Pescara

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NEWS | Pescara, riemerge il mosaico romano

A vent’anni dalla sua scoperta, riemerge il mosaico romano del III secolo dopo Cristo. In corso i lavori sulla Golena sud del Pescara.

Un momento lungamente atteso, si legge nel comunicato del Comune di Pescara, che restituisce alla città di Pescara il mosaico romano del 200 dopo Cristo, a 20 anni dalla sua scoperta. Un’operazione, quella in corso sulla golena sud del fiume, che fa riemergere questo giacimento dall’oblio in cui è stato finora sepolto. Tra qualche giorno il mosaico verrà traslato presso il Museo delle Genti d’Abruzzo per la fase di restauro a cura della Soprintendenza; successivamente sarà data a tutti la possibilità di ammirarlo. Si tratta della più importante conferma degli antichi insediamenti alla foce del fiume Aterno. Nella figura spicca un’anfora con una croce uncinata, un capolavoro che risale a circa 1800 anni fa. Potrebbe essere stato commissionato intorno al I sec. d.C., e secondo gli esperti impreziosiva le sale di un edificio che sorgeva in posizione attigua al porto di Ostia Aterni (“Aternum”).

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UNA PESCARESE A MESSINA | Dai Greci al Terremoto del 1908: un giorno al MuMe

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Una volta lasciato il Giardino Mediterraneo alle nostre spalle, varcammo la soglia di ingresso del Museo. Già dai primi passi si apre alla vista il primo piano vastissimo con le opere esposte. La superficie complessiva della struttura è di circa 4700 mq e annovera una collezione di oltre 750 opere.

Illustrazione della città di Messina nel XV secolo

Le collezioni di dipinti e sculture e i manufatti decorativi sono ordinati secondo un criterio cronologico. Il museo offre un percorso completo, dall’età greca fino ai primi anni del Novecento, che si snoda sui differenti livelli della struttura.

Ho trovato di grande interesse la sezione archeologica posta al piano inferiore, che ospita i reperti dell’antica Zancle – Messana, compreso il rostro romano in bronzo di un’imbarcazione risalente all’età Imperiale, rinvenuto nel 2008 al largo delle acque messinesi, settimo esemplare al mondo e terzo in Sicilia.

Sempre nella sezione archeologica si può osservare la Cripta del vecchio monastero cinquecentesco dell’Archimandritato del Santissimo Salvatore dei Greci, rinvenuta durante i lavori di costruzione del nuovo museo e sopra la cui spianata è stata poi costruita l’intera struttura che vediamo ancora oggi. La cripta si trovava sotto la navata della chiesa del monastero e mostra sedici nicchie – colatoi usate per la mummificazione dei corpi.

La cripta dell’Archimandritato del Santissimo Salvatore dei Greci

La visita mi ha intrattenuto per quasi tre ore, poiché la collezione è davvero ampia e vale la pena soffermarsi ad ammirare tutte le opere, non solo quelle di maggiore importanza.

Forse non tutti sanno che, infatti, il MuMe ospita alcuni capolavori di maestri famigerati dell’arte italiana e non solo. Primo fra tutti voglio menzionare Antonello da Messina, profeta in casa, e le sue opere: il Polittico di San Gregorio, la tavoletta bifronte raffigurante la Madonna con bambino benedicente e francescano in adorazione e Ecce Homo. A queste opere è stata dedicata una sezione che rende molto fruibile e funzionale l’osservazione e la contemplazione da parte del visitatore, inserita nell’area dedicata ai fiamminghi. Messina, infatti, è stata laboratorio per moltissimi pittori fiamminghi nei secoli XVI e XVII che hanno portato in Sicilia una cifra stilistica che ha fatto scuola.

 

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UNA PESCARESE A MESSINA | Quel che la Vara rappresenta per ogni messinese

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La sosta di fronte a Palazzo Zanca fu un po’ più lunga per il tradizionale saluto ai Giganti, cari e leggendari fondatori della città, impettiti e fieri, e per la concentrazione di persone riunite ad aspettare l’arrivo della Vara. Lì incontrai i miei amici Francesco e Stefania con il piccolo Kilian e la madre di Stefania, Cettina.

