Puglia

Accadde oggi

13 dicembre 1250, muore lo “stupor mundi” Federico II

L’evento

Il 13 dicembre 1250 moriva, a Fiorentino di Puglia, Federico II di Svevia. Costui viene ricordato come l’ultimo imperatore del Sacro Romano Impero. Dopo la sua morte, infatti, non ci fu più un impero né tantomeno un imperatore. La sua influenza fu tale che il figlio, Manfredi, lo definì “il sole del mondo, dei giusti. L’asilo della pace.”

Ritratto dell’imperatore dal trattato De arte venandi cum avibus, di cui è autore lo stesso Federico II (immagine presa via Puglia.com)

Giovinezza

Federico II nacque a Jesi, nelle Marche, il 26 dicembre 1194, dal matrimonio tra Costanza d’Altavilla, figlia di Ruggero II re di Sicilia, ed Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa. Dalla madre ereditava così il regno di Sicilia e dal padre l’Impero. Nel 1198, a distanza di un anno l’uno dall’altra, morirono entrambi i genitori e la sua educazione fu affidata a papa Innocenzo III. Egli crebbe presso la corte siciliana, venendo a contatto con la cultura dinamica del regno.

La politica e le scomuniche

Nel 1208, raggiunta la maggiore età, divenne a pieno titolo Re di Sicilia e nel 1215 venne incoronato Imperatore da papa Onorio III, a seguito della morte degli altri pretendenti. Per quel che riguarda la Sicilia, egli unificò il regno e rafforzò la monarchia attraverso alcuni provvedimenti: combatté contro i baroni troppo autonomi, attuò una riorganizzazione del diritto e della cultura, liberandola dagli influssi saraceni, e deportò in Puglia gli ultimi musulmani rimasti. Parallelamente, l’alleanza tra papato ed impero si incrinò poiché entrambi volevano il potere assoluto, sia temporale che spirituale.

 

Augustale, moneta d’oro fatta coniare dall’Imperatore a partire dal 1231 nelle zecche di Messina e Brindisi


Le lotte che
iniziarono tra le due istituzioni sfociarono in ben due scomuniche ai danni di Federico II da diversi papi: Gregorio IX e Innocenzo IV. La prima volta, il 23 marzo 1228, perché non mantenne la promessa di una sesta crociata in Terrasanta, voluta da Onorio III. Per ritornare nelle grazie del papa, nonostante la scomunica, partì lo stesso verso la Terrasanta e, nel 1229, si fece incoronare Re di Gerusalemme. La seconda scomunica la ottenne nominando suo figlio Ezio Re di Sardegna. Tale possedimento, in realtà, apparteneva al papa. L’imperatore venne scomunicato durante la Settimana Santa e, per evitare la conferma del provvedimento, Federico II arrivò a prendere in ostaggio i cardinali che avrebbero dovuto partecipare al consiglio indetto dal papa.

I tentativi di annessione dei Comuni

L’imperatore si trovò ancora ad affrontare altri nemici della corona: i Comuni italiani. Difatti, Federico voleva annettere l’Italia ai domini imperiali ma ciò contrastava con l’indipendenza ottenuta dai Comuni, oltre che con gli interessi papali. I Comuni decisero di ricreare la cosiddetta Lega Lombarda, costituita da Milano, Bologna, Piacenza, Mantova, Lodi, Bergamo, Torino e Padova, per opporsi a Federico II e lottare per la libertà che avevano acquisito già sotto Federico Barbarossa. Nemmeno in Germania l’imperatore ebbe un appoggio; anzi, emersero delle spinte centrifughe che portarono all’affermarsi dei signori locali tedeschi e ben poco poté fare Federico per evitare che il potere imperiale si sgretolasse. Gli scontri contro i Guelfi, ormai alleati dei comuni e appoggiati dal papa, segnarono la fine di Federico II nel 1250.

 

Miniatura del XIV secolo rappresentante Federico II e la sua passione per la falconeria

 

Lascito federiciano

Federico II, definito dai suoi alleati stupor mundi e anticristo dai suoi nemici, fu, in realtà, un grande uomo di cultura. Grazie alla sua azione venne fondata la prima università laica a Napoli nel 1224, in contrapposizione all’Università di Bologna di stampo religiosa, e inoltre venne costruito nel 1240 uno dei castelli più suggestivi al mondo, ovvero Castel del Monte. La fortezza, un prezioso esempio di architettura gotica, romanica e araba, unica nel suo rigore matematico ed astronomico, si trova in Puglia e a partire dal 1996 fa parte dei beni dichiarati Patrimoni dell’umanità dell’Unesco.

