Gli scavi per la realizzazione del collettore fognario sud-est di Palermo hanno riportato alla luce una sepoltura, probabilmente databile al III secolo a.C., secondo quanto dichiarato da Alberto Samonà, Assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana.
La scoperta
Le attività di scavo, coordinate dal RUP Ing. Francesco Morga, sono attualmente sotto la vigilanza e la direzione tecnico-scientifica della Soprintendenza dei Beni culturali di Palermo, diretta da Selima Giuliano.
L’area del ritrovamento, al di sotto di Piazza Indipendenza, sta confermando quanto già emerso dalle indagini precedentemente condotte dalla Sezione archeologica nelle zone limitrofe. Le attività di scavo in via Imera hanno permesso di riportare alla luce 116 ipogei, di ancora incerta datazione, usati come “butti”, ossia cavità progettate e atte allo sversamento di rifiuti, dal periodo islamico (X secolo) a quello normanno (XII secolo).
Già nel 2009, nella parte nord-orientale di Piazza Indipendenza, venne individuata una tomba a camera risalente al III secolo a.C. Secondo gli studiosi, la sepoltura rinvenuta fa parte dell’ area della necropoli punica.
Le indagini
Al momento, le indagini si concentrano su un’area di circa 225mq dalla quale è emersa una porzione di cava, probabilmente utilizzata per l’estrazione di materiale da costruzione in età punica. Nell’area, una tomba a fossa, contenente uno scheletro con un vasetto di corredo, attesta l’uso sepolcrale della zona. Della tomba manca la parte superiore che sembra sia andata perduta già nell’antichità, durante un’ulteriore attività estrattiva.
L’area fu frequentata in età medievale, a testimonianza di ciò vi è il rinvenimento del pozzo a pianta quadrata. Il pozzo ha restituito manufatti di età islamica e normanna, dimostrando la continuità dell’usufrutto del sito.
Si tratta, chiaramente, di notizie preliminari. Le attività di scavo sono tuttora in corso, e solo le analisi successive potranno fornire una lettura maggiormente accurata del contesto.
Il frammento della lastra appartenente al fregio orientale del Partenone, il cosiddetto Reperto Fagan, potrà restare per sempre in Grecia. L’ok arriva dalla Regione Siciliana, a dare la notizia è Alberto Samonà, assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità Siciliana.
Il frammento Fagan
Raffigurato nel frammento del fregio del Partenone è il piede di una Dea, si ipotizza Artemide seduta in trono, adornato da meravigliosi drappeggi della veste. Dallo scorso 10 gennaio, il frammento si trova già al Museo dell’Acropoli di Atene dove, nel corso di una cerimonia a cui ha preso parte il premier greco Kyriakos Mitsotakis, è stato ricongiunto al fregio originale da cui era stato asportato.
Il reperto archeologico, databile al V secolo a.C., giunse all’inizio del XIX secolo nelle mani del console inglese Robert Fagan in circostanze non del tutto chiare. Alla morte di quest’ultimo fu lasciato in eredità alla moglie che lo vendette tra il 1818 e il 1820 al Regio Museo dell’Università di Palermo, l’attuale Museo Archeologico A. Salinas.
Via libera alla sdemanializzazione
Il destino del frammento è stato una delle questioni più dibattute di sempre in ambito archeologico. Grazie all’ esito degli accordi dei mesi scorsi tra il Governo della Regione Sicilia e il Governo di Atene, è stato deciso il ritorno del frammento in marmo pentelico nella capitale greca. Con la delibera di Giunta è stato dato il consenso alla sdemanializzazione del bene, ossia l’atto tecnico necessario per la definitiva restituzione del bene.
Ad oggi si attende unicamente il nulla osta finale del Ministero della Cultura. Così facendo la Sicilia si pone come apripista per il ritorno in Grecia dei frammenti dell’opera di Fidia.
Inoltre, ai sensi dell’art.67 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e grazie all’accordo tra i due governi, a febbraio da Atene è arrivata a Palermo un’importante statua acefala della Dea Atena, databile al V secolo a.C. e che resterà nelle sale del museo Salinas per quattro anni. Al termine del periodo giungerà al suo posto un’anfora geometrica.
Sabato 14 maggio, in occasione della “Notte Europea dei Musei”, i luoghi della cultura siciliani rimarranno aperti con l’ingresso simbolico di 1€. Una nuova straordinaria opportunità di visitare i beni culturali siciliani! La Regione Siciliana, su indicazione dell’Assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, ha aderito alla Notte Europea dei Musei, l’appuntamento annuale che si svolge contemporaneamente nei musei di tutt’Europa.
A partire dalle 19 e fino alle 23 (in alcuni siti alle 24) sarà possibile visitare, quindi, i principali musei regionali della Sicilia, molti dei quali, per l’occasione, proporranno visite guidate e allestimenti particolari.
