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NEWS | Erscursione culturale intorno all’abbazia normanna di Mili (ME)

Sabato 17 aprile sarà possibile partecipare a un’escursione culturale intorno all’abbazia normanna di Mili, in provincia di Messina. L’evento è organizzato dal Centro Turistico Giovanile di Mili S. Pietro in seno al Coordinamento per la tutela della chiesa normanna di Mili

Mili
Scorcio con la cupola della chiesa di Mili (ME)
L’itinerario

La partenza è prevista entro le ore 9:00, presso la chiesa di S. Maria di Mili. La più antica chiesa normanna della Sicilia. Il percorso andrà poi in direzione di S. Pietro di Mili, di cui sarà possibile visitare la chiesa parrocchiale. Il percorso avrà seguito su un’antica mulattiera, risalendo le colline e godendo dei paesaggi mozzafiato che separano la valle di Mili da quella di Larderia. Tramite la mulattiera sarà poi possibile raggiungere i resti della chiesa medievale di S. Giorgio, passando attraverso uliveti millenari e suggestivi scorci sulla vallata e sullo Stretto.

È prevista una sosta per il pranzo che sarà preparato dal rifugio S. Eustochia e consumato nelle ampie aree esterne del rifugio, sempre nel rispetto del distanziamento sociale e delle normative anti Covid. L’escursione prosegue poi con una tappa presso il Forte Cavalli, in località Monte Gallo. Forte Cavalli è una fortificazione di fine ‘800 posta a guardia dello Stretto di Messina, un luogo estremamente suggestivo dal quale è possibile ammirare paesaggi straordinari. 

Mili
Forte Cavalli, Messina
Informazioni utili

Lunghezza: 6,5 km; quota: 199-315 m s.l.m.; difficoltà: E (media); quota di partecipazione: 10 euro.

Il rientro presso il punto di raduno di partenza è previsto entro le ore 18:00.

È obbligatorio l’uso della mascherina ed è consigliato un abbigliamento da trekking adeguato.

La partecipazione è limitata a 20 persone per garantire il rispetto delle normative anti Covid.

La prenotazione può essere effettuata tramite la pagina Coordinamento associativo per la tutela della chiesa normanna di Mili.

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NEWS | Nuova veste da un milione di euro per la Zisa di Palermo

A Palermo, l’assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana ha destinato fondi per un milione di euro per i lavori di restauro della Zisa, storico castello del capoluogo siciliano.

Il palazzo della Zisa, Palermo (fonte Wikimedia Commons)

La Zisa (dall’arabo al-Azīz, “la splendida”), fondata da Guglielmo I nel 1165 e completata dal suo successore Guglielmo II intorno al 1175, si trovava fuori dalle mura dell’antica città di Palermo.

Si presentava come il monumento più importante e rappresentativo del Genoardo (dall’arabo jannat al-ar, “giardino” o “paradiso della terra”), il parco reale che si ispirava ai giardini di ascendenza islamica e costituiva una prerogativa del territorio appena fuori dalla Palermo normanna.

 

Nuovi lavori a trent’anni dall’ultimo restauro

Dopo un restauro effettuato nel 1972 a opera dell’architetto Giuseppe Caronia, si ritorna adesso a porre l’attenzione su interventi necessari alla vita della struttura.

Sono previsti, così, interventi mirati sulla struttura stessa e su tutto il giardino circostante con opere di sistemazione esterna delle aree verdi e creazione di impianti idrici e di illuminazione.

Le opere di manutenzione riguardano, in particolare, interventi di rimozione delle parti rovinate e di ripristino delle strutture che pregiudicano la fruibilità del sito, il restauro delle pavimentazioni in ceramica smaltata, dei rivestimenti marmorei, degli affreschi e dei mosaici alle pareti che risentono dell’usura del tempo.