La scuola poetica siciliana

La sua iniziativa, però, non si limitò soltanto a questo. Egli, infatti, fu il fondatore della Scuola poetica siciliana nel 1230, da cui deriva il volgare italiano. Questa si incentrò sull’attività dei funzionari imperiali incentivati dallo stesso imperatore, come Giacomo da Lentini, Guido delle Colonne, Cielo d’Alcamo, l’autore di Rosa fresca aulentissima, e Pier delle Vigne, che viene citato addirittura da Dante nella Commedia, precisamente nel XIII canto dell’Inferno tra i suicidi, dopo essere stato accusato ingiustamente di tradimento.

Lo scopo era quello diffondere il volgare italiano, in particolar modo il siciliano, ispirandosi alla lirica cortese dei trovatori; infatti, la produzione poetica della Scuola siciliana costituì la prima produzione lirica in volgare e soprattutto del componimento noto come sonetto. Ma non solo, l’attività poetica dei siciliani anticipò anche alcuni tratti stilistici che furono tipici dello Stilnovismo toscano.

Gli intellettuali della Scuola siciliana, rappresentati in una miniatura (immagine via Lavocedell’Jonio)
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NEWS | Mercoledì del MArTA: Castrum Minervae, D’Andria racconta il santuario sul mare

Il 25 maggio alle 18.00 il Museo Archeologico Nazionale di Taranto ospiterà il prof. Francesco D’Andria, accademico dei Lincei, con la sua relazione su “Castrum Minervae. Un santuario sul mare”. La conversazione, che sarà introdotta dalla direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Taranto, Eva Degl’Innocenti e dal prof. Danilo leone dell’Università di Foggia, sarà diffusa in diretta streaming sulle pagine Facebook, Youtube e Linkedln del MArTA.

Il Santuario di Atena sul mare di Castro

La conferenza intende presentare i risultati di una delle più fortunate ricerche archeologiche realizzate in Puglia a partire dal 2000: quella appunto del Santuario di Atena affacciato sul mare di Castro, in provincia di Lecce. “Questa ricerca – dice il prof. Francesco D’Andriaha permesso di identificare a Castro il Santuario di Atena, la dea che protegge i naviganti ed offre loro il dono di interpretare i venti e le correnti“. Posto sul promontorio iapigio, in posizione strategica, da un’altura sul porto, il santuario domina un tratto di mare, sul quale si affacciano i monti Cerauni della costa albanese e le isole di fronte a Corfù. “A questo celebre luogo di culto si riferisce il poeta Virgilio nell’Eneide – continua il prof. D’Andria – quando descrive il primo approdo di Enea in Italia, dopo un periglioso viaggio da Troia ormai distrutta dalle fiamme“.

Lo scavo di Castro
Tracce del passato

Gli scavi hanno riportato alla luce straordinarie opere della scultura antica, come la stessa statua di culto della dea che indossa l’elmo frigio ad indicare, come Enea, la sua origine troiana. A Castro era attiva, nel IV sec. a.C., una officina di scultori tarantini; le loro creazioni, insieme alle offerte votive, alla ceramica, alle iscrizioni attestano la presenza della città bimare lungo le coste del Salento, nel periodo della sua massima fioritura.

L’evento del MArTA
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NEWS | Operazione Taras, il lato oscuro dei Beni Culturali

Il 10 dicembre, la sezione Archeologia del Reparto Operativo del Comando per la tutela del patrimonio culturale ha fermato un traffico internazionale di reperti archeologici.

L’operazione

È stata chiamata Taras, come il nome del personaggio della mitologia greca, considerato leggendario fondatore della città di Taranto.

Il reparto Operativo del Comando per la tutela del patrimonio culturale dei carabinieri

Il procuratore aggiunto Maurizio Carbone, presente insieme al sostituto procuratore Marco Colascilla Narducci, ha così spiegato come sono state portate avanti le indagini:

“è stato necessario un coordinamento tra l’autorità giudiziaria, le forze specialistiche dei carabinieri, le autorità giudiziarie straniere e l’Interpol, in collaborazione con gli esperti della Soprintendenza.”

