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SPECIALE LEOPARDI | “La ginestra” nell’era del Covid-19

Πάντα ῥεῖ in greco antico significa “tutto scorre”, tutto si muove e nulla resta fermo. Parliamo di un concetto che ha le radici nel pensiero del filosofo greco Eraclito, ma è sempre attuale. Mai ferma nella sua epoca e più attuale che mai è la lirica di Giacomo Leopardi La ginestra.

Vai sognando la libertà, e allo stesso tempo vuoi rendere di nuovo schiavo il pensiero, grazie al quale soltanto noi uomini ci risollevammo in parte dalla barbarie medievale e progrediamo nella civiltà, che è l’unica a guidare verso il miglioramento il destino dei popoli. Perciò ti fu sgradita la verità del crudele destino e dell’infima posizione che la natura ci ha assegnato (vv. 72-80).

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Manoscritto de La ginestra 
Contrastare la natura “matrigna”

Giugno 2021. Il mondo intero è piegato in due a causa di una pandemia. Si inizia a vedere la luce in fondo al tunnel, ma la gente è al limite delle sue forze e ancora tremante verso un futuro incerto. Ci si continua a porre domande a cui è difficile dar una risposta certa, tutto si specchia nell’instabilità. Ci si chiede quale sia l’origine del virus che continua a mietere numerose vittime; non si comprende se di origine naturale o se frutto di un esperimento in laboratorio o di un complotto. C’è chi si chiede se si arriverà mai realmente a una fine, se ci sarà mai un ritorno alla “normalità”. Con gli occhi di chi ha visto andar via vite legate alla propria, si pretendono risposte.

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Il bacio tra due infermieri in un reparto Covid e il messaggio di speranza: «L’importante è che restiamo uniti» (Fonte: Il Mattino.it)

Io certo non ritengo un essere nobile colui che, nato per morire, cresciuto in mezzo al dolore, afferma: «io sono stato creato per essere felice», e riempie i suoi scritti di orgoglio rivoltante, promettendo su questa Terra destini sublimi e forme ignote di felicità, che l’universo intero ignora, non solo questo globo a popoli che un maremoto, un soffio d’aria corrotta (portatrice di epidemie) o un crollo nel sottosuolo (causa di terremoto) distrugge al punto che appena appena resta il loro ricordo (vv. 98-110).

La ginestra è una lirica scritta nel 1836 a Torre del Greco, dove  Giacomo Leopardi si era rifugiato per sfuggire all’epidemia di colera che imperversava a Napoli. Lo spunto iniziale della poesia è dato dalla viva impressione suscitata in Leopardi dalla fioritura della ginestra sulle pendici del Vesuvio, fiore che nasce in luoghi impervi e che, tuttavia, è bello e profumato.

Il ginestreto del Vesuvio – foto: Parco Nazionale del Vesuvio

Questo splendido fiore rappresenta per Leopardi la fatica dell’uomo nel superare le sofferenze, ma, nonostante ciò, vede speranza. Gli uomini per contrastare la natura “matrigna” devono unirsi e accettare il corso degli eventi, prendendo coscienza della propria fragilità; nonché realizzare l’infima consistenza di quel granel di sabbia che è la terra in confronto all’immensità dell’universo. La lirica di Leopardi è un richiamo allo sguardo lucido sulla realtà, a un atteggiamento che pone nella coscienza razionale la vera grandezza e dignità dell’uomo.

La ginestra ha significati simbolici: la pietà, la speranza e la solidarietà tra gli uomini, che rappresentano anche la nostra era Covid-19. Noi tutti ci troviamo di fronte allo stesso male, a prescindere dall’origine di questo. Le parole di Leopardi dovrebbero fungere da base morale alla nostra vita di questi ultimi due anni. Dovremmo unire ancora le nostre forze, avere speranza e fiducia per abbattere definitivamente questa natura con sentimenti da matrigna.


Un animo nobile è quello che, nella sofferenza, si mostra grande e forte e che non aggiunge ai suoi mali l’odio e la rabbia tra fratelli, ancora più dolorosi di ogni altro male, accusando gli altri uomini delle sue sofferenze, ma dà la colpa a colei che è davvero colpevole (la natura), che è madre naturale degli uomini, ma, per i suoi sentimenti, matrigna (vv. 118-125).