Sala della Fontana della Zisa, Palermo (fonte Wikimedia Commons)

È prevista, inoltre, l’impermeabilizzazione della peschiera e la creazione di un impianto di ricircolo delle acque permettendo di migliorare la qualità dell’acqua, in modo da evitare l’insorgere di muffe e microrganismi che potrebbero alterare i marmi su cui scorre.

Sulla terrazza di copertura, oltre a effettuare lavori di impermeabilizzazione, sarà inserito un sistema di protezione di lastre in vetro per tutelare maggiormente i visitatori che da lì si affacciano per una veduta panoramica della città.

Opere di manutenzione e miglioramento sono previste nell’area della biglietteria e del bookshop, attualmente affidato a CoopCulture.

Inoltre, la Sezione Archeologica della Soprintendenza dei Beni Culturali di Palermo, sotto la direzione di Lina Bellanca, si concentrerà anche sulla zona dello scavo archeologico per un ulteriore approfondimento e la realizzazione di nuove misure di protezione dello stesso.

Valorizzazione e riqualificazione

“Il palazzo della Zisa – secondo quanto detto dall’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà – al di là della sua indiscutibile importanza storico-monumentale, rappresenta ancora oggi un esempio innovativo e moderno di architettura bioclimatica. Creata come residenza estiva, infatti, la Zisa è stata realizzata seguendo gli accorgimenti al tempo conosciuti per garantire un sistema di refrigerazione naturale; sistemi e metodi che ancora oggi sono fortemente innovativi.”

Le fontane dei giardini, la Zisa, Palermo (fonte Wikimedia Commons)

“L’intervento sulla Zisa – continua l’assessore Samonà – nel quale come Governo regionale stiamo investendo, arriva dopo quasi trent’anni dall’ultimo restauro, realizzato nel 1972 su progetto dell’Arch. Giuseppe Caronia, e mira alla conservazione e alla valorizzazione del monumento.”

Precisa inoltre l’assessore che “relativamente a quest’ultimo aspetto l’azione che sto portando avanti attraverso il mio mandato si muove su più fronti: la riqualificazione del patrimonio abbandonato e degradato, la creazione di nuovi spazi espositivi, il miglioramento e l’adeguamento delle strutture museali e dei siti archeologici esistenti ai più moderni standard, la promozione del territorio attraverso iniziative che incentivino la conoscenza e la visita dei luoghi della nostra cultura.”

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NEWS | Palermo, lapide o codice segreto? Giovanni Tessitore presenta il saggio “I mille enigmi della lapide quadrilingue”

LAPIDE FUNERARIA NORMANNA O CODICE SEGRETO DI UN COLPO DI STATO CHE AVREBBE CAMBIATO LE SORTI DEL MEDITERRANEO?

Questa è la sensazionale domanda che si pone lo storico Giovanni Tessitore nel suo saggio “I mille enigmi della lapide quadrilingue”, che verrà presentato venerdì 31 Gennaio, alle 17:30, alla Banca Sant’Angelo a Palermo. 

Una lapide funeraria del 1148 nasconderebbe in realtà il codice segreto di un colpo di Stato che avrebbe potuto cambiare la storia della Sicilia e di gran parte del Mediterraneo: la cospirazione di Giorgio d’Antiochia per impossessarsi, illegittimamente, del potere sul Regno di Sicilia, alla morte di Ruggero II.

Disegno, che fu interrotto dall’improvvisa morte del potente ammiraglio, avvenuta nel 1151, tre anni prima di quella di Ruggero II. Non è un romanzo, ma il frutto delle ricerche del giurista e storico Giovanni Tessitore, descritte nel saggio “I mille enigmi della lapide quadrilingue”, pubblicato dalla Banca popolare Sant’Angelo in occasione dei 100 anni della banca e distribuito gratuitamente. Il saggio sarà presentato venerdì prossimo, 31 gennaio, alle ore 17,30, presso Palazzo Petyx, in via Enrico Albanese, 94, dall’autore e dallo storico Pasquale Hamel, e sarà donato a chi vorrà presenziare.

