Mediterraneo

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NEWS | Scoperta un’antica piscina sacra a Mozia

È stata scoperta un’antica piscina sacra a Mozia, a largo delle coste della Sicilia, allineata con le stelle. Le ricerche hanno svelato che si tratta di un bacino circondato da templi, con una statua del dio Ba’al posizionata al centro.

Drenaggio e scavi presso il Kothon.
La Scoperta

Le indagini, condotte da Lorenzo Nigro de La Sapienza Università di Roma e dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani, hanno svelato che un bacino rinvenuto nella città insulare di Mozia è in realtà una piscina sacra facente parte di un complesso centro cultuale tra i più grandi del Mediterraneo pre-Classico. 

Le ricerche, condotte in seguito alla riscoperta del bacino negli anni ’20 del secolo scorso, avevano evidenziato la presenza di una baia militare simile ai Kothon cartaginesi, tuttavia, gli scavi recenti hanno radicalmente cambiato l’interpretazione del luogo. Privo di sbocchi sul mare, e alimentato da sorgenti naturali, esso non poteva fungere da struttura militare. Il ritrovamento di templi, stele e altari lungo la struttura ha confermato l’uso sacro del posto, al cui centro era posta una statua del dio Ba’al. Al termine delle ricerche il bacino è stato riempito, e una replica della statua della divinità è stata collocata sul rispettivo piedistallo.

La piscina dopo gli scavi, con una replica della statua di Ba’al al centro.
Osservando gli astri

La caratteristica più importante del luogo è il suo allineamento con le stelle e con i diversi eventi astronomici. Tali elementi indicano una profonda conoscenza del cielo e degli astri da parte delle civiltà mediterranee. Grazie alla superficie piatta della piscina, si potevano tracciare i movimenti celesti, fondamentali sia per la navigazione che per le festività religiose.

Molti di questi elementi derivano da altre culture antiche del Vicino Oriente. Questa particolarità suggerisce una certa tolleranza e apertura culturale da parte dell’antica popolazione fenicia di Mozia.

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ATTUALITÀ | Nuovo “Aperitivo con l’egittologo”: Cavillier racconta i Popoli del Mare

Storie Parallele, in collaborazione con il prof. Giacomo Cavillier, presenta un nuovo incontro online dal titolo L’enigma dei Popoli del Mare, navigatori e guerrieri del Mediterraneo.

L’Aperitivo con l’egittologo ha come tema quello dei Popoli del mare e la loro apparizione nel Mediterraneo orientale alla fine del Tardo Bronzo. Chi erano queste popolazioni e quali sono state le loro imprese? L’egittologo e direttore di progetti su queste genti guerriere, Giacomo Cavillier, condurrà dunque gli spettatori in una delle vicende più interessanti e rilevanti della storia antica.

popoli del mare
Ramesse III trionfa sui Popoli del mare in una raffigurazione da Medinet Habu

Su questo argomento e, nello specifico, Shardana, il prof Cavillier aveva di recente tenuto un altro interessantissimo incontro online che è possibile approfondire a questo link.

L’incontro si terrà il 21 giugno 2021 alle ore 18:00 in diretta sulla pagina Facebook di Storie Parallele.

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ATTUALITÀ | Shardana, i guerrieri del Mediterraneo: l’incontro online con i professori Cavillier e Stiglitz

Quante volte, soprattutto negli ultimi anni, si è sentito parlare di teorie complottistiche in ambito storico e archeologico? Quante volte ci si ritrova a leggere commenti imbarazzanti lasciati dai vari fenomeni di turno (come i «da piccolo volevo fare l’archeologo e quindi so di cosa parlo»)?

In quella che è diventata una vera a propria giungla social, un posto speciale spetta alla popolazione degli Shardana. Si legge e si sente ogni teoria (im)possibile su questa antica civiltà. Ed è proprio su questo argomento che, in un incontro online, tenteranno di fare chiarezza il prof. Giacomo Cavillier, egittologo, nonché membro del Comitato scientifico della nostra redazione, e il prof. Alfonso Stiglitz, archeologo.

