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NEWS | Sardegna, ancora rinvenimenti a Mont’e Prama: dalla necropoli emergono altri due giganti

A pochi giorni dalla ripresa dell’ultima campagna di scavo, nella necropoli nuragica di Mont’e Prama a Cabras (OR), sono emersi i resti di due nuove statue monumentali. Il ritrovamento è avvenuto nella parte meridionale del sito archeologico. Le indagini sul campo di questa zona confermano la prosecuzione verso sud della necropoli e della imponente strada funeraria costeggiante le sepolture.

Sttua litica. Si vede sul fianco il grande scudo flessibile avvolto intorno al braccio sinistro e disteso sul torace e sul ventre, sul quale poggia la mano destra avvolta in un guantone.
Una delle statue di pugilatore ritrovate nel 2014 (© Mic)

 

Il ritrovamento

“Una scoperta eccezionale alla quale ne seguiranno altre”, le parole con cui Ministro della Cultura, Dario Franceschini, ha commentato il rinvenimento presso la necropoli di Mont’e Prama.

Come ha sottolineato l’archeologo Alessandro Usai, responsabile scientifico dello scavo: “Siamo andati a scavare a colpo sicuro in un tratto che ancora non era stato toccato”. Lo scavo archeologico durerà altri due mesi e probabilmente porterà ad altre scoperte.

Insieme ai frammenti di un modello di nuraghe, sono dunque stati ritrovati frammenti delle statue appartenenti ad una coppia di pugilatori, di tipo Cavalupo, esattamente come gli ultimi due rinvenuti nel 2014. “Una figura rara che ha un modello di riferimento nel bronzetto nuragico conservato a Roma nel museo etrusco di Villa Giulia“, precisa Usai citando il reperto proveniente da una tomba della necropoli di Cavalupo, nella laziale Vulci.

È un bronzetto nuragico. Ripropone gli stessi elementi caratteristici: il grande scudo avvolto intorno al braccio sinistro e disteso sul torace e sul ventre, il gonnellino a punta triangolare sul retro, il guantone che avvolge l’avambraccio destro ma resta aperto per far fuoriuscire la mano. Da notare anche il cappello conico, le lunghe trecce e i sandali.
Bronzetto della tomba di Vulci (©Mic)

Il bronzetto in questione ripropone gli stessi elementi caratteristici: il grande scudo avvolto intorno al braccio sinistro e disteso sul torace e sul ventre, il gonnellino a punta triangolare sul retro, il guantone che avvolge l’avambraccio destro ma resta aperto per far fuoriuscire la mano. Da notare anche il cappello conico, le lunghe trecce e i sandali.

La necropoli di Mont’e Prama

La necropoli di Mont’e Prama si trova in Sardegna, nella provincia di Oristano, ad una distanza di circa 2 Km dallo stagno di Cabras. Il sito venne casualmente scoperto da dei contadini nel 1974. Tra il 1975 e il 1979 i ricercatori condussero diversi interventi di scavo e di recupero. Durante le ricerche degli anni Settanta sono state esaminate diverse tipologie di tombe presenti nella necropoli: sono stati rinvenuti 5178 frammenti di sculture in calcare arenaceo. Questi elementi appartengono a statue maschili, modelli di nuraghe e betili.

Allo stato attuale degli studi sulla civiltà nuragica, si ritiene che la necropoli di Mont’e Prama possa aver costituito lo spazio funerario riservato ad un gruppo familiare dominante nella società nuragica della Prima età del Ferro.

Area archeologica di Mont’e Prama (foto di G. Alvito via ©Mont’e Prama)

 

I Giganti di Mont’e Prama

I Giganti di Mont’e Prama, oggi al Museo di Cabras e al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, sono delle sculture realizzate a tutto tondo, risalenti alla Civiltà nuragica. Si tratta di sculture scolpite a partire da un unico blocco di calcare arenaceo locale proveniente da cave non molto distanti. Sono alti tra i due e tre metri e mezzo. 

Le 28 statue finora identificate rappresentano 16 pugilatori, 6 arcieri e 6 guerrieri.

