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ARCHEOLOGIA | I siti archeologici di Salina

L’insediamento neolitico di Rinicedda (Rinella)

Il sito neolitico di Rinella a Salina, insieme a quello di Castellaro a Lipari, è il più antico insediamento umano rinvenuto nelle Isole Eolie. Risale al V millennio a.C., momento in cui si colloca la sedentarizzazione dell’uomo. Del sito ci resta un’unica capanna, dalla quale ci pervengono numerosi manufatti ceramici e utensili in ossidiana. Per costruire tali oggetti, gli abitanti raccoglievano l’ossidiana a Lipari e la trasportavano a Rinella, dove poi era lavorata mediante scheggiatura. Il vasellame si divideva in ceramica a impasto, dello stile di Stentinello, e ceramica depurata, dipinta con bande rosse su fondo crema, forse di importazione. I vasi di produzione locale erano fatti a mano, senza l’uso del tornio, e comprendevano sia forme semplici, per lo più sferiche, sia forme più articolate, come i vasi a fiasco. Le decorazioni di tipo geometrico erano eseguite per impressione, usando mani, punteruoli in osso o in legno, bordi di conchiglie, stampi o punzoni in argilla.

L’insediamento di Serro Brigadiere

Nel 1990, a Salina, in località Serro Brigadiere, vennero ritrovate numerose testimonianze archeologiche pertinenti a un insediamento databile tra il III e il II millennio a.C. Su di una dorsale, che dalla Fossa delle Felci scende verso il mare, sono state scoperte alcune capanne. Queste sono risultate essere semi-interrate, in quanto il piano di calpestio interno era alquanto più basso rispetto a quello esterno. Mediante lo studio delle fosse di fondazione è stato possibile ricostruirne la planimetria: ogni capanna aveva pianta quadrangolare con angoli arrotondati e alzato interamente ligneo; non sembra, inoltre, presentare muretti in pietra. Nel sito, è stata anche rinvenuta un’importante quantità di ceramica modellata a mano. I diversi stili e tipologie sono da riferire alle culture di Diana-Spatarella, di Piano Conte, di Piano Quartara, di Capo Graziano e di Thapsos-Milazzese. Tale successione suggerisce che il sito fosse frequentato dall’Eneolitico iniziale al Bronzo Medio. Diversamente dagli altri siti contemporanei, quello di Serro Brigadiere sembra essere più povero, poiché non adotta il modello della casa ovale con muro perimetrale.    

Punta Megna (Rinella)

Sul fianco sud-orientale del ripido pendio di Contrada Megna, nel luogo oggi occupato da un esteso uliveto a terrazzamenti, si era sviluppato un insediamento risalente al Bronzo Antico (II millennio a.C.) e appartenente alla cultura di Capo Graziano. Questo villaggio, scoperto nel 1989, era composto da capanne appoggiate direttamente sulla roccia naturale. Alcuni setti lapidei sono stati adattati e inseriti nel perimetro degli ambienti. La vicina pianura di Rinicedda doveva rappresentare, inoltre, una delle risorse agricole del sito. A causa delle cattive condizioni di conservazione, non è possibile fruire di questo sito archeologico, invisibile agli occhi degli escursionisti che percorrano il sentiero che conduce alla scogliera di Punta Megna.