Il procuratore aggiunto, Maurizio Carbone

A insospettire i carabinieri e a dare il via agli accertamenti, sono stati i ripetuti soggiorni di un indiziato di reati contro il patrimonio che alloggiava periodicamente in un hotel di Monaco di Baviera;  soprattutto perché portava con sé diversi pacchi contenenti oggetti di natura archeologica, trasportati in treno. I militari hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini a 13 persone; queste sono accusate a vario titolo di associazione per delinquere, ricettazione, scavo clandestino e impossessamento di reperti archeologici, risalenti al periodo compreso tra il VI e il II secolo a. C.

Il traffico internazionale e le opere

I reperti venivano trafugati nel tarantino, soprattutto nell’area del parco archeologico di Saturo, e in Basilicata; successivamente i beni erano venduti al mercato nero con destinazione Germania, Belgio, Olanda e Svizzera.

Il deposito con i beni recuperati

 

Tra i reperti sequestrati sono stati recuperati ad esempio: ceramiche a figure rosse, ceramiche miniaturistiche, ceramiche votive, corredi funerari, utensili in bronzo, due elmi corinzi in bronzo, lastre di coperture sepolcrali in terracotta, pregevoli monili in oro e monete antiche, come quella raffigurante Taras. 

Un elmo corinzio

Le indagini hanno portato al recupero e al sequestro di circa duemila reperti archeologici in due anni di attività investigativa all’estero; il procedimento è stato inizialmente avviato dalla procura di Roma per poi esser condotto dalla procura di Taranto.

Accadde oggi

ACCADDE OGGI | La Battaglia di Otranto: quando i turchi di Maometto II assediarono il porto pugliese

Nel 1480 il sultano Maometto II guidava la sua flotta contro i cavalieri di Rodi, prima, per poi dirigere la sua azione bellicosa sul regno di Napoli. La flotta turca, infatti, aveva fatto rotta su Rodi solo come diversivo, per concentrare l’esercito vero e proprio contro un inconsapevole regno di Napoli. Maometto II, con il pretesto di rivendicare un qualche diritto turco sull’eredità dei principi di Taranto, si diresse a Brindisi, deciso a colpire Ferrante di Napoli. Il re, infatti, aveva inviato aiuti ai cavalieri di Rodi per contrastare l’attacco del sultano turco.

Il 28 luglio 1480 Maometto II si trovava di fronte al porto di Otranto, pronto all’assalto.

Un dettaglio della Sala della Battaglia di Otranto dal Castello di Capua

 

La notte del 28 luglio 1480

A causa di un imponente vento di tramontana, l’attraversamento del canale di Otranto da parte dell’esercito turco-ottomano condusse quest’ultimo proprio di fronte a Otranto nella notte del 28 luglio 1480. Otranto si presentava come una città portuale molto ricca, ma con un’importante carenza nella fortificazione. Per i turchi era, così, un luogo facile da espugnare e più vicino alla costa albanese.

In un’Italia attraversata dalla crisi, con gli Stati divisi, l’armata turco-ottomana si ritrovò via libera senza alcun vero e proprio ostacolo, né politico né militare. In questo contesto, nella zona dei laghi Alimini, oggi denominata baia dei Turchi, sbarcarono ben 16.000 uomini dell’esercito di Maometto II.

La baia dei Turchi, Otranto (immagine via Italiavai)

L’armata turca era guidata dal comandante Gedik Ahmet Pascià che, nella giornata del 28 luglio, aveva inviato due messaggeri all’interno delle fortificazioni otrantine per convincerli alla resa senza battaglia. La clausola principale, però, era costituita dalla pretesa che gli abitanti di Otranto  si convertissero a nuova fede, rinunciando, pubblicamente, alla fede in Cristo. Il primo messaggero venne scacciato in malo modo. Il secondo venne ucciso alle porte della città, senza essere riuscito a entrare. Ahmet, a questo punto, fece sbarcare le artiglierie e diede il via all’assedio.

