scavi

News

SPECIALE COVID | L’esperienza del prof. Giacomo Cavillier del Centro Studi “J. F. Champollion”

Le parole di un accademico del settore sono indispensabili per arricchire il panorama proposto dallo speciale di oggi. Soluzioni temporanee (così ancora si spera) sono state adottate nella Didattica a Distanza, che ha comunque penalizzato tantissimi studenti, ma la ricerca ha avuto una decisiva battuta d’arresto. Testimone è e continua ad essere il professor Giacomo Cavillier, egittologo, direttore del Centro Studi di Egittologia e Civiltà Copta “J.F. Champollion”, nonché membro del Comitato scientifico di questa redazione. Grazie ai numerosi contatti sul territorio, nazionale e non, la voce del professore è catalizzatrice delle tante esperienze di studiosi e ricercatori che di giorno in giorno si trovano a fronteggiare questa drammatica situazione.

champollion
Il professor Giacomo Cavillier sulla montagna tebana

Che cos’è il Centro Studi di Egittologia e Civiltà Copta “J.F. Champollion” da lei diretto?

Il Centro “Champollion” è diretto da Giacomo Cavillier e nasce nel 2007 all’interno dell’Insegnamento di Egittologia e Civiltà Copta dell’Università di Genova allo scopo di consentire a studenti e specializzandi di perfezionare la propria preparazione professionale mediante appositi programmi di formazione e di ricerca in Egitto e in Sudan. Nel 2008, con l’avvio di vari progetti di ricerca in Egitto e nel Mediterraneo, il Centro “Champollion” ha ampliato i suoi orizzonti operativi divenendo un organismo scientifico “dedicato”, convenzionato con università, musei ed istituti di ricerca nazionali ed internazionali. Il Centro “Champollion” ha all’attualità una missione archeologica in Egitto (Luxor) e due progetti di ricerca in Corsica, Sardegna e Sicilia dedicati ai “Popoli del Mare” e allo sviluppo dei culti egizi in età ellenistica e romana. Il Centro è convenzionato ed ha collaborato con alcune delle più importanti istituzioni museali e di ricerca nazionali e internazionali: il Museo Egizio di Firenze, il Museo Archeologico di Napoli, l’Ufficio Culturale Egiziano a Roma, il Centro Archeologico Italiano al Cairo, l’Università del Cairo e la Biblioteca di Alessandria d’Egitto, solo per citarne alcuni. Per le attività di ricerca, il Centro dispone di una sede stagionale della missione archeologica a Luxor (West Bank), mentre le varie attività didattiche sono tenute in apposite strutture (aule, biblioteche e sale conferenze) presso gli enti e i musei convenzionati. 

Quest’ultimo anno è stato difficile per qualsiasi attività, pubblica o privata che sia. Tra restrizioni e chiusure, parziali e totali, di dipartimenti, ministeri, musei, soprintendenze, qual è il quadro che si evince dall’ultimo anno della vostra attività?

Abbiamo dovuto svolgere numerose attività didattiche (conferenze, seminari e corsi) online e sospendere i progetti di ricerca e la missione in Egitto in attesa di tempi migliori. Tuttavia, l’attività divulgativa online ha riscosso successo e intendiamo proseguire oltre, tenendo in considerazione che la cultura può rappresentare l’essenziale strumento per superare l’attuale situazione.

champollion
Uno dei prossimi seminari in programma, organizzato dal Centro Studi “J. F. Champollion”

Per quel che concerne il rapporto con le Università e/o con i progetti di ricerca, cosa è stato possibile realizzare in quest’ultimo anno? E quali e quante cose sono state rimandate ad un futuro prossimo?

La seconda edizione del volume “Shardana”

Nel 2020 sono stati condivisi i progetti “Iside” e “Popoli del Mare” da importanti istituzioni archeologiche siciliane (Messina, Catania, Siracusa); agli inizi del 2021 è stato avviato in Sardegna il progetto “Iside” che vede coinvolte Soprintendenze Archeologiche di Sassari e Cagliari in spirito di fattiva collaborazione scientifica. Sono presupposti essenziali per proseguire nella ricerca e valorizzazione dei culti ed apporti egizi nelle due principali isole nazionali e, al contempo, tentare di dare una fisionomia culturale ai navigatori e guerrieri del Tardo Bronzo noti come Shardana e Shekelesh, di cui sappiamo ancora ben poco. Nel 2021 riprenderà lo studio della collezione di ushabti del Museo Egizio di Firenze ai fini della pubblicazione del terzo volume del catalogo previsto per il 2022. Si tratta di attività che potranno essere svolte a partire dal mese di settembre 2021, pandemia permettendo.

