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SPECIALE GIORNO BUIO | Chi era Peppino Impastato, ucciso da Cosa Nostra nella notte buia dello Stato Italiano

Negli occhi si leggeva la voglia di cambiare
La voglia di Giustizia che lo portò a lottare
[…]
Era la notte buia dello Stato Italiano
Quella del nove maggio settantotto
La notte di via Caetani, del corpo di Aldo Moro, l’alba dei funerali di uno stato…

Cantavano così, nel 2004, i Modena City Ramblers con la canzone I cento passi che, insieme all’omonimo film di Giordana, celebra la vita e denuncia la morte di Giuseppe «Peppino» Impastato. Versi importanti che si soffermano non solo su Impastato, ma anche sull’uccisione di Moro, avvenuta nella stessa notte. «L’alba dei funerali di uno stato», dicono. Perché così è stato. La mattina del 9 maggio 1978 l’Italia si sveglia sotto una cattiva bandiera, quella dell’illegalità e della soppressione di figure coraggiosamente “scomode”: l’onorevole Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse, e Giuseppe Impastato, ucciso a soli 30 anni dai suoi vicini di casa, boss di «Cosa Nostra».

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Peppino Impastato (immagine da: La voce di New York)

Ma chi era Giuseppe Impastato e perché la mafia l’ha ucciso?

Il coraggio di ribellarsi
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Peppino con il padre Luigi negli anni ’50

Giuseppe Impastato nasce a Cinisi (PA) il 5 gennaio del 1948 da Felicia Bartolotta e Luigi Impastato. Una famiglia ben inserita nella realtà locale, quella mafiosa. Il padre era stato mandato al confino di polizia durante il periodo fascista. Una zia di Giuseppe, sorella di Luigi, aveva sposato Cesare Manzella, boss mafioso che aveva visto nel traffico di droga la nuova strada per accumulare denaro. Manzella, infatti, morirà nella sua Alfa Romeo Giulietta imbottita di tritolo, in un agguato mafioso nel 1963.

Giuseppe si ritrova a crescere, dunque, in un ambiente che non fa sconti a nessuno, uno di quei posti dove si ha già il destino segnato. Perché se nasci in una famiglia mafiosa sai già cosa farai “da grande”. Ma Giuseppe non si arrende a questo “destino”. No, “Peppino” lo capisce subito che qualcosa non va, che non è quello il modo di farsi strada nella vita. E proprio l’uccisione di Manzella scuote fortemente la coscienza “antimafiosa” di Giuseppe. A soli quindici anni termina i rapporti con il padre, che lo caccerà di casa giurando «E questa è la mafia? Se questa è la mafia allora io la combatterò per il resto della mia vita».

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Peppino Impastato (foto via Left)

Quando, nel ’77, il padre morirà in un incidente stradale sospetto, al funerale, Giuseppe rifiuterà di stringere la mano dei boss locali.

L’impegno politico
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Un numero de L’idea socialista del 1965 (foto da: Gruppo Laico di Ricerca)

Terminati gli studi al Liceo Classico di Partinico (PA), Peppino si avvicina alla politica. Nel 1965 fonda il giornalino L’idea socialista, aderendo al PSIUP, Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Un impegno politico che va oltre la lotta alla mafia. Dal 1968 in poi partecipa in qualità di dirigente alle attività dei gruppi comunisti. Fa proprie le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati.

«Arrivai alla politica nel lontano novembre del ’65, su basi puramente emozionali: a partire cioè da una mia esigenza di reagire ad una condizione familiare ormai divenuta insostenibile». Con queste parole Giuseppe racconta, in una sua autobiografia abbozzata, di come sia arrivato a intraprendere un cammino coraggioso e rischioso. «Mio padre», continua, «capo del piccolo clan e membro di un clan più vasto, con connotati ideologici tipici di una civiltà tardo-contadina e preindustriale, aveva concentrato tutti i suoi sforzi, sin dalla mia nascita, nel tentativo di impormi le sue scelte e il suo codice comportamentale. È riuscito soltanto a tagliarmi ogni canale di comunicazione affettiva e compromettere definitivamente ogni possibilità di espansione lineare della mia soggettività. Approdai al PSIUP con la rabbia e la disperazione di chi, al tempo stesso, vuole rompere tutto e cerca protezione… Erano i tempi della rivoluzione culturale e del “Che”. Il ’68 mi prese quasi alla sprovvista. Partecipai disordinatamente alle lotte studentesche e alle prime occupazioni.
Poi l’adesione, ancora una volta su un piano più emozionale che politico, alle tesi di uno dei tanti gruppi marxisti-leninisti, la Lega… Passavo, con continuità ininterrotta, da fasi di cupa disperazione a momenti di autentica esaltazione e capacità creativa: la costruzione di un vastissimo movimento d’opinione a livello giovanile, il proliferare delle sedi di partito nella zona, le prime esperienze di lotta di quartiere, stavano lì a dimostrarlo».