«Probabilmente dopo questa serata si alzeranno diverse polemiche da parte di appassionati e alcuni studiosi», ci dice Gian Mario Frau, curatore dell’evento e responsabile di Sardegna Turistica. «Ma», continua, «entrambi sono sicuramente tra i maggiori studiosi di questo argomento e il loro apporto sarà molto importante».

L’incontro online, previsto il 12 maggio 2021 alle ore 21.00, sarà trasmesso in diretta Facebook sulla pagina Sardegna Turistica.

shardana

Le fonti scritte

Non si conosce la pronuncia esatta del termine con cui gli egiziani si riferivano a questa popolazione. Ma nelle fonti egizie si ritrova la più antica menzione di un popolo chiamato Šrdn/Srdn-w, Sherden o Sereden-u. Si trova nelle lettere di Amarna, scambiate tra il sovrano Akhenaton e Rib-Hadda di Biblo, databili al 1350 a.C. circa. Ci si riferisce ad essi come pirati e mercenari, pronti ad offrire i loro servizi ai signori locali.

Guardie Shardana di Ramesse II nel tempio di Abu Simbel. Disegno di Ippolito Rosellini

Durante il regno di Ramesse II, invece, vengono citati tra i “popoli del Mare” di cui l’Egitto deve respingere le incursioni. Agli inizi del XIII sec. a.C., Ramses II sconfigge gli Sherden che avevano tentato di saccheggiare le coste egiziane assieme ai Lukka (L’kkw, forse identificabili in seguito con i Lici) e i Shekelesh (Šqrsšw), in una battaglia navale nei pressi del Delta Egiziano. Sembra che il faraone, successivamente, li renda parte della sua guardia personale. L’iscrizione della battaglia di Qadesh, tra Egiziani e Ittiti, ricorda infatti come 520 Sherden facessero parte della guardia personale del faraone durante la battaglia.

I guerrieri Shardana di Ramesse II nel tempio solare ad Abu Simbel

Contro i “popoli del Mare”, compresi gli Shardana, faranno i conti anche Merenptah, figlio di Ramesse II, e Ramesse III. Quest’ultimo, dopo una grande battaglia resocontata nel tempio di Medinet Habu, cattura gli Shardana sconfitti e li arruola nell’esercito personale. In Papiro “Harris”, a questo riguardo, ricorda: «Gli Sherdana e i Wešeš del mare fu come se non esistessero, catturati tutti insieme e condotti prigionieri in Egitto, come la sabbia della spiaggia. Io li ho insediati in fortezze, legati al mio nome. Le loro classi militari erano numerose come centinaia di migliaia. Io ho assegnato a tutti loro razioni con vestiario e provvigioni dai magazzini e dai granai per ogni anno».

Inoltre, si attesta la presenza di Shardana in Egitto sia al regno di Ramesse V, sia al regno di Ramesse XI. È probabile che, verso la fine dell’età ramesside, gli Sherdana si siano via via amalgamati alla popolazione autoctona, con conseguente perdita del loro status di mercenari alla fine dell’età libica.

Ma chi erano gli Shardana e da dove venivano? E perché si parla di un legame con la Sardegna? Potremo scoprirlo sintonizzandoci sull’incontro online di mercoledì 12, ore 21, a questo link!

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NEWS | In arrivo il videogioco sui Fenici del Mediterraneo antico

Il 9 marzo 2021 a Cipro sarà presentato “Mediterranean 1200 BC: a new age”, il nuovo videogioco targato Entertainment Game Apps, Ltd. Mediterranean è uno dei principali risultati del progetto “TRAMES – smart TouRism Across the MEditerranean Sea“, cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma COSME 2019-2021. L’EGA Ltd. è dunque uno degli otto partner coinvolti nel progetto europeo per la creazione di un’offerta turistica innovativa nel bacino del Mediterraneo.

