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NEWS | In Egitto torna alla luce un laboratorio di ceramica greco-romano

In Egitto, la missione archeologica egiziana che opera nel governatorato di Beheira, una zona nordoccidentale del Delta del Nilo, ha scoperto i resti di un grande laboratorio di ceramica, risalente all’epoca greco-romana.

Il Dr. Mustafa Waziri, Segretario Generale del Supremo Consiglio delle Antichità, ha dichiarato che si tratta di un laboratorio con alcuni edifici risalenti al periodo compreso tra il III secolo a.C. e il I secolo d.C.. Ha spiegato che ci sono diverse aree divise in base alla funzionalità: dall’area per modellare l’argilla a quella per farla asciugare, momento in cui il vasellame veniva esposto al sole. La missione di ricerca, guidata da Ibrahim Sobhy, ha infatti portato alla luce l’area in cui l’argilla veniva lavorata, con l’aggiunta di additivi per predisporre le fasi di lavoro successive. All’interno dei resti murari del laboratorio, inoltre, sono stati rinvenuti alcuni strumenti utilizzati per la produzione ceramica, come utensili in metallo, frammenti del tornio e alcuni frammenti di vasi di terracotta.

I forni per la produzione ceramica

Il dott. Ayman Ashmawy, capo del settore delle antichità egiziane presso il Consiglio supremo delle antichità, ha sottolineato che le fornaci hanno fori di aerazione superiori, a corrente ascensionale. Queste sono state realizzate con mattoni rossi e circondate da spesse pareti di mattoni di fango per resistere alla pressione risultante dal processo di combustione. Tra i resti, anche frammenti di stoviglie incombuste e altre materie prime.

Un insediamento a lungo frequentato

Da parte sua, il professor Sobhy ha affermato che la stessa ha portato in luce anche la porzione di un abitato con costruzioni in mattoni di fango. In alcune di queste erano presenti vasellame ceramico per l’uso quotidiano, forni di cottura, silos di stoccaggio e alcune proto-monete in bronzo. L’area presenta inoltre un gruppo di sepolture in mattoni crudi in cui sono presenti vasi funerari in ceramica, alabastro e rame.

Secondo il professor Sobhy queste sepolture risalirebbero al periodo protodinastico. Gli antichi egizi, sempre secondo Sobhy, si erano stabiliti in quella zona dai tempi storici fino all’epoca romana. Materiali del periodo protodinastico, uniti a elementi di epoca greco-romana, secondo il professor Sobhy testimonierebbero una continuità abitativa dell’insediamento.

Egitto scoperto laboratorio di ceramica periodo greco-romanoImmagini in testo e copertina: fonte Ministero delle Antichità Egiziano.

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NEWS | L’Antico Egitto torna a galla a Heracleion

Il 19 luglio il Ministero delle Antichità egiziano ha annunciato due importanti scoperte a circa 13 km a nord-est di Alessandria, nella città sommersa di Heracleion dando la sensazione che l’Antico Egitto torni a galla.

Sito e scoperta

Il relitto di una nave da guerra risalente al Periodo Tolemaico e i resti di un’area funeraria greca datata all’inizio del IV secolo a.C. sono stati scoperti dalla missione archeologica franco-egiziana dell’Istituto Europeo di Archeologia Subacquea (IEASM) al lavoro nella città sommersa di Heracleion, nella baia di Abukir (o Abu Qir).

Cartina del Delta occidentale del Nilo

Heracleion, nota anche come Thonis, era una città dell’antico Egitto situata nel Delta del Nilo, le cui rovine si trovano oggi sommerse nella baia di Abu Qir, a 2,5 km dalla costa. Prima della fondazione di Alessandria nel 331 a.C., Heracleion era stato il principale porto dell’Egitto sul Mediterraneo; la città prosperò in particolare tra il VI ed il IV secolo a.C. quando venne anche ampliato il tempio dedicato a Khonsu, soprattutto dal faraone Nectanebo I (XXX Dinastia) tra il 380 ed il 362 a.C. Nell’antichità, diversi terremoti seguiti da maremoti hanno reso fragile il terreno e fatto crollare una sezione di circa 110 chilometri quadrati del Delta del Nilo, provocando lo sprofondamento delle città di Heracleion e Canopus.

