Mozia

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NEWS | Scoperta un’antica piscina sacra a Mozia

È stata scoperta un’antica piscina sacra a Mozia, a largo delle coste della Sicilia, allineata con le stelle. Le ricerche hanno svelato che si tratta di un bacino circondato da templi, con una statua del dio Ba’al posizionata al centro.

Drenaggio e scavi presso il Kothon.
La Scoperta

Le indagini, condotte da Lorenzo Nigro de La Sapienza Università di Roma e dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani, hanno svelato che un bacino rinvenuto nella città insulare di Mozia è in realtà una piscina sacra facente parte di un complesso centro cultuale tra i più grandi del Mediterraneo pre-Classico. 

Le ricerche, condotte in seguito alla riscoperta del bacino negli anni ’20 del secolo scorso, avevano evidenziato la presenza di una baia militare simile ai Kothon cartaginesi, tuttavia, gli scavi recenti hanno radicalmente cambiato l’interpretazione del luogo. Privo di sbocchi sul mare, e alimentato da sorgenti naturali, esso non poteva fungere da struttura militare. Il ritrovamento di templi, stele e altari lungo la struttura ha confermato l’uso sacro del posto, al cui centro era posta una statua del dio Ba’al. Al termine delle ricerche il bacino è stato riempito, e una replica della statua della divinità è stata collocata sul rispettivo piedistallo.

La piscina dopo gli scavi, con una replica della statua di Ba’al al centro.
Osservando gli astri

La caratteristica più importante del luogo è il suo allineamento con le stelle e con i diversi eventi astronomici. Tali elementi indicano una profonda conoscenza del cielo e degli astri da parte delle civiltà mediterranee. Grazie alla superficie piatta della piscina, si potevano tracciare i movimenti celesti, fondamentali sia per la navigazione che per le festività religiose.

Molti di questi elementi derivano da altre culture antiche del Vicino Oriente. Questa particolarità suggerisce una certa tolleranza e apertura culturale da parte dell’antica popolazione fenicia di Mozia.

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NEWS | Lo sguardo della dea Astarte: i rinvenimenti di Mozia (TP)

A Mozia, nel trapanese, è stata riportata alla luce un volto in terracotta che raffigura lo sguardo della dea Astarte.

La scoperta

Il sito è sotto indagine da parte dell’Università di Roma La Sapienza fin dagli anni ’60; dal 2002, dopo un decennio di interruzione, sono riprese le attività di scavo, stavolta sotto la direzione di Lorenzo Nigro, docente di Archeologia del Vicino Oriente Antico e di Archeologia fenicio-punica.

L’isola di Mothia

Il volto in terracotta è stato scoperto durante la campagna di scavo appena conclusa. L’immagine è databile tra il 520 e il 480 a.C., ovvero almeno un secolo prima di quando, nell’imminenza dell’attacco di Dionigi di Siracusa che distrusse Mothia nel 397/6 a.C., fu ritualmente nascosta poco fuori del recinto sacro, in un punto facilmente individuabile e ben protetto. La testa di Astarte è stata rinvenuta all’interno di una stipe, una fossa circolare di circa un metro di diametro, accanto ad altri due oggetti, sempre in terracotta: un disco con la rappresentazione di una rosetta a rilievo e uno stampo raffigurante un delfino dal grande occhio naïve, che hanno portato alla scoperta del volto di Astarte.

Il volto della dea Astarte

 

Le parole di Lorenzo Nigro

 

<<Questi risultati sono il frutto di un lavoro di due decenni da parte di un team numeroso e affiatato>>, ha dichiarato il professore. <<È a tutti gli studenti e ricercatori membri della nostra missione archeologica e ai colleghi con cui abbiamo discusso le nostre interpretazioni che si deve la comprensione di uno dei santuari più ampi e affascinanti del Mediterraneo antico, quello dell’Area sacra del Kothon. La dea Astarte viene qui rappresentata con fattezze greche, ma in un contesto rituale e architettonico fenicio: come per la famosissima statua dell’Auriga, i moziesi usano il linguaggio universale del V secolo a.C., quello della Sicilia ellenizzata, per raffigurare quanto di più identitario possa esistere: il culto religioso. Ci insegnano la capacità di assimilare e lasciarsi assimilare, di tradurre e trasmettere senza tradire, che fu tipica degli antichi e, in modo particolare, della Sicilia>>.