Sulle grandi rotte del Mediterraneo

Mediterranean è un gioco strategico ambientato nel Mediterraneo antico: dall’espansione marittima fenicia propone un’esplorazione avvincente del passato. I giocatori potranno quindi seguire le rotte degli antichi marinai e scoprire le città fondate lungo le coste da Fenici, Etruschi, Greci e Romani. Lo scopo del gioco è sviluppare gli insediamenti fenici implementando le loro attività commerciali e spostando risorse attraverso il Mediterraneo, lungo percorsi specifici e con mezzi di trasporto proposti secondo fedeltà storica.

Presto sarà disponibile la versione italiana di Mediterranean arricchita da importanti approfondimenti grazie al coinvolgimento di alcune istituzioni museali sparse sul territorio.

Mediterraneo
Schermata Home del gioco (via Entertainment Game Apps, Ltd.)
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NEWS | Ca’ Foscari sorprende ancora con due cicli di seminari

L’Università Ca’ Foscari di Venezia sorprende ancora: ha lanciato ben due cicli di seminari per tutto il secondo semestre di questo anno accademico!  Entrambi hanno già visto un primo incontro, ma niente paura, ne restano ancora tanti altri da seguire.

Il primo ha come titolo “Dialoghi nel Mediterraneo”: chiaro l’obiettivo di prendere in considerazione tematiche diverse che in questa grande area si sono consumate. L’Epigrafia, sia greca che latina, incontra qui la Letteratura e la Storia. Il secondo si compone di studi dalle tematiche più svariate sulla Roma antica, “Storia e documenti”.

Entrambi saranno trasmessi in diretta sulla piattaforma Zoom dalla Ca’ Foscari. Per il primo bisogna inviare una richiesta di partecipazione alla mail indicata in basso nella locandina; ogni incontro del secondo ha invece già riportato il link di Zoom.

Foscari

Ca' Foscari

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NEWS | Coralligeni mediterranei, finanziato un grande progetto

Acquisire nuove conoscenze sui popolamenti coralligeni dell’area mediterranea per valutarne la biodiversità: questi sono gli obiettivi principali di “CRESCIBLU”; si tratta di uno dei 22 progetti finanziati a livello nazionale nell’ambito del FISR – Fondo Integrativo Speciale per la Ricerca con un contributo ministeriale di oltre 2 milioni di euro.

Il progetto, coordinato dalla docente Daniela Basso dell’Università Milano-Bicocca, sarà sviluppato con un gruppo di ambito ingegneristico dell’Università della Calabria, a cui si aggiunge a un team di ricerca del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania, quest’ultimo guidato dalla Prof.ssa Antonietta Rosso e composto anche dai docenti Rossana Sanfilippo e Francesco Sciuto.

Tra gli obiettivi del progetto vi è anche l’acquisizione della velocità di accrescimento dei coralligeni dell’area mediterranea con lo scopo di usare le risposte come strumento di previsione per i cambiamenti futuri. – spiega la prof.ssa Antonietta Rosso – Per rendere logisticamente più semplici e quanto meno invasivi possibile, i campionamenti saranno effettuati grazie ad un ROV, un veicolo sottomarino pilotato da remoto, equipaggiato con un carotatore appositamente sviluppato dal gruppo di ricerca dell’ateneo cosentino.

Nelle biocostruzioni investigate presenti lungo la costa sudorientale della Sicilia – continua la docente dell’ateneo catanese – il gruppo di geobiologia di Catania valuterà il contributo di briozoi e serpulidi in relazione alle diverse fasi di crescita della struttura e all’evoluzione dell’habitat durante l’Olocene, nonché eventuali variazioni della biodiversità associata, occupandosi anche della divulgazione della ricerca sul territorio.

coralligeni
Un fondo coralligeno tipico del Mediterraneo
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NEWS | La “rotta di Enea”, un nuovo itinerario culturale

L’associazione Rotta di Enea promuove la creazione di un itinerario archeologico che ripercorre il viaggio di Enea

L’Associazione Rotta di Enea, in collaborazione con il Comune di Edremit (Turchia), sta promuovendo la candidatura presso il Consiglio d’Europa di un nuovo progetto culturale. Il progetto consiste nella creazione di un itinerario archeologico nei Paesi d’Europa e del bacino Mediterraneo, composto dai luoghi toccati dal mitico Enea. Il progetto, lanciato dalla Associazione Rotta di Enea, prevede una collaborazione con molte realtà diverse. La creazione di una rete di Istituzioni, Comuni ed Enti territoriali è essenziale per valorizzare la storia e la multiculturalità del Mediterraneo, attraverso l’attività del turismo culturale. 

