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REDAZIONALE | Nel ricordo dell’indimenticabile sorriso della prof.ssa Minutoli

Un mese fa si spegneva la prof.ssa Diletta Minutoli, dopo una dura lotta contro un brutto male che non le ha lasciato scampo. Di seguito il ricordo e l’omaggio di Antonio Stornaiuolo.


“Cosa ci fa a Messina? Vada a Firenze!”

Ero appena arrivato a Messina, nell’Ottobre 2018, dopo aver superato – non senza qualche angoscia – le prove per l’ammissione al corso di Dottorato in Scienze Storiche, Archeologiche e Filologiche.
Ero arrivato, confuso e felice, per lavorare al mio progetto di ricerca in Papirologia: una disciplina singolare, a metà strada tra la Filologia e la Storia, alla quale mi avevano conquistato i documenti della vita quotidiana dell’Egitto romano e bizantino e l’amorevole perizia del mio maestro, la Professoressa Messeri.
Avevo già avuto modo di incrociare, durante le mie primissime iniziazioni alla disciplina, il Professor Pintaudi in più di un’occasione: ai miei occhi di allora – giovane studente magistrale – appariva come un gigante; ed è un prodigio singolare che, benché i miei occhi siano oggi un po’ più vecchi, la sua apparente statura non sia mutata. Conoscevo in maniera indiretta la Scuola papirologica messinese, tanto per la fama che nel circuito papirologico le veniva accreditata quanto per aver studiato sui testi del Professore e su quelli di una sua giovane discipula, la Professoressa Minutoli.
Ero ora a Messina, dove la Professoressa Minutoli veniva nominata “tutor” del mio progetto di ricerca. Con un certo imbarazzo e un buon quantitativo di curiosità, mi apprestavo ad incontrarLa per la prima volta. La nostra prima conversazione fu straniante, ma entusiasmante: non appena Le comunicai che mi ero trasferito in città, la Professoressa – un po’ sorpresa e un po’ “fraterna” – mi suggerì di lasciare appena possibile i Monti Peloritani per dirigermi a Firenze, dove lavorare all’Istituto Papirologico Vitelli.

Papyri Graecae Schøyen – Una pubblicazione dei proff. Minutoli e Pintaudi


Che l’Accademia sia, in generale, un mondo peculiare – e, in verità, piuttosto distorto – non è certo scoperta recente; e le pagine della stampa mostrano in quanti casi le storture accademiche traggano alimento da relazioni personali, amicizie e conoscenze trasformate poi in collaborazioni di indebito lavoro. All’interno di un tale contesto generale, quel suggerimento di lasciare la città per inseguire i papiri fu, ai miei occhi, un cristallino atto di serietà metodologica e di amore verso la disciplina papirologica: da un lato, tale suggerimento cancellava con un colpo di spugna la logica corporativa dell’Accademia; dall’altro, mostrava senza ombra di dubbio che il papirologo deve vivere in mezzo ai testi, tra le antiche carte, senza badare ad altro che al suo lavoro. Che il lavoro di un papirologo consiste innanzitutto nel dedicare il proprio tempo e le proprie migliori energie alla inesausta ricerca di risposte a nuove e vecchie domande. E che non sono possibili risposte senza l’applicazione di un metodo rigoroso, puntuale, costante nell’attenzione e continuo nella passione, quale quello che la Professoressa ha adottato durante tutta la Sua carriera scientifica.

La prof. Minutoli al lavoro
“Ancora un’occasione per farmi ricordare!”