Il direttore dello scavo, Lorenzo Nigro
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FLASH | Mozia (TP) era abitata già nell’Età del Bronzo: anche Palermo conferma

Lo ha reso noto questa mattina l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, a seguito dei recenti ritrovamenti effettuati durante uno dei sondaggi praticati dal professore Aurelio Burgio dell’Università di Palermo. Lo scavo nell’isola di Mozia (TP), condotto in collaborazione con l’Università di Palermo e la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani, ha portato in luce un contesto archeologico che risalirebbe all’Età del Bronzo, 1600 a.C. circa, confermando la presenza di insediamenti umani nell’isola in questo periodo, rilevata nelle precedenti campagne di scavo.

I ricercatori dell’Università di Palermo impegnati nelle ricerche a Mozia (TP)

Il ruolo di Mozia nel Mediterraneo nell’Età del Bronzo

«La scoperta – afferma il professore Aurelio Burgio – assume particolare valore perché testimonia la vitalità e il ruolo di Mozia lungo le rotte mediterranee in un’epoca di molti secoli antecedente alla fondazione della colonia fenicia, gettando nuova luce sulla diffusione degli orizzonti culturali preistorici siciliani anche in questo estremo lembo occidentale dell’isola, al crocevia dei traffici tra il Tirreno e il Canale di Sicilia».

Il professore Aurelio Burgio

La fiducia nell’archeologia in Sicilia: Mozia è un buon esempio

«La ripresa degli scavi a Mozia e gli eccezionali ritrovamenti effettuati – sottolinea l’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà – ci rafforzano nella consapevolezza di aver fatto una scelta giusta, promuovendo il rilancio in grande dell’archeologia in Sicilia. Il nostro passato è un libro ancora straordinariamente pieno di pagine da scrivere, che rappresentano il più bel biglietto da visita per chi vuole scoprire l’essenza della nostra terra. La grande sfida che abbiamo intrapreso è di mettere la Cultura e l’Identità al centro di una visione di futuro per la Sicilia».

L’assessore Alberto Samonà
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NEWS | Alberto Samonà inaugura la riapertura al pubblico dell’isola di Mozia

Dopo la lunga pausa dovuta alla pandemia, l’Isola di Mozia si appresta a riaprire ai visitatori. Lo fa sapere Alberto Samonà, assessore regionale ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana. «Oggi mi sono recato sull’isola» – dice Samonà – «per verificare l’andamento dei lavori relativi al restauro archeologico, alla riqualificazione ambientale e ai nuovi percorsi di visita, finanziati dall’Assessorato dei Beni Culturali con risorse del PO FESR 2014-2020 e avviati nel maggio dello scorso anno».

Gli interventi di restauro alla “Casa dei Mosaici”, inoltre, hanno riportato alla luce il mosaico pavimentale bicromo, realizzato con ciottoli di fiume, già scoperto da Whitaker nel 1912. I mosaici restituiscono rappresentazioni zoomorfe del mondo marino e del repertorio iconografico ellenistico.

«Una scoperta eccezionale, che rende i mosaici di Mozia ancora più suggestivi e che restituisce una ricostruzione più completa di questi splendidi manufatti», commenta ancora Samonà.

Parole d’ordine: protezione e valorizzazione

Già dai primi del ‘900, quando Joseph Whitaker iniziò le attività di ricerca e scavo, l’antica Mothia ha restituito preziose testimonianze, fondamentali per la ricostruzione della cultura fenicio-punica in Sicilia. «A distanza di un anno dalla mia prima visita da assessore» – dice Samonà – «sono venuto a verificare lo stato di avanzamento dei lavori per la protezione e valorizzare del sito. Un grande impegno economico, grazie al quale il Governo regionale ha messo in sicurezza Mozia e l’ha dotata di importanti strutture e servizi che consentono oggi di garantire maggiore sicurezza migliori condizioni di visita».

