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ATTUALITÀ | “Le Termopili 2500 anni dopo”, il resoconto della prima giornata del Festival del Cinema sul Mondo Antico

È iniziata ieri la prima edizione del Festival del Cinema sul Mondo Antico con un incontro online di commento su 300, il film diretto da Zack Snyder. L’organizzazione del Festival è a cura della Delegazione di Roma dell’Associazione Italiana di Cultura Classica (AICC). Pietro Vannicelli, professore ordinario di Storia greca della Sapienza di Roma, e Gianfranco Mosconi, membro del Consiglio direttivo della Delegazione AICC di Roma, hanno animato il primo incontro del Festival: “Le Termopili al cinema, 2500 anni dopo”.

Il prossimo appuntamento con il Festival del Cinema

Tanti altri incontri sono previsti fino al 15 maggio 2021: il prossimo, nel pomeriggio del 7 maggio, riguarderà Il primo re. La lingua del film è un esperimento di carattere artistico, definirla “proto-latino”, come spesso è stato fatto, è inesatto: ne parlerà Luca Alfieri, consulente linguistico de Il primo re. Per il latino classico impiegato nel cinema interverrà Alessandro Balistrieri, traduttore dei dialoghi della serie TV Barbari. Per spezzare i due momenti del pomeriggio, Valentino Nizzo, direttore del Museo Etrusco di Villa Giulia (RM), si addentrerà nei corridoi del Museo con una microcamera per illustrare al pubblico uno dei reperti.

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La seconda parte avrà inizio con lettura e commento di tre brani da Il re che parlava alle ninfe. Miti e storie di Numa Pompilio, libro di Mario Lentano, con il quale sarà possibile creare un costruttivo dibattito. Modererà Marcello Nobili, organizzatore del Festival e anche della prima Giornata Mondiale della Lingua Latina per l’AICC di Roma (clicca qui per leggere la nostra intervista al professore).

“Le Termopili al cinema, 2500 anni dopo”, Erodoto detta la linea

Erodoto ha – naturalmente – mosso le fila del commento del professore Vannicelli, intervallato da alcuni videoclip del film 300. Lo storico greco fu il primo a descrivere la battaglia delle Termopili (480 a.C.) nel VII Libro delle Storie. Tanti sono i temi presentati da Erodoto, ma la responsabilità ateniese della guerra (per la partecipazione alla rivolta ionica, definita ἀρχὴ κακῶν, «principio di mali») e la necessità dell’espansionismo persiano (per il principio dell’οὐκ ἀτρεμίζειν, «non possiamo fermarci») sono alla base di tutto. 

«Terra e acqua»
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Scena di 300 in cui l’ambasciatore persiano chiede «terra e acqua» a Sparta

La prima scena proiettata riguarda la richiesta di terra e acqua da un ambasciatore persiano alla città di Sparta in vista dell’invasione. In realtà, Serse non fece questa richiesta perché, quando a suo tempo l’aveva fatta il padre Dario, gli ambasciatori persiani erano stati uccisi. Nel film, quindi, l’episodio è stato trasferito dalla prima alla seconda guerra persiana. Leonida, re degli spartani, si rifiutò di dare terra e acqua: ciò va letto come volontà di difendere la libertà e l’autonomia politica di Sparta, in contrapposizione al mondo persiano, rappresentato come un mondo di sudditi, δούλοι, in cui l’unico “libero” è il Gran re.

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L’ambasciatore persiano al cospetto del re Leonida e della moglie Gorgo, figlia di Cleomene I
Demarato, il collaborazionista

Appare poi Demarato. Il Libro VII delle Storie si apre e si chiude con la sua figura, che ha un ruolo centrale: i dialoghi tra Serse e Demarato scandiscono le tappe della spedizione che culmina con la battaglia delle Termopili. Demarato era uno dei due re spartani (a Sparta vigeva la diarchia) ed entrò in conflitto con Cleomene I, suo collega al trono, il quale, con un complotto che ebbe come protagonista anche l’oracolo di Delfi, lo sostituì con Leotichida. Demarato, non sopportando ciò, lasciò Sparta e finì in Persia al cospetto del Gran re.