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ATTUALITÀ | “Super Walls”, sui muri di Padova la street art che guarda alla rinascita (PHOTOGALLERY)

Tra il 5 e il 20 giugno 2021 la città di Padova è stata invasa da artisti di strada provenienti da tutto il mondo per la seconda edizione della Biennale Street Art. A “Super Walls”, infatti, hanno preso parte 39 artisti che hanno colorato Padova con ben 35 opere di street art sul tema della rinascita.

L’iniziativa, curata dal gallerista Carlo Silvestrin e dalla critica d’arte Dominique Stella, ha quindi lo scopo di rendere fruibile un’arte pubblica attraverso la valorizzazione del paesaggio urbano. Ai 39 artisti, di cui 13 donne, con una forte presenza femminile rispetto al passato, è stato chiesto di interpretare con il loro filtro creativo il tema della rinascita, nell’era post-pandemica.

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Alessio-B presso La Cittadella, Padova (immagine via lapiazzaweb.it)

I nuovi murales, inoltre, si aggiungono ai 20 già realizzati in occasione della prima edizione della Biennale Street Art e si collocano su superfici messe a disposizione non solo da privati, ma anche da enti pubblici: scuole, ospedali, istituti religiosi e supermercati.

Le opere

Sia i cittadini sia i visitatori hanno accolto di buon grado le coloratissime opere che contribuiscono alla valorizzazione degli spazi abitati (e non solo). Tra le opere più apprezzate, un posto d’onore spetta al murales di 4000 mq realizzato sull’acquedotto padovano. Ben 6 artisti del collettivo francese La Crémerie hanno lavorato su piattaforme sospese per quasi un mese per dare colore a un grigio edificio ormai tra i simboli della città.

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La Crémerie, Impianto idrico di via Bottazzo, Padova (immagine via lapiazzaweb.it)

L’Università di Padova, inoltre, in occasione delle celebrazioni per i suoi 800 anni, ha messo due muri a disposizione degli artisti, uno dei quali sapientemente occultato dall’artista Peeta all’interno di un suo murales.

Peeta presso Università degli Studi di Padova (immagine via lapiazzaweb.it)

Un altro murales che è già entrato nel cuore di molti è quello dell’abbraccio tra un uomo e una donna su un muro dell’Ospedale Sant’Antonio di Padova. Alto più di 20 metri, il murale è un dono di nozze dell’artista olandese JDL al fratello adottivo e alla moglie malata di cancro. Un invito all’amore, alla resistenza e alla rinascita, non solo dalla pandemia.

JDL presso Ospedale Sant’Antonio, Padova (immagine via RaiNews)

«Cominciano a crederci un po’ tutti» – dichiara Silvestrin ad ANSA – «non solo i cittadini che ci seguivano già da prima, ma anche persone che per la prima volta si avvicinano a questo mondo». Il curatore spera in un nuovo modo di pensare ai percorsi turistici, introducendo, sulle mappe digitali e non, un itinerario apposito per la street art.

In copertina: Axe presso Alí Supermercati, Tombelle di Saonara. Immagini, dove non specificato, via lapiazzaweb.it.

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SPECIALE COVID | Studiare Archeologia da fuori sede: il pensiero di Gerlando Dario Fiaccabrino della Sapienza di Roma

Il pensiero degli studenti fuori sede cade spesso nel dimenticatoio in questo difficile periodo, anche quando, raramente, il Governo si ricorda delle Università e dei suoi studenti. Lo studente fuori sede ha dovuto affrontare problemi nuovi con il Covid, non soltanto di natura pratica e logistica: affitti, tasse, borse di studio, ma anche altro. Nessuno può testimoniare meglio di uno studente di Archeologia fuori sede quanto la DAD abbia dato e tolto: ha diminuito le distanze con la famiglia, ma ha allontanato da scavi e laboratori. Un interessante punto di vista a riguardo è offerto da Gerlando Dario Fiaccabrino, studente triennale che, partendo da Agrigento tre anni fa, ha deciso di intraprendere il Corso di Scienze Archeologiche alla Sapienza di Roma.