Il villaggio di Portella

Il villaggio di Portella di Salina è databile al Bronzo Medio. Le genti che lo abitavano appartenevano alla cultura di Thapsos-Milazzese. Fu scoperto nel 1954 e fu oggetto di scavi fino al 2008. Portella si trova tra Santa Marina e Capo Faro, su una cresta le cui pareti sono state rese ripide e inaccessibili dalla forte erosione. Il villaggio è composto di circa 25 ambienti a pianta ovale o circolare, scavati interamente nel lapillo vulcanico e, alle volte, dotati di un perimetro fatto a muro a secco. Le capanne sono distribuite su delle terrazze larghe quanto le strutture. Di quest’ultime era visibile solo il tetto, essendo il resto interrato. Il villaggio era munito di aree all’aperto, cintate, che avevano funzione di spazi di lavoro. All’interno degli ambienti sono rimasti arredi e oggetti di uso quotidiano: focolari, mensole e lastre di pietra, vasellame a impasto modellato a mano e utensili in pietra. Questo villaggio era specializzato nella raccolta e conservazione dell’acqua piovana: internamente, gli ambienti erano organizzati in base alla presenza di uno o più pithoi. Ne sono stati rinvenuti 25 esemplari, di cui molti integri. Gli abitanti raccoglievano l’acqua piovana mediante un sistema di vasche, canali e canalette, rinvenuti sul versante sud e conservati in questi grandi contenitori. Gli studi eseguiti hanno rivelato che ogni ambiente doveva avere un diverso uso e che più ambienti appartenevano a un gruppo familiare. Uno strato uniforme di incendio testimonia la fine violenta del villaggio, probabilmente a causa dell’arrivo degli Ausoni.

Le Terme romane

A nord del lungomare di Santa Marina di Salina, in Contrada Barone, si trova un complesso termale di età romana. Esso, pur con un cambio di destinazione, fu in uso dai primi secoli dell’età imperiale, fino agli inizi del VI secolo d.C. La posizione, a ridosso del mare e ai piedi del Monte Fossa delle Felci, ha danneggiato il sito che, nel corso del tempo, è stato eroso dagli agenti atmosferici e dalle mareggiate. Dell’edificio termale sono visibili il muro frontale esterno e brevi setti murari perpendicolari degli ambienti interni. Questi ultimi sono costruiti con ciottoli e malta e, come mostrato da tracce in un unico ambiente, dovevano essere rivestiti di intonaco dipinto. Sul lato meridionale, si conservano i resti del calidarium e del tepidarium con l’ipocausto. Questo era un sistema di riscaldamento costituito da pilastrini litici e mattoni in terracotta dove circolava l’aria calda destinata a riscaldare l’acqua della vasca soprastante. Nella zona centrale è visibile parte della vasca, accessibile tramite tre scalini, destinata ai bagni di acqua fredda: il frigidarium.   

La fabbrica del pesce

In età tardo-romana, l’edificio termale è stato trasformato e adibito a fabbrica per la lavorazione del pesce. Rispetto all’originaria planimetria, sono stati aggiunti nuovi muri, gli ambienti superiori sono stati obliterati, riempiti di terra e pietre, mentre il pavimento di lastre in terracotta e tegole è stato rialzato. Al fine di lavorare il pesce, oltre alle precedenti vasche, ne vennero installate numerose altre, di varia forma e grandezza. A questa fase appartiene anche il pozzo addossato al muro frontale delle terme. Data la vicinanza, gli studiosi hanno ipotizzato che la fabbrica fosse collegata all’impianto delle saline di Lingua.  

Le Grotte Saracene

A Salina, il sentiero che, partendo da Serro dell’Acqua giunge al Vallone Castagno, è costellato da numerose grotte, alcune comunicanti tra loro tramite passaggi interni. Si tratta delle grotte, in parte naturali e in parte artificiali, dove pare si siano rifugiati gli abitanti di Lipari a seguito dell’eruzione del Monte Pelato, nell’VIII secolo d.C. Inoltre, furono utilizzate come abitazioni al tempo delle incursioni arabe: ciò fece guadagnare loro il nome di Grotte Saracene. Una di esse dovette essere sfruttata come chiesa, in quanto, sulle sue pareti, è incisa una serie di croci.

ARCHAEOLOGY | The archaeological sites of Salina

The Neolithic settlement of Rinicedda (Rinella)

The Neolithic site of Rinella in Salina, together with that of Castellaro in Lipari, is the oldest human settlement found in the Aeolian Islands. It dates back to the fifth millennium BC, when anthropological sedentism took place. Only a hut remains on the site, in which numerous ceramic artefacts and obsidian tools were discovered. To build these objects, the inhabitants collected obsidian in Lipari and transported it to Rinella, where it was later worked by means of knapping. Ceramics were divided into course earthenware, of the Stentinello type, and refined earthenware, painted with red bands on a cream background, perhaps imported. The locally-produced vases were handmade without the use of a wheel, and included both simple shapes, mostly spherical, and more articulated ones, such as flask vases. Geometric decorations were made by impression, using hands, bone or wooden awls, edges of shells, moulds or clay stamps.