La Notte dei Musei promuove la cultura e invita, soprattutto le famiglie, ad avvicinarsi all’arte e coltivare la bellezza. Occasioni come la notte europea e le prime domeniche del mese con ingresso gratuito, costituiscono un forte incentivo alla conoscenza del nostro ricchissimo patrimonio di opere d’arte. Avvicinarsi ai luoghi della Cultura, scoprendo la storia della nostra Isola e di coloro che la abitarono, portare anche i più piccoli al Museo, è il modo migliore per conoscere la Sicilia, la sua identità, la sua dimensione universale. È il modo migliore per tornare a essere consapevoli della nostra Sicilia, una Terra unica al mondo, nonostante le tante, troppe, ferite subite.
Per celebrare la serata, molti dei musei siciliani hanno programmato iniziative speciali. Per una maggiore certezza dell’orario di apertura e delle proposte di visita è sempre consigliabile consultare le pagine web o Fb delle singole strutture museali.
Gli eventi in programma nell’isola
In particolare si segnalano:
AGRIGENTO – Il Museo archeologico Griffo di Agrigento sarà aperto dalle 19 alle 22 con il seguente programma: alle 19 nel giardino del Museo concerto della U.S. Naval Forces Europe and Africa Band; alle 20 e alle 20.45 visita guidata all’itinerario tematico “L’etica della guerra nel mondo greco antico”, alle 20.30 e alle 21.45 nella Sala Zeus Gaetano Aronica legge “Omero, Iliade” di Alessandro Baricco.
CATANIA – In provincia di Catania aperti dalle 20 alle 22: il Museo di Adrano e le Mura Dionigiane. Il Museo della Ceramica di Caltagirone sarà visitabile dalle 18.30 alle 21.00.
ENNA – Il Parco archeologico di Piazza Armerina e della Villa Romana del Casale propone la visita della Villa Romana, del Museo di Palazzo Trigona ad Aidone e del Museo Regionale di Aidone. Inoltre, alle Terme della Villa del Casale alle 21.00 si terrà una conversazione per illustrare il mosaico pavimentale del Tepidarium con resti di scena di ludi, tra cui la corsa con le fiaccole. La conversazione sarà tenuta dal Prof. Paolo Barresi dell’Università Kore di Enna e dal Dott. Rosario Patanè, responsabile delle attività di valorizzazione del Parco archeologico.
MESSINA – Al MuMe – Museo Interdisciplinare di Messina (apertura dalle 20 alle 24) sarà allestita una piccola sezione espositiva e didascalica del culto mariano della Lettera, patrona di Messina, la cui festività ricorre il 3 giugno. Alle opere già esposte nel circuito museale del primo piano si aggiungerà una trascrizione in cinese del XVII secolo della lettera della Madonna ai messinesi (42 d.C.) e alcune opere artistiche tra cui due Cartagloria del XVII secolo in argento bulinato e sbalzato. Durante la serata le guide turistiche della provincia di Messina effettueranno visite guidate approfondite con gratuità per i giovani fino a 18 anni di età.
Sempre in provincia di Messina aperto (dalle 20 alle 24) il Parco archeologico di Tindari dove sarà possibile visitare: l’Antiquarium di Milazzo e la possibilità di visitare la cittadella fortificata, a Tusa l’area archeologica di Halaesa Arconidea limitatamente all’Antiquarium, al Lapidariume alla Chiesa di Santa Maria delle Palate. A Patti negli stessi orari aperta l’area archeologica e l’Antiquarium di Tindari e la Villa romana. A Capo d’Orlando ingresso libero dalle 20 alle 24 per l’area archeologica di Bagnoli.
A Taormina, dalle 20 alle 23 sarà aperto il Teatro Antico e a Giardini Naxos apertura, sempre dalle 20 alle 23, per il Museo Archeologico.
Nell’Isola di Lipari il Museo archeologico Eoliano Bernabò Brea resterà aperto alle visite dalle 20 alle 23.
PALERMO – Al Museo di Arte Moderna di Palazzo Riso (chiusura alle ore 24.00, ultimo ingresso ore 23.30) è l’ultimo giorno utile per visitare “Seductions”, la mostra del fotografo tedesco Uli Weber a cura di Daniela Brignone. Al Museo archeologico regionaleA. Salinas apertura fino a mezzanotte. Con un sovrapprezzo è possibile prenotare la visita guidata alla collezione del Museo e alla statua di Athena, proveniente dal museo dell’Acropoli di Atene, e gustare un calice di vino. Al Museo Regionale di Palazzo Abatellis apertura dalle 20 alle 24: Notturno a Palazzo Abatellis “Umanità del MedioEvo nel Trionfo della Morte” e “Umanità del Rinascimento in Laurana e Gagini”.
RAGUSA – Aperto dalle19 alle 22 il Convento della Croce a Scicli.