L’assalto e il massacro

Otranto era difesa solo da una manciata di uomini capitanati da Francesco Zurlo e Giovanni Antonio Delli Falconi, circa 2.000 contro i 16.000 turchi. Già da subito gli abitanti abbandonarono il borgo per rifugiarsi nella cittadella. Il borgo, infatti, passò subito in mano ai turchi. L’artiglieria ottomana, nel giro di pochi giorni aveva già messo in ginocchio la città di Otranto che, contro ogni previsione continuava a resistere. Dovette però capitolare quando, dopo 15 giorni d’assedio, l’11 agosto 1480, Ahmet diede il via all’assalto finale, riuscendo a sfondare. I Turchi entrarono a Otranto dalla “Porticella”, l’ingresso più piccolo sul lato nord orientale delle mura. Il divario numerico delle forze impiegate, unito alla situazione di assedio subito, fecero capitolare gli otrantini in breve tempo. I turchi-ottomani, inoltre, avevano ucciso tutti i maschi maggiori di quindici anni e avevano catturato donne e bambini come schiavi.

Il giorno seguente, 12 agosto 1480, l’esercito turco irruppe nella cattedrale dove si erano rifugiati i superstiti e il clero. Ahmet imponeva loro di rinnegare la fede cristiana. Al loro rifiuto ne ordinò il massacro, per un totale di circa 800 martiri. 

I martiri di Otranto nella cattedrale

Il 14 agosto, Ahmet fece legare e condurre i superstiti della cattedrale sul vicino colle della Minerva. Qui ordinò la decapitazione di almeno 800 individui, riconosciuti come martiri dalla Chiesa e venerati come beati martiri idruntini.

La città di Otranto, devastata dall’azione dei turchi, rimase sotto il loro totale controllo per quasi un anno, fino al maggio 1481, quando iniziò la campagna di liberazione grazie anche all’arrivo della flotta cristiana. Dopo vari scontri e assedi, solo nel settembre dello stesso anno i turchi abbandonavano la città ormai ridotta a un cumulo di macerie di cui sopravvissero solo 300 abitanti.

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NEWS | “Appia in Tabula”, l’agricoltura a sostegno dell’archeologia

Le idee per portare avanti un progetto di valorizzazione culturale non vengono mai meno. Ci troviamo in Puglia, esattamente tra Mesagne e Latiano (BR), dove parte dei terreni del Parco dei Messapi sono stati utilizzati per la realizzazione di un orto a km zero.

Il progetto prende il nome di “Appia in Tabula” ed è stato realizzato grazie al contributo della Regione Puglia. L’obiettivo principale è quello di utilizzare il ricavato per i costi degli scavi, per le attività di gestione, ricerca e promozione dell’insediamento messapico che continua a far emergere un patrimonio archeologico unico, Muro Tenente.

Parco Archeologico di Muro Tenente

L’orto, inoltre, è affidato alle cure di un agricoltore esperto e il tutto rispetta il codice dei Beni Culturali e della biodiversità del suolo. Il punto vendita di questi ortaggi è il mercatino “Hortus” aperto ogni giovedì dalle 8:00 alle 11:00. Un parte del raccolto, inoltre, è destinata alla beneficienza, in particolare alla Caritas che la utilizza nelle sue mense per le persone in difficoltà. Ci troviamo di fronte ad un progetto che sfrutta al meglio le sue risorse per aiutare le famiglie, il territorio e la storia.

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NEWS | Furto alla Pinacoteca “Corrado Giaquinto” (BA) durante la “Notte dei Musei”

In seguito all’iniziativa “Notte dei musei“, in cui i luoghi della cultura sono rimasti aperti anche dopo l’orario di chiusura standard, un quadro del XIX secolo, L’Arno a Rovezzano di Silvestro Lega (1826 – 1895), è stato rubato dalla Pinacoteca “Corrado Giaquinto” di Bari. Pare che nella sera di sabato 3 e nella mattina del 4 luglio molta gente sia passata per i corridoi e le sale della Pinacoteca; probabilmente l’evento in atto era la giusta occasione per effettuare il “colpo”.

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Silvestro Lega, L’Arno a Rovezzano, olio su tavola, 1880 ca.

Il fotografo della Pinacoteca si è accorto dell’assenza del quadro e ha immediatamente avvisato la dirigente che ha chiamato i carabinieri. Le Forze dell’Ordine possiedono già i video delle telecamere di videosorveglianza interna. Oggi la Pinacoteca è chiusa e l’area del furto è sotto sequestro.

Francesca Pietroforte, consigliera metropolitana delegata alla Cultura per la provincia di Bari

«Speriamo di poter recuperare presto l’opera ed esporla, individuando il responsabile» – commenta Francesca Pietroforte, consigliera metropolitana delegata alla Cultura – «È un episodio molto grave e siamo sicuri che i Carabinieri ci aiuteranno con le loro indagini. Ci dispiace anche perché avevamo da poco riaperto il museo dopo la chiusura imposta dalla pandemia».