I Giganti (© Mont’e Prama)

I pugilatori indossano un gonnellino e sono a torso nudo; proteggono la testa con uno scudo tenuto dalla mano sinistra posta alla sommità del capo, mentre la mano destra, protetta da un guanto, regge l’altro lato dello scudo. Gli arcieri, che indossano una corta tunica e una protezione sul petto, hanno un elmo a due corna sulla testa da cui spuntano lunghe trecce; il braccio sinistro, protetto da una guaina e da un guanto, tiene un arco. Il braccio destro ha avambraccio e mano in avanti mentre le gambe sono protette da schinieri. Quasi certamente il modello di riferimento furono i bronzetti figurati, dei quali le statue in pietra riprendono abbastanza fedelmente i personaggi e gli stilemi. La loro datazione oscilla tra il IX secolo a.C. ed il VIII secolo a.C.

Arciere Prexiau (©Mont’e Prama)

 

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NEWS | La necropoli punico-romana di Tuvixeddu (CA) si veste di “nuovo”

Grazie ad un finanziamento regionale atto alla valorizzazione dell’area, la necropoli punico-romana di Tuvixeddu, Cagliari, si veste di “nuovo”.

La necropoli

La necropoli di Tuvixeddu è la più grande necropoli punica ancora esistente. Si estende all’interno della città di Cagliari, su tutto il colle omonimo. Tra il VI ed il III secolo a.C. i Cartaginesi scelsero il colle per seppellirvi i loro morti: tali sepolture erano raggiungibili attraverso un pozzo scavato interamente nella roccia calcarea e profondo dai due metri e mezzo sino a undici metri. All’interno del pozzo una piccola apertura introduceva alla camera funeraria o cella sepolcrale.

Parte della necropoli di Tuvixeddu vista dall’alto

Alle pendici del colle di Tuvixeddu si trova anche una necropoli romana, che si affacciava sulla strada che, all’uscita della città, diventava la a Karalibus Turrem (oggi il viale Sant’Avendrace), dove si trova il sepolcro di Atilia Pomptilla, noto come la grotta della Vipera. La necropoli romana è prevalentemente composta da tombe a fossa e a camera, incinerazione, arcosolio e colombari.

Sepolcro di Atilia Pomptilla, conosciuta anche come grotta della Vipera

 

Il progetto

Alcune tombe si trovano nelle vicinanze di palazzi, parcheggi e cortili. A volte per visitare scavi e reperti è stato necessario chiedere l’autorizzazione a privati e le chiavi agli amministratori di condominio. Per ovviare a questo problema il segretariato regionale del ministero della Cultura ha stanziato 800mila euro per la valorizzazione del sito.

Tomba di Rubellio

La prima parte dei lavori prevede lo scavo ed il restauro per il ripristino del paesaggio funerario originario. I lavori prevedono anche la realizzazione di un percorso per la tomba di Rubellio, un probabile aristocratico romano, e la stessa tomba delle spighe e dei pesci, la più vicina alla strada. Nell’area antistante, per anni discarica e poi contestata sede di un cantiere per la realizzazione di un palazzo, dovrebbe nascere una piazzetta che potrebbe diventare una sorta di porta di accesso alla necropoli punico-romana.

Decorazioni di spighe e pesci all’interno della tomba

 

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NEWS | Operazione “Thesaurus”, sequestrati oltre mille reperti archeologici in Sardegna

Gli agenti del Nucleo investigativo del Corpo forestale e della Stazione forestale di Dolianova (Sud della Sardegna) hanno recuperato un migliaio di reperti archeologici illegalmente acquisiti. L’operazione “Thesaurus” ha portato le indagini alla scoperta di un vero e proprio tesoro. Autori di questo magazzino di reperti casalingo sono due pensionati colti sul fatto in località Isca Bardella (CA) mentre sondavano le campagne di Dolianova con un metal detector. Uno di loro, tra l’altro, è stato presidente, negli anni passati, dell’Archeoclub di Dolianova (CA). Sui due “tombaroli” adesso gravano le accuse di scavo archeologico clandestino, impossessamento e detenzione illegale di reperti archeologici (di proprietà dello Stato), ricettazione e riciclaggio, reati per i quali sono previste pene sino a 12 anni di reclusione.

I reperti

Il tesoretto che i due avevano messo su comprende diverse tipologie di reperti, per un totale di oltre 1000, con una datazione molto ampia, dal Neolitico all’Alto Medioevo. Tra questi si trovano oggetti di fine pregio tra cui: due navicelle nuragiche in bronzo con protomi taurine (elementi decorativi costituiti dalla testa); una protome nuragica d’ariete in bronzo, frammento di una navicella.