SIRACUSA – Alla Galleria regionale di Palazzo Bellomo in mostra “Le figure del presepe” in collaborazione con il Liceo artistico Gagini di Siracusa. Aperti anche l’Ipogeo di Piazza Duomo (dalle 20 alle 24) e il Museo Archeologico Paolo Orsi (dalle 19 alle 23). Aperto anche il Castello Maniace (dalle 20 alle 24) dove, nella Sala Ipostila, si potrà ammirare la mostra “Passi” di Alfredo Pirri.
A Palazzolo Acreide dalle 19 alle 23 si può visitare Palazzo Cappellani. A Lentini, dalle 16 alle 22, visitabile con un euro l’area archeologica di Monte San Basilio – San Mauro e il Parco archeologico di Leontinoi che resterà aperto fino alle 22.00.
TRAPANI – L’area monumentale del Parco archeologico di Selinunte resta aperta dalle 19 alle 24. Stesso orario per il Museo del Satiro che si trova nella nella chiesa di S. Egidio a Mazara del Vallo. Al Parco archeologico di Segesta apertura straordinaria dalle 20.00 alle 24.00. A Marsala restano aperti 19.30 alle 22.30 il Parco archeologico Lilibeo e il Museo archeologico di Baglio Anselmi.
Il 12 Gennaio del 1848 Palermo si sveglia diversa, con la voglia, caratteristica del popolo siciliano, di sottrarsi al dominio straniero e tirannico. Così la città di Palermo, quella mattina, vede una folla di gente in rivolta contro la dominazione napoletana, contro le truppe regie di Ferdinando II. L’obiettivo era quello di proclamare il Nuovo Regno di Sicilia, indipendente e autonomo dal potere borbonico.
Il 12 Gennaio 1848, l’epoca gloriosa della universale rigenerazione
Nei giorni che precedevano i moti, diversi manifesti circolavano sui muri di Palermo, chiamando a gran voce i cittadini all’insurrezione. In uno dei manifesti, riportato interamente in un’opera del 1863 di Felice Venosta, si poteva leggere:
Siciliani! Il tempo delle preghiere inutilmente passò, inutili le proteste, le suppliche, le pacifiche dimostrazioni. Ferdinando tutto ha spezzato. E noi popolo nato libero, ridotto fra catene e nella miseria, ardiremo ancora a riconquistare i legittimi diritti. All’armi figli della Sicilia! La forza dei popoli è onnipossente: l’unirsi dei popoli è la caduta dei re. Il giorno 12 gennaio, all’alba, segnerà l’epoca gloriosa della universale rigenerazione. […] Chi sarà mancante di mezzi ne sarà provveduto. Con questi principi il cielo seconderà la giustissima impresa. Sicilia, all’armi!
Con queste parole, i palermitani, organizzavano la rivolta proprio nel giorno del compleanno di Ferdinando II di Borbone, nato a Palermo proprio il 12 Gennaio 1910. L’insurrezione era capeggiata dal mazziniano Rosolino Pilo e promossa insieme a Giuseppe La Masa.
La sera stessa del 12 gennaio veniva istituito un “Comitato provvisorio” che chiedeva il recupero della Costituzione del 1812, incentrata sui principi della democrazia rappresentativa e sulla centralità del Parlamento. Nel frattempo, il 15 Gennaio, sbarcavano a Palermo i rinforzi borbonici che bombardarono le strade piene di rivoltosi. Il 22 gennaio Ferdinando II negava le richieste siciliane. Il 23 gennaio, il Comitato provvisorio si trasformava nel nuovo “Comitato Generale”, avente come presidente Ruggero Settimo e come segretario il patriota Mariano Stabile. Lo stesso 23 gennaio il “Comitato generale” dichiarava decaduta la monarchia borbonica. Il 25 gennaio 1848 le truppe borboniche evacuavano il Palazzo Reale.
La Sicilia insorge
Palermo era stata la prima di molte città a ribellarsi. Di lì a poco, nel giro di qualche mese, molte altre città del Regno borbonico ne seguirono l’esempio. Il 22 gennaio anche Girgenti (Agrigento) intraprende la via della rivolta seguito, il 29 gennaio, da Catania, Messina e Caltanissetta nella stessa giornata. Il 30 gennaio è il turno di Trapani e il 4 febbraio quello di Noto.
Il primo Governo del Nuovo Regno venne presentato il 27 marzo, con la nomina dei ministri: figure liberali come Mariano Stabile, il barone Pietro Riso, lo storico Michele Amari, il principe di Butera Pietro Lanza e il futuro primo ministro del neonato regno italiano Francesco Crispi.
Già nel settembre dello stesso anno, però, l’esercito borbonico riconquista Messina. Da qui, l’Esercito delle Due Sicilie si mosse per la riconquista del resto dell’isola.