Veduta della collezione Grieco, ospitante il quadro rubato – Pinacoteca “Corrado Giaquinto” di Bari, foto: Carta dei Beni Culturali della Regione Puglia

In copertina: Saletta Ottocento della Pinacoteca “Corrado Giaquinto” di Bari – foto: Carta dei Beni Culturali della Regione Puglia

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NEWS | MArTA, tesori archeologici si sfidano per ottenere il restauro

Il MArTA – Museo Archeologico Nazionale di Taranto dà il via a “Opera tua”: la campagna di mecenatismo a favore del recupero e restauro di alcuni reperti storici. È la rivincita dei tesori nascosti, l’occasione per piccole e grandi opere d’arte che attendono di tornare a risplendere.

restauro

Quali sono i reperti candidati e come si vota

La sfida pugliese riguarderà dal 15 giugno al 14 luglio i reperti candidati dal MArTA, ovvero due tesoretti monetali ritrovati rispettivamente a Lizzano e a Maruggio (TA), e un candidato dal Museo Archeologico provinciale “Ribezzo” di Brindisi, ovvero un capitello medievale.

Si vota online e l’opera che riceve maggiori preferenze si aggiudica il fondo da investire nel suo restauro. Per il quinto anno consecutivo l’azione mecenatismo è voluta da Coop. Alleanza 3.0, in collaborazione con Fondaco Italia, l’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiali e il Touring Club Italia, che ogni mese mette in sfida, per ogni regione, un capolavoro d’arte da far tornare al suo antico splendore.

restauro

Le parole della direttrice del MArTA Eva Degl’Innocenti

«Per Taranto, ma anche per le comunità lizzanesi e maruggesi, si tratta di un’occasione straordinaria per mettere in luce il valore delle importanti origini di questo territorio. In entrambi i casi parliamo di tesoretti monetali che dal 1905 (per le 36 monete rinvenute a Maruggio) e dal 1951 (44 monete ritrovate a Lizzano) attendono un meritato riconoscimento pubblico, considerata l’importanza del patrimonio numismatico delle due scoperte».

La direttrice del MArTA Eva Degl’Innocenti – foto: Gazzetta del Mezzogiorno

Continua: «Il “ripostiglio” di Maruggio candidato al restauro è costituito da 36 monete della prima metà del IV secolo a.C. Provenienti da Lizzano sono invece le 43 monete d’argento e una di bronzo della seconda metà del IV secolo a.C. I tesoretti di Lizzano e Maruggio fanno parte del medagliere del Museo di Taranto e restaurarli sarebbe davvero importante ai fini della conservazione, dello studio, della catalogazione, ma anche del recupero di identità storica per i territori di riferimento. Taranto, Lizzano e Maruggio meritano di vincere e servirà la partecipazione di tutti».

I tesoretti di Lizzano e Marruggio (TA)

Ecco il link per votare i tesoretti del MArTA: basta un click per donare nuova vita ai reperti!

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ATTUALITÀ | Progetto MAD-Mostra a Distanza, Museo Nazionale Jatta (BA): Intervista alla direttrice Claudia Lucchese e alla dottoressa Serena Fortunato

Al via a “MAD-Mostra a Distanza” il progetto ideato dal Museo Nazionale Jatta di Ruvo di Puglia tutto a misura dei giovani. Obiettivo degli ideatori, dare la possibilità di visitare il museo anche se chiuso e incentivare l’interesse verso studenti delle scuole primarie e secondarie di I grado. Totalmente gratuito infatti, l’accesso telematico per i giovani studenti alla mostra “Vasi Mitici”, arricchita da un percorso digitale innovativo per immergersi nelle storie dei protagonisti dei miti e delle leggende raffigurati sulla ceramica dipinta.

Museo Nazionale Jatta
Locandina della mostra “Vasi Mitici”.
 
Le aree Tematiche di “MAD-Mostra a Distanza” del Museo Nazionale Jatta

Il percorso, che avrà inizio il 12 Aprile 2021, è diviso in quattro aree tematiche:
Sfidare gli dei
Raccontare gli dei greci significa indagare il modo di pensare degli uomini del passato. Il rapporto fra l’uomo e il dio greco è regolato dalla tensione e dal costante timore umano di incorrere in punizioni divine: per un essere mortale, sfidare gli dei e gareggiare con loro può rivelarsi una scelta pericolosa. Attraverso il mito, l’uomo impara a conoscere i suoi limiti, traendo un insegnamento sulle sue fragilità.