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Navicelle nuragiche e altri frammenti bronzei

E ancora, asce e mazze litiche di epoca neolitica e nuragica (VI-II millennio a.C.); una collana in osso con vaghi a disco e a botticella di epoca neolitica–eneolitica (VI-III Millennio a.C.); un busto di guerriero nuragico in bronzo, armato di pugnale; una figurina umana in bronzo; un medaglione in bronzo con decorazioni a forma di foglie e uccelli.

Di particolare interesse la collezione di 550 monete in bronzo e alcune in argento, di epoca punica, romana repubblicana e imperiale, basso medioevale.

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Le monete e alcuni dei reperti recuperati (immagine via Ansa)

Tra queste spiccano una serie di emissioni puniche di zecca sarda (III sec. a.C), un asse romano c.d. del Sardus Pater (I sec. a.C.) e un tremisse in oro di epoca bizantina (VII-VIII secolo) verosimilmente di zecca sarda. E, inoltre, gioielli di rara bellezza come un anello aureo a forma di serpente.

Anelli a forma di serpente (immagine via Ansa)

Stando alle indagini, i reperti sarebbero stati destinati alla vendita clandestina sul mercato nero.

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ATTUALITÀ | Shardana, i guerrieri del Mediterraneo: l’incontro online con i professori Cavillier e Stiglitz

Quante volte, soprattutto negli ultimi anni, si è sentito parlare di teorie complottistiche in ambito storico e archeologico? Quante volte ci si ritrova a leggere commenti imbarazzanti lasciati dai vari fenomeni di turno (come i «da piccolo volevo fare l’archeologo e quindi so di cosa parlo»)?

In quella che è diventata una vera a propria giungla social, un posto speciale spetta alla popolazione degli Shardana. Si legge e si sente ogni teoria (im)possibile su questa antica civiltà. Ed è proprio su questo argomento che, in un incontro online, tenteranno di fare chiarezza il prof. Giacomo Cavillier, egittologo, nonché membro del Comitato scientifico della nostra redazione, e il prof. Alfonso Stiglitz, archeologo.

«Probabilmente dopo questa serata si alzeranno diverse polemiche da parte di appassionati e alcuni studiosi», ci dice Gian Mario Frau, curatore dell’evento e responsabile di Sardegna Turistica. «Ma», continua, «entrambi sono sicuramente tra i maggiori studiosi di questo argomento e il loro apporto sarà molto importante».

L’incontro online, previsto il 12 maggio 2021 alle ore 21.00, sarà trasmesso in diretta Facebook sulla pagina Sardegna Turistica.

shardana

Le fonti scritte

Non si conosce la pronuncia esatta del termine con cui gli egiziani si riferivano a questa popolazione. Ma nelle fonti egizie si ritrova la più antica menzione di un popolo chiamato Šrdn/Srdn-w, Sherden o Sereden-u. Si trova nelle lettere di Amarna, scambiate tra il sovrano Akhenaton e Rib-Hadda di Biblo, databili al 1350 a.C. circa. Ci si riferisce ad essi come pirati e mercenari, pronti ad offrire i loro servizi ai signori locali.

Guardie Shardana di Ramesse II nel tempio di Abu Simbel. Disegno di Ippolito Rosellini

Durante il regno di Ramesse II, invece, vengono citati tra i “popoli del Mare” di cui l’Egitto deve respingere le incursioni. Agli inizi del XIII sec. a.C., Ramses II sconfigge gli Sherden che avevano tentato di saccheggiare le coste egiziane assieme ai Lukka (L’kkw, forse identificabili in seguito con i Lici) e i Shekelesh (Šqrsšw), in una battaglia navale nei pressi del Delta Egiziano. Sembra che il faraone, successivamente, li renda parte della sua guardia personale. L’iscrizione della battaglia di Qadesh, tra Egiziani e Ittiti, ricorda infatti come 520 Sherden facessero parte della guardia personale del faraone durante la battaglia.

I guerrieri Shardana di Ramesse II nel tempio solare ad Abu Simbel

Contro i “popoli del Mare”, compresi gli Shardana, faranno i conti anche Merenptah, figlio di Ramesse II, e Ramesse III. Quest’ultimo, dopo una grande battaglia resocontata nel tempio di Medinet Habu, cattura gli Shardana sconfitti e li arruola nell’esercito personale. In Papiro “Harris”, a questo riguardo, ricorda: «Gli Sherdana e i Wešeš del mare fu come se non esistessero, catturati tutti insieme e condotti prigionieri in Egitto, come la sabbia della spiaggia. Io li ho insediati in fortezze, legati al mio nome. Le loro classi militari erano numerose come centinaia di migliaia. Io ho assegnato a tutti loro razioni con vestiario e provvigioni dai magazzini e dai granai per ogni anno».

