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NEWS | Nascono le “Vie della Zagara” per rilanciare il turismo in Sicilia

Viaggia al ritmo intrigante del funky siculo, insegue la scia inebriante del fiore di zagara e, lungo un coloratissimo itinerario fra gli agrumeti DOP e IGP di cinque province siciliane, ne esplora a passo d’uomo – e a volo d’uccello – l’incredibile varietà di paesaggi, monumenti, piazze, mercati, tradizioni e volti. “L’anziano che indica la rotta” (citazione del celebre scatto di Robert Capa) e la fanciulla che invita al viaggio sussurrando il suo nome, “Zagara”, parola dalle sonorità e fascinazioni arabe (da zahra, fiore).

Zagara
Il vecchietto indica il sentiero sulle “Vie della Zagara” tra i Limoni di Messina

S’intitola “Scent of Zagara” – “Profumo di Zagara” ed è il nuovo travel video del Distretto Agrumi di Sicilia con le musiche originali di “Jacaranda“, giovane band catanese che vi ha dedicato un brano inedito, dal sound mediterraneo e assai orecchiabile.

“Scent of Zagara”, a spasso tra agrumeti DOP, IGP e BIO

Dall’Etna alla Conca d’Oro, il video è un omaggio alla natura generosa, alla storia e al patrimonio culturale dell’isola del sole ma non solo. In vista dell’auspicata ripresa del turismo dopo la pandemia, è un invito a programmare il prossimo viaggio in Sicilia in qualunque stagione, scegliendo tra le Vie della Zagara. Si tratta di sette itinerari nei territori di vocazione delle sue eccellenze agrumicole: IGP Arancia Rossa di Sicilia, Limone Interdonato di Messina, Limone di Siracusa e Limone dell’Etna; la DOP Arancia di Ribera e, infine, il Mandarino di Ciaculli e la via del biologico, metodo di coltura che accomuna tutti gli agrumi col “bollino di qualità”.

Zagara
Limone IGP dell’Etna

Federica Argentati, presidente Distretto Produttivo Agrumi di Sicilia: “Questo video, che ho voluto con determinazione, è un dono alla filiera agrumicola ed in particolare a chi ha già imparato a coniugare i verbi dell’agricoltura con quelli del turismo: i più potenti attrattori economici dell’isola attraverso cui, a nostro avviso e non solo, passa la ripresa e il futuro post covid della Sicilia. A queste imprese agrumicole multifunzionali, spesso rinvigorite dalla presenza di giovani che alla produzione affiancano attività di fattoria didattica e accoglienza nell’ottica del turismo lento e attento al viaggiatore, dedichiamo questo efficace strumento di promozione. “Scent of Zagara” è a disposizione anche delle istituzioni e di quanti lavorano per far conoscere, attraverso i sette itinerari degli agrumi siciliani DOP e IGP e BIO, l’immensa offerta di esperienze che, tra natura, cultura e buon cibo, svela un viaggio nella nostra terra”.

Economia, identità culturale e società nel mirino

Di “ritorno all’economia reale, al territorio e alle sue autentiche risorse” parla Giuseppe Rallo, direttore di Alta Scuola Arces, che spiega come “il video ‘Scent of Zagara’ si inserisce al meglio nell’ambito nella tematica del nostro progetto ‘Motris’, ossia la mappatura dell’offerta di turismo relazionale integrato in Sicilia. Un progetto che si fonda su tre principi: la ri-territorializzazione dell’economia (ossia il ritorno all’economia reale), la ricomposizione dell’identità culturale e la ricontestualizzazione della società in contrapposizione a quella globale, riportando l’uomo e le relazioni personali al centro degli interessi, evitando di rimanere travolti da processi economici transnazionali”.

Il travel video tra i borghi siciliani

Nel video – girato fra monumenti e agrumeti di comuni e borghi delle province di Messina, Catania, Siracusa, Agrigento e Palermo – compaiono anche i giovani musicisti di “Jacaranda“, autori del brano funky: un ritmo d’oltreoceano che, sorretto da un basso elettrico, è arrangiato con gli strumenti della tradizione siciliana come mandolino, friscalettu e coloriture di marranzano. “Jacaranda” è impegnata infatti nella ricerca e valorizzazione degli strumenti popolari siciliani cui affianca quelli provenienti da varie parti del mondo, nell’ottica di un sound sperimentale e contemporaneo. “Scent of Zagara” è diretto da Filippo Arlotta, sceneggiatura di Gianluca Reale, direttore di produzione Vera Leotta.

Le scene del travel video sono girate a: Messina, Itala, Taormina, Acireale, Torre Archirafi (Riposto), Acitrezza, Catania, Grammichele, Caltagirone, Marzamemi, Noto, Siracusa, Realmonte, Agrigento, Ribera, Palermo, Ciaculli (Palermo), Bagheria e Belpasso.

In copertina: l’Arancia Rossa di Sicilia sulla Scala di Caltagirone (CT).

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NEWS | Sicilia, la salvaguardia dei Beni culturali contro la minaccia idrogeologica

In Italia “più di 37.500 siti culturali sono soggetti a fenomeni franosi e circa 30.000 sono a rischio alluvioni”: questo il messaggio d’allarme molto chiaro lanciato da Rosario Santanastasio, presidente dell’organizzazione “Archeoclub Italia”. Una delle principali minacce ai Beni culturali è quella idrogeologica. È necessario porsi come obiettivo fondamentale non solo quello della salvaguardia, ma anche della valorizzazione e promozione dei Beni culturali.