–  Diventare eroe
Senza eroi non esisterebbe la mitologia classica. Gli eroi sono personalità̀ straordinarie, a metà tra l’essere umano e l’essere divino, la cui vita è un percorso scandito da passaggi necessari a raggiungere lo status di eroe. Protagonisti di prove difficilissime, si scontrano spesso con avversari temibili dimostrando tutta la forza del loro carattere e del loro coraggio per ottenere l’unica vera ricompensa: la gloria eterna. Il racconto delle loro vicende ispira l’uomo al comportamento esemplare.

–  Amazzoni e spose
Nell’Antica Grecia la vita di una donna si svolgeva prevalentemente tra le mura domestiche: simbolo del focolare, l’obiettivo principale per una donna era il matrimonio, considerato come un vero rito di passaggio per l’acquisizione dello status di moglie e di madre. È per questo che sui vasi con raffigurazioni femminili vengono rappresentati i momenti del corteggiamento, del primo incontro con lo sposo e del rito nuziale. Ma non mancano episodi di donne fuori dagli schemi come le Amazzoni o di donne tragiche come Antigone e Medea: donne coraggiose, immortali protagoniste del mito e della tragedia.

Euforia e follia
Dioniso è il dio del vino e del teatro, tra i più affascinanti e complessi del pantheon greco. Ha donato la vite e il vino all’uomo, bevanda esaltante che dona allegria e trasporta in un mondo parallelo: durante il simposio gli uomini hanno la possibilità di prendersi una pausa dalla vita quotidiana.
Ma l’uomo non deve mai dimenticare di porre un freno all’euforia facendo buon uso del vino, per evitare di perdere il controllo sulla propria razionalità e trasformarsi in un essere bestiale.

Alla conclusione di ogni percorso gli studenti potranno interagire con le guide virtuali e prendere parte a laboratori creativi. Per permettere alle classi di partecipare è necessario inviare un’email a drm-pug.museoruvo@beniculturali.it. L’iniziativa è valida fino al 30/06/21.

Museo Nazionale Jatta
Il Museo Nazionale Jatta di Ruvo di Puglia ha aderito all’iniziativa #iorestoacasa
 
Intervista alla Direttrice del Museo Nazionale Jatta Claudia Lucchese e alla Dottoressa Serena Fortunato

Sul progetto “MAD-Mostra a Distanza” ce ne parlano la dottoressa Claudia Lucchese, direttrice del Museo Nazionale Jatta di Ruvo di Puglia, e la dottoressa Serena Fortunato, founder dell’agenzia di comunicazione Moscabianca, che segue le attività di comunicazione online e offline del Museo Nazionale Jatta.

In questo difficile periodo per la scuola e la cultura i ragazzi potranno finalmente accedere virtualmente al vostro museo grazie a questa iniziativa, come è nato questo progetto?

Con la nostra agenzia di comunicazione -dichiara Serena Fortunato– siamo partiti dall’esigenza di voler proporre un’idea innovativa di fruizione del patrimonio museale. In questi mesi difficili è stato necessario rivoluzionare la nostra quotidianità: con gli spazi culturali svuotati fisicamente dei loro visitatori abbiamo riflettuto a lungo su quali modalità utilizzare per far sì che la cultura continuasse a vivere e a svolgere il suo ruolo fondamentale per la società.
Era necessario trasformare la distanza in un’opportunità e il mondo digitale ci ha insegnato che un’alternativa esiste ed è possibile. Abbiamo così ripensato in ottica di strategia digitale la fruizione di una mostra, aprendola in prima istanza alla popolazione scolastica: bambini e ragazzi che, per il secondo anno consecutivo, non potranno vivere l’esperienza della gita didattica, attraverso la MAD – Mostra a Distanza avranno la possibilità di trascorrere una giornata al museo e visitare una mostra realmente allestita. Un’occasione unica per arricchire il proprio bagaglio personale di conoscenze ed un’opportunità per il mondo scolastico per rafforzare l’esperienza della didattica a distanza.