Alla notizia che non avevo mai visto la processione, lei decise che dovevo assolutamente assistere da vicino e accettò come una missione il compito di farmi spazio tra la folla perché Tu e tuo fratello non l’avete mai vista prima! Grazie a lei riuscii a cogliere tutti i dettagli che descrivo qui e penso che li custodirò sempre nei miei ricordi. Devo dire che ne è valsa veramente la pena, perché così ebbi l’occasione di rendermi conto di cosa rappresenta la processione della Vara per Messina ed i suoi abitanti. Anche nella tanto attesa “girata” in Via Primo Settembreero in prima fila!

Tonnellate di ferro, legno e cartapesta erano pronte a scivolare ancora, trainate solo dalla forza umana. La Vara non è solo un carro votivo, rappresentante l’Ascensione di Maria al cielo, alto 14 metri; è il simbolo di una collettività intera che ritrova e trasferisce in essa la volontà di condivisione, il senso di appartenenza (quello che cercavo follemente io ed è per questo che assistere alla processione mi ha segnato tanto), la speranza di un riscatto che si riaccende, attraverso la fede verso l’amata Patrona di Messina e la storia comune.

C’è tutto questo e molto altro in quel Viva Maria urlato a squarciagola, nei piedi nudi e affaticati, nella preghiera accorata, nel volto di migliaia di persone, donne e uomini, che si aggrappano alle corde imprimendo loro energia e cuore, ed in ogni singolo centimetro di corda benedetta riportato a casa come ricordo.

Lo custodisco anche io ora, in casa, da buona messinese!

 

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UNA PESCARESE A MESSINA | Il fiume bianco della Vara

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Per oltre due ore seguimmo la processione, dalle 19, fino all’arrivo in Piazza Duomo. Per oltre due ore migliaia di persone, con il cuore gonfio di orgoglio, che pur non tirando il carro erano anch’essi attori della tradizione che si ripete, ai margini della machina, in corteo seguendola in segno di voto o ai lati della strada, urlavano Viva Maria applaudivano e pregavano, con gli occhi lucidi dalle lacrime e dall’emozione. La fatica dei tiratori che nelle fermate riprendevano fiato e si davano il cambio come capicorda.

Non scorderò mai l’espressione di uno di essi, nella sosta di fronte al Nettuno: nel suo viso tutta la fatica, gli occhi spalancati, la bocca aperta a riprendere fiato, il sudore che gli imperlava la fronte, l’abito bianco con la fascia celeste mariana e i piedi scalzi, rossi sull’asfalto bagnato dalle pompe delle autobotti; sembrava che stesse per cadere al suolo da un momento all’altro, ed invece, quando l’addetto alle segnalazioni diede il via al capotimoniere sulla piattaforma della Vara per riprendere la corsa, si rianimò di colpo: tutti erano attenti, verso il segnalatore: sventolò la bandiera e iniziò a fischiare e a gridare Viva Maria con voce potentissima, dando la carica a tutti i tiratori.

I tiratori, immagine dal web

La folla esplose in un unico grido di gioia. Il capofila semisvenuto si rianimò di colpo e con uno slancio, che a me parve sovrumano, spinse finché tutti gli altri dietro di lui iniziarono a correre e a spingersi in avanti l’uno con l’altro: il carro votivo di Maria Assunta in cielo iniziò a scivolare e si mosse sotto i miei occhi, ancora meravigliata da quello che avevo appena visto. Migliaia di persone correvano e si spingevano in avanti, era un fiume bianco, che pareva interminabile, di persone che gridavano, i devoti attorno a me che applaudivano e incitavano, lemigliaia di piedi scalzi che battevano e scivolavano sul selciato lucido, l’umidità e l’energia che salivano, la luna e il sole roteavano, festoni e ghirlande e il timoniere fischiava e le bandiere sventolavano. Tutto in armonia. Difficile descrivere l’impatto emotivo che tutto ciò ha sul cuore dei messinesi in quell’istante.