Radio Aut

Il suo impegno sul territorio non riguarda, però, solo l’aspetto politico. Nel ’75 istituisce il Circolo Musica e cultura, promotore di una serie di attività culturali come cineforum, musica dal vivo, teatro e dibattiti. Del circolo facevano parte anche il Collettivo Femminista e il Collettivo Antinucleare.

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Locandina del primo concerto al Circolo Musica e cultura. Ancora oggi appesa nella stanza di Peppino visitabile a Casa Memoria di Cinisi (foto via Rete 100 passi)

Ma la sua lotta agli interessi mafiosi di Cinisi (PA) si fa concreta quando, nel 1977, fonda Radio Aut giornale di controinformazione radiodiffuso, emittente autofinanziata con sede a Terrasini (PA). Lo scopo era quello di fare controinformazione e, soprattutto, di fare satira nei confronti della mafia e degli esponenti della politica locale, denunciando i crimini e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini. Ridicolizzando così la mafia, andrà a colpire proprio i pilastri dell’organizzazione: l’onore e il rispetto. Principale bersaglio degli attacchi radiofonici era il capomafia Gaetano Badalamenti («Tano Seduto», come lo chiamava Peppino), che aveva un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga attraverso il controllo dell’aeroporto di Punta Raisi (PA).

Radio Aut, la sede a Terrasini (foto via Nando dalla Chiesa)
L’omicidio ha un nome chiaro: MAFIA

Nel 1978, invece, Peppino si candida alle elezioni comunali di Cinisi (PA) nelle liste della Democrazia Proletaria. Le elezioni si sarebbero tenute il 14 maggio 1978, ma Giuseppe non fa in tempo a vederne i risultati. Nonostante gli avvertimenti ricevuti durante una campagna elettorale incentrata sui continui attacchi ai Badalamenti, qualche giorno prima delle elezioni era avvenuta l’esposizione di una documentata mostra fotografica sulla devastazione del territorio ad opera di speculatori e gruppi mafiosi. La notte tra 8 e 9 maggio, Peppino Impastato viene rapito e assassinato, a 30 anni, dalla mafia locale, dai Badalamenti, suoi vicini di casa che abitavano a 100 passi di distanza.

Il corpo di Impastato viene fatto saltare in aria con una carica di tritolo sui binari della ferrovia di Cinisi, sulla tratta Palermo-Trapani. Il corpo, sì. Perché Peppino Impastato era già stato ucciso, in un casolare in una stradina nei pressi dell’aeroporto, prima di essere adagiato sui binari della vicina ferrovia per simulare un’esplosione accidentale nel corso di un fallito attentato.

Un omicidio che, da subito, si era tentato di far passare come un attentato terroristico, nel quale Giuseppe sarebbe rimasto vittima del suo stesso tentativo di sabotare la ferrovia. In un fonogramma del 9 maggio, infatti, il procuratore Gaetano Martorana scriveva:

«Attentato alla sicurezza dei trasporti mediante esplosione dinamitarda. Verso le ore 00.30-1 del 9.05.1978 persona allo stato ignota, ma presumibilmente identificata in tale Impastato Giuseppe si recava a bordo della propria autovettura all’altezza del km. 30+180 della strada ferrata Trapani-Palermo per ivi collocare un ordigno dinamitardo che, esplodendo, dilaniava lo stesso attentatore».

Una spiegazione che non ha mai convinto. Sui muri di Cinisi (PA) appare da subito un manifesto di Democrazia Proletaria che dichiara la matrice mafiosa. A Palermo un altro manifesto recitava: «Peppino Impastato è stato assassinato dalla mafia».

Manifesto che rende note le vere cause della morte di Peppino. Democrazia Proletaria, 9 maggio ’78 (foto via Il Compagno)
La vicenda giudiziaria
Gaetano Badalamenti

Il processo per l’individuazione dei responsabili non è stato né semplice né immediato. Nel maggio del 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del giudice Consigliere istruttore Rocco Chinnici (avviatore del primo pool antimafia, assassinato nel luglio 1983), emette una sentenza, firmata dal consigliere istruttore Antonino Caponnetto, sostituto di Chinnici, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti.