Egli, quindi, accompagnò Serse nella spedizione in Grecia come saggio consigliere, ma non venne mai ascoltato: nei dialoghi tra Serse e Demarato è presente la contrapposizione ideologica e la difficoltà di comunicazione tra mondo persiano e mondo greco. I suoi discendenti restarono in Asia Minore ed è probabile che Erodoto li abbia incontrati facendo ritorno in Grecia.

La figura di Demarato è fortemente idealizzata in Erodoto: dà voce agli ideali di libertà incarnati dalla Grecia contro Sparta nella battaglia delle Termopili; però, nei fatti, se Demarato accompagnò Serse, ciò potrebbe significare che voleva riprendere il suo ruolo nella Grecia una volta conquistata dai persiani. 

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L’esercito persiano dalle innumerevoli forze
Efialte, il traditore

Lo spezzone successivo presenta la figura di Efialte, un abitante della Malide (Grecia centrale) che tradì l’esercito greco: mostrò ai persiani in che modo il contingente d’élite degli «Immortali» avrebbe potuto aggirare la strettoia delle Termopili passando per il Callidromo, il monte roccioso e ripido che segnava il passaggio per la Grecia centrale. A Serse serviva infatti cogliere alle spalle Leonida per tenerlo in scacco tra il Callidromo e il mare. Secondo Erodoto, l’elemento decisivo per lo svolgimento della battaglia fu proprio l’aggiramento poiché i rinforzi ordinati da Leonida non arrivarono in tempo (il ritardo fu dovuto a motivi religiosi, la festa di Apollo Carneo).

Gli «Immortali», l’élite guerriera di diecimila uomini scelti dal re persiano
Serse, re di un impero multietnico

Il commento del professore ha colto un dettaglio nel videoclip, utile per introdurre la figura del Gran re: il sovrano è rappresentato seduto in trono in tipica veste persiana (lunga tunica con copricapo), l’arco (arma simbolo della regalità persiana). Il trono poggia su una piattaforma sorretta da più individui, vestiti in modo diverso, che rappresentano i singoli popoli dell’impero persiano. Questa è un’iconografia ricorrente poiché ha una forte valenza ideologica: i diversi gruppi etnici appaiono portati per mano da un persiano, ciò dimostra che la linea di comando è mantenuta da persiani che si rifanno a un unico vertice, il Gran re.

Esempio di bassorilievo achemenide con serie di individui che sorreggono la piattaforma su cui poggia il trono del Gran re
«Con lo scudo o sullo scudo»

Dopo l’aggiramento compiuto dagli «Immortali», si presentò il problema di cosa fare: nella versione raccolta da Erodoto, Leonida decise di restare per onorare il principio per cui gli spartani o vincevano o morivano sul campo, è l’idea del μὲνειν (il principio che garantiva anche l’efficacia della falange oplitica). Un’altra ragione evocata riguarda un oracolo di Apollo dato agli spartani dalla Pizia di Delfi:

«O abitatori di Sparta dalle larghe contrade,
o la grande rocca gloriosa verrà devastata dai discendenti di Perseo,
oppure questo non avverrà, ma la terra dei Lacedemoni piangerà
morto un re della stirpe di Eracle».

Erodoto, Storie, VII, 220

Leonida, quindi, avendo deciso di congedare quasi tutti, rimase. 

La morte di Leonida sul campo

Con questo fermo immagine si è concluso il primo incontro del Festival, chiaro risulta che la trasformazione immediata della battaglia delle Termopili in un mito ha spesso obliterato la realtà storica.

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NEWS | Un resoconto delle “Storie dell’ultimo decennio” della Scuola di Paleoantropologia (UNIPG)

Come annunciato, nel corso della prima giornata (19/02/2021) dell’evento on-line gratuito “Evoluzione umana, storie dell’ultimo decennio. Raccontate dai protagonisti della Scuola di Paleoantropologia”, si sono svolti quattro diversi interventi ad opera della Scuola di Paleoantropologia di Perugia.