L’assessore fa sapere, inoltre, che a breve ripartiranno anche i lavori di ristrutturazione dell’imbarcadero storico, il cui recupero è stato fortemente voluto dal presidente Musumeci. Tali lavori saranno coordinati dal Genio Civile con la Soprintendenza di Trapani e prevedono la ristrutturazione di un edificio in muratura che diventerà un luogo a servizio dei turisti con locali di stazionamento, servizi igienici e spazi per il personale.

mozia
Alberto Samonà in visita a Mozia

Ad accogliere l’assessore Samonà, sull’isola, erano presenti, tra gli altri, Maria Enza Carollo, direttrice della Fondazione Whitaker, Maria Pamela Toti, direttrice del Museo, e Lidia Tusa, componente del Consiglio di amministrazione della Fondazione. La cerimonia di riapertura ha visto anche, come partecipanti, il sindaco di Marsala Massimo Grillo e la soprintendente ai Beni Culturali e Ambientali di Trapani Mimma Fontana. Insieme a Samonà era presente anche il capo della segreteria tecnica Carmelo Bennardo, che segue la direzione tecnica dei lavori.

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PERSONAGGI | Antonia Ciasca, il Mediterraneo tra Etruschi e Fenici

La rubrica di novembre
Vogliamo dedicare la rubrica Personaggi del mese di novembre alle donne che hanno fatto la storia dell’archeologia e della cultura in Italia iniziando da una archeologa che, senza dubbio, ha lasciato una traccia indelebile negli studi sul Mediterraneo fenicio e punico. 

Ritratto di Antonia Ciasca realizzato da Lorenzo Nigro (per gentile concessione dell’autore)

 

Antonia Ciasca
Antonia Ciasca è stata una delle archeologhe più in vista del panorama italiano e mediterraneo del secondo Novecento. Etruscologa e studiosa della civiltà Fenicia, allieva di giganti quali Massimo Pallottino e Sabatino Moscati, ha lasciato il segno nella storia degli scavi dell’isola di Mozia, in Sicilia.
Nacque a Melfi (PZ) il 21 Marzo 1930 da Raffaele Ciasca (storico e Senatore della Repubblica Italiana) e Carolina Rispoli (scrittrice, saggista e romanziera). A seguito dei trasferimenti del padre, docente universitario, frequentò le scuole prima a Genova e poi a Roma, dove conseguì la maturità classica.

Tra Etruschi e Fenici
A Roma si laureò presso l’Università La Sapienza, dove fu allieva di Massimo Pallottino e partecipò agli scavi del centro etrusco di Pyrgi (Santa Severa). Pyrgi, famosissimo centro in cui, pochi anni dopo verranno ritrovate le lamine d’oro con l’iscrizione bilingue in etrusco e fenicio, è un primo filo sottile che, unendo mondo etrusco e punico, avvicinò la neo-dottoressa Ciasca agli studi sui Fenici.
Divenne presto assistente di Sabatino Moscati, all’epoca docente di epigrafia semitica, e con lui iniziò il percorso che la porterà in Oriente, partecipando, nel 1959, alla missione archeologica a Ramat Rahel, in Israele.

MAM Missione archeologica a mozia
Un ritratto giovanile di Antonia Ciasca con la kefiya palestinese (dalla pagina http://www.lasapienzamozia.it )