L’imbarcazione
Un archeologo subacqueo mentre esamina l’imbarcazione sommersa

Si ipotizza che l’imbarcazione fosse ormeggiata quando, a causa di un terremoto avvenuto intorno al II secolo a.C., rimase colpita dai resti di un tempio che la fecero affondare; teoria che sarebbe anche confermata dai resti dell’edificio ritrovati nell’area dell’inabissamento. 

L’ancora della nave da guerra

Il capo della missione, Frank Goddio, afferma che il ritrovamento di imbarcazioni di questo tipo sono estremamente rare. Secondo gli studi preliminari, la nave sembra che avesse una misurazione di 25 m, con una tecnica costruttiva mista tra le forme greche ed egiziane: il fondo e la chiglia risulta che fossero piatti, particolarmente adatti per la navigazione sul Nilo.

 

L’area funeraria
Ceramiche che riaffiorano nell’area funeraria

La seconda scoperta, l’area funeraria, è stata annunciata dal capo del Dipartimento Centrale delle Antichità Sommerse, il professor Ehab Fahmy. La necropoli risalente all’inizio del IV secolo a.C. si trova all’imbocco del canale nord-orientale della città; qui sembrano essere sepolti i mercanti greci che si erano stabilizzati nella zona grazie ai permessi faraonici del Periodo Tardo (664 – 332 a.C.). Nonostante le avverse condizioni di ritrovamento, queste rovine sono tuttavia la viva testimonianza della ricchezza che dovevano avere i templi che abbellivano la città.

 

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NEWS | La Sapienza inaugura la mostra virtuale “Along the Nile”

Giovedì 20 maggio 2021 alle ore 9.45 si terrà l’inaugurazione della mostra virtuale Along the Nile, through the Archives, and into the Web. A Virtual Exhibition of the Archaeological Activities of  Sapienza University of Rome in Sudan, promossa e finanziata dall’Ambasciata Italiana a Khartoum. La mostra, organizzata dal Dipartimento SARAS, verrà trasmessa in streaming su YouTube a questo link e abbraccia un arco cronologico che va dal 1964 a oggi, giovandosi, tra le altre risorse, di materiali documentari appartenenti ad archivi privati e in deposito presso il Museo del Vicino Oriente, Egitto e Mediterraneo (MVOEM) della Sapienza. La mostra può esser seguita in diretta tramite questo link.

La Sapienza anche in Sudan

La storia delle spedizioni archeologiche condotte in Sudan dalla cattedra di Egittologia della Sapienza rappresenta un segmento importante dell’impegno italiano nella salvaguardia del patrimonio archeologico sudanese e, per quanto concerne le missioni più antiche, strettamente connesse alla campagna di salvataggio dei monumenti nubiani promossa dall’UNESCO in occasione della costruzione della “grande diga” di Assuan, che avrebbe determinato la formazione del lago Nasser e la conseguente scomparsa dei monumenti che non fossero nel frattempo stati trasferiti altrove. Raccontare, seppur brevemente, la storia di tali ricerche vuol dire dunque narrare dei lunghi, continuativi e fruttuosi rapporti di collaborazione tra l’Italia e il Sudan.

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Il Museo del Vicino Oriente, Egitto e Mediterraneo (MVOEM) della Sapienza, Università di Roma. Sullo sfondo i pannelli con la storia delle ricerche nel Vicino Oriente

La mostra dunque mira a illustrare i risultati delle missioni “storiche” della Sapienza in Sudan – a Tamit (1964), a Sonqi Tino (1967-1970) e a Jebel Barkal (1973-2004), oltre varie altre esplorazioni compiute in quegli stessi anni tra la seconda e la quarta cataratta –, dirette dalla cattedra di Egittologia e in particolare da Sergio Donadoni prima e da Alessandro Roccati poi, ma al contempo guarda al futuro dei rapporti tra la Sapienza e il National Corporation for Antiquities and Museums (NCAM) che, attraverso una missione congiunta, lavoreranno insieme presso il tempio meroitico di Hugair Gubli e nell’area di Magal (quarta cataratta).