Ogni anno i messinesi dicono: Quest’anno la Vara non la vado a vedere, ma poi sono lì, in strada, a gridare tutti insieme.  

 

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ABRUZZO | Il Museo “Casa Natale di Gabriele D’annunzio” (PE)

Nel cuore del centro storico di Pescara, lungo Corso Manthonè, il corso principale della parte antica della città,  sorge la casa natale del poeta Gabriele D’Annunzio. Nel 1927, lo stesso poeta richiese che venisse dichiarata Monumento Nazionale per assicurarla allo Stato, tramite decreto di Mussolini. Oggi l’edificio è tutelato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.

Gli interventi di restauro e consolidamento hanno preservato la struttura dell’abitazione nella sua forma originaria di tipica casa borghese di fine Ottocento, conservando le eleganti decorazioni parietali e gli arredi d’epoca.

La Casa – Museo

Gabriele D’Annunzio nasce in questa casa il 12 Marzo 1863 e vi trascorre la sua infanzia fino agli undici anni, quando si trasferisce a Prato per gli studi. Negli anni della maturità, il poeta vi torna saltuariamente per far visita alla madre, rimasta sola.

Il Museo occupa tutto il primo piano dell’edificio ed è composto da nove sale con arredi e mobili d’epoca, sui quali sono esposti gli oggetti di uso quotidiano utilizzati dal poeta e dai suoi familiari.

A piano terra si apre il cortile interno con un pozzo in laterizio.

Il percorso espositivo

La prima parte del percorso espositivo è composta da cinque stanze, locali nei quali si svolgeva la vita domestica del Vate e della sua famiglia. Su pannelli didattici sono riportati alcuni brani del Notturno, nei quali D’Annunzio ricorda, con parole ricche di affetto, gli ambienti della sua casa natale e gli anni felici della sua infanzia, assieme alla famiglia al completo. Sui pannelli sono inoltre riportate informazioni su episodi che lo videro protagonista durante la Prima Guerra Mondiale, come l’impresa di Fiume.

Le stanze sono decorate con fregi a tempera di grande valore che arricchiscono i soffitti e le volte: tali affreschi risalgono a metà Ottocento e sono i più antichi nella città di Pescara. I temi sono tipici del Neoclassicismo: compaiono figure di amorini, animali e  motivi vegetali.

La seconda parte del museo ospita il guardaroba privato del poeta, che dimostra quanto egli ricercasse l’originalità e fosse eccentrico anche nel vestiario: si possono ammirare i sandali dorati, il cappotto rosso, indossato durante le battute di caccia e le gare ippiche, le uniformi, le vestaglie e i completi in linea con la moda del tempo.

Seguono, poi, le stanze che ospitano alcune prime edizioni delle sue opere, illustrate con xilografie; successivamente, si apre l’allestimento dei calchi del viso e della mano, realizzati sulla sua salma nella notte della morte, nel 1938.

Il percorso si chiude nella stanza del Vate, dove sono conservati cimeli di guerra e foto d’epoca, che lo ritraggono durante le imprese belliche, e le divise da generale.

 

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UNA PESCARESE A MESSINA | Un’estate al mare… da Giardini a Milazzo

Vi avevo parlato negli scorsi articoli (Clicca qui) di quanto duri siano stati per me i mesi iniziali, almeno fino al mese di luglio. A risollevare il mio morale fu la notizia che due tra le mie più care amiche, Vanessa e Daniela, sarebbero venute qui a Messina a trascorrere qualche giorno di vacanza e una delle due avrebbe soggiornato a casa mia.

Sono state in grado di farmi sentire a casa grazie alla loro presenza, e in quel momento ne avevo enormemente bisogno. Insieme al mio compagno Domenico, ci divertimmo a vestire i panni di Cicerone per condurre Daniela nei posti che a nostro parere doveva assolutamente visitare.

Lei, amante dell’arte e del teatro come me, rimase ammaliata dal Teatro Antico di Taormina. Avemmo la fortuna di trovare l’apertura serale del teatro alle visite, mentre il giorno precedente aveva ospitato uno spettacolo. Il fatto che, solo 24 ore prima, centinaia di persone avevano riempito gli spalti e un artista si fosse esibito lì, caricando l’aria di energia, mi galvanizzava ancora di più.

