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PERSONAGGI | Antonia Ciasca, il Mediterraneo tra Etruschi e Fenici

La rubrica di novembre
Vogliamo dedicare la rubrica Personaggi del mese di novembre alle donne che hanno fatto la storia dell’archeologia e della cultura in Italia iniziando da una archeologa che, senza dubbio, ha lasciato una traccia indelebile negli studi sul Mediterraneo fenicio e punico. 

Ritratto di Antonia Ciasca realizzato da Lorenzo Nigro (per gentile concessione dell’autore)

 

Antonia Ciasca
Antonia Ciasca è stata una delle archeologhe più in vista del panorama italiano e mediterraneo del secondo Novecento. Etruscologa e studiosa della civiltà Fenicia, allieva di giganti quali Massimo Pallottino e Sabatino Moscati, ha lasciato il segno nella storia degli scavi dell’isola di Mozia, in Sicilia.
Nacque a Melfi (PZ) il 21 Marzo 1930 da Raffaele Ciasca (storico e Senatore della Repubblica Italiana) e Carolina Rispoli (scrittrice, saggista e romanziera). A seguito dei trasferimenti del padre, docente universitario, frequentò le scuole prima a Genova e poi a Roma, dove conseguì la maturità classica.

Tra Etruschi e Fenici
A Roma si laureò presso l’Università La Sapienza, dove fu allieva di Massimo Pallottino e partecipò agli scavi del centro etrusco di Pyrgi (Santa Severa). Pyrgi, famosissimo centro in cui, pochi anni dopo verranno ritrovate le lamine d’oro con l’iscrizione bilingue in etrusco e fenicio, è un primo filo sottile che, unendo mondo etrusco e punico, avvicinò la neo-dottoressa Ciasca agli studi sui Fenici.
Divenne presto assistente di Sabatino Moscati, all’epoca docente di epigrafia semitica, e con lui iniziò il percorso che la porterà in Oriente, partecipando, nel 1959, alla missione archeologica a Ramat Rahel, in Israele.

MAM Missione archeologica a mozia
Un ritratto giovanile di Antonia Ciasca con la kefiya palestinese (dalla pagina http://www.lasapienzamozia.it )


Dal 1963, per sei anni consecutivi, diresse gli scavi della prima missione archeologica italiana a Tas Silg (Malta): qui identificò il santuario di Astarte, noto dalle fonti classiche (ne parla Cicerone) come un notissimo luogo di culto in cui approdavano fedeli da tutto il Mediterraneo.
L’anno successivo divenne direttrice della missione archeologica a Mozia (TP), sito al quale dedicherà gran parte della sua attività lavorativa. A Mozia Antonia Ciasca scelse di iniziare le sue ricerche da un luogo simbolo della civiltà fenicia e punica: il Tofet, luogo di sepoltura dei bambini e, secondo alcuni testi antichi, luogo dove gli infanti venivano sacrificati al dio Baal Hammon. Allo stesso tempo, però, cominciò a scavare in modo sistematico l’abitato della città punica, avviando le prime scoperte riguardanti l’urbanistica dell’isola. Archeologa brillante e metodica, Antonia Ciasca pubblicava annualmente i resoconti preliminari delle ricerche sul terreno, dimostrando di padroneggiare il metodo stratigrafico in maniera encomiabile.
La sua devozione al lavoro la portò, nel 1966, a soli 36 anni, ad assumere, prima in Italia, la neonata cattedra di Antichità Puniche all’Università La Sapienza.

Organizzazione
Un’immagine storica degli scavi del Tofet di Mozia

Mozia nel contesto del Mediterraneo occidentale
Gli studi e le ricerche a Mozia indussero la studiosa lucana a partecipare a scavi e ricerche in altri centri punici del Mediterraneo, onde poter avere una più ampia visione della cultura punica che l’isola siciliana andava restituendo. Nel 1975 Ciasca si recò a Tharros (Sardegna), negli anni ’80 in Algeria e Tunisia, a Cap Bon e Ras ed-Drek; infine, nel 1998 riprenderà, con immuntato vigore, le ricerche a Tas Silg.

Un’archeologa eccezionale
Antonia Ciasca pare fosse di carattere molto riservato. I suoi collaboratori la descrivono come una donna allegra ma silenziosa, che amava l’archeologia più di ogni cosa e trascorreva ore nel suo studio a catalogare e studiare i reperti.
L’archeologa melfitana concepiva la ricerca come un continuo lavoro di lima e cesello. Risultati evidenti della sua opera di archeologa sono centinaia di stele e di urne rinvenute nel Tofet di Mozia, oggi custodite sull’isola presso il Museo Whitaker, gli imponenti tratti di mura e le torri scavate nel tratto nord-est della cinta difensiva della città.
Antonia Ciasca si spense a Roma il 1° Marzo del 2001. A lei è dedicata un’aula nell’edificio della facoltà di Lettere dell’Università La Sapienza. Per volere della famiglia, l’intero patrimonio librario della studiosa è stato donato al Dipartimento di Scienze dell’Antichità, dove, attualmente, costituisce il cosiddetto “Fondo Ciasca”, gestito direttamente dalla Missione Archeologica a Mozia dell’Università La Sapienza che, nel segno di Antonia Ciasca, continua brillantemente le ricerche ancora oggi.