Rafforzare la promozione di Aci Castello (CT) e delle sue bellezze architettoniche, naturalistiche e ambientali presenti nella Riviera dei Ciclopi: sono gli obiettivi dell’accordo di collaborazione siglato nei giorni scorsi dal Comune di Aci Castello e dal Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Catania.
Cosa prevede il progetto
La convenzione prevede l’elaborazione di proposte di progetti di formazione per la valorizzazione delle risorse culturali e ambientali del territorio attraverso le attività degli studenti. «Negli ultimi anni questa amministrazione si è mossa in una direzione chiara: quella della promozione del territorio», così ha spiegato il sindaco di Aci Castello (CT), Carmelo Scandurra. «Una ricca serie di eventi e manifestazioni di interesse culturale, per lo più realizzati nello splendido scenario del Castello Normanno, e l’istituzione dell’ecomuseo “Riviera dei Ciclopi” costituiscono segnali chiari dell’intenzione di mettere in atto azioni precise, di sviluppo turistico e valorizzazione del territorio».
Le aspettative della collaborazione
Saranno portate avanti attività di analisi di modelli di sviluppo turistico in altri contesti europei ed elaborati nuovi modelli di attuazione di politiche strategiche per la destinazione Aci Castello attraverso la realizzazione di prodotti multimediali e non finalizzati alla comunicazione e valorizzazione del territorio.
Sempre caro mi fu quest’ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quïete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Giacomo Leopardi
(In foto) Caspar David Friedrich, Viandante sul mare di nebbia, olio su tela, 1818.
Chi ha dovuto imparare a memoria questo componimento? Tutti, chi dice di no mente!
Giacomo Leopardi (1798-1837) ha composto la poesia a Recanati (MC) nel 1819. I primi versi lasciano pensare che il tema del componimento sia quello del piacere e dello star soli in luoghi nascosti. L’incipit stesso sembra essere narrativo perché il «Sempre caro mi fu» (v. 1) dà l’idea di un legame che rimanda in qualche modo al passato; di seguito, però, è il presente che domina.
Dopo «Ma» (v. 4) il testo parla di un’esperienza vissuta nel momento stesso in cui viene raccontata. E pensare che sia una siepe che suscita l’immaginare spazi infiniti è sorprendente, a farlo dovrebbero essere, piuttosto, spazi aperti. L’Infinito parla di come, in modo graduale, cominciando da esperienze sensoriali concrete, il lettore immagini qualcosa che non ha limiti né di spazio né di tempo.
Il racconto va avanti grazie alla percezione di diversi stimoli sensoriali che colpiscono in modo del tutto casuale il lettore; la siepe, oggetto immobile che chiude, fa pensare in modo contrario all’infinito.
Nella prima parte del componimento, l’idea del silenzio è una parte dell’infinito spaziale. Ma il rumore del vento lascia intuire un infinto diverso: quello temporale. Quest’ultimo è anche il rumore della vita, legato indissolubilmente al presente, ma che, nello stesso momento, ci obbliga a un confronto tra l’evento del momento presente e il passato, arrivando a confondersi con l’eternità.
Il lettore perde così la sua identità e ciò consiste nel perdere le coordinate dello spazio e del tempo: naufraga nell’immensità. Ma non ha paura e si abbandona alla sensazione.
Come già detto, la poesia si concentra sull’immersione dell’io nell’infinito, generata dal rapporto con un luogo reale (il colle di Recanati) e l’immaginazione dell’indefinito. Essa avviene attraverso la vista (la siepe che porta a immaginare infiniti spazi) e l’udito (il rumore del vento tra le foglie che porta il lettore a pensare a tempi senza fine).
La natura, in questo momento della formazione di Leopardi, è ancora locus amenus, idealizzata e piacevole, ben lontana dalla natura matrigna delle opere della maturità. L’autore vuole far conoscere al lettore l’esperienza del sublime, che, per i romantici, non è altro che il senso di impotenza dell’uomo davanti alla natura.
Leopardi spiega, attraverso L’infinito, che il sublime è un’esperienza e che, per poterla vivere, non serve trovarsi in un luogo determinato, ma la propria immaginazione può essere più che sufficiente.
In copertina: luogo commemorativo sul Colle dell’Infinito (MC).