Dal 1963, per sei anni consecutivi, diresse gli scavi della prima missione archeologica italiana a Tas Silg (Malta): qui identificò il santuario di Astarte, noto dalle fonti classiche (ne parla Cicerone) come un notissimo luogo di culto in cui approdavano fedeli da tutto il Mediterraneo.
L’anno successivo divenne direttrice della missione archeologica a Mozia (TP), sito al quale dedicherà gran parte della sua attività lavorativa. A Mozia Antonia Ciasca scelse di iniziare le sue ricerche da un luogo simbolo della civiltà fenicia e punica: il Tofet, luogo di sepoltura dei bambini e, secondo alcuni testi antichi, luogo dove gli infanti venivano sacrificati al dio Baal Hammon. Allo stesso tempo, però, cominciò a scavare in modo sistematico l’abitato della città punica, avviando le prime scoperte riguardanti l’urbanistica dell’isola. Archeologa brillante e metodica, Antonia Ciasca pubblicava annualmente i resoconti preliminari delle ricerche sul terreno, dimostrando di padroneggiare il metodo stratigrafico in maniera encomiabile.
La sua devozione al lavoro la portò, nel 1966, a soli 36 anni, ad assumere, prima in Italia, la neonata cattedra di Antichità Puniche all’Università La Sapienza.

Organizzazione
Un’immagine storica degli scavi del Tofet di Mozia

Mozia nel contesto del Mediterraneo occidentale
Gli studi e le ricerche a Mozia indussero la studiosa lucana a partecipare a scavi e ricerche in altri centri punici del Mediterraneo, onde poter avere una più ampia visione della cultura punica che l’isola siciliana andava restituendo. Nel 1975 Ciasca si recò a Tharros (Sardegna), negli anni ’80 in Algeria e Tunisia, a Cap Bon e Ras ed-Drek; infine, nel 1998 riprenderà, con immuntato vigore, le ricerche a Tas Silg.

Un’archeologa eccezionale
Antonia Ciasca pare fosse di carattere molto riservato. I suoi collaboratori la descrivono come una donna allegra ma silenziosa, che amava l’archeologia più di ogni cosa e trascorreva ore nel suo studio a catalogare e studiare i reperti.
L’archeologa melfitana concepiva la ricerca come un continuo lavoro di lima e cesello. Risultati evidenti della sua opera di archeologa sono centinaia di stele e di urne rinvenute nel Tofet di Mozia, oggi custodite sull’isola presso il Museo Whitaker, gli imponenti tratti di mura e le torri scavate nel tratto nord-est della cinta difensiva della città.
Antonia Ciasca si spense a Roma il 1° Marzo del 2001. A lei è dedicata un’aula nell’edificio della facoltà di Lettere dell’Università La Sapienza. Per volere della famiglia, l’intero patrimonio librario della studiosa è stato donato al Dipartimento di Scienze dell’Antichità, dove, attualmente, costituisce il cosiddetto “Fondo Ciasca”, gestito direttamente dalla Missione Archeologica a Mozia dell’Università La Sapienza che, nel segno di Antonia Ciasca, continua brillantemente le ricerche ancora oggi.

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EMINENT FIGURES | Antonia Ciasca, The Mediterranean between Etruscans and Phoenicians

The November column

We would like to dedicate the November Eminent Figures column to the women who have made the history of archaeology and culture in Italy, starting with an archaeologist who, without a doubt, has left an indelible mark in her studies on the Phoenician and Punic Mediterranean.

Antonia Ciasca

Antonia Ciasca was one of the most prominent archaeologists in the Italian and Mediterranean panorama of the second half of the 20th century. Etruscologist and scholar of the Phoenician civilization, student of giants such as Massimo Pallottino and Sabatino Moscati, she left her mark on the history of the excavations on the island of Mozia in Sicily.

She was born in Melfi (PZ) on 21 March 1930 from Raffaele Ciasca (historian and Senator of the Italian Republic) and Carolina Rispoli (writer, essayist and novelist). Following the relocation of her father, a university lecturer, she attended schools first in Genoa and then in Rome, where she obtained her classical high school diploma.

Between Etruscans and Phoenicians

In Rome she graduated from the University La Sapienza, where she was a pupil of Massimo Pallottino and Sabatino Moscati and participated in the excavations of the Etruscan centre of Pyrgi (Santa Severa). Pyrgi, a very famous centre in which, a few years later, gold foils with bilingual inscription in Etruscan and Phoenician were found, is a first thin thread which, uniting the Etruscan and Punic worlds, brought the new Ph.D. Ciasca closer to studies on the Phoenicians.

