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NEWS | A Grotta Guattari (San Felice Circeo, LT) scoperti i resti di nove uomini di Neanderthal

Un’eccezionale scoperta proviene da Grotta Guattari (LT), ad ottanta anni dalla sua fortuita scoperta, confermando il promontorio del Circeo quale luogo nevralgico per gli studi preistorici italiani e internazionali.

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All’interno di Grotta Guattari – San Felice Circeo (LT) – fonte: Ministero della Cultura

L’Associazione Nazionale Archeologi si congratula per la scoperta e lo studio dei resti di 9 altri individui attribuibili ad Homo Neanderthalensis, a seguito di scavi condotti dal prof. Mario Rolfo, docente di Archeologia Preistorica dell’Università di Tor Vergata, dal direttore dei lavori di scavo, funzionario archeologo dott. Francesco Di Mario, e con il direttore del servizio di antropologia della SABAP Lazio dott. Mauro Rubini. 

Il ritrovamento
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L’inizio degli scavi a Grotta Guattari – San Felice Circeo (LT) – fonte: Ministero della Cultura

Durante i lavori per la messa in sicurezza della grotta medesima, iniziati nel 2020, sono avvenuti gli eccezionali ritrovamenti dei nove individui che gettano nuova luce sulla presenza umana in età preistorica e specificamente sull’occupazione neanderthaliana della grotta.

Alcuni resti all’interno della Grotta – fonte: Ministero della Cultura

«Una scoperta incredibile che segna una nuova importante tappa negli studi di archeologia preistorica», dichiara Alessandro Garrisi, presidente nazionale dell’ANA, che prosegue: «Questo ritrovamento sarà importante per ampliare ulteriormente le nostre conoscenze tanto del contesto specifico di ritrovamento, il sistema di cavità noto come Grotta Guattari, quanto degli usi e abitudini dell’uomo di Neanderthal. Il paleontologo Alberto Carlo Blanc era stato il fortunato scopritore di questo sito nel 1939 e già allora il ritrovamento suscitò grande ammirazione nella comunità scientifica. Anche oggi questa importante scoperta desterà interesse nella comunità scientifica internazionale e sarà opportunità per capire ancora meglio questa specie umana che per migliaia di anni ha convissuto con l’Homo Sapiens: una convivenza che, come gli studi più recenti suggeriscono, sfociò spesso in condivisione dei territori e, probabilmente, anche in forme di integrazione sociale. Una scoperta che offre quindi una dimostrazione dell’incredibile ricchezza del nostro patrimonio archeologico e dell’elevata qualità dell’archeologia italiana tutta. Ritrovamenti come questi devono essere accompagnati da un’adeguata comunicazione rivolta tanto agli addetti ai lavori, quanto al pubblico più ampio: è questo l’unico modo di realizzare un percorso virtuoso che veda le comunità territoriali sempre più coinvolte nella difesa della memoria e del patrimonio culturale del paese».

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NEWS | Pompei tra cibo e botteghe: torna alla luce il Thermopolium (PHOTOGALLERY)

Pompei non smette di sorprendere nemmeno durante il lockdown natalizio. Infatti, la Regio V ha restituito un Thermopolium in buono stato di conservazione; si tratta di una struttura molto amata dai romani, un luogo di ristoro dove era possibile acquistare cibi pronti per il consumo: dal greco ϑερμός, «caldo» e πωλέω, «vendere».

Il Thermopolium è ubicato di fronte alla “Locanda dei Gladiatori”, quasi all’angolo tra il vicolo dei Balconi e la via della Casa delle Nozze d’Argento. Era già stato individuato nel 2019 nell’ambito del Grande Progetto Pompei; un timido inizio degli scavi aveva riportato in luce il dipinto di parte del bancone a L con una Nereide con cetra che cavalca un ippocampo

Il bancone a L del Thermopolium con dipinto di Nereide con cetra che cavalca un ippocampo

Cosa bolliva in pentola al momento dell’eruzione?