È prevista per il 30 giugno 2021 l’apertura del nuovo museo danese dedicato ad Hans Christian Andersen (1805-1875), scrittore e poeta danese noto in tutto il mondo per le sue fiabe. Proprio a lui e al suo mondo fiabesco sarà dedicato a Odense, sua città natale, un nuovo straordinario progetto, in grado di coniugare architettura sostenibile, arte e tradizione letteraria.
Nel 2016 Kengo Kuma and Associates, studio dell’architetto giapponese Kengo Kuma, vinceva il concorso indetto dal Comune di Odense per la presentazione del progetto del nuovo museo. Finalmente, dopo cinque anni di attesa, il museo si appresta ad essere presentato al pubblico. Situato tra il contemporaneo centro di Odense e la zona urbana medievale, con le piccole casette di legno tradizionali, il museo si propone di coniugare la dualità data dal passato e dal presente in continuo divenire.
«Ci sono profondi messaggi nelle opere di Andersen che riflettono la vita dell’autore e il suo viaggio», afferma Kengo Kuma. «Il lavoro di Andersen proietta la dualità degli opposti che ci circondano: reale e immaginario, naturale e artificiale, umano e animale, luce e oscurità. Lo scopo del nostro progetto è quello di incanalare questa essenza del suo lavoro in forma architettonica e paesaggistica».
Un progetto architettonico e paesaggistico unico
Il museo di Odense, da progetto, si compone di una serie di padiglioni circolari ravvicinati, come a formare una catena sconnessa, realizzati in strutture lignee che comunicano con il vasto parco circostante. L’idea è quella di non fornire un percorso espositivo obbligato, ma di lasciare il visitatore libero di esplorare, di entrare e uscire a piacimento dai vari ambienti, perdendosi tra il verde del parco e tra le istallazioni fiabesche ispirate alle opere di Andersen. Alcuni spazi espositivi, a questo scopo, saranno sotterranei, fungendo da “portali”, come afferma Kuma, per trasportare il visitatore dal mondo reale al mondo delle fiabe.
La grandezza del progetto passa anche attraverso grandi numeri: costato 390 milioni di corone danesi (quasi 53 milioni di euro), il Museo si estende su una vasta area, con i padiglioni che si sviluppano in circa 6000 mq, compresi in un parco di altri 7000 mq.
Artisti internazionali omaggiano Andersen
Il mondo fiabesco di Andersen, inoltre, prenderà vita grazie alle produzioni di 12 artisti di fama internazionale. Il brasiliano Henrique Oliveira proporrà un gigantesco albero tridimensionale, in legno riciclato, ispirato alla fiaba L’acciarino magico; la danese Veronica Hodges presenterà un’istallazione realizzata con carta intagliata ispirata alla rondine della fiaba Mignolina.
A rendere unica l’esperienza di una visita immersiva in un contesto altrettanto unico saranno anche le arti sonore, grazie ai lavori dello sceneggiatore danese Kim Fupz Aakeson e dello scrittore americano Daniel Handler. Inoltre, sarà possibile immergersi tra le note delle composizioni originali de L’usignolo, La regina delle nevi, Il brutto anatroccolo e La sirenetta, reinterpretati dalla compositrice danese Louise Alenius.
Il mondo di Andersen, inoltre, prenderà vita grazie a un viaggio visivo del regista Timothy David Orme e alla collaborazione con Andy Gent, burattinaio inglese che realizza pupazzi e figure animate per i film (noto per le collaborazioni con Wes Anderson).
Non resta, dunque, che volare in Danimarca per prendere parte a un’esperienza sensoriale unica!
Il grande emporio della città di Agrigento, di cui parlano le fonti antiche, alla Foce del fiume Akragas, sarà oggetto di una riqualifica. Il sito sarà fruibile, grazie a un progetto che varerà oltre un un milione di euro con fondi POC. Il totale proviene dall’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana; l’iniziativa è partita dal Libero Consorzio di Agrigento.
Gli spazi intorno alla Foce, dove si trovano edifici abbandonati e in degrado, saranno sistemati e ospiteranno attività didattiche e culturali. Verranno creati anche dei percorsi naturalistici per riscoprire tutta quest’area di grande interesse ambientale. Inoltre, la zona ha restituito importantitestimonianze archeologiche di età greca, romana, bizantina e islamica. Un corso d’acqua che da sempre, quindi, ha fatto la fortuna della città di Agrigento fino ad oggi.