Musei e Cultura hanno subito un duro contraccolpo dalla pandemia, qual è la sua opinione a riguardo?

L’Italia ha dovuto fare i conti con una crisi senza precedenti e ha posto tutte le contromisure possibili; detto questo, i musei, già in molti casi in difficoltà per questioni di investimenti e di gestione non sempre facile, hanno subito danni notevoli sia in termini di afflusso che di “divulgazione”. L’assenza di una divulgazione capillare e sinergica del bene storico-archeologico, a livello locale, regionale e nazionale, soprattutto via web, si è rivelato il tallone d’Achille di tutto il comparto dei beni culturali; è toccato ai blog, alle singole entità museali e persino a studiosi o a giornalisti appassionati, proporre interviste, presentazioni di libri e docufilm, per sopperire alle carenze emerse in questo settore. Personalmente ritengo che una programmazione “centralizzata” del Ministero della Cultura di vari interventi di studiosi qualificati e direttori di musei, ab origine, avrebbe giovato e rappresentato l’idoneo stimolo culturale per i cittadini in lockdown.

L’Archeologia è sempre stato un settore molto complesso. La carriera universitaria è molto lunga, gli sbocchi lavorativi sono spesso insufficienti. Cosa si sente di consigliare ai giovani che si approcciano a questo mondo?

A mio giudizio, e lo si consideri come frutto della mia esperienza professionale di docente e di archeologo, occorre innanzitutto conseguire una formazione completa di base quale strumento per proseguire oltre; il conseguimento di una laurea, di un master o di un dottorato non apre orizzonti di impiego immediati, né consente di ritenersi professionalmente idonei ritenendosi “archeologi, filologi, storici, ecc.”. L’errore è quello di ritenersi già professionisti o, come si dice spesso “arrivati” al top, vantando competenze che possono poi essere smentite ben presto data la giovane età; dunque, a mio giudizio, occorre formarsi bene, seguire una passione per un settore di studio, tentare di concorrere presso l’università o soprintendenze e, in caso di iniziale fallimento, non smettere mai di crederci e di proseguire verificando varie possibilità di ricerca presso enti italiani e stranieri. Giova rilevare che la figura professionale di archeologo, per fare un esempio, è tale solo se si fa ricerca sul campo e acquisendo una metodologia di lavoro che nessun manuale è in grado di offrire, altrimenti basterebbe studiare volumi di settore per ritenersi pronti ad effettuare uno scavo; è come se per operare da chirurgo bastasse studiare l’enciclopedia medica senza aver maturato alcuna esperienza pratica frutto di anni di applicazione. Ovviamente, se non si riesce immediatamente nell’intento di vincere i concorsi, occorre mantenersi con lavori diversi ma sempre proseguendo nella ricerca, implementando esperienze e titoli. In altre parole, si vince solo se si è consapevoli dei propri limiti e si crede nel proprio intento!

News

NEWS | Tornano alla luce tre urne cinerarie a Vulci (VT)

Gli archeologi in questi giorni hanno riportato alla luce oggetti che aggiungono un nuovo tassello relativo al primo insediamento del popolo etrusco. L’area interessata si trova a un centinaio di metri dall’ingresso al Parco archeologico e naturalistico di Vulci; si tratta della necropoli di Poggetto Mengarelli, dove gli studiosi hanno scavato negli ultimi anni oltre centocinquanta tombe. La terra ha restituito agli archeologi tre urne cinerarie in ceramica d’impasto di forma biconica, coperte da una ciotola e sigillate da una lastra di calcare; tutte rinvenute in tre sepolture a “pozzetto” nell’area di scavo.