Un particolare del Teatro di Taormina

Devo dire che è uno dei posti del mio cuore e mi emoziono ogni volta che, saliti i gradoni in pietra, arrivo in cima alla platea e mi volto a godermi lo spettacolo dello scenario dietro il palco: le colonne mastodontiche, la città in lontananza, il mare nero che si mischia al nero del cielo e il confine tra i due delimitato solo dalle luci che le barche proiettano davanti a loro: senza di esse sembrerebbe quasi che fluttuino nel vuoto. E poi il regalo più grande: dietro il palco, su in alto, a destra, un rivolo rosso incandescente si stagliava contro la tela nera del cielo, e scendeva lentamente: la lava di un vulcano, l’Etna. Sul retro, in cima alle scale, dando le spalle alla platea, c’è la ringhiera meno illuminata, da cui ammirare il mare e Giardini – Naxos piccola e vestita a festa nelle notti d’estate. E da lì, alzando gli occhi al cielo, una luna piena gigantesca proiettava il suo bagliore candido in una lunga scia bianca che tagliava in due il mare nero. Come si dice a Pescara: “Chi ti pò ringrazia?”

 
Giardini-Naxos

Con Daniela visitammo anche Milazzo, la portammo lungo il sentiero che conduce alle Piscine di Venere, tra fichi d’india, scorci mozzafiato, scogliere e tanto vento, e dall’alto poter ammirare un paesaggio unico. Scesi tutti i gradini, ci ritagliammo uno spazio per noi ed entrammo in acqua. Passammo un pomeriggio fantastico, fatto di risate e bagni nel mare.

Amo viaggiare, condurre amici nei posti che conosco per illustrare loro tutto ciò che posso, guidarli in luoghi meno battuti dal turismo di massa, soprattutto se immersi nella natura. Portare la mia amica a fare questi giri, farle vedere le bellezze di Messina e provincia, ebbe su di me un effetto quasi terapeutico: da un lato mi divertivo e godevo della sua compagnia, perché mi mancava molto una persona amica; dall’altro mi servì per conoscere e apprezzare di più il posto in cui vivo.

 

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UNA PESCARESE A MESSINA | Lo Stretto indispensabile pt. II

Per chi si fosse perso la prima parte: cliccare qui.

 

Qui entro in gioco io, che vedo la città con occhi diversi, perché tutto è sì sconosciuto, ma sconosciuto significa per me da conoscere, e dunque è nuovo.

Una delle cose che amo di più di Messina è quando, percorrendo l’autostrada, si dischiude alla vista, all’improvviso, magari dopo una curva, tutta la maestosità dello Stretto. Il blu dell’acqua, le feluche, una nave da crociera in lontananza con le mille luci accese, o una Caronte che arriva o parte, il sole che si riflette sull’acqua o che illumina i monti calabri, i due piloni che si guardano, il faro che saluta e l’altro che, poco dopo, risponde. O di notte, quando sull’acqua si specchiano le luci delle case di Reggio, dando vita alla sua gemella capovolta. O quando Fata Morgana si diverte con la sua lente d’ingrandimento e le navi sembrano fluttuare in aria.

Tutto questo per me è magia, e non pensavo mai potesse essere così bello quando studiavo lo Stretto di Messina sui libri di geografia.

E l’acqua del vostro mare è cristallo liquido, e nuotarci è il regalo più grande che potesse farmi.

Ho sempre amato l’acqua e a Messina l’acqua è stata per me la chiave per ripartire.

Ho passato il mese di agosto e di settembre al mare, qualche volta in compagnia, ma la maggior parte delle volte da sola. Anche qui mi “sparavo” km e km per arrivare alla mia spiaggia preferita, benché avessi il mare anche sotto casa, perché non volevo accontentarmi né lamentarmi ancora: decisi di prendere il meglio che questa città poteva offrirmi. Granita e brioche e poi tuffi, sole e lo Stretto. La bella vita, letteralmente. Non avevo un lavoro e capii, non senza sforzo, che era inutile starmene chiusa in casa, da sola e con 40 gradi all’ombra alamentarmi di quanto mi sentissi sola e di quanto facesse caldo. Almeno andavo al mare!