Le parole dell’assessore Alberto Samonà
«L’intervento è frutto di un’azione congiunta tra istituzioni e costituisce un primo significativo passo per recuperare e custodire un ambiente naturale, oggi totalmente degradato, che presenta molte particolarità sotto il profilo storico e paesaggistico. Si tratta anche di dar corso a un’operazione di recupero della memoria storica che mira a restituire ad Agrigento il proprio passato, creando una continuità tra la costa e la Valle dei Templi, rapporto che nel tempo ha subito una frattura. Molti dei progetti finanziati dal governo regionale attraverso l’Assessorato dei Beni Culturali tendono a ricostruire un tessuto che valorizzi la città di Agrigento nella sua complessità e continuità: Parco Archeologico, centro storico, area costiera; questi ultimi sono, infatti, tutti elementi che vanno connessi per offrire una visione globale della città».
Un progetto sostenibile
Si cercherà di recuperare in maniera rispettosa tutti gli spazi esistenti, tra cui l’edificio noto come “la focetta” che sarà adibito a spazio per l’accoglienza turistica e per progetti di educazione ambientale. Il tutto sarà reso accessibile e non ci saranno barriere architettoniche. Si è pensato di realizzare proprio in questo spazio delle iniziative culturali e di costruire al suo interno una sala immersiva che racconterà la storia di Agrigento. In quest’area, inoltre, grazie alla collaborazione con la Soprintendenza del Mare, saranno esposti reperti archeologici subacquei. Sarà adibita anche una sezione naturalistica che illustrerà flora e fauna locale; sarà possibile partecipare anche ad attività come il birdwatching.
L’Assessorato ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana ha sottoscritto il 10 aprile 2021 il contratto per la riqualificazione dell’area archeologica di Cava D’Ispica. Il progetto è finalizzato alla valorizzazione di quest’area del ragusano, atta ad attrarre forza turistica con anche l’abbattimento delle barriere architettoniche ancora presenti. Ricordiamo infatti come questa zona sia stata un’importante meta siciliana del Grand Tour e come ancora oggi sia un gioiello archeologico e naturalistico della provincia ragusana. Maggiore accessibilità significherà non escludere nessuno dai percorsi culturali, creando dei percorsi appositi. Il finanziamento deriva dal PON Cultura e Sviluppo e ha un importo d’asta pari a €2.906.187, oltre IVA. Il tutto rientrerebbe tra le iniziative atte a portare avanti i progetti pilota dei poli di eccellenza del Mezzogiorno.
L’iniziativa è stata affidata alla Soprintendenza dei Beni Culturali di Ragusa, che ha sottoscritto un appalto integrato assegnato all’ATI, formata dalla Conscoop di Forlì, dal C.A.E.C. e dalla Operes S.r.l. di Santa Venerina (CT). A queste cooperative è stato dato l’incarico di redigere, entro trenta giorni dal contratto, l’esecutivo per la realizzazione. La conclusione dei lavori si prospetta entro sei mesi dalla consegna del disegno progettuale. Responsabile Unico del Procedimento (RUP) sarà l’architetto Titta Tumino della Soprintendenza dei Beni Culturali di Ragusa.
Cosa era stato previsto nel 2018
A settembre 2018 l’allora Assessore ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana, Sebastiano Tusa, consegnò alle ditte vincitrici i lavori di realizzazione e ripristino. Questi riguardavano i sentieri del Parco di Cava D’Ispica grazie ai fondi, pari a circa 6 milioni di euro. L’intervento al Parco di Cava D’Ispica avrebbe mirato a riqualificare l’area con un ampliamento delle aree visitabili dai turisti e la messa in sicurezza della strada provinciale, con la ricostruzione di ambientazioni archeologiche e ripristino del paesaggio storico antico. Inoltre, si prospettò la valorizzazione dei sentieri e delle vie di collegamento tra i monumenti, il miglioramento dei percorsi di visita attraverso un nuovo sistema di indicazioni topografico-temporali. Si parlava già allora di percorsi di visita virtuale all’interno dei monumenti e di ricostruzione del ciclo pittorico della “Grotta dei Santi”, per fornire una lettura migliore delle pitture.