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Il Museo del Vicino Oriente, Egitto e Mediterraneo (MVOEM) della Sapienza, Università di Roma
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NEWS | Dal Delta del Nilo (Egitto) ritornano alla luce 110 sepolture antichissime (PHOTOGALLERY)

Il dottor Sayed Al-Talhawi, direttore dello scavo nell’area archeologica di Dakahlia, governatorato a nord-est del Cairo, annuncia la scoperta di 110 sepolture. L’importanza della scoperta, avvenuta nel sito di  Kom al-Khaljan, nel Delta del Nilo, risiede nell’epoca delle sepolture. Sembra siano databili a tre diversi periodi, che scandiscono, di fatto, tre diverse fasi della civiltà egizia, dalla preistoria al Secondo Periodo Intermedio.

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Le sepolture di Kom al-Khaljan (foto: Ministry of Tourism and Antiquities)

Le più antiche, 68 sepolture, risalgono infatti a più di 5000 anni fa, alla Civiltà del Basso Egitto, conosciuta come Bhutto/Buto 1 (3900-3700 a.C.) e Bhutto/Buto 2 (3700-3350 a.C.). Cinque sepolture, invece, risalgono alla civiltà Naqada III (3500-3150 a.C.) e 37 all’epoca Hyksos (1720-1530 a.C.) durante il Secondo Periodo Intermedio. 73 sepolture, dunque, sono state realizzate prima delle piramidi, prima dei faraoni.

Le tombe più antiche

Il dottor Ayman Ashmawy, capo del settore delle antichità egizie presso il Consiglio Supremo delle Antichità, dichiara che le 68 sepolture sono fosse di forma ovale scavate nello strato sabbioso dell’isola del Delta. Al loro interno, i defunti sono stati collocati in posizione rannicchiata. La maggior parte giaceva sul lato sinistro e con la testa rivolta a ovest. All’interno di un grande vaso di argilla, inoltre, sono stati scoperti i resti di un bambino, databili al periodo Bhutto/Buto 2, sepolto insieme a un piccolo vaso di argilla sferico.

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Sepoltura a fossa ovale con resti antropici in posizione accovacciata. Dal sito di Kom al-Khalian nel Delta, risalente alla civiltà di Buto (foto: Ministry of Tourism and Antiquities)
Le sepolture con corredo di Naqada III

Anche le cinque tombe risalenti al periodo Naqada III sono fosse di forma ovale ricavate nello strato sabbioso. Tra queste, due sepolture presentano il fondo e la parte superiore ricoperti da uno strato di argilla. «All’interno delle fosse, spiega Ayman Ashmawi, la missione ha trovato un gruppo di arredi funerari caratteristici di questo periodo, come vasi cilindrici e triangolari, oltre alla ciotola del kohl, la cui superficie era decorata con disegni e forme geometriche».

Le sepolture del periodo Hyksos

Nadia Khader, capo del Dipartimento centrale del Basso Egitto presso il Consiglio Supremo delle Antichità, afferma che le tombe del Secondo Periodo Intermedio sono 37; 31 di queste sono fosse semi-rettangolari, con profondità tra i 20 cm e gli 85 cm. Presentano tutte sepolture in posizione distesa e supina con la testa verso occidente. Alcune sepolture presentano una struttura rettangolare in mattoni di argilla, a forma di edifici. Anche in questo gruppo, inoltre, è presente l’inumazione di un bambino all’interno di un grande vaso: si tratta di una tipologia di sepoltura diffusa in Oriente.

Le tombe presentano un corredo funerario di piccoli, ma significativi oggetti: vasi di argilla nera, amuleti (in particolare scarabei) in pietre semipreziose e gioielli, come anelli e orecchini in argento.