Per molti di voi sarà banale, ma vi assicuro che non lo è affatto. Per me è significato “rinascere”.

Una casa vista mare, immersa nel verde, come ho sempre sognato. A due passi dall’autostrada e dai servizi, ma lontana dal caos cittadino. Una gatta nera, come ho sempre sognato. Lei è siciliana e ringrazio la Sicilia anche per questo. La convivenza con il mio compagno, dopo mesi e mesi di relazione a distanza, e sognavo questa vita con lui da subito.

Certo, mancavano ancora lavoro, amici, famiglia, ma ero decisa a prendere quello che invece era presente nella mia vita dopo lo Stretto. E per quelle cose ero consapevole che ci volesse più tempo.

Messina ha messo in discussione le mie sicurezze, mi ha portato via dalla zona di comfort e mi ha fatto sentire “straniera” e sola. Ma l’ho voluto io, ho deciso di partire senza sviscerare prima tutti gli aspetti a cui sarei andata incontro, e forse dentro di me sapevo che avrei dovuto compiere questo salto nel buio per poter abbracciare quelli che erano i miei sogni. Come mi ha detto una mia amica, che ammira il mio coraggio (o la mia follia): “Follow your dreams, they know the way”. I miei sogni mi hanno portato a Messina. Perciò la strada che ho imboccato dev’essere senz’altro quella giusta. E se un tratto di strada si fa lasciando la terra ferma e attraversando il mare per arrivarci, allora è sicuramente quella giusta per me.

Oggi ho parlato del mare, ma non è l’unica cosa che poi mi ha fatto capire che Messina è una città bellissima. A settembre, ricaricata dall’acqua, che mi ha dato la spinta per poter ripartire con un altro passo, ero decisa a scoprire tutti i motivi che rendono questa città meravigliosa.

E voglio condividerli con voi, ma… questa è un’altra storia e ve laracconterò la prossima volta.

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ABRUZZO | Il Museo delle Genti d’Abruzzo

Il Museo delle Genti d’Abruzzo nacque a Pescara nel 1982; esso riunisce i materiali della Mostra Archeologica Didattica Permanente, allestita dall’Archeoclub, e del Museo delle Tradizioni Popolari, costituito dall’A.S.T.R.A., associazione per lo studio delle tradizioni abruzzesi. Le due raccolte vennero donate al Comune di Pescara e fu così fondato il Museo, ospitato nel complesso delle caserme borboniche, sul lungofiume del Pescara.

La struttura

Nell’Ottocento, l’edificio era destinato ai detenuti politici del Regno delle Due Sicilie: tra questi, molti erano gli esponenti del Risorgimento abruzzese. La struttura si articola in due livelli: al piano inferiore vi sono sette sale, due delle quali dedicate al Risorgimento in Abruzzo, due al Museo del Gusto e tre alle gallerie fotografiche dedicate alle Esposizioni Temporanee; al piano superiore, invece, vi sono 13 grandi ambienti, nei quali viene ricostruita, in ordine cronologico, la storia dell’uomo in Abruzzo, dapprima come cacciatore paleolitico, con un’attenzione particolare al contributo delle tribù italiche per l’affermazione di Roma.

Il tema

Interessante è osservare quanto il passato comune di un popolo si sia tramandato fino ai nostri giorni, continuando, ancora oggi, a influenzare l’identità culturale di una collettività, tramite i costumi, le credenze, le tradizioni, ma anche attraverso i manufatti e gli oggetti di uso comune, arrivati vivi e persistenti nella memoria delle famiglie abruzzesi: il tema centrale del polo museale è, dunque, la continuità culturale tra passato e presente. Il tutto viene illustrato al visitatore con supporti multimediali e laboratori didattici, risultando, a tal fine, particolarmente utile la presenza di una preziosa biblioteca storica, in cui sono raccolti documenti inerenti l’abruzzesistica; il materiale qui contenuto riguarda l’etnografia, la preistoria, la protostoria e storia abruzzesi, la pastorizia, l’etnomusicologia, l’antropologia e tutto ciò che sia inerente alla realtà culturale e artistica della regione. Inoltre, sono presenti una fototeca, un’audioteca, laboratori di restauro e un auditorium, per un’estensione complessiva di 3500 mq.