Cosa si realizzerà nel 2021
Sono queste, dunque, le realizzazioni previste nel nuovo progetto: oltre all’abbattimento delle barriere architettoniche, l’idea è quella di valorizzare l’ex mulino e l’area d’ingresso al sito. Saranno realizzati nuovi servizi igienici, un deposito e implementati illuminazione e video sorveglianza oltre che una riqualificazione per mezzo di camminamenti dell’area del belvedere. Importanti interventi sono previsti, inoltre, nella necropoli della Larderia e nell’area del Gymnasium, che potrà essere adibita a luogo per iniziative culturali con lo sfondo della rupe della Spezieria.
In questo frangente infatti l’area archeologica sarà dotata di un innovativo sistema di realtà aumentata. Ciò permetterà al visitatore di ricevere nuove informazioni in merito ai luoghi d’interesse tramite rappresentazione panoramica su mappa satellitare e geolocalizzazione.
Archeo-trekking Urbano è un percorso attraverso i 21 siti archeologici della città di Reggio Calabria.
Proposto quindi dall’associazione regionale Amici del Museo di Reggio Calabria, l’itinerario si sviluppa dal lungomare per le vie della città, attraversando i numerosi tesori dell’archeologia a cielo aperto. Il presidente dell’associazione Amici del Museo, Franco Arillotta, dichiara dunque:
«La realtà archeologica di Reggio Calabria è variegata: ci sono 21 posti nei quali si ritrovano interessanti presenze archeologiche. Dall’area archeologica del Trabocchetto, alla fattoria di via 25 Luglio, alle mura magnogreche e alle terme romane del lungomare, fino al parco archeologico di Occhio di Pellaro e palazzo Laface in pieno centro cittadino, luogo in cui ci sono due pozzi tubolari magnogreci».
Questi luoghi, in tal modo, potrebbero quindi essere maggiormente visitati, valorizzati e promossi. Luoghi Inclusi in una passeggiata culturale alla scoperta della storia e della quotidianità di una perla del Sud Italia.
“Kalabria coast to coast” è un sentiero naturalistico di 55 chilometri che va dal Mar Ionio al Tirreno. Attraversa dieci comuni e due province, da Soverato a Pizzo, passando tra borghi calabresi, campi e boschi. Un progetto concretizzato dopo oltre due anni di lavori, tavoli tecnici e protocolli d’intesa con gli enti locali, sopralluoghi per la pulizia, tracciatura verticale e mappatura con GPS e consolidamento della rete che coinvolge strutture ricettive e associazioni del territorio.
Il cammino calabrese è un percorso naturalistico da assaporare con lentezza, tra campi, boschi, scorci e oasi. In una Calabria lontana dalle usuali mete turistiche, unica e antica. Dal 25 luglio è online il sito ufficiale, tramite il quale gli escursionisti potranno trovare tutte le informazioni necessarie. Dal sito è anche possibile scaricare le mappe GPS e trovare numeri utili a cui rivolgersi.
Le tappe
Tre le tappe previste: la prima da Soverato a Petrizzi, in provincia di Catanzaro. Si tratta di 12,700 km con un dislivello in salita di 716 metri e in discesa di 327. La seconda con partenza a Petrizzi e arrivo a Monterosso Calabro (Vibo Valentia); la lunghezza è di 23,500 km con un dislivello in salita di 979 metri e un dislivello in discesa di 1.085. La terza da Monterosso a Pizzo Calabro per complessivi 19,1 km con un dislivello in salita di 585 metri e in discesa di 864.
Un percorso sicuramente non semplice, ma che stupirà con le sue meraviglie!
Scoprire eruzioni risalenti al XIX secolo, ammirare strutture vulcaniche quali gli hornitos, i coni piroclastici e varie tipologie di rocce vulcaniche con vista sull’incantevole golfo di Catania. Da oggi tutto questo è possibile grazie all’itinerario didattico “Monte Grosso-Monte Gemmellaro” sul versante sud dell’Etna; allestito e reso fruibile grazie ad un progetto realizzato dal Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania. Preziosa anche la collaborazione del Parco dell’Etna, del Comune di Nicolosi e del Dipartimento regionale Aziende Foreste Demaniali. Il sentiero, dedicato al geologo naturalista Carlo Gemmellaro (1787 – 1866), si snoda tra i 1.300 e i 1.500 metri di quota partendo dall’ingresso pedonale di Monte Concilio.