Con questo messaggio la Professoressa Minutoli chiudeva una mail di auguri natalizi. I Suoi messaggi, a ben pensare, non avevano quasi mai nulla di superfluo o di inessenziale, ma si caratterizzavano per chiarezza ed inflessibilità; non nego che, al comparire del suo nome nella casella della “Posta in arrivo”, un timore sordo si insinuava nella mente con una serie di domande senza risposta (cosa ho sbagliato?, cosa Le avrei dovuto scrivere?, cosa Le avrei dovuto chiedere?).
I caposaldi di una tale chiarezza espositiva erano, forse, frutto del rigido metodo scientifico interiorizzato e, non meno, del serissimo e genuino amore verso la disciplina prediletta, verso la quale la Professoressa profondeva una cura ed un’attenzione impareggiabili.
Eppure i Suoi modi estremamente diretti e, a tratti, bruschi non avevano alcun tratto dell’affettazione o dell’artificio: chi conversava con Lei comprendeva immediatamente che il Suo desiderio più alto era rappresentato dal servire la Papirologia e la ricerca papirologica con tutte le forze; ogni altra attività avrebbe ingiustificatamente portato via del tempo e delle energie dai papiri, il che Le sembrava – a giudizio di chi scrive – ingiusto e deprecabile.
Una mia cara collega di dottorato, la quale ha avuto la fortuna di conoscere la Professoressa per un buon numero di anni, ha ricordato che si trattava di una persona straordinariamente dedita al lavoro, onesta con se stessa e gli altri. Davvero non si può aggiungere nulla ad una tale osservazione. Tranne forse una piccola riflessione: che una tale, spietata onestà non era mai venata da sentimenti malevoli, ed anzi sapeva farsi – pur raramente – bonaria e persino amichevole.

La Cerimonia di consegna del premio ANASSILAOS 2018 sezione “AREA DELLO STRETTO” alla Prof.ssa Diletta Minutoli – Anassilaos 2018

“Un papirologo deve saper fare tutto!”

Una discussione sempre viva tra i papirologi riguarda lo statuto epistemologico della disciplina: ci si può interrogare, infatti, ancora oggi su quanto peso vi abbia – o vi debba avere – la componente filologica, indirizzata in definitiva alla ricostruzione testuale, e quanto peso vi abbia – o vi debba avere – la componente storico-contestuale, finalizzata alla ricostruzione degli ambienti storici. Come è ben evidente, non è possibile una sola risposta; le gradazioni di risposta, per lo più, dipendono dalle curiosità o, per meglio dire, dalle esigenze del singolo studioso, né può esistere papirologo – a ben vedere – che possa essere del tutto imparziale in questa contesa. C’è però una verità di fondo, lampante, della quale la Professoressa Minutoli mi ha più di una volta reso partecipe: che un papirologo deve saper fare tutto; perché il papirologo – come soleva ancora continuare la Professoressa – è null’altro che un tecnico dei testi scritti (almeno quelli in greco su papiro, pergamena o altro supporto) e non può e non deve in nessuna misura rischiare di essere un tecnico dimezzato, pena il raggiungimento di risultati altrettanto dimezzati.
La vita e la produzione scientifica della Professoressa Minutoli, d’altra parte, sono un evidente manifesto di tale verità: la severa, gentile versatilità intellettuale della Professoressa Le ha permesso di lavorare con uguale profitto all’edizione di testi letterari e documentari, alla direzione di quel gioiello papirologico che è Analecta Papyrologica, alla realizzazione di contributi relativi alla storia della disciplina, tra cui spiccano i suoi lavori sui Carteggi di Filologi, oltre alla redazione di indici e curatele; e tutto questo senza dimenticare i lunghi periodi passati in Egitto, a lavorare e a dirigere numerose campagne di scavo.

La prof. Minutoli (al centro) in missione in Egitto con il prof. Pintaudi (a destra)