Vulci
Le urne di Vulci (VT)

“Al momento possiamo dire che le due urne di dimensioni maggiori – spiega Carlo Casi, direttore scientifico di Fondazione Vulci – contenevano le ceneri di due adulti, forse un uomo e una donna; invece l’urna più piccola conservava quelle di un individuo di età tra i 9 e gli 11 anni. Non sono stati trovati oggetti di corredo: questo lascia presupporre un ruolo modesto dei nuclei familiari dei fondatori della prima Vulci. Le prossime indagini – conclude Casi – potranno confermare l’ipotesi”.

In programma a Vulci (VT) un’intensa attività di scavo in cui saranno coinvolte diverse istituti universitari, con l’obiettivo di ricostruire ulteriormente la storia, la cultura, la società e l’espansione dell’insediamento etrusco-romano in questa antica terra. Nella necropoli di Poggetto Mengarelli è in corso un intervento di valorizzazione che porterà i turisti a un viaggio nel tempo attraverso la realtà aumentata. Si tratta di un percorso fruibile anche ai diversamente abili e in cui si potranno avere tutte le informazioni riguardo al sito archeologico.

Carlo Casi, Direttore scientifico della missione di scavo a Vulci (VT)
News

NEWS | Anzio (RM), un muro romano emerge nelle vicinanze della Villa di Nerone

Il 18 marzo, in seguito ai lavori eseguiti dalla società Acqualatina, presso il Comune di Anzio, è emerso un frammento di muro perimetrale romano. È successo in via Furio Anziate e le operazioni sono state avviate dalla società per l’abbellimento della zona della Riviera Mallozzi. La vicinanza alla Villa di Nerone ha fatto ipotizzare che si possa trattare di spazi, di cui il tratto di muro faceva parte, appartenenti probabilmente ai sottoservizi del grande ambiente imperiale.

Il personale del Comune e i tecnici della Soprintendenza archeologica hanno subito prestato intervento per la conservazione del muro. Le operazioni hanno visto la messa in sicurezza, la conservazione dei frammenti nel sottosuolo e la chiusura dello scavo in via precauzionale. Ancora una volta scoperte come queste significano molto per la comprensione di una delle città portuali più importanti dell’antica Roma.

muro
Il frammento di muro (fonte: La Repubblica)
 
Immagine di copertina, fonte: Il Messaggero.
News

NEWS | Online il monitoraggio sismico del tempio di Nettuno a Paestum

Il Tempio meglio conservato della Magna Grecia da marzo 2021 è soggetto a un monitoraggio sismico continuo. Ciò è possibile grazie a una collaborazione tra il Parco Archeologico di Paestum e Velia e il Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università di Salerno. Si tratta di 14 punti di misura, realizzati con sensori di ultima tecnologia e sviluppati nell’ambito della ricerca sulle onde gravitazionali; i sensori sono posizionati sulle parti alte dell’edificio di V sec. a.C. e nel sottosuolo, per misurare in tempo reale ogni minimo movimento della struttura millenaria. La precisione degli accelerometri è tale da poter registrare non solo attività sismiche, ma anche l’impatto del traffico e persino del vento sul Tempio.

tempio
Il tempio di Nettuno a Paestum (fonte: Parco archeologico di Paestum e Velia)

Monitoraggio, ma anche tutela preventiva

tempio
Il sistema di monitoraggio e il posizionamento dei sensori sul tempio di Nettuno a Paestum

Tali dati, dal momento che vengono raccolti in maniera sistematica, aiuteranno a elaborare un modello del comportamento dinamico dell’edifico; saranno inoltre fondamentali per rintracciare cambiamenti strutturali, non visibili a occhio nudo, ma che potrebbero rappresentare un rischio. 

“Si tratta di un’integrazione virtuosa tra ricerca applicata e tutela – commenta l’Ing. Luigi Petti dell’Ateneo salernitano – che impiega tecnologie e sensori altamente innovativi, sviluppati dal Professore Fabrizio Barone per applicazioni nei settori della sismologia e della geofisica, integrando le conoscenze di molti settori scientifici, tra cui l’archeologia, l’architettura, la geologia e l’ingegneria strutturale. Tali attività rientrano in un progetto di ricerca più ampio, a cui partecipano, tra l’altro, le Università di Roma La Sapienza e di Kassel in Germania. È inoltre iniziata una collaborazione con l’ISPRA per attività di monitoraggio sui Beni Culturali”.