Essere uno studente fuori sede non è facile, né piacevole, porta ad allontanarti da ciò che ami. Luoghi in cui sei nato e cresciuto, affetti personali: sei costretto a lasciare tutto nella speranza di poterti ricongiungere con essi il prima possibile. Ma esiste qualcosa che mi ha dato la forza di staccarmi dalla mia Sicilia: la passione per l’archeologia. Essa mi ha portato fino a Roma, dove ho avuto la possibilità, tramite laboratori ed esperienze di scavo, di toccare con mano quello che ho letto sui libri, di vivere una storia che parla attraverso la cultura materiale. È sullo studio di quest’ultima che l’archeologia moderna si fonda: è quindi indispensabile per un aspirante archeologo, secondo il mio parere, l’esperienza sul campo che a causa della pandemia è venuta meno. Nonostante la distanza da casa si facesse sempre sentire, amavo la mia nuova vita a Roma. Mi è stata però sottratta dall’emergenza Covid che, come è noto, tra le tante cose, ha portato a sospendere tutto il necessario per la formazione di un archeologo. La DAD, per quanto utile, non può di certo colmare tal vuoto. Mi chiedo se sarà possibile recuperare in futuro le esperienze che avrei dovuto fare quest’anno, se ciò non inciderà sulla mia formazione. Mi domando quando potrò tornare a studiare i reperti e ad emozionarmi osservandoli. Se pur, dunque, la situazione attuale mi abbia permesso di tornare a casa e di stare con la mia famiglia, rimpiango il tempo in cui potevo studiare nei musei o partecipare a scavi archeologici. Rimpiango, per certi versi, anche il sentimento di lontananza da casa, che però sono pronto a sopportare pur di far ciò che amo: vivere l’archeologia“.

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SPECIALE COVID | Archeologia preventiva, il bilancio dell’ultimo anno secondo Sebastiano Muratore di “Pàropos”

Continua lo SPECIALE COVID con l’Archeologia preventiva, immancabile e irrinunciabile argomento; probabilmente il settore che meno ha subito il contraccolpo della pandemia. Preziosissima la testimonianza diretta del dott. Sebastiano Muratore, archeologo professionista e presidente della Società cooperativa “Paropos”.

Prima di cominciare è necessaria un’introduzione: chi è Sebastiano Muratore e di cosa si occupa, nello specifico, la cooperativa “Paropos”? 

Molto semplicemente, è una persona che crede ancora in un’archeologia dal sapore romantico senza però perdere il lato scientifico, un’archeologia vissuta con emozione, passione, spesso anche con sofferenza. Questa vibrante passione verso l’archeologia è la base su cui è stata fondata la cooperativa “Paropos”, che ormai da quasi 11 anni si occupa dei vari aspetti dei Beni Culturali, dalla ricerca archeologica in collaborazione con varie università del mondo alla didattica con le scuole, con un occhio di riguardo verso i bambini.

Quest’ultimo anno è stato difficile per qualsiasi attività. Tra restrizioni e chiusure, parziali e totali, quanto ha influito, in base alla sua esperienza, la pandemia nel settore dell’archeologia preventiva?

Certamente per nessuno di noi è stato un annus mirabilis, ma devo dire, d’accordo anche con alcuni colleghi con i quali spesso si collabora, che l’Archeologia preventiva non è stata minimamente intaccata dalla pandemia. Gli unici rallentamenti sono stati causati, più che altro, dalle chiusure degli uffici preposti, ma si è trattato di episodi sporadici.

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Necropoli greca di Santa Panagia a Siracusa in notturna
E per la ricerca? Quante e quali difficoltà si incontrano giornalmente? 

La ricerca è, senza ombra di dubbio, il settore che ha subito di più il problema. Posso dirti ad esempio che alcuni dei cantieri universitari che seguo personalmente o con la “Paropos” sono tuttora inattivi, ed anche se adesso si prova a riorganizzare delle missioni magari ridotte, si sta sempre con la paura di dover bloccare tutto da un momento all’altro…

Cosa ti aspetti dal prossimo futuro? Quali obiettivi ti sei prefissato? 

Io guardo al futuro con gli stessi occhi di Odisseo verso l’ignoto, attirato ma non sedotto. Non ci sono barriere al desiderio di conoscenza, non c’è paura e non c’è un orizzonte. Un obiettivo mi è particolarmente caro: coinvolgere sempre più i bambini per far vivere loro delle esperienze che potrebbero davvero essere speciali! Ed i miei nipoti sono un ottimo banco di prova.

L’Archeologia è sempre stato un settore molto complesso. La carriera universitaria è molto lunga, gli sbocchi lavorativi sono spesso insufficienti. Sei soddisfatto, nonostante tutto, delle scelte che hai fatto? 