Una cartina con la rotta di Enea. Fonte: aeneasroute.org
Le tappe del viaggio

L’itinerario “Rotta di Enea” tocca diverse città mediterranee:  da Troia e Antandros, a Delos e Creta; da Azio, in Grecia, fino a Castro in Puglia. Altri luoghi da scoprire sono Hera Lacinia – Crotone in Calabria, Trapani, Segesta ed Erice in Sicilia. Non solo: c’è la possibilità di visitare Cartagine in Tunisia, Capo Palinuro, Cuma – Pozzuoli, (Campania), Gaeta e Lavinium – Pratica di Mare (Lazio), e, per finire, Roma.

 

Il gruppo scultoreo di Enea e Anchise (1618 – 1619) rappresenta uno dei capolavori dell’artista Gian Lorenzo Bernini. Fonte: Wikipedia.org
Il mito di Enea

Il viaggio di Enea è raccontato in maniera magistrale nell’Eneide di Virgilio e racconta il lungo viaggio dell’eroe troiano attraverso il Mediterraneo. Fuggito dalla città di Troia in fiamme, Enea, dopo lunghe peregrinazioni, arriva sulle coste del Lazio, dove fonderà la città di Lavinium. Il figlio di Enea, Ascanio, fonderà sui Colli Albani la mitica Alba Longa. Dalla sua stirpe nascerà Romolo, il mitico fondatore di Roma e il suo primo re.

L’Associazione “Rotta di Enea”

L’Associazione, con sede a Roma, esclude ogni finalità di lucro e qualsiasi affiliazione politica. Ha una rappresentanza stabile presso il Comune di Edremit ed è dotata di un prestigioso Comitato Scientifico internazionale, di cui ne fanno parte Fausto Zevi, archeologo membro dell’Accademia dei Lincei, e Francesco D’Andria, archeologo dell’Università di Lecce e corrispondente dell’Accademia dei Lincei per la Puglia. Sono degni di nota anche Rustem Aslan, direttore degli scavi a Hissarlik (il sito dell’antica Troia), e Vassilis Aravantinos, archeologo, già Soprintendente della Beozia e Direttore del Museo Archeologico di Tebe.

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PERSONAGGI | Antonia Ciasca, il Mediterraneo tra Etruschi e Fenici

La rubrica di novembre
Vogliamo dedicare la rubrica Personaggi del mese di novembre alle donne che hanno fatto la storia dell’archeologia e della cultura in Italia iniziando da una archeologa che, senza dubbio, ha lasciato una traccia indelebile negli studi sul Mediterraneo fenicio e punico. 

Ritratto di Antonia Ciasca realizzato da Lorenzo Nigro (per gentile concessione dell’autore)

 

Antonia Ciasca
Antonia Ciasca è stata una delle archeologhe più in vista del panorama italiano e mediterraneo del secondo Novecento. Etruscologa e studiosa della civiltà Fenicia, allieva di giganti quali Massimo Pallottino e Sabatino Moscati, ha lasciato il segno nella storia degli scavi dell’isola di Mozia, in Sicilia.
Nacque a Melfi (PZ) il 21 Marzo 1930 da Raffaele Ciasca (storico e Senatore della Repubblica Italiana) e Carolina Rispoli (scrittrice, saggista e romanziera). A seguito dei trasferimenti del padre, docente universitario, frequentò le scuole prima a Genova e poi a Roma, dove conseguì la maturità classica.