Il sistema di monitoraggio è stato progettato dall’Arch. Antonella Manzo, già responsabile dell’ufficio UNESCO del Parco archeologico, in collaborazione con il Professore Luigi Petti del Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università di Salerno; l’Arch. Luigi Di Muccio della Soprintendenza ABAP di Caserta e Benevento ha diretto i lavori.

Il datacenter sul sito del Parco

Il datacenter dell’Università di Salerno, d’intesa con il Parco archeologico, consentirà l’accesso ai dati a enti di ricerca da tutto il mondo, previa stipula di una convenzione non onerosa. Intanto, una parte dei dati è accessibile liberamente in tempo reale sulla pagina del sito istituzionale del Parco Archeologico di Paestum e Velia.

“In questa maniera – commenta Maria Boffa, funzionaria per la comunicazione del Parco – ci si può connettere da tutto il mondo per seguire il comportamento dinamico del tempio di Nettuno in tempo reale. Ovviamente i dati messi on line sono in uno stato ‘crudo’ e parziale, per accedere ai dataset completi bisogna effettuare un’apposita richiesta. Per avere un’idea di cosa esattamente stiamo parlando, si può fare una prova e osservare in video una oscillazione del monumento in diretta proprio nell’orario di transito del Frecciarossa, oppure quando la situazione meteorologica a Paestum non è delle migliori. In tal modo, speriamo di sensibilizzare il pubblico verso un campo di ricerca a lungo riservato agli addetti ai lavori e far capire come la tecnologia può aiutare nella tutela del patrimonio”.

Per il posizionamento dei sensori nel sottosuolo sono stati effettuati nuovi scavi lungo le fondazioni del monumento. Le indagini, coordinate dai funzionari archeologi Daniele Rossetti e Francesco Scelza, hanno riservato più di una sorpresa agli studiosi

Può sembrare strano, ma si tratta dei primi scavi stratigrafici controllati e documentati in maniera corretta sul tempio di Nettuno, uno dei monumenti dorici più famosi del mondo antico.

News

NEWS | Grande scoperta durante i lavori per la linea ferrata a Villalba (CL)

Il ventre della Grande Madre continua a regalare stupore e meraviglia. L’entroterra siculo dona l’ultima sorprendente scoperta archeologica. Pochi giorni fa, a Villalba (CL), durante gli scavi per la realizzazione della seconda linea ferroviaria, gli archeologi hanno riportato alla luce una fornace ellenistica a forma di esedra. Utile quindi alla cottura di utensili da cucina, coperchi, pentole in argilla e anforette, che si trovavano negli ambienti delle case delle colonie greche.

Villalba
La fornace di Villalba (CL)

Lo scavo ha evidenziato un perimetro bruciato. Il ritrovamento è indicativo di una logica più generale se messo in relazione all’insediamento rurale di Vallelunga-Pratameno, frutto, infatti, della stessa opera di interventi. Ad essere interessata è quindi tutta l’area che da Villalba si estende verso Marianopoli e Vallelunga (CL), un territorio che si presume fortemente antropizzato all’epoca e che fa ben sperare per i futuri lavori di ricerca.

News

NEWS | Scavi Populonia-Venturina Terme, una sfida anti Covid

Trust Sostratos e la Soprintendenza archeologica per le province di Pisa e Livorno aprono le iscrizioni alla campagna di scavo 2021 per Populonia-Venturina Terme.

L’impossibilità di una vita sociale con almeno la parvenza di normalità, ha condotto all’immobilismo individuale recidendo bruscamente la coltivazione delle passioni che alimentano il nostro animo; stupirebbe molto, pertanto, la scelta di avviare una campagna di scavo archeologico in tempi di COVID-19. Trust Sostratos Onlus e la Soprintendenza archeologica per le province di Pisa e Livorno, invece, sfidano il virus ed aprono ufficialmente le iscrizioni alla campagna di scavo 2021 per Populonia-Venturina Terme.