Inoltre, si attesta la presenza di Shardana in Egitto sia al regno di Ramesse V, sia al regno di Ramesse XI. È probabile che, verso la fine dell’età ramesside, gli Sherdana si siano via via amalgamati alla popolazione autoctona, con conseguente perdita del loro status di mercenari alla fine dell’età libica.

Ma chi erano gli Shardana e da dove venivano? E perché si parla di un legame con la Sardegna? Potremo scoprirlo sintonizzandoci sull’incontro online di mercoledì 12, ore 21, a questo link!

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ATTUALITÀ | Cavillier e il “progetto Iside” per il Gruppo Archeologico Kalaritano

Il GAK (Gruppo Archeologico Karalitano) presenta una conferenza online dal titolo Aegyptica e Culti Egizi in Sardegna. È un tema che ormai da anni attira sempre più studiosi e, tra questi, un posto d’onore spetta al Prof. Giacomo Cavillier, direttore del Centro studi di Egittologia e Civiltà Copta “J.F. Champollion”. La conferenza è prevista per venerdì 23 aprile alle ore 18:00. Il link per accedere alla conferenza su piattaforma Zoom sarà disponibile sulla pagina del GAK.

culti

La conferenza ha per oggetto l’analisi delle fonti, testuali e non, che testimoniano un legame del territorio italico con l’Egitto antico, soprattutto durante il periodo tolemaico e romano. In merito a questo argomento, il prof. Cavillier presenterà il Progetto Iside. Archeologia, Culto e Antichità. Si tratta di un’iniziativa condivisa da istituzioni culturali di pregio del territorio catanese, tra cui la docente e scrittrice Dora Marchese. Un progetto che si propone di ricostruire e valorizzare il millenario e vitale “rapporto” tra la Sicilia orientale e l’Egitto faraonico, testimoniato dai culti, dai commerci e dalle tradizioni locali. Per fare ciò si rende necessaria l’analisi delle antichità egizie ed egittizzanti presenti e del fecondo apporto dei racconti di viaggio di letterati e studiosi siciliani dell’800 e ’900.

 

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NEWS | Cultura e Turismo ad Elini (NU), la piccola perla sarda

EliniSi avvia la terza edizione del progetto “Elini paese museo”, iniziativa della Fondazione di Sardegna e del Comune di Elini (NU). Elini Paese Museo intende portare avanti attività di sviluppo della comunità locale, prevedendo una serie di iniziative legate a Cultura, Turismo, sviluppo sostenibile e networking; tutto ciò ha il fine ultimo di creare un paese-museo, contrastando dunque lo spopolamento e valorizzando un piccolo centro della Sardegna centrale.

A causa delle direttive legate all’emergenza sanitaria in corso, l’amministrazione comunale ha riorganizzato la III edizione dell’evento. Quindi le attività quest’anno si focalizzeranno sulle piattaforme online, atte a divulgare il patrimonio culturale e naturale del piccolo centro. 

Cosa succederà ad Elini?

Nelle prossime settimane si svilupperanno online una serie di iniziative culturali per la ripartenza e la riorganizzazione dell’assetto turistico-culturale del centro. In presenza, invece, continuerà il processo di rigenerazione urbana con l’installazione di una serie di apparati, che permettano di rendere ancora più accessibile e riconoscibile il patrimonio elinese. Con le attività legate ad Elini paese museo si vuole proporre una lettura della complessità storica del paese, puntando ad un processo di rigenerazione urbana.

Lo scopo del progetto, che vede anche la partnership delle Università di Cagliari e Granada ed altri enti pubblici e privati, è quello di leggere, con gli strumenti propri dell’archeologia, le tracce della storia globale di un centro “minore“, valorizzandole attraverso percorsi di conoscenza condivisi con la comunità locale e con riformulazioni e proposte artistiche e rigenerative. D’altronde la Sardegna non è nuova a questo tipo di iniziative che ultimamente l’hanno portata sui grandi schermi della Cultura.

