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NEWS | Monete romane riemergono in Germania: la scoperta ad Augusta di Baviera

Durante i lavori di scavo per la costruzione di edifici residenziali in una zona ex-industriale sono state scoperte alcune monete romane nella città tedesca di Augusta, in Baviera.

La scoperta

Negli ultimi mesi la città bavarese è stata al centro di scoperte archeologiche importanti. Infatti, lo scrigno di monete risulta essere il secondo ritrovamento in pochi mesi.

Gli archeologi al lavoro nella zona residenziale

Sono state trovate oltre 5.500 monete di argento di epoca romana, circa 15 kg; mentre nella precedente scoperta, avvenuta nella stessa area ex industriale, erano stati trovati nello scorso giugno oggetti, armi, gioielli del peso complessivo di 400 chili.

Le ipotesi e le parole dell’archeologo

Secondo l’archeologo di Augusta, Sebastian Gairhos, le monete, sepolte all’inizio del III secolo d.C., potrebbero appartenere ad un grossista vissuto nella ex colonia di epoca romana Augusta Vindelicum, oggi Augusta, capitale della provincia di Raetia.

L’archeologo, Sebastian Gairhos

L’archeologo spiega:

È il più grande tesoro di monete d’argento di epoca romana che sia mai stato scoperto in Baviera. Quello che rende questo tesoro così speciale è che si tratta di denari del primo e secondo secolo e l’argento è ancora molto ben conservato.

La stampa tedesca ritiene lo scrigno di monete una delle 10 scoperte archeologiche più importanti per la Germania.

Studi e conseguenza della scoperta

In seguito al ritrovamento, le monete, per i prossimi tre anni, saranno restaurate e studiate come parte di una tesi di dottorato all’istituto di Archeologia Classica della città.

Le due recenti scoperte hanno posto, nuovamente, l’attenzione sul Museo Romano di Augusta, chiuso da molti anni per carenze strutturali e la mancanza di fondi.

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NEWS | MArTA, tesori archeologici si sfidano per ottenere il restauro

Il MArTA – Museo Archeologico Nazionale di Taranto dà il via a “Opera tua”: la campagna di mecenatismo a favore del recupero e restauro di alcuni reperti storici. È la rivincita dei tesori nascosti, l’occasione per piccole e grandi opere d’arte che attendono di tornare a risplendere.

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Quali sono i reperti candidati e come si vota

La sfida pugliese riguarderà dal 15 giugno al 14 luglio i reperti candidati dal MArTA, ovvero due tesoretti monetali ritrovati rispettivamente a Lizzano e a Maruggio (TA), e un candidato dal Museo Archeologico provinciale “Ribezzo” di Brindisi, ovvero un capitello medievale.

Si vota online e l’opera che riceve maggiori preferenze si aggiudica il fondo da investire nel suo restauro. Per il quinto anno consecutivo l’azione mecenatismo è voluta da Coop. Alleanza 3.0, in collaborazione con Fondaco Italia, l’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiali e il Touring Club Italia, che ogni mese mette in sfida, per ogni regione, un capolavoro d’arte da far tornare al suo antico splendore.

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Le parole della direttrice del MArTA Eva Degl’Innocenti

«Per Taranto, ma anche per le comunità lizzanesi e maruggesi, si tratta di un’occasione straordinaria per mettere in luce il valore delle importanti origini di questo territorio. In entrambi i casi parliamo di tesoretti monetali che dal 1905 (per le 36 monete rinvenute a Maruggio) e dal 1951 (44 monete ritrovate a Lizzano) attendono un meritato riconoscimento pubblico, considerata l’importanza del patrimonio numismatico delle due scoperte».

La direttrice del MArTA Eva Degl’Innocenti – foto: Gazzetta del Mezzogiorno

Continua: «Il “ripostiglio” di Maruggio candidato al restauro è costituito da 36 monete della prima metà del IV secolo a.C. Provenienti da Lizzano sono invece le 43 monete d’argento e una di bronzo della seconda metà del IV secolo a.C. I tesoretti di Lizzano e Maruggio fanno parte del medagliere del Museo di Taranto e restaurarli sarebbe davvero importante ai fini della conservazione, dello studio, della catalogazione, ma anche del recupero di identità storica per i territori di riferimento. Taranto, Lizzano e Maruggio meritano di vincere e servirà la partecipazione di tutti».

I tesoretti di Lizzano e Marruggio (TA)

Ecco il link per votare i tesoretti del MArTA: basta un click per donare nuova vita ai reperti!

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NEWS | Cosa si nasconde tra le monete restituite a Paestum?