Tra Etruschi e Fenici
A Roma si laureò presso l’Università La Sapienza, dove fu allieva di Massimo Pallottino e partecipò agli scavi del centro etrusco di Pyrgi (Santa Severa). Pyrgi, famosissimo centro in cui, pochi anni dopo verranno ritrovate le lamine d’oro con l’iscrizione bilingue in etrusco e fenicio, è un primo filo sottile che, unendo mondo etrusco e punico, avvicinò la neo-dottoressa Ciasca agli studi sui Fenici.
Divenne presto assistente di Sabatino Moscati, all’epoca docente di epigrafia semitica, e con lui iniziò il percorso che la porterà in Oriente, partecipando, nel 1959, alla missione archeologica a Ramat Rahel, in Israele.

MAM Missione archeologica a mozia
Un ritratto giovanile di Antonia Ciasca con la kefiya palestinese (dalla pagina http://www.lasapienzamozia.it )


Dal 1963, per sei anni consecutivi, diresse gli scavi della prima missione archeologica italiana a Tas Silg (Malta): qui identificò il santuario di Astarte, noto dalle fonti classiche (ne parla Cicerone) come un notissimo luogo di culto in cui approdavano fedeli da tutto il Mediterraneo.
L’anno successivo divenne direttrice della missione archeologica a Mozia (TP), sito al quale dedicherà gran parte della sua attività lavorativa. A Mozia Antonia Ciasca scelse di iniziare le sue ricerche da un luogo simbolo della civiltà fenicia e punica: il Tofet, luogo di sepoltura dei bambini e, secondo alcuni testi antichi, luogo dove gli infanti venivano sacrificati al dio Baal Hammon. Allo stesso tempo, però, cominciò a scavare in modo sistematico l’abitato della città punica, avviando le prime scoperte riguardanti l’urbanistica dell’isola. Archeologa brillante e metodica, Antonia Ciasca pubblicava annualmente i resoconti preliminari delle ricerche sul terreno, dimostrando di padroneggiare il metodo stratigrafico in maniera encomiabile.
La sua devozione al lavoro la portò, nel 1966, a soli 36 anni, ad assumere, prima in Italia, la neonata cattedra di Antichità Puniche all’Università La Sapienza.

Organizzazione
Un’immagine storica degli scavi del Tofet di Mozia

Mozia nel contesto del Mediterraneo occidentale
Gli studi e le ricerche a Mozia indussero la studiosa lucana a partecipare a scavi e ricerche in altri centri punici del Mediterraneo, onde poter avere una più ampia visione della cultura punica che l’isola siciliana andava restituendo. Nel 1975 Ciasca si recò a Tharros (Sardegna), negli anni ’80 in Algeria e Tunisia, a Cap Bon e Ras ed-Drek; infine, nel 1998 riprenderà, con immuntato vigore, le ricerche a Tas Silg.

Un’archeologa eccezionale
Antonia Ciasca pare fosse di carattere molto riservato. I suoi collaboratori la descrivono come una donna allegra ma silenziosa, che amava l’archeologia più di ogni cosa e trascorreva ore nel suo studio a catalogare e studiare i reperti.
L’archeologa melfitana concepiva la ricerca come un continuo lavoro di lima e cesello. Risultati evidenti della sua opera di archeologa sono centinaia di stele e di urne rinvenute nel Tofet di Mozia, oggi custodite sull’isola presso il Museo Whitaker, gli imponenti tratti di mura e le torri scavate nel tratto nord-est della cinta difensiva della città.
Antonia Ciasca si spense a Roma il 1° Marzo del 2001. A lei è dedicata un’aula nell’edificio della facoltà di Lettere dell’Università La Sapienza. Per volere della famiglia, l’intero patrimonio librario della studiosa è stato donato al Dipartimento di Scienze dell’Antichità, dove, attualmente, costituisce il cosiddetto “Fondo Ciasca”, gestito direttamente dalla Missione Archeologica a Mozia dell’Università La Sapienza che, nel segno di Antonia Ciasca, continua brillantemente le ricerche ancora oggi.