I laboratori didattici

Il Museo si prefigge obiettivi principalmente didattici, come dimostra l’attuazione di numerose visite guidate per le scuole, che prevedono anche laboratori pratici di archeologia sperimentale: ogni anno, il Museo ospita diverse migliaia di studenti nelle sue aule–laboratorio. Gli oggetti esposti ritrovano nuova vita, poiché diventano strumenti di lavoro utilizzati nell’esperienza formativa, guidata da operatori museali specializzati nella ricerca e nella progettazione. I laboratori permettono ai ragazzi di ricostruire il percorso mentale e manuale dell’uomo, in una modalità interattiva e pratica, che li coinvolge maggiormente, permettendo loro di imparare la storia dell’Abruzzo e di conoscere le proprie radici etniche e culturali.

Per maggiori informazioni: http://www.gentidabruzzo.com/

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Una Pescarese a Messina – Lo Stretto indispensabile pt. I

“A Messina non c’è nenti!” dicono. “Non è vero,” rispondo io, “c’è lo Stretto!”. “E grazie!” direte voi.

Messina è una città dai mille volti, decisamente particolare: da un lato il mare, dall’altro le montagne, a nord i due laghi, il faro ed il pilone. La morfologia del territorio geografico occupato dal suo comune è unica al mondo.

Quando decisi di partire mi feci guidare dal cuore, pronta a seguire il mio fidanzato per dare una svolta alla nostra relazione “a distanza”. Eravamo intenzionati ad avvicinarci e, tra i due, io ero quella che poteva spostarsi più agevolmente. Almeno io credevo che fosse così.

Non avevo idea di cosa avrei trovato e di come io stessa mi sarei ambientata in una città completamente nuova, senza le persone con cui amavo condividere il mio tempo, ma circondata da volti da conoscere e, più di tutto, immersa in una realtà e in una cultura a me sconosciute.

La cultura è l’aspetto che incide maggiormente in una società, ne determina la scala di valori, la mentalità comune, le abitudini, l’etica di comportamento, le preferenze, lo stile di vita, addirittura le norme civili “implicite”, il dialetto, e fa, della comunità locale, una collettività unita da un senso di appartenenza profondo, radicato, forte.

Tutte cose che io non conoscevo. Certo, è normale per chiunque decida di lasciare la propria terra di origine per spostarsi altrove, all’estero o entro i confini nazionali, ritrovarsi catapultati in tutto questo. Quello che però io, un po’ ingenuamente, non feci e avrei invece dovuto fare, fu di “studiare” più approfonditamente la realtà messinese prima di partire: conoscerne meglio il clima, il costo della vita, i monumenti, la situazione lavorativa, le dimensioni stesse della città, la viabilità, addirittura il modo di salutarsi e l’orario di chiusura degli esercizi commerciali.

Sembreranno cose di poco conto a chi è nato e cresciuto qui, oppure banali per chi è partito e vive lontano da “casa”. E così la pensavo anche io e ingenuamente credevo che non sarebbe cambiato nulla se avessi conosciuto tutte queste cose solo una volta arrivata.

Quello che in realtà accadde ebbe l’effetto di una bomba su di me: proprio perché Messina è una città dai mille volti, trasferirmi qui ebbe un impatto devastante sul mio equilibrio, mentale soprattutto.

Messina, meravigliosa e “amara” al tempo stesso, mi aveva messo sotto scacco!

E non vogliatemene se la definisco “amara”. Mi riferisco a tutte le difficoltà che questa città, anche a causa di amministrazioni incompetenti, presenta ai suoi abitanti quotidianamente. Le ha presentate, TUTTE, anche a me.

