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MASPAG, a caccia di Petroglifi

La Missione Archeologica della Sapienza nella Penisola Arabica e nel Golfo (MASPAG) ha esteso la propria ricerca al territorio presso Wadi Al-Ma’awil. Si tratta di un contesto stretto tra due crinali che, alla vista, incorniciano un’ampia piana alluvionale. Proprio su quelle montagne, in apparenza impenetrabili, sono stati individuati dei petroglifi, forse prova di una mobilità antica. Una scoperta importante per il team archeologico italiano che si propone di studiare le relazioni tra uomo e il suo ambiente agli albori della storia.

Capire la terminologia: cos’è un petroglifo

La parola petroglifo non rientra certamente nel vocabolario di uso comune. Significa letteralmente “incisione su roccia” e in ambito scientifico intende l’uso storico di affermare sé stessi, il proprio passaggio, la propria vita, attraverso immagini o scrittura graffiata sulla pietra. L’attenzione di MASPAG si è rivolta anche a questo genere di fonti, così preziose per ricostruire il passato. Il professor Agostini (Filologia Semitica – Sapienza) delinea quest’ambito di ricerca con le seguenti parole: «Con la campagna di quest’anno si è deciso di iniziare a impostare anche le successive ricognizioni epigrafiche. Nella zona sono stati già individuati alcuni petroglifi, che sono piccole incisioni su roccia che, benché spesso di difficile datazione, possono però rivelarci qualcosa di importante sul contesto socioeconomico di chi le ha incise». Più in dettaglio: «L’Oman ha inoltre restituito alcune piccole iscrizioni rupestri in una scrittura non ancora ben interpretata e si spera dunque che nelle successive campagne si possano trovare ulteriori reperti testuali che possano aiutare nella loro comprensione».

Vista su uno dei passaggi montani in cui i petroglifi sono stati rinvenuti.

Petroglifi e come trovarli

L’archeologia è spesso sinonimo di esplorazione. Lo è almeno per la missione archeologica MASPAG presso Wadi Al-Ma’awil (Oman). Qui troviamo un contesto territoriale molto ampio e complesso da un punto di vista ambientale. Catene montuose, oasi e letti fluviali si intrecciano tra loro disegnando alla vista un paesaggio intricato, quasi labirintico. Infatti, non è facile individuare i resti archeologici che si possono osservare dal satellite, ed ancor più difficile è identificare ciò che la tecnologia non può vedere. Ad esempio, i petroglifi (incisioni su roccia) restano nascosti a qualsiasi indagine aerea. Bisogna cercarli inerpicandosi sulle montagne e spesso un aiuto fondamentale viene proprio dalla gente del posto. A volte l’arrampicata insegue il sentito dire, in altre occasioni sono proprio i locali a guidare il team di ricerca lungo sentieri improvvisati. È faticoso, ma anche appagante quando dietro lo sperone roccioso, magari nascosti e in ombra, appaiono le incisioni, testimonianze della mobilità antica.

Salita sui monti Hajar e vista sull’area indagata dal progetto MASPAG, la piana presso Wadi al-Ma’awil.

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Il Territorio omanita esplorato da MASPAG

La Missione Archeologica della Sapienza nella Penisola Arabica e nel Golfo (MASPAG) opera da più di quaranta anni in Oman. L’area archeologica si trova a ridosso del Tropico del Cancro, ed è facile intendere come il contesto paesaggistico sia completamente diverso da quello nostrano. Lo wadi, l’oasi e il sistema d’irrigazione Aflaj costituiscono l’ambiente omanita, definendo il paesaggio il cui operano i ricercatori italiani impegnati presso Wadi Al-Ma’awil.

Lo Wadi, il fiume dei deserti

Lo Wadi altro non è che un torrente tendenzialmente stagionale, che si gonfia durante la stagione delle piogge e va in secca nei periodi più caldi. Al di la di questo, la differenza con il contesto italiano sta nell’ampiezza raggiunta dal letto fluviale. Ad esempio, il Wadi che domina il territorio presso il sito di Wadi Al-Ma’awil può raggiungere un chilometro di larghezza. Ne consegue che intere aree vengono sommerse, trasformando le numerose alture in isolotti prigionieri delle acque. Le piene possono essere improvvise e devastanti, per questo la scelta del luogo in cui stabilirsi era di fondamentale importanza già agli albori dell’umanità. Esistono comunque Wadi perenni come quello di Wadi Shab: un paradiso le cui immagini ben dimostrano l’imponenza e l’importanza di un tale elemento nel territorio.

