinvenimenti si trovano già al Museo Nazionale di Alessandria, altri, invece, sono ancora nel magazzino di el-Hawaria, ad Alessandria occidentale.

Uno dei frammenti scultorei della recente scoperta (© Ministero delle Antichità egiziano)

Vale la pena notare che negli ultimi dieci anni la missione ha scoperto un importante gruppo di reperti archeologici che hanno cambiato la percezione del tempio di Taposiris Magna. Dall’interno delle mura del tempio, infatti, provengono alcune monete recanti il ​​nome e l’immagine della regina Cleopatra VII. Oltre a questi, diversi frammenti scultorei di statue che si pensa ornassero i giardini del tempio. Inoltre, le missioni precedenti, avevano rivelato i pannelli di fondazione del tempio, che ne dimostravano la costruzione al tempo del re Tolomeo IV (regnante dal 222 al 204 a.C. circa).