Un grande laboratorio all’aperto è in costruzione!
Un progetto coordinato dal Prof. Rosolino Cirrincione (Presidente del corso di laurea in Scienze geologiche e responsabile della sezione Scienze della Terra) dell’ateneo catanese; realizzato nell’ambito del Piano Lauree Scientifiche – Geologia tramite un finanziamento del MIUR. Alla realizzazione dell’itinerario hanno collaborato i docenti Rosalda Punturo, Carmelo Ferlito, Gaetano Ortolano e Giampietro Giusso Del Galdo; ma anche Roberto Visalli e il dirigente vulcanologo del Parco dell’Etna Salvo Caffo.
Il progetto prevede anche la realizzazione di un laboratorio all’aperto per avvicinare i giovani al mondo della Geologia. Il sentiero, infatti, è fruibile dagli studenti delle scuole di ogni ordine e grado e ovviamente anche dai turisti. Una passeggiata panoramica di due ore lungo un percorso consente ai visitatori di ammirare le eruzioni dal XIX secolo ad oggi, hornitos e tanto altro. Il sentiero è stato anche oggetto di una pubblicazione scientifica con un articolo dal titolo “Geoscience and education proposal of a Geo-Trail at the Etna Volcano”; fa parte della rivista “Rendiconti Online della Società Geologica Italiana”.
L’itinerario
L’itinerario didattico si articola in 4 step con relativi pannelli esplicativi.
I primi sentieri
Il primo si trova a 150 metri dall’ingresso presenta gli “Argini di colate e sovrapposizione di colate di età diverse”. Il percorso attraversa una serie di rilievi lavici relativi all’eruzione del 2001 al di sotto della quale si ritrovano affiancate le colate del 1886 e 1892. Questi rilievi sono significativi perché raccontano l’evoluzione morfologica della colata lavica, con un’altezza massima di quasi 10 metri. È possibile anche osservare le sovrapposizioni di colate laviche di età differenti riconoscibili dal diverso colore dovuto alla presenza di licheni biancastri che, avendo bisogno di tempo per crescere, forniscono una datazione relativa delle colate.
Contatto tra due colate laviche di diversa età (UNICT)
Il secondo si trova a 850 metri e illustra il “Lava Blob”, una delle strutture più peculiari derivate dall’attività eruttiva del vulcano. Si tratta di una sfera di lava di dimensioni metriche che può essere spiegata come un’estrusione della porzione più interna e più fluida della colata e che si verifica quando la lava, nel suo scorrere verso il basso incontra un ostacolo, producendo una pressione che letteralmente spinge verso l’alto la porzione fluida del flusso di lava rompendo la parte esterna solidificata e formando così questa tipica forma.
Gli ultimi due step
Il terzo si trova a un chilometro e mezzo dal punto di partenza, permette di osservare le “Xenoliti sedimentari”. Si tratta di frammenti di arenaria quarzosa (quarzarenite) dotati di una colorazione variegata dal bianco all’ocra, che costituisce la coltre sedimentaria sopra cui si trova l’edificio vulcanico etneo che sono stati “strappati” dal magma durante la sua risalita in superficie.
Il quarto e ultimo step conclude il percorso dietro l’apparato eruttivo di Monte Gemmellaro, con gli “Hornitos”. È possibile osservare le bocche eruttive formatesi dall’accumulo di brandelli lavici che si sono saldati tra loro nei primi momenti dell’attività eruttiva del 1886. L’accumulo è avvenuto perché i brandelli molto grossi venivano eiettati a piccola distanza dal punto di emissione ancora fusi, saldandosi l’un con l’altro. All’interno delle bocche eruttive si notano anche i cosiddetti “denti di cane”, strutture morfologiche peculiari simili a piccole stalattiti, formatesi a seguito di processi di rifusione della volta degli hornitos, avvenuti a causa dell’alta temperatura dei gas magmatici.
Per le Giornate del Patrimonio, il 10 e l’11 ottobre 2020, la Soprintendenza di Milano ha aperto alle visite il cantiere del Parco archeologico dell’Anfiteatro di Milano, dove sono in corso lavori di scavo e valorizzazione. Per la festività dei Lupercalia del 15 febbraio 2021 la Soprintendenza presenterà l’anteprima del video che racconta i rinvenimenti e il progetto “PAN Parco Amphitheatrum naturae”.
