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STUDENTI | Il “vuoto” del Museo, la riflessione di Concetta Barbera

L’emergenza da coronavirus, si sa, ha causato grosse ripercussioni nel mondo della cultura. Non sono solo  teatri e cinema a pagare il caro prezzo dell’assenza di pubblico, ma anche i musei.

Infatti in seguito a chiusure, crollo dei flussi turistici e diffusione, legittima, della paura, i musei hanno registrato un crollo delle presenze. Un dato evidente che è emerso nell’ultimo anno, ma che forse ha radici più profonde. A chiederselo è una studentessa, Concetta Barbera, con questa riflessione che riceviamo e pubblichiamo.

Museo Regionale di Messina. Vuoto, come lo descrive Concetta Barbera.

Il pensiero di Concetta Barbera 

“L’ultima indagine Istat del 2018 indica che l’Italia vanta 4.908 tra musei, aree archeologiche, monumenti e ecomusei aperti al pubblico; aperti al pubblico. Questo mi ha resa profondamente triste.

Possibile che nessuno si sia reso conto che di questi musei in Italia ad oggi pochissimi sono stati riaperti? Possibile che nessuno ci pensi? quando si parla di musei, si pensa quasi che questi interessino soltanto ai turisti o agli “studiosi del campo” perché? Il non avere turisti che circolano nelle città impedisce a noi comuni cittadini e appassionati di andare al museo? Perché non è importante aprirlo, perché non interessa.

Al supermercato si va, al centro commerciale si, i negozi si inaugurano e facciamo la piega dal parrucchiere… Avete mai visto una fila davanti ad un museo? Certo, agli Uffizi o ai Musei Vaticani, ma negli altri forse no. Al museo non faremmo la fila e soprattutto non toccherebbe niente nessuno, quindi la possibilità di contagiarsi sarebbe bassa rispetto che in altri luoghi, però non si può, è rischioso dicono.

È da un anno che sappiamo quali regole utilizzare per evitare di contagiarci, certo molti non le mettono in pratica, ma credo che con tutta la voglia che abbiamo di visitare questi luoghi, ognuno di noi rispetterebbe ogni regola.

Sono molto triste perché i miei nipoti mi hanno chiesto di visitare alcuni luoghi della nostra città e ho dovuto dire di no perché questi luoghi sono chiusi e chissà quando riapriranno. Immagino quanto possa essere triste un Museo vuoto, senza nessun visitatore, senza sorrisi o lacrime, è stata tolta a tutti noi la possibilità di vivere queste emozioni, ma tutto il resto possiamo farlo.

Conosco bene la gioia che si prova ad essere di fronte la storia, perché quella come la vedi se non così, senza i Musei stiamo facendo una parte di storia cancellando tutto il resto.

Chissà se questa indagine Istat fosse di oggi cosa troveremmo scritto, forse se toccasse a me scriverla sarebbe più o meno così “L’Italia vanta 4.908 tra musei, aree archeologiche, monumenti e ecomusei dovrebbero essere aperti al pubblico, ma sono vuoti, da un anno.”

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UNA PESCARESE A MESSINA | Un giorno al MuMe: il Giardino Mediterraneo

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Alla fine della stagione estiva, dopo essermi abbuffata di mare e bagni, ero decisa a scoprire le altre attrattive della città. Chiesi alle persone che conoscevo quali luoghi valesse la pena visitare e venni a scoprire da Chiara, un’amante dell’arte, che in città c’era il Museo Regionale Interdisciplinare di Messina, altrimenti detto MuMe. La mia amica mi spiegò che, tra le altre opere, erano esposti dei dipinti di Caravaggio e di Antonello da Messina e che era assolutamente imperdibile. Ero d’accordo con lei. Mi sorprese il fatto di non averne ancora mai sentito parlare, e decisi di visitarlo.

Io e Domenico partimmo alla volta di Viale della Libertà, dove ora sorge l’edificio monumentale del Museo. Già esternamente, la struttura è degna di nota, vista la sua maestosità. Il Museo infatti sorge nel sito del preesistente Archimandritato del Santissimo Salvatore dei Greci, la chiesa ortodossa più grande d’Europa, crollata nel terremoto, ed è arricchito dal percorso nel giardino che impreziosisce la visita esterna.

Sono rimasta molto colpita dal percorso nel Giardino Mediterraneo, realizzato con il supporto scientifico del direttore dell’Orto Botanico dell’Università di Messina, ed è di fatto uno spazio verde curato e rimesso a nuovo, a disposizione del pubblico e una parte assolutamente non secondaria della visita. Già prima di entrare, infatti, è possibile ammirare ed esplorare le decine di tipologie di piante che crescono nell’area antistante l’ingresso, tutte opportunamente accompagnate da didascalie che ne riportano il nome. Le piante coltivate nel giardino sono autoctone, tipiche dell’area del Mediterraneo: ho infatti potuto ammirare alcuni esemplari di mirto, di ginestra e di ibiscus, oltre alle più tradizionali erbe officinali come l’alloro e il rosmarino.

Oltre a queste piante dalle connotazioni tipicamente mediterranee, ho notato alcune altre specie rare il cui pannello ne chiariva il nome. Il personale del museo mi ha spiegato che alcune piante, come il garofano delle rupi, sono le stesse che si possono ammirare nelle opere esposte all’interno del Museo. Questa idea l’ho trovata vincente e interessante, perché a mio parere consente di creare un filo conduttore tra l’iconografia delle esposizioni interne e l’area esterna, un chiaro rimando tra dentro e fuori, in cui il giardino diventa parte integrante della visita e costituisce un plusvalore all’esperienza della visita stessa. In questo modo natura e arte si fondono in un unicum perfettamente integrato ed emozionante.

Nel giardino ho potuto poi ammirare i resti del preesistente monastero ortodosso, i cui elementi lapidei esterni sono collocati lungo il percorso, mentre la cripta, che si trovava sotto la navata della chiesa del monastero, emersa durante i lavori di costruzione del MuMe, è visitabile all’interno del Museo nel piano dedicato all’archeologia.

Il percorso esterno tra il giardino e i ruderi non è, dunque, solo un ripristino delle aree verdi del Museo, ma consiste anche nella creazione di un ulteriore spazio degno di essere visitato.

Trovo che il Giardino Mediterraneo renda l’offerta più ricca e più fruibile per cittadini e turisti. Sempre all’esterno, infine, la posizione strategica che occupa il sito del Mume offre la vista sullo Stretto, sul mare e sul continente.

Questo è solo il racconto della mia esperienza prima di entrare nelle sale vere e proprie. Qui inizia la visita all’interno delle sale espositive

 

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Una delle “Quattro fontane”, esposta nel Giardino Mediterraneo