The settlement of Serro Brigadiere

In 1990 numerous archaeological remains relating to a settlement dating back to between the third and second millennium BC were found in Salina, in the locality of Serro Brigadiere. Some huts were discovered on a ridge that descends from the Fossa delle Felci towards the sea. These turned out to be semi-buried, as the internal floor was somewhat lower than the external one. A reconstruction of the plan was possible thanks to a study on the foundations: each hut had a quadrangular plan with rounded corners and an entirely wooden elevation; furthermore, the site does not appear to have stone walls. A significant amount of hand-modelled pottery was also found there. The different styles and types refer to the cultures of Diana-Spatarella, Piano Conte, Piano Quartara, Capo Graziano and Thapsos-Milazzese. This succession suggests that the site had been dwelt from the early Eneolithic to the Middle Bronze Age. Unlike other contemporary sites, that of Serro Brigadiere appears to be poorer, since it does not adopt the model of oval house with perimetral wall.

Punta Megna (Rinella)

A settlement dating back to the Ancient Bronze Age (second millennium BC) and belonging to the Capo Graziano culture had developed on the south-eastern side of the steep slope of Contrada Megna, in the place now occupied by an extensive terraced olive grove. This village, discovered in 1989, was made up of huts directly built on the living rock. Some stone walls had been adapted and inserted in the perimeter of the rooms. The nearby plain of Rinicedda also represented one of the agricultural resources of the site. Due to poor preservation conditions, it is not possible to make use of this archaeological site, invisible to the eyes of hikers who follow the path that leads to the Punta Megna cliff.

The village of Portella

The village of Portella di Salina can be dated to the Middle Bronze Age. Its inhabitants belonged to the Thapsos-Milazzese culture. It was discovered in 1954 and excavated until 2008. Portella is located between Santa Marina and Capo Faro, on a ridge whose walls have been made steep and inaccessible by severe erosion. The village is composed of about twenty-five rooms with an oval or circular plan, entirely carved out of the volcanic lapillus and, at times, with a drywall perimeter. Huts are spread over terraces as wide as the structures themselves. Of the latter, only the roof was visible, whereas the rest was underground. The village was equipped with fenced areas, which served as work spaces. Furnishings and objects of daily use were left inside the rooms: hearths, shelves and stone slabs, hand-molded pottery and stone tools. This village was specialised in the collection and conservation of rainwater: internally, the rooms were organised according to the presence of one or more pithoi. They have been found twenty-five of them, many of which are intact. The inhabitants collected rainwater by means of a system of tanks, canals and channels found on the south side, and stored in these large containers. Studies have revealed that each room had to have a different use and that several rooms belonged to a family group. A uniform layer of fire testifies to the violent end of the village, probably due to the arrival of the Ausones.

Roman baths

North of the seafront of Santa Marina di Salina, in Contrada Barone, there is a Roman bath complex. Although with a change of destination, it had been used from the first centuries of the imperial age until the beginning of the sixth century AD. It is due to its position, close to the sea and at the foot of Monte Fossa delle Felci, that the site was damaged, being gradually eroded by atmospheric agents and storm surges. The external front wall and short perpendicular walls of the internal rooms are visible from the bath building. The latter were built with pebbles and mortar and, as shown by traces found in a single room, had to be coated with painted plaster. The remains of the calidarium and tepidarium with their hypocaust were preserved in the southern side. This was a heating system consisting of lithic pillars and terracotta bricks where hot air circulated to heat the water in the pool above. Part of the pool is visible in the central area, and is accessible via three steps, intended for cold water baths: the frigidarium.

The fish factory

In the late Roman period, the bath building was transformed and became a fish processing factory. Compared to the original plan, new walls were added, the upper rooms were obliterated, filled with earth and stones, while the terracotta slabs and tiles floor was raised. In order to process the fish, numerous tanks of various shapes and sizes were installed in addition to the previous ones. The well leaning against the front wall of the baths also belongs to this phase. Given the proximity, scholars have hypothesised that the factory was connected to the salt pans of Lingua.