L’assedio di Messina
Il 1° Settembre del 1487 già la città di Messina aveva manifestato comportamenti rivoltosi nei confronti dei Borbone. Quell’insurrezione improvvisata era stata sedata nel giro di poche ore. Ma era bastata a scatenare una scintilla rivoluzionaria tra i messinesi, e non solo, al punto di ricordarla in una lapide commemorativa, posta oggi proprio in via I Settembre.
Nel 1848 erano riprese le rivolte, stavolta più dure e, soprattutto, durevoli. Tuttavia, lo sforzo messinese, perpetrato per mesi non fu sufficiente. Il dominio borbonico, scacciato con le rivolte da tutta la Sicilia, manteneva infatti un suo presidio nella Cittadella di Messina, ben difesa e ben equipaggiata per la riconquista dei territori (contava infatti circa 300 cannoni).
L’esercito borbonico sbarcò a Messina il 3 settembre 1848, guidato dal tenente Carlo Filangieri, principe di Satriano. Un esercito composto da circa 24.500 uomini si scagliò sulla cittàadoperando un totale di 450 cannoni. I bombardamenti colpirono tanto i rivoltosi (che potevano contare su un corpo armato di soli 6.000 uomini) quanto i civili, distruggendo e radendo al suolo interi quartieri. Nel frattempo, sul fronte sud di Messina, Filangieri guidava un ulteriore bombardamento navale. Il bombardamento di Messina, durato per cinque giorni ininterrotti, fece storcere il naso all’Europa intera che guardò ancora con più astio Ferdinando II che, con quell’attacco, ottenne il soprannome di “re bomba”.
Messina, in quei giorni di settembre 1848, cadeva sotto il peso e la crudeltà dell’esercito borbonico. Le forze siciliane chiedevano così la tregua, concessa il 18 settembre.
Nei primi mesi del 1849 anche Catania capitolava sotto la pressione dell’esercito borbonico. Palermo, invece, cadde il 14 maggio 1849 e con essa caddero, per il momento, anche le speranze di uno stato siciliano indipendente.
La “Primavera dei Popoli”
Palermo era stata, inoltre, la città a ispirare moti rivoluzionari in tutta Europa, dando il via alla cosiddetta “Primavera dei Popoli”, periodo in cui la borghesia europea decideva di ribellarsi. Napoli seguì l’esempio palermitano già il 27 gennaio 1848; a Parigi tra il 22 e il 24 marzo dello stesso anno Luigi Filippo fu costretto ad abdicare, favorendo così la nascita della “Quarta Repubblica francese”; anche Berlino ebbe i suoi moti rivoluzionari proprio a Marzo. E, ancora, tra il 18 e il 24 marzo anche Milano si ribellò agli austriaci. Una stagione rivoluzionaria che si conclude con l’insorgere della stessa Roma, con la nascita della “Repubblica Romana”.
Il popolo palermitano aveva, nel suo piccolo, dato il via ai moti rivoluzionari del ’48, necessari per la futura spinta rivoluzionaria europea. Fu l’inizio del Risorgimento.
Nel Pantheon degli Illustri di Sicilia, nella Chiesa di San Domenico a Palermo, riposano adesso anche le spoglie di Sebastiano Tusa.
L’archeologo è scomparso il 10 marzo del 2019, in un incidente aereo in Etiopia, durante lo svolgimento di un incarico di assessore regionale ai Beni culturali. È stato il presidente della Regione Nello Musumeci a svelare, ieri mattina, il monumento commemorativo a custodia dell’urna contenente le ceneri di Tusa, nella cappella del Ss. Crocifisso all’interno della chiesa di San Domenico a Palermo.
Alla cerimonia hanno partecipato gli assessori regionali, la soprintendente ai Beni culturali di Palermo Selima Giuliano, la soprintendente del Mare e vedova di Tusa, Valeria Li Vigni, il priore di San Domenico padre Sergio Catalano e il direttore dell’Ufficio speciale progettazione della Regione Leonardo Santoro. Inoltre era presente l’artista Michele Canzoneri, che ha realizzato il monumento commemorativo. L’opera artistica e il restauro della cappella del Ss. Crocifisso sono stati promossi dai Padri domenicani di Palermo e finanziati dalla presidenza della Regione Siciliana.
Il ricordo della sorella
<<Per noi è un grande riconoscimento e un grande onore che lui sia qui>> – ha detto Lidia Tusa, sorella dell’archeologo. <<Spero che continuerà ad essere ricordato come merita. Da oggi in poi questo luogo farà parte della mia vita, sicuramente sarà una abitudine venire qui per fermarmi due minuti a ‘parlare’ con lui. L’archeologo, l’uomo di mondo, il politico non fanno parte della mia vita. Io so cos’era come fratello. Sebastiano era una persona complessa, capace di grande umanità, che naturalmente cercava di profondere in tutto quello che faceva>>.