Tramite il percorso della MAD i ragazzi entreranno in contatto con il passato, qual è il messaggio più importante che si vuole veicolare attraverso le varie lezioni? E come credete che queste influiranno sull’educazione dei giovani che vi prenderanno parte?

Il passato fa parte del nostro presente -commenta Claudia Lucchese– è importante che bambini e ragazzi tocchino con mano quanto esperienze, sensazioni e sentimenti esistano da sempre e siano immortali. In questo il mito si presta benissimo a dimostrare quanto universali siano i nostri timori e le nostre speranze. La mostra “Vasi Mitici”, organizzata dalla Direzione Regionale Musei Puglia (afferente al Ministero della Cultura), comprende alcuni fra i più importanti vasi a figure rosse della collezione del Museo Nazionale Jatta di Ruvo di Puglia. È un percorso che si snoda fra archeologia, storia dell’arte e raffigurazioni mitologiche, toccando diverse sfere del mito e della leggenda.

Tra gli argomenti proposti è presente anche quello della figura della donna nel mondo antico. Volete veicolare un messaggio preciso agli studenti e alle studentesse che seguiranno “mostra a distanza”, rispetto alla figura femminile e in particolar modo in relazione al mondo del lavoro?

CL: Trattare della figura della donna nel mondo antico è complesso e apre a molte sfaccettature. Nella MAD abbiamo deciso di affrontare alcune possibili chiavi di lettura, presentando alle scolaresche vari personaggi femminili, a partire dalle Amazzoni, emblematiche figure di donne guerrieri capaci di vivere e proteggersi anche in un mondo senza uomini (e tuttavia destinate comunque a soccombere per mano di eroi maschi), fino alle ben più “libere” e volitive dee. Sono proprio le figure di divinità femminili ad incarnare le maggiori possibilità per le donne. Contrariamente a quanto si crede, infatti, le dee non puntavano solo sulla bellezza, sebbene questa fosse un requisito irrinunciabile. Atena trionfa per saggezza e intelligenza, Artemide è abile nella caccia, insomma non esiste solo la bella Afrodite, dea dell’amore!

In che modo si articoleranno le lezioni della mostra a distanza?

CL: Il progetto della MAD costituisce per il Museo Nazionale Jatta e per la Direzione Regionale Musei Puglia, alla quale il Museo afferisce, una sfida entusiasmante. Ripartire dai più piccoli, non trascurarli e anzi metterli al centro di progetti e iniziative: è questo un imperativo categorico a seguito di tutte le restrizioni a cui questo difficile anno di pandemia ci ha costretto. E così nasce una proposta, libera gratuita e semplice. La classe interessata prenota la sua visita virtuale, la docente riceve le istruzioni di accesso e nel giorno stabilito gli scolari assistono ad un video di circa 40 minuti con la visita della mostra e tanti approfondimenti, al termine del quale entrano in una videochat con l’esperto a cui rivolgere tutte le domande e le curiosità, che ci auguriamo siano sempre tante e vivaci! Da ultimo, ai ragazzi sarà richiesto di inviarci uno speciale “feedback” di quanto vissuto e appreso durante la mostra: un disegno, un pensiero, una testimonianza dell’insolita “gita”.

Cosa vi aspettate al termine del progetto e con una possibile riapertura dei musei?

SF: Siamo consapevoli che la fruizione online di una mostra non sia lontanamente equiparabile alla visita in presenza. Nel mondo digitale cambiano gli spazi, le sensazioni e le emozioni. Tuttavia, anche a questi possiamo dare un valore. La MAD, attraverso un percorso di visita ricco e completo consentirà al Museo Nazionale Jatta di potenziare alcuni aspetti della fruizione classica di una mostra e può fungere da stimolo alla curiosità e al desiderio di conoscenza.  Ci auguriamo, ovviamente, che molti dei ragazzi che visiteranno a distanza “Vasi Mitici”, torneranno a visitarla di persona non appena sarà possibile per osservare da vicino quei vasi e quelle storie di cui avranno sentito parlare durante la visita della MAD. Con la Mostra a Distanza stiamo dando vita ad un esperimento di comunicazione in cui il Museo Nazionale Jatta ha creduto fortemente e che ci aiuta a mantenere viva la cultura. Un esperimento che allarga gli orizzonti dell’inclusività e che ci auguriamo potrà crescere e affiancare a livello strategico il futuro della fruizione museale.

