NEWS | REDRASK, l’app che rende i templi egizi dei puzzle 3D
Il Virtual Heritage Lab dell’ISPC e il Dipartimento Architettura e Design del Politecnico di Torino mettono online l’applicazione REDRASK – Beit el Wali, un puzzle 3D che permette di esplorare l’antico tempio nubiano di Beit el-Wali. E’ possibile esplorarlo da un qualsiasi dispositivo mobile, ricollocando al proprio posto alcuni frammenti dei disegni di una litografia del 1800 relativa al tempio.
Il puzzle 3D di “Ritorno al futuro”
Lo sviluppo dell’applicazione rientra all’interno del progetto di ricerca B.A.C.K. TO T.H.E. F.U.T.U.RE. – BIM Acquisition as Cultural Key TO Transfer Heritage of ancient Egypt For many Uses To many Users REplayed.
Il progetto, realizzato dal Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino, ha vinto il bando “Metti in rete la tua idea di ricerca”, promosso da Compagnia di San Paolo e Politecnico di Torino. Il progetto che ha portato alla realizzazione del puzzle 3D ha coinvolto l’Università di Salamanca in Avila (Spagna) e la Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino.
Le istituzioni culturali europee possiedono un incredibile patrimonio tangibile, che spesso non può essere presentato al pubblico per motivi differenti, di spazio, di conservazione o per scelte espositive. L’obiettivo principale di B.A.C.K. TO T.H.E. F.U.T.U.R.E. è stato quello di rendere accessibili copie di artefatti che sono parte di collezioni museali ‘nascoste’, inserendole in un contesto virtuale e rendendole fruibili permanentemente non solo dagli studiosi ma anche da un pubblico più ampio. Il progetto ha pertanto definito una nuova metodologia in cui gli strumenti BIM (Building Information Modelling) sono stati utilizzati in maniera non convenzionale. Sono stati realizzati modelli 3D informati, per studiare e presentare gli oggetti museali e il patrimonio documentario. La metodologia è stata sviluppata e sperimentata su una collezione di 15 modelli architettonici lignei di inizio Ottocento, parte della collezione del Museo Egizio di Torino.
Il tempio di Beit el-Wali
Il sito di Beit el-Wali ospitava un piccolo tempio dell’epoca di Ramesse II, scavato nella roccia e dedicato ad Amon. Questo ha un cortile decorato da raffigurazioni di scene militari, che descrivono le campagne di Ramesse II contro la Libia, le terre asiatiche, l’Etiopia e Kush. Durante la successiva era copta, però, il tempio venne trasformato in luogo di culto cristiano. In origine era abbellito con colori sgargianti; alcuni calchi sono ora esposti presso il British Museum.
Il tempio fu preservato dalle inondazioni del Lago Nasser da un team di archeologi polacchi, il cui lavoro fu finanziato dal Oriental Institute of Chicago/Swiss Institute of Cairo Project. Attualmente si trova ad Assuan, nei pressi del tempio di Kalabsha, a sud dell’Alta Diga.
I modelli 3D dei templi dell’Antico Egitto e della Nubia
Nel sito web del progetto, oltre al puzzle 3D, è anche possibile esplorare i modelli 3D della collezione di maquettes del Museo Egizio.
Le maquettes, fabbricate in Egitto nell’Ottocento, rappresentano in miniatura monumenti dell’Egitto e della Nubia: templi, portali e un obelisco. La loro posizione lungo il fiume Nilo è segnata su una carta interattiva: i segnaposto blu indicano i monumenti spostati in altre parti dell’Egitto, mentre quelli colorati di giallo i templi rilocati in altri continenti.
La collezione del Museo Egizio di Torino
La collezione di modellini in legno si trova per lo più nei depositi del museo e solo in parte esposta. La serie comprende 14 templi e parti di essi (portali, propilei) e un obelisco. I modelli dei templi di Beit el-Wali, Tafa South e una parte del tempio di Dakka sono in mostra nella sala del tempio di Ellesiya/Sala Nubiana.
Queste riproduzioni di antiche architetture templari arrivarono a Torino alla fine del 1823, insieme ad altri oggetti raccolti da Bernardino Drovetti – all’epoca console generale di Francia in Egitto – durante la sua spedizione in Egitto e Nubia. Inizialmente, i modelli erano esposti nelle sale al piano terra del museo; successivamente, subirono molti spostamenti all’interno dello stesso negli anni a seguire. Infine, raggiunsero il loro recente alloggiamento nei depositi.
Ogni modello dà idea dell’architettura e delle proporzioni dei monumenti egizi rappresentati. I modelli, insieme ai molti disegni prodotti da J.J. Rifaud – scultore che accompagnò Drovetti nella spedizione – contribuiscono alla documentazione di un patrimonio in parte scomparso nella seconda metà del Novecento.
Alcuni di questi monumenti, infatti, subirono uno spostamento a seguito della ‘Campagna Internazionale UNESCO per il salvataggio dei templi della Nubia’ durante gli anni Sessanta del secolo scorso.
Lettere e documenti preziosi aiutano i ricercatori nella ricostruzione
Numerosi dettagli riguardanti le vicende della collezione e la sua composizione sono rimasti argomento di discussione a lungo e la paternità dei modelli è ancora da definire con certezza. Molti gli studi a riguardo, che forniscono indizi per l’attribuzione ad artisti diversi, fra i quali l’architetto Franz Christian Gau e lo scultore Jean-Jacques Rifaud.
Le indagini degli studiosi di B.A.C.K. TO. T.H.E. F.U.T.U.R.E. hanno portato al ritrovamento di alcuni documenti. In particolare, una lettera, scritta da Rifaud e mai inviata a Bernardino Drovetti, riporta […] avendomi ordinato di fare dalla prima fino alla seconda cataratta tutti i templi che si trovano a est e a ovest delle due rive […] e cita Torino come destinazione della collezione. Se Drovetti commissionò il lavoro a Rifaud, nel documento si parla anche di un altro artista, probabilmente incaricato dallo stesso scultore, per l’esecuzione dei modelli.
Restiamo, dunque, col fiato sospeso, aspettando di conoscere nuovi pezzi del puzzle che va a comporre la storia dell’Antico Egitto…
Articolo a cura di Giorgia Greco