A cosa mi riferisco? Lo sapete meglio di me.

Sono qui per raccontare come ho deciso di vivere qui. Non sopravvivere, proprio vivere, e voglio raccontare una Messina meravigliosa, tralasciando le amarezze, perché quelle le conosciamo tutti, voi meglio di me. Voglio raccontare i motivi per cui amare questa città e andarne finalmente e pienamente fieri.

Troppo spesso il lato più “oscuro” di questa città ha messo in ombra il lato “splendente” e ha convinto alcuni messinesi a pensare che a Messina non ci sia “nenti”.

Ho deciso che questo mio spazio avrà un ruolo “sovversivo”.

Da marzo, quando arrivai qui l’anno scorso, fino a luglio stetti malissimo. Mi sentivo sola, frustrata e impotente di fronte alle difficoltà e all’assenza di senso civico di alcune persone, non solo alla guida. Non riuscivo a conoscere nessuno, sebbene io abbia un carattere molto socievole, percepivo diffidenza verso la mia persona e non trovavo lavoro. Il mio fidanzato mi consolava e mi aiutava, ma non poteva certo sostituirsi a me. Avevo difficoltà a spostarmi in macchina perché puntualmente Google Maps mi spediva in luoghi a mesconosciuti e in quartieri poco “cordiali”. Oggi rido tantissimo di queste mie avventure su strada. Non so quante volte mi sono persa in macchina, ma ho sempre affrontato la cosa con ironia. Finché ho carburante nel serbatoio e la macchina cammina va tutto bene mi dicevo.

Sorprendentemente ho imparato nuove strade proprio perdendomi.

Ho cominciato a risalire la china proprio a partire dal mio senso di frustrazione. Ho capito di aver toccato il fondo quando, verso luglio, non mi riconoscevo più. Dov’era la mia determinazione? Mi stavo arrendendo e provavo tantissima rabbia, perché non trovavo la soluzione al mio malessere e non riuscivo a reagire. Nella mia vita ho affrontato parecchie sfide e mi sono sempre messa in gioco. Spesso ho nuotato controcorrente. Ho seminato, coltivato e raccolto. E in questo modo mi sono formata e fortificata. La frase che più spesso ripetevo era: “Com’è possibile che una persona della mia struttura si sia fatta mettere sotto scacco da una città?”

La verità, che ho capito solo a distanza di tempo, è che ogni sfida è diversa. E ora posso affermare che questa è stata la più grande che io abbia mai affrontato.

Quando ho toccato il fondo, ho canalizzato la mia rabbia e sono ripartita dalle basi, da me, dal mio centro.

Ho sempre amato l’acqua. Nuotare mi trasporta in un universo parallelo, fatto di pace e silenzio. Sott’acqua il blu mi distende e l’unico suono che percepisco è quello del mio respiro. Posso ascoltarlo isolato da tutti gli altri rumori. Osservo le bollicine che salgono in superficie. Percepisco la mia essenza. E ad ogni bracciata il mio respiro va a ritmo. L’acqua mi fa galleggiare, il mio peso è nullo e posso lasciare andare le mie difese, sicura che mi sosterrà.

A giugno mi iscrissi dunque in piscina, al CUS. Ogni giorno prendevo la macchina e dalla zona sud percorrevo tutta la distanza per poter tuffarmi in vasca. Poi a luglio annunciarono la chiusura estiva: “Le persone se ne vanno al mare”. “A Pescara la piscina è aperta tutto l’anno. Ecco un’altra differenza che non mi piace!” pensai. Di nuovo rabbia, di nuovo mi sentivo privata di qualcosa in cui potevo finalmente riconoscermi.

“Le persone se ne vanno al mare”. Al mare. Il mare. Messina è su un’isola, è circondata dal mare. Ok, sono a Messina e farò anche io come i messinesi, vediamo come va”.

Quando chiedo ai ragazzi delle scuole cosa ha di bello Messina mi rispondono: “Il mare e basta”.