 

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NEWS | Riemerge un insediamento produttivo romano sulla Via Appia (TA)

Durante le operazioni di scavo nell’ottica dell’Archeologia preventiva, per la costruzione dell’Ospedale San Cataldo (TA) sulla Statale 7, è riemerso un insediamento di produzione di vino e olio di età romana. L’area dove sarà presente la nuova struttura ospedaliera era già stata dichiarata a rischio archeologico ed indagata con 46 trincee di 200 metri. Infatti, già le prime operazioni portarono alla luce diverse sepolture; purtroppo numerose tombe erano già state depredate, ma alcuni corredi funerari recuperati verranno esposti con i restanti reperti del sito.

insediamento
Operazioni di scavo archeologico preventivo nell’area del nuovo Ospedale San Cataldo (TA)

Il ritrovamento dell’insediamento romano 

Dopo lo scavo delle sepolture, dalla zona sud-est è riemerso l’insediamento. 

“Si tratta di un grosso insediamento produttivo d’epoca romana. Doveva produrre olio e vino in gran quantità.” Afferma Severino Dell’Aglio, l’archeologo incaricato delle operazioni di scavo dall’ASL di Taranto.

Il centro di produzione è databile tra il II e il III secolo d.C. ed dovrebbe appartenere ad un ricco possidente terriero. Difatti, nel sito spiccano l’area agricola, le aree di stoccaggio delle derrate alimentari e l’area del torchio. Inoltre, sono stati qui rinvenuti numerosi dolia, grandi contenitori ceramici di forma sferica per il vino e l’olio. 

Attualmente è l’ASL di Taranto a supportare le operazioni di scavo e a valorizzare l’area dell’insediamento, ma sarà necessaria la collaborazione della Soprintendenza.

“L’idea è di farne un parco archeologico, magari accessibile direttamente dal San Cataldo, e di realizzare una galleria dei reperti all’interno dell’ospedale“. Spiega Dell’Aglio alla dott.ssa Masiello, funzionaria della Soprintendenza, attualmente diretta da Barbara Davidde. Si tratta di un progetto simile a quello per l’Ospedale MIRE e il suo acquedotto romano: si tenta così, in ambiti preventivi, di progettare la valorizzazione dei ritrovamenti archeologici. Infine, a circa 500 metri dall’insediamento romano è riemersa una strada di 14 metri, forse parte della Via Appia, essendo in asse con un altro segmento rinvenuto nel 2012 presso la Masseria Raho.

Insediamento produttivo di età romana, Ospedale San Cataldo (TA)
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NEWS | MArTA, avvio alla digitalizzazione di 40.000 reperti open-data e open-source

Il MArTA, Museo Archeologico Nazionale di Taranto, ha avviato la digitalizzazione di circa 40.000 reperti? Questi sono tra quelli custoditi sia all’interno dell’area espositiva che dei depositi del Museo. Il progetto Open-data del patrimonio del MArTA è finanziato nell’ambito del PON FESR, “Cultura e Sviluppo”, 2014-2020. 

L’informatizzazione del patrimonio del MArTA coinvolge numerose professionalità: alla catalogazione e digitalizzazione in 2D e 3D dei reperti archeologi lavorano fotografi, informatici ed esperti di tecnologie delle due società che si sono aggiudicate l’appalto (Archeogeo e ArcTeam). 

 

Il Museo Archeologico Nazionale di Taranto è valore e patrimonio per tutto il mondo e quel valore al mondo deve tornare. Per questo il lavoro in corso è un’opera di restituzione alla comunità locale, a quella scientifica e alla conoscenza mondiale che renderemo possibile attraverso dati in modalità Open – come hanno già fatto il Metropolitan Museum of Art, il Paul Getty di Los Angeles, il Rijksmuseum di Amsterdam – che potranno essere liberamente utilizzati e riutilizzati, sviluppando una serie di effetti benefici di educazione e ricerca, conoscenza, valorizzazione.

Sono queste le parole di Eva Degl’Innocenti, archeologa Direttrice del Museo Archeologico di Taranto dal 2015. La Direttrice, dunque, è ferma sostenitrice del recupero della conoscenza dei reperti, affinché possa essere messa a disposizione della collettività tutta. Per la Direttrice, infatti, la cultura e l’arte non sono da considerare quali valori da subire in maniera passiva; bensì risorse che possono fornire nuove visioni in grado di ispirare l’arte contemporanea, il design, l’industria creativa e il turismo in un processo continuo e mai statico.