Veduta presso Wadi Shab

L’oasi, realtà oltre il miraggio

Le oasi sono letteralmente i polmoni con cui respira chi abita i deserti e le zone aride. All’ombra delle palme si articolano i villaggi, un dedalo di case e aree coltivate o dedicate al pascolo. Questa composizione è dovuta alla necessità di proteggersi dall’arsura che schiaccia l’ambiente superata l’ultima fila di alberi. Tanto oggi quanto in antico l’oasi rappresenta un elemento imprescindibile per la vita dell’uomo. Per questo l’attività di ricerca italiana presso Wadi Al-Ma’awil mira a rintracciare l’antica area verde di epoca storica, sicuramente presente nell’area indagata. L’obiettivo è infatti quello di comprendere i processi di addomesticamento delle oasi, la loro gestione, la loro difesa. Eppure, osservando il territorio risulterebbe difficile immagine un contesto verde e rigoglioso, sostituito ormai da chilometri di terra brulla. Questo perché le oasi si spostano nel tempo, al ritmo della trasformazione del Wadi piena dopo piena, o per l’esaurimento delle falde acquifere nel sottosuolo.

Veduta presso l’oasi moderna di Wadi Al-Ma’awil

Aflaj, ossia come l’uomo addomesticò l’acqua

Dire che l’Aflaj sia solo un sistema di canalizzazione è riduttivo e non rende giustizia a questa complessa ed affascinante soluzione per combattere la siccità. Affascinante è proprio la parola giusta perché furono le comunità antiche a ideare e sviluppare la canalizzazione delle acque del sottosuolo, portandole così alle aree abitate. Per approfondire abbiamo chiesto al dott. Guido Antinori di delineare il sistema: «Il falaj è il cuore dell’oasi, e quindi della vita in Oman. Le prime forme di questo tipo di canalizzazione ha permesso all’uomo di addomesticare un territorio difficile, creando piccoli paradisi verdi all’ombra della palme da dattero. Infatti, attraverso un sistema di pozzi e canali sotterranei l’acqua delle falde montane viene indirizzata verso le aree abitate a valle. L’origine del falaj anima il dibattito scientifico, e MASPAG cerca di contribuire studiandone le tracce nel paesaggio di Wadi Al-Ma’awil». Nel video a seguire può essere osservato  l’ingresso a un falaj moderno, intendendone così l’aspetto e la struttura. Un colpo sempre d’occhio utile per interpretare il passato.

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MASPAG, la Sapienza in Oman

La Missione Archeologica della Sapienza nella Penisola Arabica e nel Golfo (MASPAG) riprende le attività in Oman. L’area indagata si divide tra il complesso funerario di Daba Al-Bayah e l’oasi di Wadi Al-Ma’awil; quest’ultima indagata per la prima volta. In quest’occasione anche ArcheoMe sarà presente sul campo con il proposito di documentare e condividere l’avanzamento dei lavori.

L’Italia al di là dell’Italia

Non si parla spesso delle missioni archeologiche italiane all’estero, a meno che un importante ritrovamento non riesca a imporsi agli occhi dei media. Si verifica un improvviso picco d’interesse nell’opinione pubblica; poi, tutto tace e la ricerca italiana all’estero torna nell’ombra. Tuttavia, l’archeologia non è sinonimo di scoperte sensazionali, non è avvenirismo, ma lavoro costante, dedizione, e spesso ostacoli difficili da immaginare. ArcheoMe e MASPAG (social: FB- maspag; IG- maspag_archaeo) credono nell’importanza di raccontare la zona d’ombra dietro le grandi scoperte, con l’obiettivo di far comprendere come si arrivi a “riscrivere la storia”, frase spesso usata senza cognizione di causa che non rende giustizia ad una realtà molto più frequente di quanto si possa pensare. Questo viaggio dietro le quinte sarà raccontato da Edoardo Zanetti, dottore in filologia e storia del mondo antico, che avrà cura di documentare una storia diversa, quella degli archeologi italiani oltre i patrii confini.

L’attività di ricerca italiana in Oman

L’Oman è un luogo per certi versi magico: sospeso tra l’oceano e le alte montagne che lo separano dall’aridità del deserto. Questo è almeno il panorama che si può osservare dalla città di Muscat, base logistica per la missione italiana che indaga il contesto archeologico presso Wadi Al-Ma’awil. Sono state, infatti, individuate tracce di un insediamento connesso ad un’ampia necropoli. L’obiettivo del team italiano sarà quella di comprendere il rapporto tra uomo e ambiente agli albori della storia. «Più di quarant’anni di ricerca archeologica in Oman ci forniscono un quadro ampio e complesso dell’origine della società araba, ma c’è ancora tanto da fare» sono le parole del Professor Genchi. Il professor Ramazzotti aggiunge che «le ricerche archeologiche in Oman centro-settentrionale sono un Grande Scavo di Sapienza dal 2019, un’altra gemma dell’archeologia orientale nel mondo». Sarà svolta, pertanto, un’intensa indagine sul territorio con interessanti aggiornamenti che ArcheoMe non mancherà di documentare nei giorni a venire.

Il team Maspag in visita presso Wadi Al-Shab