otranto

Accadde oggi

ACCADDE OGGI | La Battaglia di Otranto: quando i turchi di Maometto II assediarono il porto pugliese

Nel 1480 il sultano Maometto II guidava la sua flotta contro i cavalieri di Rodi, prima, per poi dirigere la sua azione bellicosa sul regno di Napoli. La flotta turca, infatti, aveva fatto rotta su Rodi solo come diversivo, per concentrare l’esercito vero e proprio contro un inconsapevole regno di Napoli. Maometto II, con il pretesto di rivendicare un qualche diritto turco sull’eredità dei principi di Taranto, si diresse a Brindisi, deciso a colpire Ferrante di Napoli. Il re, infatti, aveva inviato aiuti ai cavalieri di Rodi per contrastare l’attacco del sultano turco.

Il 28 luglio 1480 Maometto II si trovava di fronte al porto di Otranto, pronto all’assalto.

Un dettaglio della Sala della Battaglia di Otranto dal Castello di Capua

 

La notte del 28 luglio 1480

A causa di un imponente vento di tramontana, l’attraversamento del canale di Otranto da parte dell’esercito turco-ottomano condusse quest’ultimo proprio di fronte a Otranto nella notte del 28 luglio 1480. Otranto si presentava come una città portuale molto ricca, ma con un’importante carenza nella fortificazione. Per i turchi era, così, un luogo facile da espugnare e più vicino alla costa albanese.

In un’Italia attraversata dalla crisi, con gli Stati divisi, l’armata turco-ottomana si ritrovò via libera senza alcun vero e proprio ostacolo, né politico né militare. In questo contesto, nella zona dei laghi Alimini, oggi denominata baia dei Turchi, sbarcarono ben 16.000 uomini dell’esercito di Maometto II.

La baia dei Turchi, Otranto (immagine via Italiavai)

L’armata turca era guidata dal comandante Gedik Ahmet Pascià che, nella giornata del 28 luglio, aveva inviato due messaggeri all’interno delle fortificazioni otrantine per convincerli alla resa senza battaglia. La clausola principale, però, era costituita dalla pretesa che gli abitanti di Otranto  si convertissero a nuova fede, rinunciando, pubblicamente, alla fede in Cristo. Il primo messaggero venne scacciato in malo modo. Il secondo venne ucciso alle porte della città, senza essere riuscito a entrare. Ahmet, a questo punto, fece sbarcare le artiglierie e diede il via all’assedio.

L’assalto e il massacro

Otranto era difesa solo da una manciata di uomini capitanati da Francesco Zurlo e Giovanni Antonio Delli Falconi, circa 2.000 contro i 16.000 turchi. Già da subito gli abitanti abbandonarono il borgo per rifugiarsi nella cittadella. Il borgo, infatti, passò subito in mano ai turchi. L’artiglieria ottomana, nel giro di pochi giorni aveva già messo in ginocchio la città di Otranto che, contro ogni previsione continuava a resistere. Dovette però capitolare quando, dopo 15 giorni d’assedio, l’11 agosto 1480, Ahmet diede il via all’assalto finale, riuscendo a sfondare. I Turchi entrarono a Otranto dalla “Porticella”, l’ingresso più piccolo sul lato nord orientale delle mura. Il divario numerico delle forze impiegate, unito alla situazione di assedio subito, fecero capitolare gli otrantini in breve tempo. I turchi-ottomani, inoltre, avevano ucciso tutti i maschi maggiori di quindici anni e avevano catturato donne e bambini come schiavi.

Il giorno seguente, 12 agosto 1480, l’esercito turco irruppe nella cattedrale dove si erano rifugiati i superstiti e il clero. Ahmet imponeva loro di rinnegare la fede cristiana. Al loro rifiuto ne ordinò il massacro, per un totale di circa 800 martiri. 

I martiri di Otranto nella cattedrale

Il 14 agosto, Ahmet fece legare e condurre i superstiti della cattedrale sul vicino colle della Minerva. Qui ordinò la decapitazione di almeno 800 individui, riconosciuti come martiri dalla Chiesa e venerati come beati martiri idruntini.

La città di Otranto, devastata dall’azione dei turchi, rimase sotto il loro totale controllo per quasi un anno, fino al maggio 1481, quando iniziò la campagna di liberazione grazie anche all’arrivo della flotta cristiana. Dopo vari scontri e assedi, solo nel settembre dello stesso anno i turchi abbandonavano la città ormai ridotta a un cumulo di macerie di cui sopravvissero solo 300 abitanti.