Elini

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NEWS | Archeoastronomia, il Convegno sul cielo dei primi uomini

Oggi, 18 dicembre 2020, si svolge il Convegno internazionale di Archeoastronomia in Sardegna, arrivato ormai alla nona edizione; il Convegno dal titolo “La misura del tempo” si tiene ogni anno nel mese di dicembre a Sassari. Astronomia e Archeologia si incontrano nello studio dei monumenti più famosi dell’Isola, per risalire alla conoscenza e all’osservazione del mondo così come lo vedevano gli antichi.

Il Convegno di Archeoastronomia è in streaming a partire dalle ore 9 su Facebook; ed è accompagnato dal corollario “Divulgare la scienza”, un focus sulle corrette modalità di comunicazione in ambito scientifico, quest’anno indirizzato alle tematiche archeologiche.

Cos’è l’Archeoastronomia? 

Pietre ben allineate o disposte secondo forme geometriche ben definite hanno da sempre suscitato interesse nel mondo dell’Archeologia. Dagli anni ’50 del secolo scorso diverse strutture sono state lette in virtù del rapporto tra la loro costruzione e gli astri. Ma l’osservazione del cielo non poteva riguardare soltanto il campo dell’edilizia: tutte le teorie astronomiche degli antichi dovevano riflettersi inevitabilmente sulla società. Lo sguardo al cielo curioso dei primi uomini era sicuramente anche timoroso: approfondendo le ricerche ci si accorge che la sopravvivenza stessa di una comunità protostorica poteva essere strettamente legata alla conoscenza che gli antichi sacerdoti avevano del cielo e dei suoi elementi. In proseguo di tempo persino le più interessanti mitologie del mondo greco e romano sono state incastonate per sempre nel firmamento.

Oggi, numerosi siti, avendo chiara la loro posizione nel pensiero astronomico degli antichi, puntano dunque su questi aspetti. Le visite di alcune aree archeologiche sono aumentate negli ultimi anni facendo leva proprio sulla curiosità e sulla voglia di saperne di più del pubblico.

Cosa prevede il Convegno

In mattinata

Ad aprire il Convegno di Archeoastronomia sarà Elio Antonello dell’Osservatorio Astronomico di Brera – Inaf, con un intervento sul “Legame tra Astronomia e Geologia”. Tra gli interventi della mattinata seguiranno Paolo Colona dell’Accademia delle stelle di Roma, che esporrà la relazione dal titolo “The astronomical content of the Myth of Phaethon”. Dall’INAF di Roma, Giangiacomo Gandolfi presenterà “Thema Mundi: Breve Storia dell’Oroscopo del Mondo”; Alberto Cora dell’Inaf Torino argomenterà sui “Calendari paleolitici e la venere di Laussel: in memoria di Alexander Marshack”. Nicoletta Lanciano della Sapienza di Roma esporrà “L’orologio solare catottrico del Convento di Trinità dei Monti a Roma”. Isabella Leone e Nicolás Balbi della Siac – Sociedad Interamericana de Astronomía en la Cultura, daranno un contributo sul “Cromlech di Mezora: un aggiornamento archeoastronomico nel tentativo di identificare un culto solare”.

Dei “Menhir di Cerami (Enna)” parleranno Ferdinando Maurici, Alfio Bonanno dell’INAF di Catania, Nicola Bruno, Andrea Polcaro dell’Università di Perugia e Alberto Scuderi dei Gruppi Archeologici d’Italia. Polcaro esporrà “Il giorno più lungo e il dio morente: Baal e il Solstizio d’Estate nel pantheon levantino dell’Età del Bronzo”. Dunque l’archeologa Marina De Franceschini e Giuseppe Veneziano dell’Osservatorio astronomico di Genova illustreranno “La Grotta di Tiberio a Sperlonga ed il suo orientamento astronomico”. Flavio Carnevale e Marzia Monaco della Sapienza concluderanno quindi la sessione con “Misurare dal cielo: una proposta metodologica per il calcolo degli errori associati ai rilevamenti da immagini satellitari”. Si prosegue con il dibattito.