The Saracen Caves

The path in Salina that starts from Serro dell’Acqua and reaches Vallone Castagno is dotted with numerous caves, some communicating with others through internal passages. These are the caves, partly natural and partly artificial, where the inhabitants of Lipari apparently took refuge following the eruption of Monte Pelato in the eighth century AD. Moreover, they were used as dwellings during the Arab raids: hence the name ‘Saracen Caves’. One of them must have been used as a church, as a series of crosses were found engraved on its walls.

Article translated by Cristina Carloni.

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ARCHEOLOGIA | L’antichissima Salina, fertile isola delle Eolie

Salina, con i suoi 26,4 km², è la seconda isola più grande delle Eolie, dopo Lipari. Essa è morfologicamente composta da due montagne gemelle, Monte Fossa delle Felci e Monte dei Porri: proprio per questa sua particolare caratteristica, gli antichi Greci la chiamavano Didyme, ossia “gemello”. L’isola è formata da ben sei antichi vulcani spenti: due, le montagne gemelle, sono ben visibili e rappresentano il primo e il terzo rilievo più alto dell’arcipelago. Salina, con i suoi tre comuni, Santa Marina Salina, Malfa e Leni, è l’unica tra le isole Eolie a non rientrare nell’amministrazione del Comune di Lipari: appartiene, infatti, a quella di Messina. L’attuale nome deriva da un laghetto, situato nella frazione di Lingua, nel Comune di Santa Marina Salina, dal quale si estraeva il sale. A Salina, isola fertile e ricca d’acqua, si coltivano uve pregiate, dalle quali si ricava la Malvasia delle Lipari, un vino dal sapore dolce, e capperi, esportati in tutto il mondo.

L’isola durante la Preistoria

L’isola di Salina, assieme a Lipari, fu la sede dei primi abitanti che popolarono le Eolie. Al primissimo insediamento, risalente alle fasi centrali del Neolitico e, cioè, agli ultimi secoli del V millennio, fanno riferimento alcuni rinvenimenti ceramici nella zona di Rinicedda, località presso Rinella, collegati alla cultura di Stentinello. Anche per quest’isola, i criteri insediativi si basano sullo sfruttamento del fertile terreno e sul commercio dell’ossidiana. La continuità abitativa durante il periodo Eneolitico (fase finale del Neolitico) ha poche testimonianze, che si localizzano nella zona di Serro Brigadiere. Nella stessa zona, sono stati rinvenuti frammenti di materiali appartenenti alla cultura di Piano Conte e alla successiva cultura di Piano Quartara. Durante l’età del Bronzo Medio (metà del II millennio a.C.), l’isola venne abitata dalle genti della cultura di Thapsos-Milazzese, che costruirono i loro villaggi in posizioni dominanti e ben difesi naturalmente. Tra gli insediamenti, conosciamo quello su Serro Brigadiere, dove permangono i resti mal conservati delle abitazioni, distruttesi nel tempo; su Serro dei Cianfi, invece, si è dedotta la presenza di tale cultura dalla scoperta di una stratificazione dovuta al dilavamento di materiale archeologico, che si è accumulato in una piccola valle; da ultimo, quello sulla cresta di Portella si presenta in ottimo stato di conservazione. Nel XIII secolo a.C., a causa delle devastazioni provocate dagli Ausoni, anche Salina rimase disabitata, fino all’arrivo degli Cnidii a Lipari.

L’età greca

Dagli inizi del IV secolo a.C. Didyme fu stabilmente abitata. Sappiamo per certo che anche questi nuovi abitanti greci si dedicavano alle attività agricole ed estrattive: ce lo testimonia Tucidide, riferendo che “di là recandovisi, coltivano le altre isole e cioè Didyme, Strongyle e Hiera” (antichi nomi, rispettivamente, di Salina, Stromboli e Vulcano). Probabilmente, fin dal IV secolo a.C., sorgeva un santuario sul sito che è oggi quello della Madonna del Terzito a Valdichiesa: qui, infatti, sono stati rivenuti manufatti che testimoniano il primo abitato greco, come le terrecotte figurate, riferibili al culto di Demetra e Kore. L’esistenza di una necropoli collegata a questo primo nucleo abitativo greco è, al momento, documentata solo da vasetti di corredo, raccolti sporadicamente a Valdichiesa, a Leni, a Malfa e da alcune tombe e stele funerarie.

