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PERSONAGGI ILLUSTRI | Giuseppe La Farina, patriota messinese e politico italiano

Giuseppe La Farina nasce il 20 Luglio 1815 a Messina da Carmelo e Anna Muratori. Si dedica agli studi letterari, laureandosi in Giurisprudenza, diviene patriota, politico e scrittore. Sulla sua formazione esercitò un peso fondamentale la temperie politico-culturale cittadina, da tempo sorda all’indirizzo separatista e più di recente apertasi alla predicazione unitaria mazziniana, oltre all’influenza del padre, professore di aritmetica e geometria nel Collegio Carolino che, nel 1828 era stato arrestato per la sua appartenenza alle sette e trasportato a Favignana, insieme al figlio tredicenne.

Nel 1833 La Farina esordì come pubblicista, prima collaborando a Lo Spettatore Zancleo, poi, dal 1835, scrivendo articoli, recensioni e rassegne di vario genere in un altro periodico, Il Faro, e pubblicando in particolare un Elogio del cavaliere Vincenzo Bellini (Messina 1836), letto in una seduta dell’Accademia Peloritana (26 nov. 1835) in occasione della morte del compositore.

La sfera patriottica e quella letteraria si fondono dopo i moti rivoluzionari del 1837 quando, costretto a rifugiarsi a Firenze, si dedica alla scrittura e pubblica diverse opere, tra le quali ricordiamo: L’Italia nei suoi monumenti, ricordanze e costumi; Studi storici sul secolo XIII e Storia d’Italia narrata dal popolo italiano. A Firenze diresse anche un giornale, L’Alba, il primo di stampo democratico-sociale.

Lo scoppio della rivoluzione in Sicilia lo riportò sull’isola per vederlo, nel 1848, deputato alla Camera dei Comuni.

Emigrato in Francia, scrisse Istoria documentata della rivoluzione siciliana e Storia d’Italia dal 1815 al 1850. Verso la fine del 1856 assieme a Daniele Manin e a Giorgio Pallavicino Trivulzio fondò la Società Nazionale Italiana, una associazione avente l’obiettivo di orientare l’opinione nazionale verso il Piemonte di Cavour. La Farina ebbe parte attiva alle annessioni del regno sabaudo e favorì la spedizione dei Mille in Sicilia.

Giuseppe La Farina

Ritorna in Italia per fondare la Rivista contemporanea e scrive un romanzo storico. Nel 1856 aderisce alla monarchia, divenendo fidato collaboratore di Cavour, la cui politica appoggiò la Società Nazionale Italiana precedentemente fondata. Eletto deputato al primo parlamento italiano, nel 1860 fu nominato Consigliere di Stato, successivamente Ministro dell’istruzione, dei lavori pubblici dell’interno e della guerra.

Inoltre, fu membro di alcune Logge massoniche di Torino, tra cui: “Ausonia”,“Il Progresso” “Osiride”. Sempre nel 1860, si recò in Sicilia per affrettarne l’annessione al Piemonte, ma Garibaldi lo espulse clamorosamente. Non riuscì più a ritornare in Sicilia per via dell’ostilità delle fazioni autonomista e repubblicana. Dopo la morte di Cavour, passò all’opposizione. Morì nel 1863, tumulato a Torino tra le tombe di Vincenzo Gioberti e Gugliemo Pepe, le sue ceneri furono trasferite a Messina nel 1872 per l’inaugurazione del Gran Camposanto per giacere nel Famedio degli uomini illustri. Un illustre messinese che ha saputo dare lustro alle proprie origini peloritane e ad una intera nazione, venendo celebrato e ricordato in diverse città.

Nella sua terra natale Messina, gli venne intitolata infatti un Liceo; a Torino, invece, nella centralissima Piazza Solferino, è stato eretto in suo onore un monumento in marmo bianco che lo effigia nell’atto di leggere un documento; a Firenze, sul lato nord del chiostro della Basilica di Santa Croce, è presente un monumento a lui dedicato con un’iscrizione che racchiude l’essenza di questa incredibile figura: «A Giuseppe La Farina – messinese – Amò il vero gli uomini la patria – patì dolori disinganni esili – operò con fede costante alle sorti nuove dell’Italia combattendo col braccio e coll’ingegno – soldato poeta istorico sostegno dell’italica gloria moriva il 5 settembre 1863 di anni 47 – alle vegnenti generazioni esempio imitabile».