Un impegno totalizzante, condotto costantemente all’insegna di una feroce acribia di cui ho sperimentato più volte il giudizio: sempre equanime, sempre severo. Indimenticabili rimangono nella mia mente le correzioni che la Professoressa volle suggerirmi per i miei primi contributi scientifici: dalle osservazioni minute ai suggerimenti bibliografici, dai semplici errori di battitura fino ai consigli di stile, nessuna sbavatura passava indenne al suo vaglio accorto. Rimango ancora incredulo dinanzi ad una tale lucidità e ad una tale capacità di perscrutare ogni passo.
Un papirologo deve saper fare tutto, dunque, proprio come la Professoressa Minutoli mi ha detto, proprio come la Professoressa Minutoli mi ha mostrato. Studiare sempre un po’ di più, scrivere in maniera sempre più chiara e scientifica; conservare l’onesta intellettuale per riconoscere i meriti altrui e i punti oltre i quali non vi è più scientificità, ma solo possibilità indimostrabile. Questo insegnamento, a un tempo teorico e pratico, continui ad accompagnare tutta la comunità papirologica, insieme al ricordo del Suo austero, appassionato sorriso.

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NEWS | Oggi lutto cittadino: tutta la provincia di Catania piange Franco Battiato

Proclamato, per la morte del cantautore Franco Battiato, il lutto cittadino per oggi, 19 maggio 2021, a Riposto, sua città natale; poi esteso alla provincia di Catania. «Figlio prestigioso e geniale, poeta, compositore e grande maestro di musica indimenticabile». Così è ricordato, a poche ore dalla dipartita, dai cittadini del piccolo borgo marinaro che lo ha visto nascere, Riposto (CT). 

Il sindaco di Riposto, Enzo Caragliano, ha subito proposto il lutto cittadino ed espresso il suo cordoglio pubblicamente. «Battiato è stato precursore e innovatore nel contempo per la sua musica raffinata e geniale. Assumendo, quando necessario, posizioni forti in tema sociale e culturale» così scrive su Facebook. Tutta l’amministrazione comunale è inoltre stata concorde nell’intitolazione al maestro di uno dei luoghi più rappresentativi della città natale.

Franco

Anche Catania si unisce al dolore e all’iniziativa dei ripostesi pubblicando, nelle prime ore dalla dipartita, un video dalla durata di pochi secondi: immagini di Battiato sono sovrapposte alle note de La cura.

Anche il sindaco di Catania, Salvo Pogliese, si è espresso pubblicamente: «Scompare un punto di riferimento insostituibile di artista eclettico, uomo libero per la sua integrità morale, forte della sua speciale visione della vita e del mondo. Con la sua generosità, donò a Catania insuperabili momenti artistici che ne hanno reso indelebile il suo legame con la città etnea, arricchito dal lungo sodalizio artistico con il filosofo catanese Manlio Sgalambro. Tutti i cittadini di Catania ricorderanno sempre con emozione Franco Battiato e per questa memoria condivisa, l’intitolazione di un luogo simbolo della città farà diventare perenne il suo percorso di vita, arte e cultura anche per le generazioni future».

Il maxi schermo in piazza dell’Università a Catania – foto: Comune di Catania

Catania proclama per oggi il lutto cittadino. Inoltre, il maxi schermo di piazza Università mostrerà video e immagini del maestro con sottofondo musicale. Le bandiere di Palazzo degli Elefanti sono a mezz’asta.

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NEWS | Morto Franco Battiato, addio a uno dei pilastri della musica italiana

Ci lascia, all’età di 76 anni, uno degli artisti che più ha fatto amare la musica Italiana, Franco Battiato. L’artista si è spento oggi nella sua residenza di Milo (CT). Era malato da tempo e dopo la frattura al femore e al bacino non si era più fatto vedere in pubblico, ma solo sui social.

franco battiato
Franco Battiato in concerto nel 2013 – ©Prandoni Francesco

Nasce il 23 marzo 1945 a Riposto, in provincia di Catania. Interrompe gli studi universitari per seguire la sua passione: la musica. «La musica nasce dall’ispirazione, è un linguaggio in codice che eleva il pensiero. Nella creazione di un pezzo spesso è il testo che mi indirizza verso la versione musicale. L’atto creativo  è un dono che una volta che ti viene concesso non ti abbandona più».

franco battiato
Franco Battiato e l’amore per la pittura

Era un amante della cultura in tutte le sue forme: musica, cinema, pittura, filosofia. Ha preso tutto questo amore e lo ha raccolto nelle sue canzoni, donandocelo. Non possiamo non percepire amore in parole come «Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare (…) perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te», La cura (1996), che ebbe il riconoscimento come Miglior Canzone dell’anno.

