DIETRO AL FASCISMO | Mussolini e il finto razzismo dei Romani
Mussolini credeva in una continuità tra il razzismo dell’antica Roma e quello dell’Italia contemporanea: uno dei casi più importanti di manipolazione della realtà storica operato dal regime. I Romani, parallelamente al loro espansionismo, effettuavano forme di integrazione e di accettazione dei culti stranieri contrariamente al regime. Le discriminazioni dei Romani non riguardavano i tratti somatici o il colore della pelle ma usi e costumi diversi dai loro. Queste discriminazioni ebbero fine con la “romanizzazione” dei popoli vinti e con la cittadinanza romana che l’imperatore Caracalla concesse a tutti gli abitanti dell’Impero.
Il pericolo di ibridazione
Inizialmente, il razzismo fascista si orientava verso i sudditi africani e contro il pericolo di ibridazione. La donna e l’uomo nero venivano denigrati attraverso la propaganda. Un esempio ne è la copertina de “La Difesa della Razza”, opera di Bebi Fabiano, dove era raffigurata una Eva “nera” che porge la mela a un Adamo “bianco”, separati da una lastra di vetro. L’immagine alludeva al divieto di meticciato imposto durante la campagna etiopica. Difatti, la donna africana era considerata un semplice oggetto sessuale, mentre l’uomo nero era costantemente denigrato.
La sottomissione dei barbari: il confronto
Esempio dell’apparente continuità tra razzismo dell’antica Roma e fascismo è la Fotografia ricordo dell’Africa Orientale (1935-1936) del disegnatore e pittore catanese Enrico De Seta. La cartolina, che fa parte di una serie, raffigura un soldato italiano che, con aria soddisfatta, si lascia fotografare, mentre con il piede sinistro schiaccia la testa di uno dei tre Etiopi inermi a terra. Il modello ispiratore di De Seta era il tipo iconografico romano del “barbaro sottomesso”, rappresentato dalla statua loricata di Adriano esposta alla Mostra Augustea della Romanità. L’immagine dell’imperatore, nonostante rappresenti la sconfitta e la sottomissione dei barbari, non cedeva a quel sarcasmo che, invece, si ritrova nella scena disegnata da De Seta. L’unico scopo delle sue cartoline era evidenziare l’inferiorità biologica e spirituale degli Africani, identificati semplicemente come prede.
BACK TO FASCISM | Mussolini and the Romans’ false racism
Mussolini believed in a common thread through ancient Roman and contemporary Italian racism: one of the regime’s most significant cases of manipulation of historical reality. The Romans as opposed to the regime had carried out forms of integration and tolerance of foreign cultures parallel to their expansionism. The discrimination practised by the Romans did not concern facial features or skin colour, but uses and customs that were different from theirs. These discriminations ended with the ‘Romanization’ of the conquered peoples and with the Roman citizenship granted by Emperor Caracalla to all inhabitants of the Empire.
The threat of hybridisation
Fascist racism was initially towards African subjects and the threat of hybridisation. Black women and men were denigrated by means of propaganda. An example is given by the cover of La Difesa della Razza (‘Defending the race’) by Bebi Fabiano, where a ‘black’ Eve was depicted handing the apple to a ‘white’ Adam, the two being separated by a sheet of glass. The image alluded to the ban on hybridisation imposed during the Ethiopian campaign. In fact, African women were considered a mere sexual object, whereas black men were constantly denigrated.
Subjugating the barbarians: a comparison
An example of the supposed common thread through ancient Roman and Fascist racism is Fotografia ricordo dell’Africa Orientale (‘Souvenir photograph of East Africa‘; 1935-1936) by designer and painter from Catania Enrico De Seta. This postcard, which is part of a series, depicts an Italian soldier with a satisfied air who lets himself be photographed while he crushes with his left foot the head of one of the three helpless Ethiopians lying on the ground. De Seta took inspiration from the Roman iconographic type of the ‘submissive barbarian’, represented by Hadrian’s statue with cuirass displayed at the ‘Augustan Exhibition of Romanism’. The Emperor’s image, despite representing the defeat and subjugation of the barbarians, did not yield to that sarcasm that is found in the scene drawn by De Seta. The sole purpose of his postcards was to highlight the biological and spiritual inferiority of African people, identified simply as prey.