Nel pomeriggio

ArcheoastronomiaSi riprende alle 15:30 con l’intervento di Gianfranca Salis della SABAP di Cagliari, Oristano e Sud Sardegna, che presenta “Comunicare il sacro. Riflessioni sul culto in età nuragica”. Subito dopo Simonetta Castia e Michele Forteleoni di Aristeo e SAT presentano “Orientamenti archeoastronomici nel complesso archeologico di età nuragica di Serra Orrios (Dorgali)”. L. Doro, M. Forteleoni, G. Gasperetti, P.L. Tomassetti per la SABAP di Sassari e Nuoro, Aristeo e SAT, proporranno alcune “Riflessioni preliminari sugli orientamenti astronomici presenti nel nuraghe Palmavera di Alghero alla luce delle nuove scoperte architettoniche”. Quindi Michele Forteleoni e l’archeologa Paola Basoli esporranno gli “Allineamenti astronomici nell’area cultuale di Sos Nurattolos (Alà dei Sardi)”.

Alle 17 prende quindi il via il focus “Divulgare la scienza”, con il soprintendente Bruno Billeci della SAPAB di Sassari e Nuoro e Maria Dessì del Dadu che interverranno con una trattazione sulla “Diagnostica strumentale per la conoscenza e la conservazione dell’architettura medievale nel mediterraneo”. Nadia Canu e Giuseppe Melosu della SABAP di Sassari e Nuoro esporranno la relazione “Comunicare i Beni Culturali in tempo di Covid: le iniziative della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro”. L’ultimo intervento di Stefania Bagella del Muniss presenterà “Modi e mode nella comunicazione della Sardegna nuragica”.

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NEWS | Due milioni di euro per la ricerca e la valorizzazione della Sardegna

La regione assegna due milioni di euro per opere di restauro, ricerca e scavo archeologico

La Giunta regionale, su indicazione dell’Assessore ai Beni Culturali Andrea Biancareddu, ha deciso di mettere a disposizione due milioni di euro per la ricerca e la progettazione culturale della Regione Sardegna. L’obiettivo principale è quello di tutelare e valorizzare il patrimonio culturale sardo, così come migliorare e sviluppare la fruizione dei beni materiali e immateriali dell’isola. Questi fondi saranno essenziali per promuovere e coordinare interventi di restauro, nuovi scavi e la messa in sicurezza dei siti archeologici. C’è già un’intesa con gli organi statali competenti, con le università e gli istituti di ricerca archeologica e paleontologica nel territorio della Sardegna. 

Sardegna, un “museo a cielo aperto”

La Sardegna è una delle regioni italiane più ricche e suggestive sotto il profilo archeologico. Le sue caratteristiche geografiche e territoriali ne hanno favorito uno sviluppo culturale peculiare, con insediamenti sin dal Paleolitico Inferiore. Dal Neolitico l’isola è popolata in forma stabile, per poi vedere il fiorire della civiltà nuragica. Ma i beni da tutelare non sono soltanto quelli relativi al patrimonio archeologico, ma anche a quello paesaggistico. Edifici e manufatti si snodano in maniera diffusa su tutto il territorio regionale; ciò consente di affermare che la Sardegna possa ritenersi un museo a cielo aperto, dove la storia si racconta nei simboli e nei luoghi dell’antichità, e si svela al passaggio dei visitatori.

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NEWS | Relitti a Porto Torres (SS), i navicularii tra ieri e oggi

Pochi giorni fa dei relitti ed altri beni sommersi nel Golfo dell’Asinara sono stati individuati dall’ingegnere Guido Gay. La Capitaneria di Porto Torres (SS) ha emanato un’apposita ordinanza, ma la scoperta ha generato brutti sospetti.

Pelagus è un sistema informatico in grado di effettuare registrazioni e acquisizioni di dati che forniscano prove nei casi di attività illecita in mare. La Capitaneria di Porto Torres e la Soprintendenza archeologica per le province di Sassari e Nuoro hanno deciso di installare il sistema informatico nella Sala Operativa di Comando del Porto. Un passo importantissimo, che permette al Golfo dell’Asinara di allinearsi con la convenzione UNESCO del 2001 riguardante la tutela dei beni archeologici rinvenuti nella fascia di 12 miglia dal limite esterno del mare territoriale.

Porto Torres tra storia e archeologia

Porto Torres è un suggestivo borgo marittimo; si adagia su un promontorio calcareo ed è uno dei porti più importanti della Sardegna settentrionale. Le prime presenze umane sul territorio risalgono al Neolitico, mentre la città odierna sorge sui resti della romana Turris Libisonis, fondata nel 46 a.C. da Giulio Cesare. Difatti, il record epigrafico conferma lo status di colonia Iulia: Iulius è il gentilizio più attestato nell’onomastica di Turris. Cesare la scelse per la sua posizione, affinché le navi romane di passaggio tra Sardegna e Corsica potessero trovare riparo tra le sue insenature. Inoltre, Plinio ricorda che Turris era seconda nell’isola soltanto a Caralis per numero d’abitanti, magnificenza e traffici commerciali.