L’artista ha approfondito e personalizzato diversi stili
e questo ha fatto discutere. Dalla fase pop è passato al rock progressivo, all’avanguardia cimentandosi anche nella musica etnicaelettronica e l’opera lirica. Tra le canzoni più celebri sicuramente dobbiamo ricordare, oltre La cura, Centro di gravità permanente, La stagione dell’amore, Cuccurucucù, Voglio vederti danzare e potremmo proseguire per molto ancora.

Franco Battiato, Sanremo 1965

È un’artista che ha fatto sentire la sua voce e con essa i suoi ideali: «Noi pensiamo di essere eterni, questa è la nostra disgrazia. A scuola non c’insegnano a morire; sulla morte, invece, gli antichi egizi hanno costruito una civiltà».

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Franco Battiato e Lucio Dalla
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SPECIALE GIORNO BUIO | Nel ricordo delle vittime di mafia: Nino D’Uva nelle parole del figlio Gennaro

Il 6 maggio del 1986 a Messina venne ucciso Nino D’Uva, avvocato penalista e difensore del maxiprocesso contro la mafia messinese, iniziato il 14 aprile dello stesso anno. Su 283 imputati, esponenti di spicco delle associazioni mafiose cittadine, una ventina avevano scelto lui come difensore; il processo fu estremamente complesso e D’Uva dimostrò tutta la sua professionalità cercando dialogo costruttivo tra le parti in causa. Nonostante ciò, circa un mese dopo, nell’ufficio del legale, nella centralissima via di San Giacomo a Messina, si consumò il suo brutale omicidio. Nino D’Uva spalancò inconsciamente le porte al suo assassino, che lo colse alle spalle, durante una telefonata, piantandogli un colpo di pistola alla nuca

Uva
L’avvocato Nino D’uva

Lunga e complessa è stata la vicenda giudiziaria che ha seguito l’assassinio D’Uva. In occasione della Giornata e dello speciale dedicatoparla per la nostra redazione Gennaro D’Uva, figlio di Nino; ringraziamo il deputato Francesco D’Uva, figlio di Gennaro, per averci messo in contatto con il padre.

Gennaro D’Uva, figlio di Nino D’Uva
Che persona era Nino D’Uva? Si sente di condividere con noi qualche ricordo in particolare di suo padre?

Non parlo di papà come avvocato, parlavamo pochissimo della sua attività professionale. Papà era un uomo di svariati interessi: se non avesse fatto l’avvocato avrebbe potuto fare l’insegnante di lettere, il critico d’ arte, magari lavorare in un teatro. Quando finiva la sua attività in studio ascoltava musica classica. Amava giocare a carte con gli amici: briscola e tressetteAmava tanto la buona cucina ed il mare e faceva lunghissime nuotate. Mi ha insegnato ad amare la musica. Ricordo che da piccolo mi portò a Taormina, in piazza Duomo eseguivano l’Histoire du soldat di Stravinsky e fu il primo dei tanti concerti insieme.

Quando compii 21 anni lo accompagnai a Roma in Cassazione e poi mi portò all’Auditorium di via della Conciliazione per ascoltare Natal Milnstein che eseguiva i concerti per violino di Mozart e Bruch e poi l’indomani al teatro dell’Opera in loggione per Cavalleria Rusticana e Pagliacci. Fino alla riapertura del Teatro «Vittorio Emanuele» con la difesa sulla Gazzetta del Sud della compagnia polacca – mediocre in verità – che eseguiva le opere: “Spezzo una lancia in favore dei polacchi” era il titolo. Vedeva sempre il bicchiere mezzo pieno.

Come ha appreso la notizia della sua scomparsa? Ricorda il momento?