Intanto analizziamolo questo mare. Pescara sorge sulla costa adriatica, io sono cresciuta in una città di mare e non potrei farne a meno. Benché ami la mia città, devo riconoscere che lo spettacolo che ho davanti agli occhi tutti i giorni qui è unico e non ha eguali. Molti messinesi ci sono abituati e alcuni, mi è parso di capire,  non ci fanno più caso.

Qui entro in gioco io, che vedo la città con occhi diversi, perché tutto è sì sconosciuto, ma sconosciuto significa per me da conoscere, e dunque è nuovo.

 

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Una Pescarese a Messina | L’arrivo

Era il 28 Febbraio dello scorso anno e mi accingevo a caricare sulla mia automobile molti, moltissimi oggetti. Sfruttavo l’effetto tetris per impilare nella maniera più compatta (e sicura) possibile tutto ciò che ritenevo vitale e di assoluta necessità per i primi giorni, gli effetti personali a cui tenevo di più e che non avrei potuto fare a meno di portare con me, vuoi per un reale utilizzo pratico, vuoi per un forte legame affettivo. Nel loro piccolo, speravo mi aiutassero ad affrontare ed alleviare il senso di “non appartenenza” che avrei avvertito inizialmente.

E così, sotto la neve, caricavo e sistemavo, finché la macchina non fu piena zeppa e non fu possibile inserire altro. A Pescara nevicava da giorni e io non potevo scegliere scenario più romantico e struggente per il giorno in cui avrei cambiato radicalmente la mia vita, costruita con soddisfazione e determinazione.

Io e Domenico, il mio fidanzato, salimmo in macchina, una vecchia Yaris Luna, alla quale stavo chiedendo di affrontare un viaggio di 800 km, un po’ troppo per la sua lunga vita fatta di anni di onorato servizio, e salutati amici e familiari, ci mettemmo in viaggio. La macchina non era mai carica quanto il mio cuore, che pesava molto  più di tutto quello che ero riuscita a portare a bordo.

 Iniziava la mia nuova vita. Un po’ alla Lucia Mondella, dall’autostrada davo il mio “addio ai monti” innevati, tra le lacrime e il riso. La scena in effetti doveva apparire tragicomica agli occhi di Domenico, che mi consolava e rideva con me.

Un salto nel buio.

Ad attendermi la famiglia del mio fidanzato e nulla più, un contratto di affitto dell’appartamento che avevamo scelto e poi basta. Un salto nel buio!

Ero già stata a Messina altre volte, di passaggio, permanendo solo qualche giorno per volta, ed ero ben consapevole che queste brevi visite non potevano certo restituirmi e darmi un’idea precisa della città di Messina nel suo complesso.

Mi chiamo Chiara, sono pescarese di origine, e vivo a Messina da 10 mesi.

Pochi, ma sufficienti a farmi un’idea della città che ora è la mia seconda casa.

Ho deciso di aprire questa rubrica per raccontare ai messinesi la loro città, da un punto di vista nuovo, quello di una pescarese trapiantata nella città che sorge sullo Stretto più famoso d’Italia.

E la domanda, quindi, sorgerà spontanea: ma che ne sa una pescarese di Messina?

Ma la prima domanda che in realtà tutti, o quasi, mi hanno rivolto quando ho detto loro di essermi trasferita dal “continente” per vivere qui è stata un’altra: “Ma cu t’a fà fari??”

E da qui, una, due, tre, dieci volte, ho capito che i messinesi che stavo conoscendo non mostravano di avere una  concezione tra le più rosee della loro città.

Ebbene, vi scrivo per raccontarvi di una Messina sconosciuta ai più e che può risollevare la dignità di questa città e del suo popolo. Una città con millenni di storia e troppo spesso bistrattata e considerata ingiustamente l’ultima ruota del carro, lo zimbello di tutte le altre province della Trinacria, e difesa in maniera non abbastanza risoluta e convinta dagli stessi messinesi, che dicono che a Messina non c’è niente, ma in fondo guai a chi gliela tocca.

Vi lancio la sfida: vi mostrerò che non è vero che “a Messina non c’è nenti!”. Scommettiamo?