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NEWS | Il mare di Civitavecchia restituisce un’antica anfora

Un ritrovamento straordinario quello di un’anfora greco-romana sul fondale del litorale di Civitavecchia che l’ha conservata per millenni. La collaborazione tra gli autori della scoperta, i sommozzatori della Stazione Aereonavale della provincia, e il settore subacqueo della Soprintendenza di Roma, Viterbo ed Etruria meridionale è stata fondamentale.

I sommozzatori della Stazione Aereonavale di Civitavecchia sul luogo del ritrovamento

L’anfora trovata per caso

Il ritrovamento dell’anfora è tanto incredibile quanto fortuito: è avvenuto durante un controllo subacqueo di routine in prossimità della foce del fiume Marangone (CV); i sommozzatori, infatti, hanno notato subito il vivo colore della terracotta, il manufatto era adagiato tra le rocce del fondale e ricoperto da incrostazioni marine. La brutta posizione e il rischio di mareggiate hanno spinto i militari ad avvertire immediatamente la Soprintendenza per procedere al recupero, infatti la funzionaria archeologa ha potuto lavorare subito all’identificazione sulla terraferma.

In mezzo ai traffici delle coste 

Testimone degli antichi commerci sulla costa laziale è perciò un’anfora vinaria in terracotta di tipo “Greco-Italico”, databile al III-II secolo a.C., mancante di parte dell’orlo, ma perfettamente conservata nel complesso; il manufatto, di produzione tirrenica centro-meridionale, era utilizzato per il commercio del vino italico, esportato in tutto il Mediterraneo. L’anfora ha permesso di identificare una zona di mare ben precisa che potrebbe restituire testimonianze di grande importanza per la ricostruzione dei commerci al di qua della penisola.

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PERSONAGGI ILLUSTRI | Sabatino Moscati, lo sguardo a Oriente e la “scoperta” dei Fenici

È un privilegio irrinunziabile, infatti,
quello di rivedere le proprie idee senza aggrapparsi a esse.

S. Moscati, L’enigma dei Fenici, 1982

Dagli studi di arabistica alla cattedra di lingue semitiche

La figura di Sabatino Moscati, orientalista, semitista ed esperto di civiltà mediterranea, ha avuto un peso determinante per lo sviluppo degli studi italiani sulle civiltà del Vicino Oriente, in particolare sui Fenici.

Moscati nacque a Roma il 24 Novembre del 1922 da una famiglia di origine ebraica. Proprio a causa delle sue origini (l’Italia era in pieno periodo fascista) gli fu vietato di iscriversi all’Università pubblica. Desideroso di continuare gli studi, si iscrisse alla facoltà orientalistica del Pontificio Istituto Biblico dove conseguì la licenza nel 1943. Finalmente, nel 1945, potè conseguire anche la laurea in Arabistica presso l’Università La Sapienza con una tesi sul califfato di al-Mahdi, terzo califfo della dinastia abbaside. F. Gabrieli, che di Moscati fu uno dei maestri, già alla fine degli anni ’40 parlava dell’allievo come di uno studioso “esperto nel trattare di storia politica e religiosa, preciso e sagace nella valutazione e utilizzazione delle fonti, prudente nelle ipotesi e penetrante nei giudizi onde è da rimpiangere, dal punto di vista della storia arabo-islamica, che dopo appena un decennio questa così promettente energia si sia per intero dedicata a un diverso settore degli studi orientali” (La storiografia arabo-islamica in Italia, 1975, p. 84).

Nella produzione scientifica di Moscati possiamo distinguere tre fasi: una fase giovanile, in cui il filologo si impegnò ad approfondire gli studi sulla civiltà araba, da lui vista come importante fattore di diffusione della cultura orientale nel Mediterraneo. Nella seconda fase della sua vita Moscati si dedicò in special modo agli studi comparati di lingue semitiche, mentre negli ultimi trent’anni della sua carriera fondò e promosse gli studi sulla civiltà fenicia.