Il periodo romano

Le fonti ci dicono che l’isola di Salina, così come le Eolie, continuò a essere abitata tra il I secolo a.C. e il I d.C. Gli abitati, sicuramente, sorgevano nella località Valdichiesa, il cui territorio fertile consentiva di mantenere attiva la pratica dell’agricoltura. Un agglomerato urbano di età romana tardo-imperiale è presente anche a Santa Marina Salina. Inoltre, in età romana era ancora attivo il commercio del sale, grazie alla presenza delle saline di Lingua, sfruttate già nel periodo greco. Al commercio del sale era collegata l’attività della salagione del pesce, all’interno della fabbrica tardo-romana rinvenuta a Punta Lamie e che sorgeva su un complesso termale di età imperiale.

L’età bizantina e medievale

In età bizantina e altomedievale l’isola continuò a essere abitata, come documentano l’abitato di Vallone del Castagno, la ceramica di Valdichiesa e le tracce di frequentazione, rinvenute a Rinicedda e Punta Megna. Non bisogna dimenticare, infatti, che, durante i lavori per la banchina portuale, sono state rinvenute alcune monete di Costantino e dei suoi figli, insieme a una moneta di Teodosio. Queste poche testimonianze sono di fondamentale importanza, in quanto provano la continuità abitativa di Salina, anche oltre l’ultimo livello di vita accertato a Lipari dagli scavi archeologici.

Dagli arabi a oggi

Le invasioni arabe resero Salina deserta fino alla fine del 1500, quando tornò a popolarsi. Grazie alle concessioni enfiteutiche del Vescovo di Lipari, famiglie provenienti da tutto il basso Tirreno confluirono sull’isola, attratte dall’illusione di ottenere una piccola proprietà. Questa comunità, priva di tradizioni comuni, era economicamente dipendente dalla più grande e organizzata Lipari. Tale dipendenza ebbe fine solo agli inizi del XIX secolo, quando un’improvvisa domanda di Malvasia permise agli abitanti di Salina di affermarsi finalmente nei mezzi di scambio: per 10 anni i commissari per gli approvvigionamenti dell’armata britannica, giunta a Messina per fronteggiare la possibile avanzata di Napoleone in Sicilia, richiesero il noto “passito eoliano”, sulle tavole dei loro ufficiali. Si innescò, così, un processo di sviluppo locale, tale da permettere il distaccamento economico e amministrativo dall’isola da Lipari. Era il 1867 e Salina veniva dichiarata Comune a sé.  

Oggi, Salina continua a vivere della coltivazione e produzione di Malvasia e, grazie ai suoi numerosi siti di interesse archeologico, di turismo. 

ARCHAEOLOGY | The ancient Salina, fertile Aeolian island

With an area of 26.4 km², Salina is the second largest island of the Aeolian archipelago after Lipari. It is morphologically composed of two twin mountains, Monte Fossa delle Felci and Monte dei Porri: for this particular characteristic, the ancient Greeks called it Didyme, meaning ‘twin’. The island is composed of six ancient extinct volcanoes: two, the twin mountains, are clearly visible and represent the first and third highest peaks of the archipelago. Salina together with its three Municipalities of Santa Marina Salina, Malfa and Leni is the only Aeolian island that is not administered by the Municipality of Lipari: it belongs, in fact, to Messina. Its current name is taken from a small lake located in the small village of Lingua, in the Municipality of Santa Marina Salina, from which salt was extracted (i.e., ‘salina’ is also the Italian word for ‘salt mine’). The fine grapes that are grown in Salina, a fertile island rich in water, are used to obtain Malvasia delle Lipari, a sweet-tasting wine, whereas its capers are exported all over the world.