Nel 1986 il Centro Impastato pubblica la biografia della madre di Peppino, nel volume La mafia in casa mia, indicando come mandante del delitto il

boss Gaetano Badalamenti, condannato intanto a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla Pizza connection. Il caso viene però archiviato nel maggio del 1992 ribadendo la matrice mafiosa, ma escludendo la possibilità di individuare i responsabili.

Soltanto nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Palazzolo, che aveva indicato Gaetano Badalamenti come mandante dell’omicidio, l’inchiesta viene riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Gaetano Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. L’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è riconosciuto colpevole e condannato all’ergastolo.

La memoria di Peppino, “amico siciliano”

La rabbia per la perdita e l’ingiustizia hanno però contribuito a mantenere viva sin da subito la memoria di un giovane coraggioso. Alle elezioni comunali di Cinisi (PA) del 14 maggio 1978, infatti, Giuseppe Impastato era stato simbolicamente eletto al Consiglio comunale, nonostante fosse morto 5 giorni prima. Al funerale di Peppino Impastato parteciparono più di mille persone, provenienti da Palermo e dai comuni vicini.

I funerali di Peppino Impastato (via Globalist)

Peppino Impastato è stato uno dei primi a ribellarsi e a denunciare l’operato della mafia. E l’ha fatto, sin da ragazzino, nel modo più brutale possibile, distruggendo uno dei vincoli più importanti dell’organizzazione mafiosa: la “famiglia”. Oramai simbolo di lotta, coraggio e giustizia, Peppino è il destinatario di numerose commemorazioni e iniziative.

Dal cinema, con uno straordinario Luigi Lo Cascio agli esordi ne I cento passi di Marco Tullio Giordana, alla musica, con l’oramai celebre I cento passi dei Modena City Ramblers.

Luigi Lo Cascio sul set de I cento passi (foto via La Repubblica)

Ma oltre al cinema e alla musica, molte sono le iniziative volte a onorare la sua memoria e il suo operato. Tra le tante si ricordano:

  • l’8 maggio 1998, l’Università degli Studi di Palermo gli conferisce la laurea honoris causa in Filosofia alla memoria;
  • dal maggio 2002 si svolge a Cinisi il Forum Sociale Antimafia «Felicia e Peppino Impastato»;
  • Acireale, Taranto, Torino, Velletri e Quartu Sant’Elena (CA) gli hanno dedicato vie, piazze, giardini e laghetti;
  • il 10 marzo 2010, il Partito della Rifondazione Comunista di Taranto inaugura un circolo intitolato in suo nome, alla presenza del fratello;
  • il 20 aprile 2010 a Perugia, in occasione del Festival Internazionale del Giornalismo, presso i giardini del Pincetto, è stato piantato un ulivo e posta una targa in memoria di Peppino Impastato e dei giornalisti uccisi per mano della mafia;
  • il 15 maggio 2010 la chiave della casa di Gaetano Badalamenti, sita in corso Umberto, è stata consegnata al sindaco di Cinisi; successivamente, l’immobile è stato consegnato ufficialmente all’Associazione Culturale Peppino Impastato di Cinisi (PA);
  • nel 2012 la casa di Peppino Impastato diventa bene culturale come “testimonianza della storia collettiva e per la sua valenza simbolica di esempio di civiltà e di lotta alla mafia”.

Inoltre, ogni anno, a Cinisi (PA), in occasione dell’anniversario della morte, si organizza un corteo cui prendono parte sindaci da tutta Italia insieme a migliaia di giovani. Non si tratta di un corte fine solo al ricordo di Peppino Impastato, ma anche di una forte presa di posizione contro la mafia per portare avanti le idee e l’impegno di un giovane eroe. Quest’anno, a causa dell’attuale situazione pandemica, il corteo si è svolto in maniera anomala: un corteo virtuale. Perché la pandemia può anche “costringere” a casa, ma la lotta alla mafia e all’illegalità, unite al ricordo di Peppino Impastato, non si ferma.

Il corteo in ricordo di Peppino Impastato a Cinisi (PA) – foto: Giornale di Sicilia
«La mafia è una montagna di merda!».