Dopo vari incarichi di insegnamento come assistente alla cattedra e professore incaricato, nel 1954, a soli 32 anni, vinse il concorso da professore per la cattedra di ebraico e lingue semitiche comparate alla Sapienza, cattedra che reggerà fino al 1982, quando si trasferirà a Tor Vergata.
Fondatore e direttore dell’Istituto di Studi sul Vicino Oriente del CNR, accademico dei Lincei, le sue pubblicazioni ammontano a circa 600 scritti, che spaziano dalla filologia all’archeologia.

La grammatica comparata delle lingue semitiche

L’incontro con Giorgio Levi della Vida e l’impegno nell’insegnamento della cattedra di Lingue Semitiche portarono Moscati, durante gli anni ’50 e ‘60, a impegnarsi sempre di più nel campo della filologia. Nel 1964, in collaborazione con numerosi ricercatori (semitisti, assiriologi, epigrafisti), pubblica An introduction to the comparative grammar of the Semitic languages, testo fondamentale ancora oggi per chi si accosta alle lingue semitiche.
Nel 1958 il volume Le antiche civiltà semitiche riscuoteva enorme successo: Moscati era riuscito a superare la barriera dello studio della storia come mera successione di eventi, per concentrarsi sui problemi e i fenomeni complessi che avevano portato le civiltà del Levante mediterraneo a fiorire ed espandersi, fino a influenzare, anche pesantemente, la cultura greca e quella del Mediterraneo occidentale.

Il Mediterraneo davanti al sito fenicio di Akhziv (foto dell’autrice).


L’archeologia fenicio-punica e la civiltà Mediterranea

Negli stessi anni il filologo partecipa agli scavi della cittadella fortificata di Ramath Rahel, a sud di Gerusalemme (1958), e di Akhziv (1960), importante centro fenicio sulla costa settentrionale di Israele.
Moscati promuove e dirige missioni archeologiche in Siria, Tunisia e a Malta. Queste esperienze lo portano a concentrarsi sempre di più sull’archeologia fenicio-punica: obiettivo dei progetti di scavo era spostare l’attenzione degli studi orientali in Italia dal campo della filologia e dell’epigrafia a quello, fino ad allora poco sviluppato nel nostro paese, dell’archeologia nei paesi del Mediterraneo.

Nel 1966 usciva la prima edizione de Il mondo dei Fenici, poderoso lavoro che, più tardi, avrebbe portato Moscati e i suoi allievi ad approfondire le ricerche in Tunisia, Sicilia e Sardegna, inaugurando la grande stagione degli studi fenicio-punici in Italia.
Sarebbe impossibile elencare in questa sede le numerosissime pubblicazioni, gli studi, le missioni archeologiche: riassumendo, possiamo senza dubbio affermare che le ricerche di Moscati furono sempre finalizzate a sottolineare l’importanza di interrelazioni e connessioni tra le sponde del Mare Nostrum, restituendo all’Oriente l’importantissimo ruolo storico avuto dall’antichità al Medioevo, in quella che lo studioso vedeva come “l’altra faccia della storia, la storia che non va da noi agli altri ma dagli altri a noi” (da L’enigma dei Fenici, 1982).

Copertina della prima edizione de Il mondo dei Fenici (Mondadori, 1966)

Sabatino Moscati si spense a Roma l’8 settembre del 1997.
Il suo lascito al mondo degli studi sul Vicino Oriente antico risiede ancora oggi in una impostazione metodologica moderna e pluridisciplinare, che richiede allo studioso di padroneggiare al meglio discipline diverse come l’epigrafia, l’archeologia, la storia e la filologia.

 

ILLUSTRIOUS FIGURES | Sabatino Moscati: a glimpse at the Orient and the ‘discovery’ of the Phoenicians

It is an indispensable privilege, in fact,
to review one’s ideas without clinging to them.

Moscati, L’enigma dei Fenici, 1982

From Arabic studies to the chair of Semitic languages

The figure of Sabatino Moscati, orientalist, semitist and expert in Mediterranean civilization, had a decisive weight for the development of Italian studies on the civilizations of the Near Eastern, in particular on the Phoenicians.