Sotto il manto del segreto confessionale, una persona anonima ha fatto recapitare, tramite il sacerdote confessore di una parrocchia del territorio, una busta con più di 200 monete antiche al Parco Archeologico di Paestum (SA), chiedendo di consegnarle personalmente al direttore Gabriel Zuchtriegel. È l’ultima di una serie di restituzioni da parte di persone che, mosse dal rimorso di aver commesso un atto dannoso per il patrimonio, hanno deciso di riconsegnare quanto sottratto in maniera illegittima alla conoscenza e alla fruizione pubblica.

Come ha rivelato una prima analisi dei materiali da parte del Professor Federico Carbone, numismatico dell’Università di Salerno, tra gli originali antichi si nascondevano anche una serie di falsi, realizzati in maniera più o meno professionale:

Di 208 reperti numismatici – osserva Carbone – 7 sono falsi, mentre dei 201 originali 5 sono in argento, una medaglietta è in alluminio e tutti gli altri sono in lega di rame. Tra le monete si distinguono due insiemi piuttosto omogenei. Il primo è rappresentato dai bronzi della zecca di Paestum (soprattutto esemplari dal III sec. a.C. e fino all’età augustea), il secondo è composto da follis e frazioni di follis compresi tra la metà e la fine del IV sec. a.C. Non mancano alcuni bronzetti di Poseidonia, di Velia e di media età imperiale. Soltanto un paio sono moderne. Un buon numero – sempre riferibili a queste stesse serie – risulta illeggibile a causa dello scarso grado di conservazione. Inoltre, 45 esemplari potrebbero restituire maggiori informazioni a seguito di interventi di pulizia. La composizione del nucleo, quindi, rispecchia grosso modo quanto generalmente si rinviene nel territorio pestano.”

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Le monete restituite a Paestum
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NEWS | Monete rubate ritornano a Paestum (SA) dopo anni

Trovate circa trent’anni fa nell’area archeologica di Paestum (SA), tre monete antiche di bronzo sono state consegnate oggi in forma anonima al direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel. Siamo davanti a restituzioni da parte di persone “pentite”, che hanno deciso di consegnare il tesoro al Parco affinché sia fruibile al pubblico e alla comunità scientifica.

“Ringraziamo chi ha fatto un gesto del genere, ma ricordiamo che è preferibile segnalare subito ogni ritrovamento di carattere archeologico, perché solo in questa maniera possiamo risalire al contesto originario degli oggetti” – commenta il direttore del Parco Zuchtriegel.

Le tre monete bronzee restituite al Parco Archeologico di Paestum (SA)

Un quadrante nel bottino

I funzionari stanno già provvedendo al restauro e all’inventario degli oggetti, tra i quali spicca quello che sembra essere un quadrante (1/4 di un asse) di II secolo a.C.; sulle effigi: la testa barbata di Nettuno sul fronte e l’immagine di un delfino sul retro; sotto la rappresentazione del delfino si leggono le lettere PAIS, abbreviazione del nome romano Paistom/Paestum, l’antica colonia ellenica fondata intorno al 600 a.C. sulla costa tirrenica dell’Italia meridionale. 

Retro del quadrante inscritto con immagine di delfino

Sotto il Tempio di Nettuno (Paestum, SA)

Intanto, continuano gli scavi stratigrafici nei pressi del tempio di Nettuno, il più grande e meglio conservato dei tre templi in situ. Il progetto di scavo si inserisce in un intervento specifico: il monitoraggio geofisico della zona tramite micro-sensori.

“Spesso le persone mi chiedono se c’è ancora qualcosa da scoprire in un sito come Paestum – commenta il direttore – la verità è che ci sono ancora tante domande aperte, persino riguardo un monumento così emblematico e famoso come il Tempio di Nettuno. La valorizzazione mira a rendere i siti vivi, attraverso un’azione di apertura degli scavi al pubblico, condivisibile anche attraverso la rete, all’insegna di un approccio di Public Archaeology“.

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NEWS | Tesoretto inestimabile dall’antica zecca tarantina

Il 23 ottobre 2020 alle 18:00 la diretta Facebook dell’account del Museo Archeologico Nazionale di Taranto (MArTA) presenterà il “Tesoretto di Specchia”, un ritrovamento unico della metà del secolo scorso, esposto al secondo piano del Museo: un anfora racchiudeva ben 214 monete e, fino ad oggi, non aveva una degna collocazione, se non nei depositi del Museo.