She soon became assistant professor to Sabatino Moscati, at the time teacher of Semitic epigraphy, and with him began the path that would take her to the East, until she became one of the field archaeologists, in 1959, of Ramat Rahel’s archaeological expedition in Israel.

A youthful portrait of Antonia Ciasca with Palestinian kefiya (from http://www.lasapienzamozia.it )

Since 1963, for six consecutive years, she directed the excavations of the first Italian archaeological mission in Tas Silg (Malta): here she identified the sanctuary of Astarte, known by classical sources (Cicero speaks of it) as a well-known place of worship where the faithful from all over the Mediterranean landed.

The following year she became director of the archaeological mission in Mozia (TP), a site to which she dedicated a large part of her work. In Mozia Antonia Ciasca chose to start her research from a place that was a symbol of Phoenician and Punic civilization: the Tophet, the burial place of children and, according to some ancient texts, the place where infants were sacrificed to the god Baal Hammon. At the same time, however, he began to systematically excavate the inhabited area of the Punic city, starting the first discoveries concerning the urban planning of the island. A brilliant and methodical archaeologist, Antonia Ciasca published annually the preliminary reports of her researches in the field, showing that she mastered the stratigraphic method in a commendable way. Her devotion to work led her, in 1966, when she was only 36 years old, to take up, first in Italy, the newborn chair of Punic Antiquities at La Sapienza University.

 

A historical image of the excavations of the Tophet of Mozia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mozia in the context of the Western Mediterranean

The studies and research in Mozia led the Lucanian scholar to participate in excavations and research in other Punic centres in the Mediterranean, in order to have a wider vision of the Punic culture that the Sicilian island was returning. In 1975 Ciasca went to Tharros (Sardinia), in the 80’s to Algeria and Tunisia, to Cap Bon and Ras ed-Drek; finally, in 1998 she resumed the research in Tas Silg.

https://archeome.it/wp-admin/post.php?post=8437&action=edit

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ARCHEOLOGIA | Stele funeraria con iscrizione in fenicio scoperta a Mozia da “La Sapienza” (VIDEO)

La missione archeologica dell’Università di Roma “La Sapienza”, diretta dal Prof. Lorenzo Nigro, annuncia di aver rinvenuto una stele funeraria fenicia. 

Il cippo, in alcuni tratti ancora coperto da una vernice rossa, reca un’iscrizione in fenicio:

QBR / Tomba di
‘ABD|M / ‘servo di
LQRT / Melqart’
BN / figlio di…

Il “servo” di Melqart’, la divinità più importante attestata a Mozia, in realtà altro non sarebbe che il Re della città.

”Ritrovamento eccezionale – afferma Nigro – in quanto per la prima volta potremmo apprendere i nomi dei Re di Mozia e di chi viveva in questo insediamento”.

 

Di seguito il video integrale con la scoperta, pubblicata dalla pagina Facebook ufficiale della Missione.

Stele funeraria con iscrizione monumentale dalla Torre 6 di Moziascoperta l'ultimo giorno di scavo…QBR Tomba del'ABD|M 'servo diLQRT Melqart'BN figlio di…

Gepostet von Missione Archeologica a Mozia am Samstag, 21. September 2019

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News | La statua di Baal fa ritorno a Mozia

Da anni l’equipe archeologica dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, guidata da Lorenzo Nigro, docente di Archeologia del Vicino Oriente Antico, porta avanti una campagna di scavo sull’isola di Mozia. Ultimo prodotto delle preziose ricerche condotte su questo sito archeologico è la ricostruzione della statua di Baal, divinità astrale venerata dai Fenici.

Il monumento in questione risulta essere uno dei primi colossi nella storia del Mediterraneo e la sua riproduzione sta per essere ricollocata al centro del Kothon, la piscina sacra collegata al tempio dedicato alla divinità. L’evento avrà luogo il 7 e l’8 Settembre e, data la spettacolarità del momento, sarà riservato a un numero massimo di 150 partecipanti, i quali saranno guidati dal prof. Lorenzo Nigro e dal suo staff, che presenteranno l’opera dietro la suggestiva cornice dagli ultimi raggi solari. Durante la manifestazione, sarà possibile anche degustare prodotti e vini locali.