Marco Cherin, direttore della Scuola, ha presentato l’evento e ringraziato anche i numerosi spettatori sia di Meet sia di Youtube (il numero degli spettatori era troppo elevato per la sola applicazione Meet). Ha poi introdotto il primo dei due relatori della giornata: Jacopo Moggi Cecchi, dell’Università di Firenze, il cui intervento aveva titolo “Ex Africa semper aliquid novi (Plio- Pleistocene)”; ha avuto inizio con un’immagine del “nostro albero di famiglia”, un grafico dal quale si evince che la nostra storia iniziò ben 8 milioni di anni fa. Sono seguite poi una serie di nuove scoperte e ricerche che si sono svolte nel corso dell’ultimo decennio.

L’intervento successivo di Giovanni Boschian, dell’Università di Pisa aveva titolo “Dalle grotte alle impronte”. Egli ha dimostrato, anche grazie ad una carrellata di siti (tra cui le storie impronte di Laetoli, scavate e studiate dalla stessa Scuola di Paleoantrologia), come sia possibile ricostruire la vita e i comportamenti delle creature, umane o animali, dalle impronte che lasciano.

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Un momento della conferenza
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NEWS | “La Sicilia protagonista: l’età romana”, il resoconto del secondo incontro

Come annunciato, l’Università di Messina, l’Associazione S.U.D. (Studenti Universitari Democratici) e ArcheoMe hanno curato il secondo appuntamento de “La Sicilia protagonista”. Durante il primo appuntamento (11 gennaio 2021) gli interventi si erano concentrati sull’età greca della Sicilia, oggi invece sull’età romana dell’Isola.

Ha moderato Kevin Vadalà, studente di Filosofia dell’ateneo messinese e membro dell’Associazione S.U.D. La Prof.ssa di Storia romana dell’Ateneo, Elena Caliri, ha curato il primo intervento riguardo le fonti storiografiche per la Storia romana e i primi rapporti tra la Sicilia e Roma; presente in questo frangente è stato il focus sulle guerre puniche e sull’evoluzione dell’amministrazione romana sull’Isola. Ha concluso Francesco Tirrito, Dottore in Archeologia e Direttore della nostra Redazione, con un approfondimento sulla Messina romana.

Gli scogli storiografici

“Non c’è Storia se non Storia contemporanea”, così la Prof.ssa Caliri ha dato inizio all’intervento: l’Unità d’Italia ha spinto a riguardare la Storia romana, ma, cambiando la politica, si è verificata un’inversione storiografica: è ritornato il profondo interesse per l’età delle poleis greche. Un altro filone interpretativo vede la Sicilia come icona dell’incontro-scontro tra Oriente ed Occidente, frammento di una grande Storia dell’Umanità. Ha continuato poi con una particolare linea interpretativa, quella della passività dell’Isola: la Sicilia ha subito tante civiltà, senza mai dare il “la” a nessuna. Suggestivi in questo caso i richiami a “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nel discorso del Principe Fabrizio Salina nei confronti di chi lo aveva esortato a far parte del nuovo parlamento.

Sicilia-Roma, da timidi contatti all’amministrazione dell’Isola

Roma si struttura inizialmente come città-stato, quando entra in contatto con altre civiltà non esercita delle annessioni territoriali, ma conclude una serie di accordi federativi (foedera) e non ha mano ferma, se non in rari casi. Tutto cambia quando Roma mette piede in Sicilia.

La Fides dei Romani, un valore o anche un culto?

Uno dei punti cruciali è la richiesta d’aiuto dei Mamertini ai Romani, mercenari osco-campani che si erano rivolti precedentemente ai Cartaginesi. I Mamertini si rivolgono a Roma con la deditio in fidem, atto di resa totale e, come tale, pericolosissimo. La Fides per i Romani è una divinità, il concetto di fides è un patto di sangue che non si può disattendere. I nobili della società romana non volevano accettare la receptio in fidem dei Mamertini, ma iniziano ad aver peso le classi medie: i comizi centuriati votano la guerra.

