Pedagogia teatrale

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TEATRO | Il teatro contemporaneo e la pedagogia teatrale. Omaggio a Gigi Proietti

Le sperimentazioni del Novecento hanno portato all’evoluzione del mezzo teatrale, da allestimento di uno spettacolo a potente strumento di formazione personale, in primis per l’attore.
La potenza educativa del teatro è stata oggetto di studio e, ad oggi, viene applicata sempre più in ambito pedagogico e scolastico.

La peculiarità dell’arte teatrale è quella di coinvolgere l’individuo nella sua interezza come persona: la sua fisicità e la plasticità, la sua sfera emotiva, necessaria per impregnare il gesto scenico di verità e, non ultima, la sua sfera morale e la scala di valori in cui crede.
L’attore è prima di tutto essere umano, messo a nudo sul palco, che comunica con altri esseri umani in platea. Ha qualcosa da raccontare, che accomuna tutti nella condizione di uomini: il conflitto e le emozioni che si vivono nel quotidiano.

Il Teatro – Educazione

In questo senso diventa fondamentale e cresce in importanza la fase dedicata al laboratorio.
L’allestimento dello spettacolo non è il fine.
Lo scopo del teatro è condurre l’attore, bambino o adulto che sia, alla scoperta di sé, delle proprie capacità e dei propri limiti, e comunicare ed esprimere sé stesso davanti ad altri.

Durante il Novecento la figura dell’attore è diventata centrale, è soggetto tanto quanto il testo. Ciò che interessa è lo studio sulla persona e sulla sfera delle emozioni. Dalla psicoanalisi di Freud, ai training di Stanislavskij e Barba, tutto ha spostato il fuoco dell’attenzione sull’uomo in quanto tale.

La pedagogia teatrale

Il teatro si mescola con le scienze umane, con le quali si compenetra.
La pedagogia pone al centro dei suoi studi l’essere umano, con il fine di portarlo a una crescita per esprimere tutte le sue capacità.
La convinzione della ricerca pedagogica è che ogni persona abbia un suo potenziale, del quale non è sempre cosciente, e compito del pedagogo è lavorare per portare alla luce le possibilità del singolo, in un percorso volto alla conoscenza e alla conquista di sé.

In ambito teatrale, l’attore, con l’aiuto del regista e del training, è incoraggiato a esprimere la sua personalità e a crescere attivando i propri mezzi espressivi e creativi, in un percorso individuale, ma inserito in un gruppo. L’obiettivo è l’individuo, ma il cammino avviene nella relazione con l’altro, diverso nella sua unicità.

Spesso l’identità del gruppo si rafforza, in un clima di rispetto e ascolto reciproco, il cui percorso è comune; esso si comporta come uno stormo di uccelli che si muove in armonia secondo natura e, al cui interno, ogni esemplare è unico e occupa il suo posto, libero di spostarsi nel volo: tutti insieme contribuiscono all’incanto della danza nel cielo.

La compagnia di attori, o meglio l’ensemble del gruppo, è stimolato alla conoscenza reciproca, alla cooperazione e alla condivisione. È un percorso entusiasmante, altamente formativo e creativo. L’eterogeneità non è debolezza, ma punto di forza: per questo viene valorizzata. Il regista muove le fila e conduce l’ensemble nella giusta direzione.
In tal senso, passa da mero direttore di uno spettacolo a figura di insegnante. È necessario che il regista-insegnante sia anche pedagogista teatrale, per ascoltare gli allievi e condurli al massimo delle loro potenzialità.

Il teatro scende dal palco ed entra nelle scuole

Negli ultimi anni il MIUR ha riconosciuto al teatro il suo potente valore educativo, pedagogico e didattico, inserendolo a tutti gli effetti tra le attività da proporre a scuola.
Oltre ad inserire un laboratorio a scuola, questo si traduce nel portare le scolaresche a teatro, per sperimentare in prima persona il laboratorio in cui ogni bambino può dire la sua e dar voce alle proprie emozioni.

I benefici sono su più livelli, poiché abbracciano la sfera intellettiva, razionale ed emotiva del bambino, il suo pensiero logico, simbolico e creativo. Il tutto inserito in un contesto di gruppo, con le regole da seguire per il rispetto dell’altro, imparando, così, a vivere in socialità. 

Il bambino si sente accolto, accettato nella sua unicità e stimolato a pensare fuori dagli schemi. Ognuno si sente al sicuro nel poter dire la propria senza il timore di essere giudicato.