Il Centro di documentazione archeologica “Archeoclub Italia” opera, infatti, su tutto il territorio nazionale, allo scopo di limitare i danni connessi al dissesto idrogeologico, attuando gli approcci di salvaguardia ritenuti più idonei.

Il messinese, zona rossa della Sicilia orientale

Nella terra siciliana, ricca di realtà archeologiche e culturali, l’area del messinese costituirebbe la “zona rossa” della Sicilia orientale.

Il geologo e rappresentante siciliano di Archeoclub, Salvatore Caruso, sottolinea i rischi connessi a questa zona, che è stata soggetta, in passato, a forti alluvioni, di cui quella del 2009 ne costituisce una drammatica prova. In quell’occasione il fango, ricoprendo per oltre 500 metri il comune di Scaletta Zanclea (ME), oltre a distruggere le abitazioni, provocò ingenti danni al Castello Rufo Ruffo, voluto da Federico II di Svevia nel XIII secolo e arroccato sul punto più alto del paese.

Colate di fango e detriti, Tripi (ME)

 

L’area di Tripi e le trasformazioni geologiche

Ad oggi, sono ancora le aree del territorio messinese a essere più a rischio nel sottile equilibrio idrogeologico dell’isola. Non sfuggono, alla triste problematica, quelle dell’entroterra: “L’area di Tripi e le limitrofe sono soggette a trasformazioni metamorfiche d’indebolimento, causate dall’azione dell’acqua nel corso degli anni”, afferma Caruso. Proprio a Tripi, in contrada Cardusa, il sito archeologico maggiormente a rischio è la necropoli monumentale risalente al IV-III secolo a.C., di quella che un tempo era la città di Abakainon

Fondata dai Siculi, forse già nel 1100 a.C., raggiunse l’apice con i Greci. La necropoli, per la bellezza e finezza architettonica dei monumenti funebri – sormontati da una stele epitymbion di forma rettangolare (segnacoli tombali, posizionati sopra le sepolture, in pietra arenaria) – e per la preziosità dei reperti rinvenuti nelle tombe, è stata definita dagli archeologi come il luogo di sepoltura riservato ai cittadini più facoltosi della città. Inoltre, gli studiosi hanno rilevato l’impianto dell’area urbana, delimitata da un muro di terrazzamento, nelle cui vicinanze correva un largo canale per il defluire delle acque. Il muro serviva a delimitare una grande piazza, probabilmente il foro dell’antica Abakainon.

Tripi, necropoli di C/da Cardusa, stele epitymbion e resti di colonne

Il triste “lancio della moneta” per la salvaguardia dei siti archeologici siciliani

A complicare la già infelice situazione delle realtà culturali siciliane, sottoposte ad un alto rischio di dissesto idrogeologico, vi sono le norme che regolano “la scelta” nei confronti dei siti archeologici da salvaguardare. È il rapporto tra grado di rischio del dissesto e la percentuale d’insediamento umano a giocare il ruolo principale in questa partita. La Regione Siciliana destina i fondi necessari per la messa in sicurezza prevalentemente ad aree a rischio elevato, ma che siano densamente abitate (cosiddette R4 come indicate dal P.A.I., il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico). Questo va a scapito di piccoli comuni, come nel caso di Tripi.

Il piccolo centro dell’entroterra tirrenico in provincia di Messina, sebbene conti all’incirca solo 800 abitanti, nasconde evidenze culturali molto importanti. È necessario, dunque, trovare un altro modo per salvaguardare il patrimonio culturale, oltre che naturale e umano, anche di piccole realtà come questa. Il geologo Caruso afferma come costituisca un obbligo da parte di tutte le amministrazioni, che operano in aree a rischio, dimostrarsi “sensibile agli interessi ed alle esigenze territoriali”, come attualmente quella di Tripi sta facendo.

Valorizzazione, salvaguardia, promozione

In Sicilia, la Onlus Archeoclub si è interessata anche di fare il punto sulla delicata questione dei problemi di staticità del Castello Svevo di Augusta, in provincia di Siracusa. Il castello, risalente al XIII secolo, sebbene assurga a simbolo della città, si trova in completo stato di abbandono e da anni ormai è chiuso al pubblico per rischio crolli. Solo nel maggio scorso ha preso il via un bando di gara per il consolidamento e il restauro dell’edificio, nonché per la sua futura fruizione. “Occorre agire in fretta, perché salvaguardare un bene significa renderlo fruibile valorizzandolo”, spiega Santanastasio.

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Il Castello Svevo di Augusta

Inoltre, non vanno dimenticate le parole di Sebastiano Tusa, ex assessore ai Beni Culturali della Regione Siciliana, tragicamente scomparso nell’incidente aereo di Bishoftu, in Etiopia, nel marzo 2019, su come “la salvaguardia di un bene prescinde dalla sua valorizzazione, che non può che coincidere con la sua promozione attiva e partecipe di quello che non può, anzi non deve, essere dimenticato”.