Moscati was born in Rome on November 24, 1922 from a family of Jewish origin. Precisely because of his origins (Italy was in the midst of the Fascist period) he was forbidden to enroll at the public university. Eager to continue his studies, he enrolled in the orientalist faculty of the Pontifical Biblical Institute where he obtained his license in 1943. Finally, in 1945, he was also able to obtain a degree in Arabistics at the La Sapienza University with a thesis on the caliphate of al-Mahdi, the third caliph of the Abbasid dynasty. F. Gabrieli, who was one of Moscati’s masters, already at the end of the 1940s spoke of the pupil as a scholar “expert in dealing with political and religious history, precise and sagacious in the evaluation and use of sources, prudent in hypotheses and penetrating in the judgments from which it is to be regretted, from the point of view of Arab-Islamic history, that after just a decade this promising energy has entirely dedicated itself to a different field of oriental studies “(La storiografia arabo-islamica in Italia, 1975, p. 84).

In the scientific production of Moscati we can distinguish three phases: a juvenile phase, in which the philologist undertook to deepen his studies on the Arab civilization, which he saw as an important factor in the diffusion of oriental culture in the Mediterranean. In the second phase of his life Moscati devoted himself especially to comparative studies of Semitic languages, while in the last thirty years of his career he founded and promoted studies on the Phoenician civilization.

 After various teaching positions as assistant to the chair and professor in charge, in 1954, at the age of 32, he won the competition as professor for the chair of Hebrew and Semitic languages compared at Sapienza, a chair that he will hold until 1982, when he will move to Tor Vergata.
Founder and director of the Institute of Studies on the Near East of the CNR, academic of the Lincei, his publications amount to about 600 writings, ranging from philology to archaeology.

The comparative grammar of Semitic languages

The meeting with Giorgio Levi della Vida and the commitment to teaching the chair of Semitic Languages led Moscati, during the 1950s and 1960s, to become increasingly involved in the field of philology. In 1964, in collaboration with numerous researchers (Semitists, Assyriologists, epigraphists), he published An introduction to the comparative grammar of the Semitic languages, a fundamental text still today for those who approach Semitic languages.
 In 1958 the volume Le antiche civiltà semitiche was a big success: Moscati had managed to overcome the barrier of the study of history as a mere succession of events, to focus on the problems and complex phenomena that had led the civilizations of the Eastern Mediterranean  to flourish and expand, to the point of influencing, even heavily, Greek culture and that of the Western Mediterranean.

 

The Mediterranean in front of Akhziv (Photo by the author)




Phoenician-Punic archaeology and Mediterranean civilization

In the same years the philologist participated in the Excavations at Ramath Rahel, south of Jerusalem (1958), and of Akhziv (1960), an important Phoenician centre on the northern coast of Israel.
Moscati promotes and directs archaeological missions in Syria, Tunisia and Malta. These experiences led him to focus more and more on Phoenician-Punic archaeology: the aim of the excavation projects was to shift the attention of oriental studies in Italy from the field of philology and epigraphy to that, until then little developed in our country , of archaeology in the Mediterranean countries.

In 1966 the first edition of The World of Phoenicians was released, a powerful work that, later on, would lead Moscati and his students to deepen their research in Tunisia, Sicily and Sardinia, inaugurating the great season of Phoenician-Punic studies in Italy.
It would be impossible to list here the numerous publications, studies, archaeological missions: summing up, we can undoubtedly affirm that Moscati’s research was always aimed at underlining the importance of interrelationships and connections between the shores of the Mare Nostrum, giving back to the East the very important historical role played from antiquity to the Middle Ages, in what the scholar saw as “the other side of history, the history that does not go from us to others but from others to us” (from L’enigma dei Fenici, 1982).

 

 

 

Cover of the first edition of The World of Phoenicians (Mondadori, 1966)












Sabatino Moscati died in Rome on 8 September 1997.
His legacy to the world of ancient Near Eastern studies still resides today in a modern and multidisciplinary methodological approach, which requires the scholar to master different disciplines such as epigraphy, archaeology, history and philology.

Article translated and curated by Veronica Muscitto