“Amphitheatrum Naturae”, Archeologia green a Milano
Ampliata l’area (da 12.000 a 22.300 mq) con l’annessione delle aree limitrofe degradate (10.000 mq) il Parco si estende ora all’intero sedime dell’antico dell’Anfiteatro. L’area di proprietà del Comune di Milano è stata destinata alla realizzazione di “PAN Parco Amphitheatrum Naturae“: un progetto di archeologia green di valorizzazione dell’area in un viridarium che con il verde ricalca e completa la pianta dell’antico Anfiteatro. Gli scavi eseguiti dalla Soprintendenzahanno riportato in luce le fondazione dell’Anfiteatro romano: ben 14 setti radiali delle gradinate intorno all’arena, la possibile Porta Triumphalis, l’orientamento, le dimensioni, il numero di arcate dell’Anfiteatro romano. Sarà questo, al temine dei lavori previsto entro il 2022, il più vasto parco archeologico di Milano, situato nel cuore della città con l’anfiteatro vegetale del Colosseo verde di Milano: PAN Parco Amphitheatrum Naturae, vicino alla fermata della M4 De Amicis-Anfiteatro.
La prospettiva è poi di crearne il fulcro di una passeggiata storico, archeologica, artistica nel verde dall’Anfiteatro; aggiungendo la visita agli ipogei di Sant’Aquilino, dove è possibile ammirare le pietre dell’Anfiteatro prelevate per costruire il mausoleo tardo antico, ultimamente restaurato. Per proseguire attraverso il parco delle Basiliche fino a Sant’Eustorgio in un unico parco di 10 ettari.
Il progetto di ricostruzione dell’Anfiteatro di Milano
Il Vulcano più alto d’Europa in eruzione è stato il protagonista indiscusso del lockdown natalizio. La sua potenza e la sua bellezza, però, non passano inosservate anche se in stato di quiete: lo dimostra il reportage della fotografa Giulia De Marchi. Il progetto della giovane trentenne esplora l’Etna in ogni suo piccolo scorcio e in tutti i suoi grandi panorami; le fotografie, digitali e analogiche, pongono tutto in risalto: dai sentieri più corti all’orizzonte più lontana.
La serie dal titolo “Vulcano” è stata pubblicata in diverse riviste di fotografia come another place e Fotoform Magazine.
Umani, sagome sulla nera terra rovente
Gli scatti in bianco e nero esaltano ancora di più la nera sabbia vulcanica che copre le depressioni della grande “Muntagna”. C’è quiete tutt’intorno, poche le figure umane che si intravedono. Non sono il soggetto delle fotografie e non pretendono di esserlo, ma solo “sagome“, “figure che gironzolano“, così le descrive la giovane fotografa. Come se fossero immersi nelle solite discussioni quotidiane ammirando il panorama: come sarà il tempo domani, cosa si mangerà a cena. Quasi quasi chi ammira le foto riesce a sentirli.
Le “sagome” umane
Il Vulcano tra le righe di Patrick Brydone
La fotografa ha ispirato il reportage ad alcune righe di A Tour Through Sicily and Malta: In a Series of Letters to William Beckforddel viaggiatore scozzese Patrick Brydone.
Ci sono dei luoghi che senza dubbio si possono dire di più incantevoli della terra; se l’Etna di dentro somiglia all’inferno, si può dire a ragione che di fuori somigli al paradiso. È curioso pensare che questo monte riunisce in sé tutte le bellezze e tutti gli orrori. Qui si può osservare una voragine che un tempo ha eruttato torrenti di fuoco verdeggiare ora delle piante più belle. Si possono cogliere i frutti più squisiti nati su quella che fino a poco fa non era che roccia arida e nera. Qui il suolo è ricoperto di tutti i fiori immaginabili, e noi stessi ci aggiriamo in un mondo di meraviglia e contempliamo questo intrico di dolcezza senza pensare che sotto i nostri piedi c’è l’inferno con tutti i suoi terrori, e che soltanto poche iarde ci separano da laghi di fuoco liquido e di zolfo”.
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