Le parole di Samonà, assessore dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana
<<Da oggi – ha aggiunto Alberto Samonà – grazie a quest’opera Sebastiano Tusa sarà ricordato nel Pantheon di Palermo, tra coloro che hanno fatto grande il nome della nostra Sicilia. È dunque il modo che abbiamo scelto per dare il giusto valore a una personalità illustre del nostro tempo. Tusa ha contribuito in modo determinante allo sviluppo della ricerca archeologica a livello internazionale. A Sebastiano, lo studioso, l’uomo, l’amico, è dedicata anche una grande mostra che inaugureremo nelle prossime settimane nelle sale espositive dell’Arsenale della Marina Regia di Palermo, per raccontarne la storia e i molteplici aspetti della sua ricerca>>.
Il mare spezzato di Sebastiano Tusa
L’opera si compone, a sinistra, di un’onda di marmo bianco di Carrara che, con elementi in lapislazzuli, vetro e frammenti giallo di Siena, evoca il Mediterraneo tanto caro a Tusa. A destra, invece, un blocco di vetro acrilico opaco colorato blu oltremare che cela un mistero e contemporaneamente riflette l’immagine di chi osserva.
La personalità poliedrica di Sebastiano Tusa è ben espressa dall’epitaffio che, attraverso una sua frase, lo ricorda nel monumento commemorativo: «Di fronte all’ignoto, il viaggio permette di avere l’emozione della scoperta: cercare, trovare, rischiare, per la sete di conoscenza e per quell’Ulisse che è in noi».
Che un videogame, oltre all’aspetto ludico e ricreativo, possa rivelarsi un buon insegnante lo sappiamo già. Chi non ha imparato nulla sulla famiglia Medici, o su Leonardo da Vinci, o sui Vichinghi o su molti altri argomenti di storia grazie ad Assassin’s creed, non è stato un player attento! E se Lara Croft, in Tomb Rider ci ha portati nei siti archeologici di tutto il mondo, “Augustus” ci porterà alla scoperta dei siti archeologici più importanti della Sicilia.
Cos’è Augustus, il nuovo videogame che ha lo scopo di promuovere i luoghi della cultura italiana
Augustus è l’acronimo di AUgmented Game for Sicilian ToUrism marketing Solutions, un progetto finanziato attraverso l’Azione 1.1.5 del Pon fesr sicilia2014-2020. Augustus è anche il nome del protagonista del gioco. Stiamo parlando proprio del primo imperatore di Roma, Augusto, che, in veste di “cultore delle arti”, chiederà al giocatore di aiutarlo ad arricchire la propria collezione con pezzi di valore storico-artistico, attraverso una serie di minigiochi ed enigmi, basati su avvenimenti storici reali, nei quali verranno esplorati i siti archeologici di tutta la Sicilia.
Quali siti ritroveremo nel videogame
Nel gioco saranno presenti luoghi appartenenti a diverse epoche storiche, con un particolare riguardo ai siti che hanno visto la frequentazione della cultura greca e quella romana. In particolare, i siti già in progetto sono: il Parco Archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi (Agrigento), il Parco Archeologico di Morgantina e della Villa Romana del Casale – Piazza Armerina (Enna), il Parco Archeologico di Naxos – Taormina (Messina) e il Complesso monumentale di Santa Caterina d’Alessandria (Palermo).
Lo scopo è quello della promozione culturale
Una grafica straordinaria ed effetti visivi di ultima generazione.
“L’ambientazione realistica, la dinamicità del 3D nonché il coinvolgimento emozionale permetteranno di approfondire la storia e conoscere e apprezzare più a fondo il prezioso patrimonio siciliano attraverso Augustus”.
Con queste parole gli ideatori del gioco sottolineano come sia proprio l’importanza della promozione del nostro territorio, il vero motore che anima il gioco.
L’archeologia svela la storia delle Madonie; le ricerche alla Villa Romana di S. Marina, nel comune diPetralia Soprana (PA), la datano all’età di Augusto.
La missione archeologica
La campagna di scavo di quest’anno è stata diretta da Rosa Maria Cucco, archeologa della Soprintendenza dei Beni culturali di Palermo; la missione è stata possibile ancora una volta grazie al contributo dell’associazione culturale “Gaetano Messineo”.
La ricerca ha interessato il settore occidentale del portico colonnato, permettendo di datare la struttura tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C.; gli studi si sono focalizzati anche sui resti ossei di animali che erano stati recuperati nelle precedenti campagne di scavo. L’archeozoologo Vito Giuseppe Prillo ha studiato resti ossei appartenenti ad animali domestici e da allevamento e, oltre a questi, ha individuato ossi lavorati, che fa ipotizzare la presenza di un’officina per la lavorazione dell’osso.