Gli scavi e le rotte commerciali di Turris

Secondo alcuni studiosi, il nome Turris deriverebbe dalla presenza di una torre nuragica. Dagli scavi per la realizzazione del nuovo porto, iniziati nel 2006, è emersa una struttura in calce, malta, conci di calcare e lastre di trachite, ma anche monete in bronzo, frammenti di anfore da trasporto, porzioni di colonne, ceramica ed epigrafi latine di epoca romana.

Il porto dell’odierna Porto Torres si basa in gran parte su fondamenta romane. Tra le evidenze più remote appaiono le anfore, sia vinarie che olearie ed altre, che dovevano forse contenere frutta essiccata e sostanze varie. Chiari, quindi, i contatti con la penisola iberica: con l’antica Tarragona (nell’attuale regione della Catalogna) per i carichi di vino e con la provincia della Betica (attuale Andalusia) per l’olio. La Sardegna era anche uno dei più importanti granai di Roma: gli intensi rapporti con la madrepatria li testimonia degnamente il mosaico dei Navicularii Turritani, rinvenuto a Ostia nel Piazzale delle Corporazioni. Tale reperto indica il luogo esatto della statio, l’ufficio di rappresentanza degli abitanti di Turris Libisonis sulle coste della penisola.

Molti reperti provenienti dagli sterri del XIX secolo e dagli scavi stratigrafici recenti sono esposti nel Museo Nazionale G. A. Sanna di Sassari e nell’Antiquarium Turritano di Porto Torres (SS).

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NEWS | I nuraghi si candidano a diventare patrimonio Unesco

L’associazione “La Sardegna verso l’Unesco” ha recentemente sottoposto un’istanza per candidare i monumenti della civiltà nuragica come patrimonio Unesco. Ieri c’è stata la conferenza stampa di presentazione del protocollo d’intesa tra il Centro di ricerca regionale e l’associazione La Sardegna verso l’Unesco.  Il 31 marzo 2021 si conoscerà l’esito dell’istanza. Per incentivarne l’esito positivo, è stata attivata l’operazione di mappatura e digitalizzazione di tutto il patrimonio archeologico e culturale della Sardegna. Infatti, attualmente l’unico monumento sardo incluso nella lista del Patrimonio Unesco è il complesso archeologico di Su Nuraxi a Barumini.

Un territorio ricco di storia
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Il sito archeologico Su Nuraxi di Barumini (Fonte: Wikipedia).

Il nuraghe di Barumini domina la pianura della Sardegna centrale e rappresenta un importantissimo esempio di complessi difensivi dell’Età del Bronzo, i cosiddetti nuraghi. Costruito nel secondo millennio a.C. e occupato fino al terzo secolo d.C., il nuraghe di Barumini è composto di una torre centrale a tronco di cono, originariamente alta più di 18 metri, fatta di pietre disposte a secco in cerchi concentrici sovrapposti che si stringono verso la sommità.

Tuttavia, la Sardegna è molto più di questo: l’isola vanta più di 6000 siti archeologici. Tutta l’isola è costellata da questi edifici dell’età del Bronzo, i nuraghi. Ecco che il progetto vuole far riconoscere come patrimonio dell’umanità tutti, nessuno escluso, i monumenti nuragici. La Sardegna, quindi, non solo merita l’istanza per l’inserimento alla nomina quale Patrimonio Unesco, ma ha buone probabilità di ottenere questo riconoscimento.

nuraghi patrimonio unesco
La mappatura dei siti archeologici dal geoportale Nurnet

Questi siti archeologici e tutti i nuraghi sono stati già mappati nel geoportale Nurnet, realizzato nel 2013. Attraverso il portale è possibile visualizzare la lista degli elementi presenti nella mappa, consultare le informazioni relative agli elementi selezionati, modificare le informazioni presenti (per utenti accreditati) e inserire nuovi elementi (nuraghi, menhir, etc.).

Questo riconoscimento permetterebbe alla Sardegna di fare un salto di qualità, di spiccare per la sua preziosità a livello archeologico. Inoltre, il successo darebbe sicuramente incentivi a livello economico e turistico.