Ero a Roma per il primo giorno di corso di medicina del lavoro, un corso di 8 settimane. Alloggiavo all’hotel King in via Sistina ed avevo cenato al Circolo Ufficiali delle Forze Armate al Palazzo Barberini, ritornavo in albergo e vidi la gente che sfollava dal Teatro Sistina. Vidi gli zii romani di mia moglie e pensai che avessero preso parte allo spettacolo, ma, quando mi comunicarono la notizia, feci i bagagli, pagai il conto, il mio collega Stefano Tiano che aveva appreso la notizia dalla TV mi diede un tranquillante. Gli zii mi accompagnarono a Roma Tiburtina e presi il treno notturno per la Sicilia.

Il treno era deserto, feci un viaggio allucinante. La mattina a Villa San Giovanni mi prese mio cognato e mi accompagnò a casa di papà. La salma non c’era, era all’Istituto di Medicina Legale.

L’avvocato Nino D’Uva
Secondo lei oggi a Messina esiste ancora un circuito mafioso articolato oppure, negli ultimi anni, la lotta alle mafie sta debellando questa piaga?

Non so rispondere con vera cognizione. Ho l’impressione che la lotta alla mafia stia dando dei risultati qui a Messina. Ma la battaglia è ancora lunga e le recenti retate della Polizia indicano quanto ci sia ancora da fare.

E in Sicilia o, più in generale, in Italia?

La mafia mi pare di capire che abbia cambiato pelle e cerchi di insinuarsi nelle istituzioni, nelle gare d’appalto, nella grande corruzione. Magari spara di meno, ma per questo forse è ancora più pericolosa perché riesce a mimetizzarsi molto meglio. E ricordiamoci come la ‘ndrangheta stia proliferando al Nord e all’estero. Quando apprendo le notizie di arresti di colletti bianchi qui in Sicilia mi sento cascare le braccia.

Oggi è la ricorrenza della “Giornata più buia di Italia” che corrisponde agli omicidi di Aldo Moro, Peppino Impastato e generalmente di tutte le vittime delle mafie. Cosa prova in questo giorno particolare?

Magari tutti i Siciliani avessero lo stesso coraggio di Impastato. Ho vissuto il caso Moro, ero imbarcato su Nave Proteo quando arrivò la notizia. Il caso Moro è una delle pagine più buie della nostra Repubblica. Ancora oggi la verità non è venuta fuori, la sapremo mai?

Cosa si sente di dire a chi, come lei, ha vissuto situazioni simili o di consigliare a chi magari le sta vivendo ancora?

Io, malgrado tutto, continuo ad avere fiducia nello Stato, non mi voglio arrendere. Bisogna lavorare sui giovani, inculcare loro il valore della legalità, della correttezza e della giustizia. Assistiamo purtroppo a casi di mala politica, mala giustizia ecc… ebbene, non tutto è così! Ecco guardiamo come faceva papà al bicchiere mezzo pieno perché, nonostante tutto, io sono come lui: un ingenuo ottimista. Prima o poi ne verremo fuori.

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NEWS | Il meraviglioso tributo della Sicilia a Sebastiano Tusa

Il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, ha deciso che il 10 marzo di ogni anno sarà la Giornata dei Beni Culturali siciliani, con ingresso gratuito ai luoghi della Cultura della Sicilia. Musumeci ricorda così Sebastiano Tusa, scomparso il 10 marzo di due anni fa in un incidente aereo durante un viaggio in Etiopia.

Sebastiano Tusa

La giornata in questione, quindi, consisterà nell’organizzazione di iniziative culturali negli istituti regionali. La Regione ha deciso di celebrare così l’anniversario della scomparsa dell’archeologo di fama internazionale ed esponente autorevole della pubblica amministrazione regionale. Sebastiano Tusa è stato un eminente studioso dell’Antichità siciliana. L’intento è quello di promuovere ogni iniziativa utile alla diffusione della sua eredità scientifica e intellettuale.