Le parole di Alberto Samonà
È stato un anno molto fruttuoso per le scoperte archeologiche svolte in tutta la Sicilia. Le Madonie sono state teatro di numerose campagne di scavi che ci hanno consegnato importanti tasselli utili a ricostruire la storia del territorio. Quando si parla di scavi, in terra o in mare, è importante sottolineare il ruolo svolto dalle amministrazioni comunali e dai privati. E in questo caso è impossibile non ricordare il prezioso ruolo svolto da Gaetano Messineo, l’archeologo madonita che effettuò le prime ricerche con il patrocinio dell’Università, della Soprintendenza di Palermo e la partecipazione di un gruppo di studenti dell’Aquila.
Le parole di Selima Giuliano
Anche nel caso di S. Marina la Soprintendenza ha sostenuto un ambito di ricerca che aiuta a comprendere e valorizzare la storia e le tradizioni culturali del territorio. È stato un anno molto fruttuoso per le scoperte archeologiche sulle Madonie e questo anche per la collaborazione costante con i Comuni e le Associazioni Culturali che operano nel comprensorio.
Paolo Borsellino viene considerato, insieme a Giovanni Falcone, una delle personalità più importanti nella lotta alla mafia in Italia e a livello internazionale. Nacque a Palermo nel 1940, nello stesso quartiere dell’amico d’infanzia Giovanni Falcone.
La vita e l’ingresso nella magistratura
Nel 1958 si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Palermo. Si laureò cinque anni più tardi e nel 1963, dopo aver vinto il bando del concorso per entrare nella Magistratura Italiana, diventò il più giovane magistrato d’Italia e cominciò il tirocinio come uditore giudiziario.
La nascita del primo pool antimafia
Il capo dell’Ufficio Istruzione di quegli anni, Rocco Chinnici, istituì il primo “pool antimafia”, ossia un gruppo di magistrati che si sarebbero occupati esclusivamente dei reati di stampo mafioso e, lavorando in gruppo, avrebbero avuto una visione più chiara e completa del fenomeno mafioso e, di conseguenza, la possibilità di combatterlo in modo più efficace. Chinnici chiamò Borsellino a fare parte del pool insieme a Giovanni Falcone, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta.
Nel 1983, dopo che Chinnici rimase ucciso nell’esplosione di un’autobomba, giunse a Palermo da Firenze il giudice Antonio Caponnetto che ne prese il posto.
Su cosa lavorava il pool
Secondo il racconto dello stesso Borsellino, il pool nacque per risolvere il problema dei magistrati che lavoravano individualmente e separatamente, senza che avvenisse scambio di informazioni fra quelli che si occupavano di materie contigue. Le indagini del pool si basarono soprattutto su accertamenti bancari e patrimoniali, vecchi rapporti di polizia e carabinieri, ma anche su nuovi procedimenti penali, che consentirono di raccogliere un abbondante materiale probatorio. Nello stesso periodo Falcone incominciò a raccogliere le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia: Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno. La loro attendibilità venne confermata dalle indagini del pool: infatti, le dichiarazioni di Buscetta produssero 366 ordini di cattura, mentre quelle di Contorno altri 127 mandati di cattura; nonché una serie di arresti eseguiti tra Palermo, Roma, Bari e Bologna.
La protezione all’Asinara e il maxiprocesso
Nell’estate del 1985, per ragioni di sicurezza, Falcone e Borsellino furono trasferiti insieme con le loro famiglie nella foresteria del carcere dell’Asinara per scrivere l’ordinanza-sentenza di 8000 pagine che rinviava a giudizio 475 indagati in base alle indagini del pool. Il maxiprocesso di Palermo, che scaturì dagli sforzi del pool, cominciò nel 1986 in un’aula bunker appositamente costruita all’interno del carcere dell’Ucciardone per accogliere i numerosi imputati e avvocati, per concludersi nel 1987 con 342 condanne, tra cui 19 ergastoli.
Mentre il maxiprocesso di Palermo si stava avviando verso la sua conclusione, Antonio Caponnetto lasciò il pool per motivi di salute e tutti – Borsellino compreso – si aspettavano che al suo posto fosse nominato Falcone, ma, contrariamente alle aspettative, il Consiglio superiore della magistratura nominò Antonino Meli.
Borsellino parlò allora in pubblico raccontando quel che stava accadendo alla Procura della Repubblica di Palermo: «Si doveva nominare Falcone per garantire la continuità all’Ufficio», «Hanno disfatto il pool antimafia», «Hanno tolto a Falcone le grandi inchieste», «La squadra mobile non esiste più», «Stiamo tornando indietro, come 10 o 20 anni fa». A causa di queste dichiarazioni rischiò un provvedimento disciplinare e fu messo sotto inchiesta. Però, a seguito di un intervento del Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, si decise di indagare su ciò che succedeva nel Palazzo di Giustizia.