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News | “Gerico – La Rivoluzione della Preistoria”, un romanzo archeologico sulle origini della nostra civiltà

L’emozione di precipitare indietro nel tempo fa rabbrividire e risveglia la coscienza nel romanzo appassionato e coinvolgente dell’archeologo Lorenzo Nigro, che da venti anni scava a Gerico, in Palestina. Le scoperte della missione archeologica, narrate in presa diretta, inducono a riflettere sulle conquiste di un lontano passato meravigliosamente attuale: il rapporto con l’ambiente, le prime invenzioni, il ruolo della donna, il senso della vita e della morte.

Con il suo primo romanzo, pubblicato da Il Vomere storico editore di Marsala, l’autore ci conduce nella città più antica del mondo, situata nei pressi di una rigogliosa sorgente che sgorga dalla collina del Sultano.

In questo luogo magico della terra, circa 12.000 anni fa, un’intraprendente comunità umana diede vita alla prima rivoluzione della storia. La mano, l’occhio e il cuore dell’archeologo ce ne svelano l’immensa portata storica. “La Preistoria – afferma l’autore – è come il Sud della Storia, è il luogo dove imparare chi siamo veramente”.
La domesticazione di piante e animali, la prima casa e la più antica città, la ruota, il mattone, la tecnologia del fuoco, ma anche le idee, la società e i valori del Neolitico sono narrati e illustrati (105 figure) con scientifica leggerezza all’interno di un romanzo avvincente che ci fa vivere con gli archeologi, pone domande attuali e restituisce speranza. Scritto in modo avvincente, il libro cattura il lettore e lo porta a conoscere i meccanismi della ricerca e i suoi più interessanti risultati.

Eventi di presentazione

  • Il romanzo sarà presentato il 31 agosto alle 18 presso l’Isola di Mozia, Marsala, dove l’autore discuterà con il Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci.

  • Il 14 settembre l’autore sarà presente a Camogli, al Festival Della Comunicazione (quest’anno è dedicato al tema “Civiltà”) insieme a Guido Barbujani e Duccio Cavalieri per un intervento dal titolo emblematico: Homo Sapiens, Vivere insieme.

  • Il 18 settembre il romanzo sarà presentato nella prestigiosa sede del Museo Archeologico Regionale Salinas di Palermo.

L’autore

L’autore del romanzo, il Prof. Lorenzo Nigro

L’autore, Lorenzo Nigro, È un archeologo con 30 anni di esperienza sul campo sia nel Vicino Oriente che nel Mediterraneo. I suoi primi scavi sono stati ad Ebla dove ha scavato dal 1989 al 1997. La Missione archeologica in Palestina e Giordania da lui fondata ha scavato a Tell es-Sultan (antica Gerico), nei siti pre-classici di Betlemme e Tell Abu Zarad in Palestina; in Giordania ha riportato alla luce la città di Khirbet al-Batrawy, un sito del III millennio a.C. prima sconosciuto e i siti di Jamaan e Rujum al-Jamus. Dal 2002 è Direttore della Missione archeologica sull’isola di Mozia, colonia fenicia in Sicilia Occidentale, di fronte Marsala. Ha scritto numerosi saggi, monografie, rapporti di scavo e più di 200 articoli scientifici su riviste internazionali. È considerato uno degli archeologi più esperti del Levante e del Mediterraneo preclassici.

L’editore

Il Vomere è il più antico periodico siciliano, fondato a Marsala da Vito Rubino, il 12 luglio del 1896. L’attività editoriale accompagna la storia della testata dagli anni Settanta del secolo scorso ed ha visto la pubblicazione di importanti titoli legati alla promozione e alla valorizzazione della cultura e dell’identità locale.

Contatti:
Lorenzo Nigro lorenzo.nigro@uniroma1.it
Alessandra Intraversato scavareeilmiopeccato@gmail.com; alessandra.intraversato@gmail.com