Il “codice segreto”, secondo Tessitore, sarebbe custodito in una delle incisioni della minuscola lapide marmorea, scritta in quattro lingue e custodita nel Museo di arte araba del Castello della Zisa, esposta in tutto il mondo e finora ritenuta una pietra funeraria che Crisanto, chierico di Ruggero II, avrebbe posto nel 1148 sulla tomba della madra Anna in una piccola cappella dell’allora Chiesa di San Michele Arcangelo “de indulciis”, nell’area dell’attuale Biblioteca comunale di Casa professa, dove ne avrebbe traslato la salma dopo una prima sepoltura nella Cattedrale di Palermo. E che, secondo tutte le interpretazioni degli storici, avrebbe scritto in quattro lingue (greco, latino, ebraico e arabo) in nome di una presunta convivenza e tolleranza fra le comunità e rispettive religioni presenti allora in città.

In realtà, argomenta Tessitore, mettendo in dubbio questa tesi, nel 1148, a 230 anni dall’invasione araba della Sicilia che aveva letteralmente stravolto l’Isola, il normanno Ruggero II, vecchio, debole e malato, regnava su una Palermo che aveva perso ogni identità demografica e religiosa: gli abitanti erano il frutto di un miscuglio di razze, greci, romani, ebrei, arabi e normanni, e non c’erano più distinzioni nette di riti. Anzi, le comunità religiose, quando potevano, si scontravano fra loro per conquistare le grazie del Re e non esisteva pacifica convivenza o tolleranza. Persino il potere di nominare il Vescovo di Palermo era stato sottratto al Papato ed era gestito dal Re normanno. E proprio quell’anno la sede vescovile di Palermo era vacante e, particolare molto importante, la Cattedrale era in fase di demolizione per essere ricostruita 30 anni dopo nell’attuale conformazione.

In questo scenario “meticcio”, dunque, non ha senso, secondo Tessitore, che un oscuro sacerdote avesse così tanta influenza da potere tumulare la madre nella Cattedrale dove venivano sepolti solo i componenti della famiglia reale, e poi sentire il bisogno di documentare la traslazione della salma in quattro lingue esposte in una cappella non aperta al popolo che, fra l’altro, non sapeva leggere.

Tessitore, poi, con l’aiuto di Adalberto Magnelli, docente di epigrafia greca all’Università di Firenze, si è soffermato sulle quattro lingue, due delle quali, in realtà, non sono arabo ed ebraico, ma entrambe “mozzarabico”, la lingua rituale di una ristrettissima e colta elite di sacerdoti cristiano-giudaici assai influenti a corte. Inoltre, la “maiori ecclesia sanctae Marie” citata nell’iscrizione in latino, non sarebbe la Cattedrale, ma “la più grande chiesa di Santa Maria” della Grotta, esistente nella parte sotterranea del gruppo di quattro chiese melchite dell’attuale complesso di Casa professa, dove sarebbe stata realmente sepolta Anna per essere poi spostata velocemente nella seconda chiesa superiore, quella di San Michele Arcangelo. Perché? Un pretesto per affiggere la lapide?

Se così fosse, conterrebbe un codice segreto, rivolto agli aderenti ad una sorta di “massoneria primordiale” composta dai nobili seguaci di Giorgio d’Antiochia e dalla potentissima chiesa cristiana melchita orientale da lui protetta, oltre che dallo stesso Crisanto che aveva modo di fare da “cerniera” all’interno del Palazzo reale. Una lapide che, nella croce posta fra le quattro lingue, potrebbe essere il segnale per affermare la supremazia di Giorgio d’Antiochia e la sua centralità fra tutte le religioni e comunità di Palermo.