Populonia-Venturina
Necropoli delle grotte, Populonia

Dal 6 aprile al 27 agosto, o studenti, armatevi di trowels e scarpe antinfortunistiche! Dalle ore 08:00 alle 16:00 scavo, rilievo e documentazione di due necropoli (etrusca e romana). Ça va sans dire, nel pieno rispetto delle normative anti Covid vigenti e previa effettuazione di test sierologico o tampone. 

Una scelta coraggiosa dunque, un azzardo probabilmente, ma al contempo un barlume di speranza ed apparente normalità per i trowels addicted che, oltretutto, saranno calorosamente abbracciati dal suggestivo panorama che la Maremma Livornese e Grossetana possono vantare in piena Val di Cornia.

Di seguito i turni: 6-16 Aprile; 19-30 Aprile; 3-15 Maggio; 17-29 Maggio; 31 Maggio – 18 Giugno; 21 Giugno – 2 Luglio; 5-17 Luglio; 19-30 Luglio; 2-14 Agosto; 16-27 Agosto.

Per info ed iscrizioni: scavoporcareccia@libero.it o alessandro.viesti@sostratos.it

 

 

 

 

 

 

News

NEWS | Scoperta Shahr-i Sokhta, un’oasi nel deserto

Avvolta dal profumo esotico dell’ambra e dell’oud, Shahr-i Sokhta (dall’arabo, “città bruciata”) può definirsi una vera e propria oasi archeologica nel deserto.

Proprio le sabbie del Lut, nell’attuale Iran orientale, infatti, hanno vegliato e sapientemente protetto quest’area di ben duecento ettari. Risalente all’Età del bronzo, per la posizione strategica tra le terre fluviali dell’Indo e dell’Oxus, doveva costituire un fiorente snodo commerciale e punto d’incontro tra varie popolazioni. Dai reperti rinvenuti finora emerge senz’altro il profilo di una civiltà complessa, portatrice di una cultura autonoma; particolarmente clamoroso il rinvenimento di proto-tavolette con annotazioni numeriche. Non si conoscono ancora con certezza le cause del suo declino e, come spesso accade in questi casi, si ipotizza una teoria catastrofista. Gli scheletri architettonici della città visibili ad oggi, appaiono un po’ come delle falesie: morbidamente piallate, addolcite dalle carezze delle onde. Un castello di sabbia di seimila anni che dalle sue stesse sabbie risorge.

Inebriati per ora da suggestioni orientali ed esotiche, aspettiamo di saperne di più su Shahr-i Sokhta!

Shahr-iShahr-i

 

News

NEWS | Anfiteatro di Milano, al lavoro per un enorme Parco

Per le Giornate del Patrimonio, il 10 e l’11 ottobre 2020, la Soprintendenza di Milano ha aperto alle visite il cantiere del Parco archeologico dell’Anfiteatro di Milano, dove sono in corso lavori di scavo e valorizzazione. Per la festività dei Lupercalia del 15 febbraio 2021 la Soprintendenza presenterà l’anteprima del video che racconta i rinvenimenti e il progetto “PAN Parco Amphitheatrum naturae”.

“Amphitheatrum Naturae”, Archeologia green a Milano

Ampliata l’area (da 12.000 a 22.300 mq) con l’annessione delle aree limitrofe degradate (10.000 mq) il Parco si estende ora all’intero sedime dell’antico dell’Anfiteatro. L’area di proprietà del Comune di Milano è stata destinata alla realizzazione di “PAN Parco Amphitheatrum Naturae“: un progetto di archeologia green di valorizzazione dell’area in un viridarium che con il verde ricalca e completa la pianta dell’antico Anfiteatro. Gli scavi eseguiti dalla Soprintendenza hanno riportato in luce le fondazione dell’Anfiteatro romano: ben 14 setti radiali delle gradinate intorno all’arena, la possibile Porta Triumphalis, l’orientamento, le dimensioni, il numero di arcate dell’Anfiteatro romano. Sarà questo, al temine dei lavori previsto entro il 2022, il più vasto parco archeologico di Milano, situato nel cuore della città con l’anfiteatro vegetale del Colosseo verde di Milano: PAN Parco Amphitheatrum Naturae, vicino alla fermata della M4 De Amicis-Anfiteatro.