Tra Roma e Magna Grecia

Il Tesoretto racchiude 211 stateri della zecca tarentina, due stateri di Heraclea Lucaniae e un divisionale, che presenta tipi e peso apparentemente avvicinabili a quelli delle dracme tarantine. Le effigi del divisionale mostrano su un lato un cavaliere e sull’altro Taras, il fondatore divino di Taranto, su un delfino, databile alla fine del IV secolo a.C; tutti gli stateri risalgono al III secolo a.C. Il Tesoretto restituisce alla perfezione un importante frangente storico in cui Taranto è protagonista: a cavallo tra il IV e il III secolo a.C. ci si affidò allo spartano Cleonimo (303 a.C.) e poi a Pirro per contrastare l’avanzata romana in Magna Grecia. 

Le effigi del divisionale del Tesoretto di Specchia (LE)

Il Tesoretto ha una storia identitaria

A muovere le fila dell’operazione di recupero è stata Maria Rosaria Basile, presidente del Lions Club Taranto Poseidon: ha finanziato il restauro, lo studio, la pubblicazione e la valorizzazione del Tesoretto monetale di Specchia (LE).

“Restituiamo alla comunità e ai visitatori del MArTA non solo reperti di inestimabile valore, ma anche la storia umana di Tarantini e Messapi. Sembra inevitabile, grazie a questo patrimonio numismatico, ripensare al proprietario del tesoretto, forse costretto a fuggire e intento ad occultare vicino ad un uliveto quello che avrebbe voluto recuperare una volta scampato il pericolo. Una storia resa ancora più identitaria dal motivo di Taras, raffigurato a cavallo del delfino, riportato proprio sulle monete emesse dalla zecca tarantina”.

L’allestimento dell’esposizione del Tesoretto di Specchia (LE) al MArTA
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Lombardia | Como: un tesoretto di monete di inestimabile valore

Nel 2018, durante dei lavori di edilizia, per opera della ditta Officine Immobiliari Srl di Como -una ditta privata che sta trasformando l’ex teatro Cressoni in un complesso residenziale, è venuto alla luce un tesoretto di monete di inestimabile valore.

La zona del ritrovamento è una zona centralissima, sia per la Como odierna ma, soprattutto, per quella antica: si scavava, infatti, un’area molto vicina a quello che era il foro di Comum, la Como romana.

Durante i lavori è stato riportato alla luce un edificio di epoca tardo-antica fabbricato con pezzi di reimpiego ed alcune epigrafi di epoca imperiale, di cui, però, non si conosce ancora bene la funzione.

Il tesoretto è stato trovato all’interno di un contenitore in pietra ollare sopra uno strato in cocciopesto, un materiale edilizio che i romani utilizzavano per impermeabilizzare le superfici, sia pavimenti che pareti.

 

Il recipiente

Il recipiente che contiene le monete d’oro è un boccale ad ansa quadrangolare e coperchio in pietra ollare grigia proveniente dalle Alpi Centrali.

La sua particolarità risiede nel fatto che è più largo alla base e più stretto sul collo: ciò fa pensare che si tratti di un contenitore molto prezioso.

La pietra ollare veniva, infatti, lavorata in un solo blocco in forme cilindriche o troncoconiche con l’orlo più largo rispetto alla base. Questo permette, infatti, di ridurre al minimo lo scarto; una lavorazione come quella del recipiente descritto prevede una grande quantità di scarto ed è pensabile solo per oggetti estremamente preziosi.

Il tesoretto

Per quanto riguarda le monete, esse sono ancora in fase di studio. Sappiamo per certo che si tratta di  1000 solidi del peso di circa 4,5 grammi;  sono state tutte riposte con cura e non abbandonate in fretta come capita in altri ripostigli. Probabilmente sono state impilate dentro a rotoli di stoffa o altro materiale deperibile che ora non c’è più.

Si può confermare la datazione al 472-474 d.C. grazie anche alla presenza di pezzi a nome di Onorio, Arcadio, Teodosio, Valentiniano III, Maggioriano, Libio Severo, Antemio e Leone I. Oltre alle monete sono stati ritrovati nel vaso alcuni oggetti in oro: un frammento di barretta, tre orecchini e tre anelli con castone.

 L’ingente quantitativo di monete e l’entità della somma sembrano confermare l’interpretazione già proposta come cassa pubblica.

 

Valorizzazione e tutela: dove andrà a finire il reperto?

Ma la domanda che sorge spontanea è una: chi dovrà occuparsi della valorizzazione e tutela di questo reperto? Dove sarà esposto una volta analizzato e studiato? La risposta a queste domande è chiara: il tesoretto appartiene alla città in cui è stato trovato: Como.