Sono assolutamente soddisfatto, soprattutto perché sono riuscito nell’impresa di creare, guidare e tenere viva una società senza l’aiuto di nessuno. Il mondo accademico non mi ha mai affascinato, lo trovo abbastanza statico e settoriale, e quasi sempre non porta a dei risultati adeguati. La libera professione ti permette invece di spaziare su più fronti, a patto di non abbassare l’asticella della qualità.

Necropoli greca di Santa Panagia a Siracusa
Cosa pensi debba cambiare nel futuro per garantire ai giovani possibilità di carriera? E quali consigli ti senti di dare?

Il consiglio principale è uno solo: studiare. E seriamente. Molto spesso mi capita di dover spiegare a ragazzi con lauree, specializzazioni, dottorati e master, anche i più semplici rudimenti dell’archeologia. Non è possibile, ad esempio, che la metodologia sia in pratica un optional! O che la Storia greca sia una lezione da imparare per poi cadere nel dimenticatoio. Studiare seriamente è fondamentale. Così come costruirsi un curriculum partecipando a campagne di scavo che ti permettano di acquisire l’esperienza sul campo sia fisicamente che mentalmente. Perché solo sul campo puoi imparare certi ragionamenti, per certi versi matematici, che ti portano all’interpretazione del mondo antico.

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NEWS | “Piazza in attesa”, a Pietrasanta (LU) l’arte sfida la pandemia

Con una disposizione circolare che richiama Stonehenge, dodici sculture monumentali sono state collocate nella piazza del Duomo di San Martino a Pietrasanta (LU). In piazza, a fianco delle loro opere, ci saranno gli artisti che le hanno realizzate. Al centro c’è una seduta per consentire allo spettatore di rispettare la distanza sociale tra se stesso e le opere.

Pietrasanta è una cittadina toscana in provincia di Lucca, nota per la lavorazione artistica del marmo e del bronzo. Parte, senza pubblico, venerdì 19 marzo l’iniziativa artistica che ha come titolo Piazza in Attesa e sarà disponibile fino al 23 maggio 2021. Si tratta di una collettiva promossa quindi dal Comune di Pietrasanta (LU) e dalla NAG Art Gallery. Il titolo vuole richiamare la condizione di desolazione e insicurezza che ha colpito i luoghi di raduno e anche l’animo umano al tempo del Covid.

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©NAG Art Gallery a Pietrasanta (LU)

Il sindaco di Pietrasanta (LU), Alberto Stefano Giovannetti, annunciando l’iniziativa dice: “riporteremo la scultura in Piazza Duomo anche se nessuno potrà visitarla. Pietrasanta continuerà ad essere un faro di speranza, vivacità creativa e bellezza in questi tempi difficili. Promuoveremo la mostra attraverso i media, le televisioni ed i social esattamente come stiamo facendo per le altre mostre attualmente chiuse per DPCM, ma aperte al pubblico in remoto”. A distanza di sei mesi dall’ultima mostra di Piazza Duomo, Truly di Fabio Viale, il progetto del curatore Vincenzo Nobile riporta l’arte tra le restrizioni della pandemia.

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La Venere di Milo reinterpretata in Truly (©Fabio Viale)

L’arte arriva dunque con i suoi messaggi potenti nel ventre della capitale internazionale della scultura attraverso le dodici figurazioni scultoree in marmo, bronzo ed altre tecniche miste. Altrettanti artisti gravitano intorno alla realtà produttiva di Pietrasanta (LU) da moltissimi anni, come Daphnè Du Barry, Tony Nicotra, Enrico Savelli, R. Bonetti, Boutros Romhein, Katarina Victor-Thomas, Misja K. Rasmussen, Alba Gonzales, Algarco, Alessandra Politi Pagnoni, Tano Pisano, Lorenzo D’Andrea.

Le opere presenti (©NAG Art Gallery)

“La Piazza, luogo da sempre al servizio dello scambio di merci, di relazioni, di attività produttive e creative, – spiega il curatore – appare oggi, dunque, in attesa di un evento che possa rasserenare gli animi e che faccia sperare in un nuovo equilibrio sociale. Speriamo che il sostegno del Comune di Pietrasanta per questa nostra iniziativa possa essere di buon auspicio per il ripristino delle attività individuali e collettive del mondo intero”.