Dunque, si chiede Tessitore,  come sarebbe cambiata la storia della Sicilia, dell’Italia meridionale, della Grecia, di Malta e del Nord-Africa, terre dominate da Ruggero II, se alla sua morte il potere fosse passato al suo “emiro degli emiri” e capo della flotta, che aveva conquistato tutti questi territori, e non al fratello di Ruggero, Guglielmo I, la cui incapacità segnò la fine della potenza della dinastia normanna e, quindi, favorì la calata degli Svevi che portò all’impero di Federico II “Stupor mundi” e alla nascita nell’Isola del primo Parlamento d’Europa?

Nessuno può dirlo e la storia non si scrive con i “se”. Ma è probabile  che Giorgio d’Antiochia si apprestasse ad approfittare della debolezza politica di quel periodo per conquistare illegittimamente il trono, con la protezione dei bizantini, che alimentavano la chiesa melchita di Palermo e che avrebbero aiutato Giorgio in caso di assalto da parte di altre potenze straniere.

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Giro di Sicilia | La resistenza di Milazzo per la difesa della Sicilia. L’arrivo

La grande volata di Stacchiotti, che stacca Belletti e Pacioni, conclude la prima tappa del Giro di Sicilia. La gara, accolta con tanto entusiasmo, si è conclusa a Milazzo, terzo comune in ordine di grandezza della provincia messinese dopo Messina e Barcellona Pozzo di Gotto.

Fondata dai Greci intorno al 716 a.C. e dal 36 a.C. riconosciuta come civitas Romana, la città è stata al centro della storia anche durante la Prima Guerra Punica (260 a.C.).

I Mamertini di Mylae (nome romano di Milazzo) conquistarono Messana nel 270 a.C., consegnando di fatto la rocca milazzese nelle mani dei siracusani di Gerone II, essendo il contingente militare stanziato nel capoluogo e non impiegabile per la difesa di Milazzo.

I Mamertini, rimasti a Messana, si rivolsero prima ai Cartaginesi, chiedendo un loro intervento per far cessare le attività belliche siracusane. Probabilmente per evitare il predominio cartaginese, successivamente chiesero aiuto ai Romani, con i quali stipularono un accordo che avrebbe visto gli isolani impegnarsi a fianco di Roma, a condizione che Roma a sua volta intervenisse in difesa del territorio mamertino.

Ma la richiesta fu lungamente dibattuta dal Senato Romano, il quale aveva appena stipulato un accordo di pace e collaborazione proprio con i Cartaginesi. Il Senato sapeva bene che, se avesse accettato la proposta dei Mamertini, non avrebbe più potuto evitare il conflitto con i punici, che nel frattempo controllavano quasi tutta l’isola (ad eccezione, appunto, di Milazzo, Messina e Siracusa).

Nel 264 a.C. i Romani accettano l’accordo e sbarcano a Messina, località in cui si consuma il primo di una lunga serie di scontri con Siracusani e Cartaginesi, risolti poi con la vittoria di Roma e la famosa vicenda di Carthago Delenda Est.

Passata sotto il controllo bizantino dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, la città subisce le incursioni arabe per poi essere successivamente conquistata, nel 1101, da Ruggero d’Altavilla. Sotto i Normanni si avrà il potenziamento del vecchio centro, con il rifacimento delle vecchie mura e del Castello, noto ancora oggi come uno dei più grandi mai realizzati nella storia!

L’ingresso del Castello di Milazzo

Nel luglio 1860, con l’arrivo delle camicie rosse, si consumò la grande Battaglia di Milazzo. Il Castello era l’ultima delle fortezze, insieme alla Real Cittadella di Messina, che ancora resisteva alla conquista garibaldina. Ricevuti i rinforzi dai Borbone stanziati presso la città dello Stretto, la battaglia sembrava volgere al termine in favore dei milazzesi quando l’esercito Borbone, condotto dal generale Giacomo Medici, optò per la ritirata strategica a Napoli, lasciando scoperta la fortezza e la Real Cittadella come ultimo baluardo per la difesa della Sicilia.

La prima tappa dell’antico Giro di Sicilia non poteva che concludersi in una località degna del suo prestigio.