La strage di Capaci
Nel maggio del 1992, in un attentato dinamitardo sull’autostrada A29 all’altezza di Capaci, persero la vita Giovanni Falcone, la moglie e tre agenti della scorta. Falcone morì fra le braccia di Borsellino in ospedale, senza riprendere mai conoscenza. Borsellino dichiarò a Lamberto Sposini: «Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano».
Gli ultimi 57 giorni e la strage in via D’Amelio
I 57 giorni che separarono la strage di Capaci da quella in via D’Amelio furono i più difficili per Borsellino, il quale, duramente colpito dalla morte del collega e amico e nonostante fosse consapevole di essere il prossimo obiettivo della vendetta di Cosa Nostra, continuò a lavorare con frenetica intensità; fu ostacolato, però, dal capo della Procura palermitana che arrivò a nascondergli il contenuto di un’informativa del ROS dei Carabinieri che segnalava il pericolo di un imminente attentato nei suoi confronti, circostanza che Borsellino apprese solo casualmente durante una conversazione con l’allora Ministro della Difesa. Borsellino non solo era a conoscenza di essere nel mirino di Cosa Nostra, ma preferiva che non si stringesse troppo la protezione attorno a sé, così da evitare che l’organizzazione scegliesse come bersaglio qualcuno della sua famiglia.
A giugno Borsellino tenne il suo ultimo discorso nell’atrio della biblioteca di Casa Professa: «Giovanni Falcone lavorava con perfetta coscienza che la forza del male, la mafia, lo avrebbe un giorno ucciso. Francesca Morvillo stava accanto al suo uomo con perfetta coscienza che avrebbe condiviso la sua sorte. Gli uomini della scorta proteggevano Falcone con perfetta coscienza che sarebbero stati partecipi della sua sorte. Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché non si è turbato, perché è stato sempre pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? Per amore! La sua vita è stata un atto d’amore verso questa sua città, verso questa terra che lo ha generato».
Il 19 luglio 1992, alle 16:58, una Fiat 126 imbottita di esplosivo, che era parcheggiata sotto l’abitazione della madre, detonò al passaggio di Borsellino che stava andando a trovarla, uccidendo lui e anche i cinque agenti di scorta.
Circa 10.000 persone parteciparono ai funerali privati di Borsellino; i familiari rifiutarono il rito di Stato: la moglie Agnese, infatti, accusava il governo di non aver saputo proteggere il marito e volle una cerimonia privata senza la presenza dei politici. L’orazione funebre fu pronunciata da Antonino Caponnetto: «Caro Paolo, la lotta che hai sostenuto dovrà diventare e diventerà la lotta di ciascuno di noi».
Fu una strage di Stato?
Molti hanno parlato della strage di via D’Amelio come “strage di Stato”.
Il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore Borsellino, ne parlò in modo esplicito: «Perché quello che è stato fatto è proprio cercare di fare passare l’assassinio di Paolo e di quei ragazzi che sono morti in via D’Amelio come una strage di mafia. Devo dire che, purtroppo, una buona parte dell’opinione pubblica, cioè quella parte che assume le proprie informazioni semplicemente dai canali di massa – televisione e giornali – è caduta in questa “trappola”».
Bisogna ricordare
In occasione della ricorrenza dei 25 anni dalla strage di via D’Amelio, Fiammetta Borsellino, ultimogenita del magistrato Paolo, in un’intervista ha detto: «Ai magistrati in servizio dopo la strage di Capaci rimprovero di non aver sentito mio padre nonostante avesse detto di voler parlare con loro. Non hanno nemmeno disposto l’esame del DNA. Non furono adottate le più elementari procedure sulla scena del crimine. Il dovere di chi investigava era di non alterare i luoghi del delitto. Ma su via D’Amelio passò la mandria di bufali».
Alla memoria del magistrato italiano, inoltre, furono intitolate numerose scuole e associazioni, nonché (insieme all’amico e collega Falcone) l’aeroporto internazionale “Falcone e Borsellino” di Palermo (ex “Punta Raisi”) e l’aula principale (Aula I) della Facoltà di Giurisprudenza alla Sapienza di Roma.
Al via il secondo weekend di RestArt, il festival giunto alla seconda edizione che, fino al 28 agosto 2021, aprirà dalle 19 a mezzanotte alcuni tra i siti più importanti della città di Palermo.
In visita al Palazzo de “Il Gattopardo”
Apre eccezionalmente al pubblico Palazzo Valguarnera Gangi, ma è sold out per gli appuntamenti del 9 e del 23 luglio, mentre per il 6 e il 20 agosto i biglietti sul sito di prenotazione sono ancora disponibili.
Palazzo Valguarnera Gangi è uno dei palazzi più rappresentativi del tardo barocco palermitano e costituisce un unicum del patrimonio artistico e monumentale. Diventato un simbolo per la storia dell’arte, ma soprattutto per la storia della cinematografia per essere stato protagonista del capolavoro di Luchino Visconti Il Gattopardo, tratto dal celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Proprio uno degli ambienti del Palazzo, infatti, venne utilizzato nei primi anni del 1960 dal regista nella famosa e indimenticabile scena del ballocon Burt Lancaster, Claudia Cardinale ed Alain Delon.