Cosa cambia dopo la prima guerra punica

La prima guerra punica attraversa più di un ventennio del III secolo a.C. e ha degli effetti devastanti. La parte occidentale della Sicilia «diventa romana»: Roma non aveva mai organizzato territori separati da un braccio di mare e non si sa come li abbia amministrati dal 241 al 227 a.C., anno dell’elezione di Gaio Flaminio, primo governatore della Sicilia. Roma acquisirà la parte orientale della Sicilia solo durante la seconda guerra punica. Tutta la Sicilia per Roma è inizialmente un luogo di sperimentazione: vuol trarre il massimo rendimento con il minimo sforzo, sostituendosi alle autorità che dapprima riscuotevano le tasse; la natura delle tasse non è stata cambiata (1/10 del prodotto agricolo): era regolata dalla Lex Ieronica, che Roma utilizza, ma non riconosce con questo nome.

Non dopo tanto tempo Roma inizia a diventare “bulimica”, a chiedere quantitativamente sempre più; l’economia agraria della Sicilia ne risente molto. Dalle Verrine di Cicerone è chiaro che Roma instaura con con alcune città siciliane i già menzionati foedera (rapporti bilaterali), con Messina, Taormina e Noto; altre città erano state definite “immuni”, cioè non tenute a pagare le decime.

La Professoressa ha infine introdotto un altro argomento: di lì a poco la Sicilia diventa un grande centro di manodopera servile. Gli schiavi danno vita a due burrascose rivolte; Diodoro Siculo ne riferisce il motivo: le pessime condizioni in cui i padroni, in maggior parte greci, li tenevano.

Messina, un significativo caso studio nella Sicilia romana

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L’area distrutta dal terremoto del 1908
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La vecchia sede municipale nella cd. “Palazzata”

“La Storia si fa attraverso le fonti”, l’incipit del Dottor Francesco Tirrito apre un intervento che si propone di indagare le fonti archeologiche della Messina romana. Ha iniziato con un quadro puntuale della Messina pre-terremoto del 1908; la catastrofe ha aiutato la ricostruzione poiché le macerie hanno protetto tutto quello che c’era al di sotto, hanno fatto da tappo. Il primo scavo sistematico dell’area è stato effettuato solo nel momento in cui Giacomo Scibona era a capo della nascente Soprintendenza di Messina (prima gli scavi erano stati condotti dalla Soprintendenza di Siracusa). 

Il seguito dell’intervento ha studiato la carta archeologica di Messina, evidenziandone i punti cruciali, le nuove scoperte e i limiti geografici in fiumi e necropoli. L’indagine si è concentrata sull’area archeologica di Palazzo Zanca, territorio importantissimo per ricostruire interi secoli della storia messinese. Nella foto i livelli romani sono colorati in rosso: si tratta di un piano pavimentale da cui si innalzano dei pilastri; questi dovrebbero corrispondere ad un criptoportico con accanto edifici ad andamento circolare, si ipotizzò la struttura di un Odeion.

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I reperti conservati nell’Antiquarium di Messina

Straordinari i reperti esposti nell’Antiquarium di Messina, tra cui spiccano tessere di mosaico dai materiali ricercati. Si pensò quindi di collocare nell’area il Foro della città romana di Messina. Messina ha onorato quindi l’insediamento greco anche espandendosi, si è monumentalizzata dal I secolo d.C. con le suddette strutture e ha rispettato i limiti naturali imposti dai fiumi e dalle necropoli. 

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In rosso: le strutture di età romana nell’area di Palazzo Zanca

La scoperta dell’area archeologica di Palazzo Zanca

Si è concluso così il secondo di un ciclo di incontri che continuerà il 25 marzo 2021 con una conferenza sulla Sicilia medievale; la discussione sarà animata da altri interventi.