Dalle parole di Massimo Osanna, Direttore Generale dei Musei MiBACT, il Thermopolium sembra esser proprio una fotografia di quel giorno nefasto del 79 d.C. Il grande bancone a L contiene dei recipienti in terracotta, dolia, ricavati nel suo spessore che contengono interessanti e, all’epoca, prelibati resti di cibo al loro interno.

All’opera è un team interdisciplinare composto da un antropologo fisico, archeologi, un archeobotanico, un archeozoologo, un geologo e un vulcanologo. Alle analisi già effettuate in situ saranno affiancate ulteriori analisi chimiche in laboratorio per comprendere i contenuti dei dolia”, commenta Osanna.

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Lo studio dei resti nei dolia incassati nello spessore del bancone

Un grande team multidisciplinare ha permesso di scoprire molto in situ e tanto altro ci riserverà nei prossimi giorni di studio. L’archeozoologa Chiara Corbino ha individuato resti di una pietanza composta da mammiferi, uccelli, pesce e lumache. L’archeobotanica Chiara Comegna è intervenuta invece sul vino: doveva esser corretto con fave, che servivano per sbiancarlo e per correggerne il gusto; era infatti conservato in un dolium che aveva sul fondo una tegola: serviva a separare i legumi dalla bevanda senza contaminarla troppo. L’ambiente circostante al bancone doveva presentarsi così come in un altro dipinto, che ha come protagoniste delle galline appese e un gallo appollaiato vicino: questi e altri animali dovevano esser macellati e le loro carni cucinate e vendute nel locale.

Accogliente il Thermopolium, non tanto chi ci lavorava

Accanto al dipinto delle galline appese e del gallo appollaiato, protagonista di questa parte del bancone è un cane al guinzaglio. Desta stupore il ritrovamento di resti ossei di un cane a un passo di distanza dal dipinto; l’animale era adulto, ma di taglia piccola: sembra fosse attiva la selezione delle razze per gli animali da compagnia. Sembra quasi un monito alla maniera del Cave canem, ma sulla cornice dello stesso dipinto appare altro, un’iscrizione graffita: Nicia cinede cacator tradotto sulla pagina Facebook del MiBACT con Nicia cacatore, invertito; si tratta di un insulto rivolto al proprietario del locale o a chi ci lavorava, molto probabilmente un liberto. Le iscrizioni graffite erano vere e proprie forme di scrittura estemporanea realizzate attraverso strumenti casuali, anche trovati per strada; Pompei ne è piena: ci mettono a contatto con la vita quotidiana dell’epoca.

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Dipinto di cane al guinzaglio e iscrizione graffita sulla cornice

Vite intrappolate nel Thermopolium

La bottega sembra essere stata chiusa in tutta fretta e abbandonata dai proprietari, ma è possibile che qualcuno, forse l’uomo più anziano, sia rimasto al suo interno e sia morto nella prima fase dell’eruzione, schiacciato dal crollo del solaio. Il secondo potrebbe essere invece un ladro o un fuggiasco affamato, entrato per racimolare qualcosa da mangiare e sorpreso dai vapori ardenti con in mano il coperchio della pentola che aveva appena aperto”, commenta Osanna.

Nel Thermopolium sono stati rinvenuti anche dei resti umani relativi a due individui. Uno di loro doveva avere una cinquantina d’anni, stando all’ipotesi dell’antropologa Valeria Amoretti; al momento dell’eruzione si trovava su una branda e pare che sia stato schiacciato dal solaio. Mentre le ossa del presunto fuggiasco sono ancora da indagare.

Non solo le ossa, ma tutto il complesso è ancora da studiare meglio. L’idea è di aprire le visite al Thermpolium nel periodo pasquale, in primavera.

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Resti ossei dietro il bancone del Thermopolium
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NEWS | Pompei restituisce altre due vittime, scoperti i corpi intatti di due uomini

Sensazionale scoperta a Pompei nei giorni scorsi. Gli archeologi hanno riportato alla luce altre due vittime di quell’ottobre del 79 d.C., nel momento in cui Pompei venne cristallizzata nella fotografia di una delle più terribili tragedie della storia umana. Due personaggi in più si aggiungono al racconto di fuga e terrore e la loro posizione, il luogo del ritrovamento e i loro vestiti riusciranno a parlare per loro, a dire chi erano e dove erano diretti.