“5 Minuti da soli” con un’opera d’arte a Palazzo Abatellis
Palazzo Abatellis aprirà le sue terrazze nelle sere d’estate per ospitare cinque appuntamenti con i protagonisti del “fare arte”.Scrivere, progettare spazi, fare pittura, fare cinema, fare teatro, significa adottare l’Arte come Mestiere. Il calendario di questi appuntamenti si aprirà nella serata di sabato 10 luglio.
A far presa sul pubblico sarà soprattutto l’unico evento diurno: “5 Minuti da soli” con un’opera d’arte. In accordo con la Galleria Regionale di Palazzo Abatellis,i visitatori avranno la possibilità di ammirare, in completa solitudine e a museo chiuso,un’opera a scelta tra i capolavori di Palazzo Abatellis. Al termine della visita, laCioccolateria offrirà il caffè ai visitatori.Quattro i turni di visita: 8.00 – 8.15 – 8.30 – 8.45, prenotabili qui.
Domenica 20 giugno 2021, tra le acque ricche di storia che circondano l’Isola delle Femmine (PA), si è svolta la giornata conclusiva del progetto S.UND.A.I. (Sustainable Underwater Archaeological Itineraries project). Il progetto, la cui finalità è rendere fruibile il patrimonio culturale sottomarino tramite una serie di itinerari archeologici subacquei con impatto zero sull’ambiente, ha ottenuto riconoscimenti come EU Green Week e European Maritime Day in My Country, entrambe iniziative annuali della Commissione Europea per gli Affari Marittimi e la Pesca. La realizzazione di un itinerario subacqueo, che rispetti i canoni di sostenibilità ambientale, è opera della collaborazione tra LAS – Laboratorio di archeologia subacquea del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova e la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana.
Come si crea un itinerario archeologico subacqueo?
Il mar Mediterraneo è uno scrigno prezioso di reperti archeologici di ogni epoca, testimonianze del passaggio di civiltà diverse che lo hanno solcato, arrivando nelle nostre coste. Anche le acque basse sono dei potenziali punti d’interesse. Ed è proprio dai fondali bassi che parte il progetto. Dopo aver individuato i punti d’interesse archeologico e culturale, si procederà con l’installazione di pannelli descrittivi che ne raccontano la storia. Questi pannelli, insieme alle corde e alle boe di segnalazione, saranno costruiti in materiali ecosostenibili. La lotta per la cultura si unisce alla lotta contro l’inquinamento del mare, una realtà troppo tristemente diffusa che sta martoriando acque e fondali di tutto il mondo.
L’itinerario archeologico subacqueo dell’Isola delle Femmine (PA)
L’isola delle femmine sarà il prototipo dal quale il Progetto prenderà il via. Le sue acque, infatti, custodiscono testimonianze del passaggio della civiltà romana e di quella bizantina. Alla giornata conclusiva del S.UND.A.I. era presente l’assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Alberto Samonà che ha espressoparole ricche di fiducia nel progetto:
«La possibilità di far conoscere i nostri tesori sommersi, proteggendoli da attività predatorie dei cosiddetti tombaroli del mare e dall’inquinamento ambientale nel rispetto del paesaggio marino, è l’obiettivo che il Governo regionale realizza attraverso la Soprintendenza del Mare. Il progettoS.UND.A.I. ha il merito di riconoscere e valorizzare a livello internazionale un impegno portato avanti nel compimento di un’attività sostenibile di conoscenza e tutela del mare, trasmettendo all’Europa e a tutti una buona pratica».
La fruizione degli itinerari archeologici subacquei
Nell’ambito del Progetto, seguendo il tema dell’inquinamento Zero, saranno migliorate anche l’archeo-snorkeling e l’archeo-apnea in acque basse (fino a 10 metri di profondità); si tratta di buone pratiche per un migliore approccio al mare e al suo mondo. Il Progetto mira a portare, inoltre, benefici riguardo all’implementazione di pratiche di sostenibilità nelle strutture subacquee presentando nuovi strumenti applicabili ovunque.
Un grande passo in avanti per l’archeologia e per la fruizione del patrimonio culturale che potrà essere esplorato nella cornice meravigliosa che è il nostro mare. Alla bellezza si aggiunge altra bellezza. Alla cultura si aggiunge il senso di responsabilità nei confronti di un mondo che abbiamo condiviso con civiltà oramai scomparse, da cui abbiamo ereditato tanto e la cui memoria abbiamo l’obbligo di preservare. Così come abbiamo l’obbligo di preservare lo stesso mare che ne ha custodito i segreti per secoli.
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