Locandina della mostra (©NAG Art Gallery)

Le sculture quindi resteranno esposte in Piazza Duomo fino al 23 maggio per lasciare poi il posto, a partire dal 19 giugno, alla mostra di Giuseppe Veneziano The Blue Banana che coinvolgerà, oltre al centro storico, il Pontile di Tonfano fino alla metà di settembre. La mostra Italian Newbrown sarà visitabile invece nella Chiesa, nella Sala dei Putti e nella Sala Capitolo: saranno esposti oltre sessanta lavori. Si tratta di opere su tela, carta e tavola e video installazioni, numerosi dei quali inediti. Gli artisti coinvolti saranno: Silvia Argiolas, Vanni Cuoghi, Paolo De Biasi, Fulvia Mendini, Laurina Paperina, Giuliano Sale e Giuseppe Veneziano.

 

 

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NEWS | Stanziato un miliardo di euro per la Cultura

La chiusura di teatri, cinema e musei ha causato una crisi dalla doppia faccia sul piano economico e culturale. Indubbiamente quello della Cultura è stato il settore più profondamente colpito dalla pandemia: alla già precaria possibilità in questo mondo informatizzato di attirare pubblico, si è aggiunta l’impossibilità pratica. Ebbene, arrivano buone notizie (e finalmente ci verrebbe da dire)! Il decreto legge Sostegni stanzia oltre un miliardo di euro per sostenere il settore culturale.

  • 2400 euro per tutti i lavoratori dello spettacolo (reddito inferiore ai 35.000 euro ed un minimo di sette giornate lavorative; reddito inferiore ai 75.000 euro con un minimo di trenta giornate lavorative);
  • 80 milioni di euro destinati al sostegno dei musei statali;
  • 200 milioni di euro al fondo di parte corrente per il sostegno del cinema e dello spettacolo;
  • 120 milioni di euro al fondo per il sostegno delle imprese e delle istituzioni culturali.

Ma c’è di più: la quota parte degli 11 miliardi di euro stanziati a favore delle partite IVA destinata ad operatori e lavoratori autonomi del settore e la proroga delle varie forme di cassa integrazione che andranno a sostegno del reddito dei lavoratori dipendenti del settore culturale e dello spettacolo. Oltre un miliardo, dunque, da investire nella Cultura, che altro non è che espressione della nostra identità!

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Il “Teatro Rosso” in Piemonte
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NEWS | La pandemia al tempo dei faraoni raccontata dal Museo Egizio di Torino

Continua il ciclo di conferenze organizzate dal Museo Egizio di Torino per la stagione 2020/2021, con un programma di alto profilo incentrato sui temi di ricerca e di indagine egittologica, museale e archivistica.

Martedì 24 novembre alle ore 18 sarà trasmessa in streaming sui canali social del museo la conferenza dal titolo “Cause, conseguenze e memoria della pandemia che colpì l’Egitto e il regno ittita nel XIV secolo a.C.”.

Un tema dunque incredibilmente attuale, trattato dal professor Stefano de Martino (Università di Torino, Dipartimento di studi storici) e dal direttore del Museo Egizio Christian Greco.

Una pandemia lunga 20 anni

Durante gli ultimi anni di regno del Faraone Amenhotep IV, la regione corrispondente all’attuale Libano, sotto il dominio egiziano, subì due incursioni militari da parte del re ittita Šuppiluliuma I. Secondo le fonti ittite, i soldati dell’esercito di Šuppluliuma I furono contagiati dalle truppe egiziane e contrassero una grave malattia epidemica.

Anche le lettere di Tell el-Amarna testimoniano la diffusione di un’epidemia nell’area levantina durante il regno di Amenhotep IV. La pandemia, diffusasi in tutto il regno ittita, sembra essere durata circa un ventennio.

Analizzando le fonti ittite disponibili e in particolare le preghiere innalzate alle divinità dal re Muršili II per scongiurare la fine della pandemia, il relatore, in dialogo con il direttore del Museo Egizio, cercherà di comprendere che malattia fosse stata, quali fossero stati i provvedimenti presi dal re ittita e quali ricadute a livello politico ed economico questa grave pandemia avesse avuto (Museo Egizio).

 

Stele dal tempio di Aton, Museo Egizio di Torino (fonte Wikimedia Commons)

Il Museo ha come obiettivo quello di porre la ricerca al primo posto. A questo proposito intende, dunque, diffondere e divulgare le varie attività di ricerca e di studio, anche tramite conferenze in streaming. L’evento è organizzato in collaborazione con ACME, associazione degli Amici Collaboratori del Museo Egizio.

Sarà possibile seguire la diretta sulla pagina Facebook del Museo e sul canale Youtube.