The island during the Prehistoric Age

The island of Salina together with Lipari was the seat of the first populations that inhabited the Aeolian Islands. Some ceramic finds in the area of Rinicedda, a locality near Rinella linked to the Stentinello culture, are related to the very first settlement in the island, dating back to the central phases of the Neolithic period, that is, to the last centuries of the fifth millennium. Also, settlements were based on the exploitation of the fertile soil and on the obsidian trade. During the Eneolithic period (final phase of the Neolithic), evidences of uninterrupted settlement are few and located in the Serro Brigadiere area. In the same area, fragments of materials belonging to the Piano Conte and the subsequent Piano Quartara cultures were found. During the Middle Bronze Age (mid-second millennium BC), the island was inhabited by the Thapsos-Milazzese civilization, who built villages in dominant and naturally well-defended positions. Among these settlements, there is that on Serro Brigadiere, where it is possible to find the poorly-preserved remains of houses destroyed over time; that on Serro dei Cianfi, where evidence of such culture was given by the discovery of a stratification resulting from the washing away of archaeological material accumulated in a small valley; and last but not least, that on the Portella crest, which is in excellent condition. In the thirteenth century BC, due to the devastation caused by the Ausones, Salina had remained abandoned until the Cnidii arrived in Lipari.

The Greek period

Didyme has been permanently populated since the beginning of the fourth century BC. It is a well-known fact that the new inhabitants from Greece engaged themselves in agriculture and mining: this is attested by Thucydides, who reported that “once they got there, they cultivated the other islands, namely Didyme, Strongyle and Hiera” (ancient names of respectively Salina, Stromboli and Vulcano). Since the fourth century BC, there might have been a sanctuary on today’s site of Madonna del Terzito in Valdichiesa: here, in fact, artifacts have been found that testify to the first Greek settlement, such as illustrated terracotta, which may refer to the cult of Demeter and Kore. The existence of a necropolis connected to this first Greek settlement is, at the moment, only attested by funerary vases, sporadically collected from Valdichiesa, Leni, Malfa, and by some tombs and funerary stelae.

The Roman period

According to the sources, the island of Salina as well as the other Aeolian Islands were still inhabited between the first century BC and the first century AD. The populated areas were certainly located in the Valdichiesa locality, whose fertile territory allowed agriculture. In Santa Marina Salina there was also an urban settlement of the late Imperial period. Furthermore, in Roman times the salt trade was still active thanks to the presence of salt mines in Lingua, already exploited in the Greek period. Linked to the salt trade was the practice of curing fish with salt, found inside the late Roman factory in Punta Lamie, standing on a thermal complex of the Imperial period.

The Byzantine period and the Middle Ages

During the Byzantine period and the Early Middle Ages, the island continued to be inhabited, as proven by the town of Vallone del Castagno, by the ceramics of Valdichiesa and the traces of occupation found in Rinicedda and Punta Megna. In fact, it is worth mentioning that, during the construction work on the wharf, some coins depicting Constantine and his sons were found together with a coin of Theodosius. These few evidences are of fundamental importance, as they prove Salina’s uninterrupted settlement, even beyond the last level of life ascertained in Lipari by archaeological excavations.

After the Arabs until today

The Arab invasions had turned Salina into a wasteland until the end of 1500, when it began to be repopulated. Thanks to the usufructuary concessions granted by the Bishop of Lipari, families from all over the lower Tyrrhenian area came to the island, attracted by the illusion of getting hold of a small property. This community, lacking in common traditions, was economically dependent on the larger and more organised Lipari. This dependency had only ended at the beginning of the nineteenth century, when a sudden demand for Malvasia allowed the inhabitants of Salina to stand their ground in the market: the supply commissioners of the British army, arrived in Messina to face the possible advance of Napoleon in Sicily, had been requesting the well-known “Aeolian passito” on their officers’ tables for ten years. This triggered local development, so as to allow the economic and administrative detachment of the island from Lipari. It was 1867 when Salina was declared a Municipality of its own.

Today Salina keeps living off agriculture, the production of Malvasia and tourism, thanks to its numerous archaeological sites.

Article translated by Cristina Carloni.