Coltivare un tale ambiente inclusivo ed assertivo porta enormi benefici alla crescita e alla formazione degli adulti di domani, in una società dove l’omologazione la fa da padrona, in cui gli adulti di oggi molto spesso hanno smesso di comunicare faccia a faccia e le emozioni vengono censurate e le diversità emarginate o messe al bando.

“Benvenuti a teatro, dove tutto è finto ma niente è falso”: omaggio a Gigi Proietti

Il mondo del teatro piange la scomparsa di un mostro sacro del palcoscenico: Gigi Proietti è venuto a mancare nel giorno in cui avrebbe compiuto 80 anni, oltre 50 dei quali trascorsi sulle scene italiane.

Proietti ha segnato profondamente la storia del teatro contemporaneo nazionale. Un artista poliedrico, ha spaziato dal teatro, suo primo e inarrivabile amore, al cinema, la tv e il doppiaggio, prestando la voce a numerosi personaggi straordinariamente diversi tra loro. A lui bisogna riconoscere il talento di cimentarsi in canali espressivi variegati, mantenendo sempre alto il suo stile: comico, drammatico, originale e mai volgare. Si è saputo distinguere per la raffinatezza e, al contempo, la sincerità del suo recitare, perché, come ha detto una volta: “A teatro tutto è finto ma niente è falso”. Grazie Gigi.

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TEATRO | Come cambia il modo di fare teatro nel secondo dopoguerra

La ricerca teatrale in Europa, negli anni ’60 e’ 70 del Novecento, ha riportato in primo piano il gesto scenico, l’azione fisica dell’attore. Nasce, così, il training attoriale, propedeutico alla preparazione dello spettacolo. Il laboratorio assume via via sempre più importanza, diventando fondamentale per la messa in scena finale, che è solo l’ultima parte di un percorso molto più lungo. Lo spettacolo è solo una porzione del lavoro, non la più importante.

Le contaminazioni artistiche

Il teatro, nella sua sperimentazione, si lascia contaminare da altre forme d’arte, specialmente quelle orientali come lo yoga, la meditazione e le arti marziali, dalle quali prende in prestito la filosofia spirituale e l’armonia della creazione.

L’attore lavora sull’equilibrio interiore e sulla “pulizia” in scena, per trovare la verità del personaggio. Sempre più spesso il regista sceglie di impostare il lavoro “per sottrazione”, diminuendo il più possibile tutti gli ornamenti e i supporti: la scenografia si riduce all’essenziale e all’attore viene chiesto di “asciugare” il più possibile la recitazione.

Il Teatro Povero di Grotowski

Il regista polacco Grotowski portò avanti questa filosofia e la definì “Teatro Povero”: l’allestimento scenico fu ridotto al minimo, per spostare il focus sulla preparazione degli attori, che sottoponeva a un rigido training fisico e vocale per intensificare le loro capacità espressive.

Il momento fondamentale per Grotowski, infatti, non era lo spettacolo, bensì le prove, durante le quali si instaurava uno stretto rapporto tra il regista e l’attore.

L’Odin Teatret di Eugenio Barba

Eugenio Barba è un regista italiano ed è stato allievo del maestro Grotowski. Nel 1964 ha fondato a Oslo, in Norvegia, l’Odin Teatret, una compagnia teatrale multiculturale.
Punto cruciale della ricerca del gruppo è l’approfondimento del lavoro dell’attore per mezzo del training. Il laboratorio di preparazione può durare anche anni e non può essere vincolato ai tempi stretti della produzione di spettacoli.

Compare, per la prima volta nel loro lavoro, l’approccio pedagogico, tramite il quale gli attori si auto-preparano, confrontandosi tra loro. Essi sono spinti dal regista ad acquisire da sé i mezzi espressivi più adatti. È favorito lo studio personale, attingendo da diverse culture e tradizioni performative. La compagnia e il regista compiono numerosi viaggi per informarsi, al fine di arricchire il loro bagaglio culturale e artistico, entrando in contatto con altri stili e tecniche.
Il training diventa finalmente strumento di crescita personale, per formare un attore preparato e reattivo a ogni stimolo fornito dal testo e dal regista. Il direttore della compagnia dà l’input, ma la ricerca è tutta dell’attore, libero di riportare, in fase di laboratorio, le suggestioni più simili al vero.