ACCADDE OGGI | La caduta di Costantinopoli, ultimo baluardo di romanità nel mondo
Il 29 maggio 1453 cade la città di Costantinopoli, ultimo baluardo di quella romanità che per millenni aveva influenzato il mondo. Eppure, seppur in tragedia, la Seconda Roma cadde in modo trionfale, stupendo il mondo con quel suo ultimo grido di guerra che non può essere dimenticato.
Il fatto storico
Quel giorno, dopo sei ore di estenuante resistenza i difensori di Costantinopoli videro vacillare il proprio comandante, il genovese Giovanni Giustiniani Longo. La disperazione varcò le mura della città prima ancora dei turchi, e non bastò il coraggio dell’ultimo imperatore, Costantino XI Paleologo, nel tentativo di ristabilire la sorte. Anche lui si perse, alla fine, nell’ultima carica dei giannizzeri, le truppe d’élite di Maometto II il conquistatore. Così dopo due mesi di assedio, all’alba del 29 maggio 1453 la Seconda Roma capitolò.
Numeri in campo
La caduta di Costantinopoli fu, in realtà, un lento logoramento, un’indolente attesa dell’inevitabile. Tuttavia, vi furono uomini che anteposero il valore al crudo calcolo matematico. Tra questi, l’ultimo imperatore Costantino XI Paleologo rifiutò la fuga, preferendo vivere e morire difendendo quanto rimaneva dell’impero. Non fu solo. Il genovese Giovanni Giustiniani Longo, che fu castellano di Chios e podestà di Caffa, raccolse i suoi uomini e scelse di prender parte allo scontro. Proprio per la sua esperienza in fatto di assedi venne nominato Prōtostratōr, e a lui venne affidata l’organizzazione della difesa. Così, Costantino e Giustiniani si ritrovarono insieme alla fine di tutto, con settemila soldati schierati in difesa e ottantamila in armi contro di loro.
Per mare e per terra
L’assedio di Costantinopoli si svolse tanto per terra quanto per mare. Per abbattere le mura i turchi impiegarono l’artiglieria da fuoco, tra cui figurava il “mostro di Urban”, ma i difensori furono abili a riparare le brecce. Vennero anche scavate gallerie sotterranee per minare le difese, ma i cristiani riuscirono a sabotare i piani nemici. Nemmeno dal mare arrivò mai l’assalto decisivo. La superiorità militare italiana era evidente. Addirittura, l’ammiraglio della flotta ottomana, Balta Oghlu, verrà accusato di tradimento e quasi decapitato: era stato umiliato da due sole navi genovesi, peraltro cariche di vettovaglie inviate da Papa Niccolò V. Non a caso, Maometto II aveva ordinato di aggirare la flotta cristiana spingendo le navi via terra, inserendosi nel Corno d’Oro alle loro spalle. Una strategia vincente: la città era ormai in una morsa, ma la resistenza non venne meno.
Una fine gloriosa
Il 29 maggio Maometto II mobilitò tutte le proprie forze ed ordinò un attacco frontale contro le mura di Costantinopoli. Il punto scelto per incunearsi nelle difese fu la Porta d’Oro, già duramente colpita nel corso degli eventi. Il primo assalto avvenne nel cuore della notte ma dopo ore di combattimento furono i cristiani ad avere la meglio. Allo schiarirsi del cielo un secondo impeto investì la città, ma anche in questo caso la resistenza non venne piegata. Il terzo assalto fu quello decisivo. Giustiniani, gravemente ferito, venne portato via, trascinandosi appresso anche il morale degli uomini. Il suo epitaffio recita: […] valoroso governatore sotto Costantino, l’ultimo degli imperatori cristiani d’oriente, ferito mortalmente. E così l’epilogo: Costantino XI, si lanciò in una sortita per respingere gli invasori e, tra i fumi di quella battaglia, divenne storia. Cadde così la Seconda Roma, finì così un’epoca.