La prospettiva è poi di crearne il fulcro di una passeggiata storico, archeologica, artistica nel verde dall’Anfiteatro; aggiungendo la visita agli ipogei di Sant’Aquilino, dove è possibile ammirare le pietre dell’Anfiteatro prelevate per costruire il mausoleo tardo antico, ultimamente restaurato. Per proseguire attraverso il parco delle Basiliche fino a Sant’Eustorgio in un unico parco di 10 ettari.

Milano
Il progetto di ricostruzione dell’Anfiteatro di Milano
News

NEWS | Riprendono gli scavi dell’Antica Spiaggia di Ercolano dopo 40 anni

Nel Parco Archeologico, riprendono quest’anno gli scavi per portare alla luce l’Antica Spiaggia di Ercolano. Parzialmente scavata nel 1980, i lavori sono, finora, fermi sul fronte vista mare dell’antica Herculaneum.

L’antico lido romano è circa 4 metri al di sotto dell’attuale livello del mare, a causa dei movimenti del terreno successivi all’eruzione del 79 d.C. I tecnici del Parco Archeologico di Ercolano, del MIBACT e dell’Herculaneum Conservation Project seguiranno le difficili operazione di scavo.

Foto delle fornici sull’Antica Spiaggia di Ercolano, dove si rifugiarono gli abitanti nel 79 d.C.

 

Un progetto multidisciplinare per la valorizzazione dell’Antica Spiaggia di Ercolano

Il progetto permetterà ai visitatori di vivere l’esperienza della vita nell’antica città. Raggiunto il livello della spiaggia, verrà inserita della sabbia drenante, per consentire ai turisti di passeggiare allo stesso modo degli antichi ercolanesi.

Inoltre la collaborazione tra enti pubblici e privati, in questo progetto, evidenzia la necessità e l’utilità di questa unione per la tutela, la valorizzazione e la fruizione dei BBCC.

I lavori dureranno due anni e mezzo con il contributo di studi multidisciplinari:

“Lo studio andrà nella direzione di coniugare le indagini archeologiche, in stretta relazione con gli aspetti antropologici, geologici, paleobotanici, conservativi creando una stabile connessione con il pubblico presente e da remoto.” Afferma il Direttore del Parco Archeologico di Ercolano Francesco Sirano.

News

NEWS | Udine, riemerge una capanna protostorica

A Udine, nell’ambito degli scavi conservativi di Palazzo Dorta, sono riemerse le tracce di una capanna protostorica. La struttura sembra databile all’Età del Bronzo Recente, tra il 1300 e 1200 a.C. 

Lo scavo

Le attività di scavo sono sotto la sorveglianza archeologica della ditta Arxè s.n.c., a opera di Giulio Simeoni, e sotto la direzione scientifica dell’archeologa Giorgia Musina per la Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia. I lavori presso Palazzo Dorta (finanziati dall’imprenditore Alessandro Salvatelli e mirati alla costruzione di unità abitative di pregio) hanno portato alla luce ricche testimonianze storiche, che vanno dall’Età del Bronzo all’epoca moderna.

In particolare, in seguito al precedente rinvenimento di strutture murarie di epoca romana (datate tra I sec. a.C. e I sec. d.C.), in questi ultimi giorni sono emersi – insieme a un pozzo rinascimentale in muratura dal diametro di 1,5 cm – anche i resti del già noto insediamento protostorico fortificato, del II e I millennio a.C. Si tratta di una parte di pavimentazione in terra battuta, tracce di un probabile focolare, nonché di elementi strutturali (come l’impronta di una trave lignea). È, perciò, verosimile che si tratti di una capanna, un vero e proprio unicum nel panorama cittadino per le ottime condizioni di conservazione. Sicuramente il proseguimento degli scavi e lo studio dei reperti rinvenuti daranno maggiore sicurezza sulla datazione della struttura. Per il momento, sembra che la capanna risalga all’Età del Bronzo Recente (1300 – 1200 a.C.). Inoltre, tra i reperti spiccano alcuni frammenti ceramici provenienti dall’area centro-europea, che testimonierebbero relazioni commerciali tra le due aree.

Frammento ceramico rinvenuto nello scavo di Palazzo Dorta (Copyright © TeleFriuli).