Il ritrovamento è avvenuto nella villa signorile del “Sauro Bardato”, oggetto di studi e grandiose scoperte già dal 2017.

Clicca qui per il video del ritrovamento

La villa suburbana di Civita Giuliana

La lussureggiante villa di epoca augustea era già famosa per la scoperta fatta nel 2017. Nelle stalle, infatti, gli archeologi avevano riportato alla luce i resti di tre cavalli di razza, uno dei quali era bardato con una sella in legno e bronzo e ricchissimi finimenti, come se fosse pronto per l’uscita imminente del suo padrone.

Il direttore del Parco archeologico di Pompei, Massimo Osanna, aveva ipotizzato che si trattasse di un comandante militare o un alto magistrato. Grazie ad un piccolo graffito ritrovato su una parete affrescata, su cui era inciso il nome di una fanciulla, “Mummia”, da cui gli studiosi erano risaliti alla possibile identità della famiglia: i Mummii, una importante famiglia romana di epoca imperiale.

La villa è stata paragonata alla famosissima Villa dei Misteri per la sua eleganza e raffinatezza. Situata subito fuori le mura della città, disponeva di terrazze e giardini da cui si poteva godere della vista del Golfo di Napoli e di Capri. Era costituita da numerosi ambienti, da quelli di rappresentanza alle camere da letto “signorili”, agli ambienti di servizio, come magazzini per l’olio e per il vino e le già citate stalle.

Il criptoportico

Dopo le stalle, l’attenzione degli archeologi si era rivolta all’esterno, nella zona di un lunghissimo criptoportico edificato sotto una delle grandi terrazze della villa.

“Abbiamo avvertito la presenza di vuoti nella coltre di materiale piroplastico e da lì la sorpresa dei resti umani”, sottolinea ancora emozionato Osanna. C’erano le condizioni ottimali per provare a ottenere il calco delle vittime, seguendo la tecnica messa a punto nel 1863 da Giuseppe Fiorelli. L’ultimo tentativo era stato fatto negli anni Novanta del Novecento, purtroppo senza grandi successi. Stavolta l’esperimento è pienamente riuscito.

Grazie al calco sono visibili anche i resti dei vestiti dei due uomini: uno dei due portava con sé un secondo indumento in lana, forse un mantello o una coperta.

Il ritrovamento proprio nel criptoportico ha già un precedente a Pompei: negli scavi del ‘700, infatti, furono scoperti numerosi corpi nel criptoportico della Villa di Diomede, ambienti sotterranei dove probabilmente uomini, donne e bambini si erano sentiti più al sicuro durante il cataclisma.

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NEWS | Etica e resti umani in campo archeologico, online il Convegno

Il 10 e l’11 novembre 2020 si svolgerà online un interessante convegno nell’ambito dell’Etica e dei resti umani in campo archeologico. Sarà possibile collegarsi al webinar con questo link.

Per imparare le buone maniere

Un gruppo di lavoro di antropologi costituito per volere del MiBACT, su proposta dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD), ha redatto un documento di “buone pratiche” nel trattamento e nella gestione dei resti scheletrici umani di interesse archeologico. Lo scritto si concentra sulla ricerca e sulla tutela dei resti, a partire dal recupero in fase di scavo, sino allo studio scientifico, alla conservazione e alla musealizzazione. Vuol essere anche un ausilio per chi lavora nelle Soprintendenze e in tutti i luoghi della cultura. Gli obiettivi sono due: offrire una visione coerente e condivisa sulle tecniche di indagine e fornire spunti per un agire corretto a livello etico della gestione di resti umani.

Durante l’incontro interverranno esperti studiosi nel campo dell’Antropologia e dell’Etnologia, professori universitari, direttori museali e funzionari archeologi.