- Peppino Impastato, 1948-1978
Accadde oggi

SPECIALE GIORNO BUIO | Il 9 maggio del 1978 l’Italia morì due volte

9 maggio 1978: l’Italia venne scossa da due episodi talmente gravi da poter affermare che in questa data, 43 anni fa, l’Italia morì due volte. Oggi, a causa di questi avvenimenti, ricorre il «Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice»; la Giornata venne istituita il 4 maggio 2007 e viene celebrata il 9 maggio in considerazione del fatto che in questa data venne ucciso brutalmente dalle Brigate Rosse Aldo Moro; lo stesso giorno venne assassinato il giornalista Peppino Impastato.

Caso Moro
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Aldo Moro in una foto scattata durante la prigionia

L’episodio di Moro ha suscitato fin da subito un grande interesse mediatico, data la posizione pubblica del politico. Il presidente della DC venne rapito il 16 marzo 1978 dalle Brigate Rosse; durante l’atto vennero uccisi anche gli uomini della scorta. Durante il periodo di prigionia il Paese si divise in due schieramenti: chi sosteneva si dovesse trattare con i terroristi e chi, invece, si rifiutava di scendere a compromessi. Lo Stato alla fine scelse la linea dura e il 9 maggio il corpo del politico venne rinvenuto senza vita all’interno del bagagliaio di una Renault 4 in via Michelangelo Caetani a Roma.

Il ritrovamento del corpo di Moro dentro la Renault 4 (foto: ANSA)
Caso Impastato
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Peppino Impastato (foto: ANCI)

La vicenda di Peppino Impastato ha avuto inizialmente un impatto minore. Il giornalista e attivista nel 1978 si candidò al consiglio comunale della sua città, Cinisi (PA), nella lista di Democrazia Proletaria; tra l’8 e il 9 maggio dello stesso anno venne brutalmente ucciso, legato ai binari con una carica di tritolo posta sotto al corpo. A causa di possibili depistaggi di stampo mafioso, all’inizio venne considerato come lui stesso un attentatore a cui andò storto qualcosa o alcuni pensarono a un episodio di suicidio. Si dovette attendere il 1984 per avere una prima sentenza dove si leggeva dell’ombra della mafia dietro la sua morte. Dopo alcune archiviazioni negli anni ’90, nonostante la matrice mafiosa fosse oramai confermata, si dovettero aspettare due date significative:

  • 5 marzo 2001, la corte d’assise condanna Vito Palazzolo a trent’anni di carcere poiché mandante dell’omicidio Impastato;
  • 11 aprile 2002, venne inflitto l’ergastolo a Gaetano Badalamenti per aver ordinato l’omicidio Impastato.
Foto di Paolo Chirco
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NEWS | Palermo, Radio 100 Passi festeggia i suoi 10 anni di attività e il compleanno di Peppino Impastato

Il 5 gennaio 1948 nasceva Peppino Impastato.

Nel maggio 2007 nasceva “Rete 100 passi” che ha scelto di commemorare le vittime di mafia il giorno della loro nascita e non in quello del loro assassinio.

Per questo, la prima trasmissione di “Radio 100 passi” dalla casa di Peppino Impastato proprio il 5 gennaio 2010, giorno del suo compleanno.

Da quel giorno, ogni 5 gennaio questa trasmissione si occupa soprattutto di far nascere una nuova iniziativa. Quest’anno, verranno festeggiati i 10 anni di attività di Radio 100 passi con un evento che vedrà la partecipazione di: Roy Paci, Michele Piccione, Totò Grilletto-Ncantu d’azziz, Dino Pizzuto, Stefania Mulè, Taligalè.

Con Mario Azzolini e Danilo Sulis ci saranno gli interventi di:

  • Giovanni Impastato (fratello di Peppino);
  • Luisa Impastato (nipote di Peppino e presidente Casa memoria Impastato);
  • Francesco Impastato, (cugino di Peppino, protagonista della attività degli anni 70 e socio fondatore di Rete 100 passi);
  • Umberto Santino, (Centro di documentazione Impastato);
  • IMD, (scrittore ed ex polizziotto della catturandi di Palermo);
  • Luigi Lombardo (sindacato di polizia);
  • Monica Soldano, (direttore responsabile testata giornalistica 100 passi);
  • Marcella Stagno (collettivo femminista circolo musica e cultura e radio aut);

e di coloro che hanno contribuito in questi anni alla vita di Radio 100 passi.

 

Appuntamento quindi per Lunedì 3 febbraio dalle 15.00 alle 20.00 presso il CIRCOLO MUSICA E CULTURA – RADIO 100 PASSI in Via Carducci 8 Palermo

– Ingresso Libero –