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APPROFONDIMENTO | Essere mamma agli albori della storia

L’8 maggio si celebra la cosiddetta Festa della Mamma. Un evento che certamente riguarda il nostro presente ed il rapporto che abbiamo con chi ci è vicino. Eppure, vale la pena chiedersi quanto sia antica questa figura così amorevole, o così severa, ma che, in ogni caso, è legata ai figli da una certa consapevolezza e sentimento. Le fonti che ce la svelano sono di circa 4 millenni fa e, in particolare, sono i proverbi e le lettere di epoca sumerica e babilonese a rivelarne gli aspetti più intimi e affascinanti. A seguire, qualche piccolo spunto. 

Mai raccontare bugie alla mamma

Il rapporto con i figli è spesso così difficile da costituire un aspetto fondamentale nella vita dei genitori. Lo è oggi così come al tempo dei sumeri, tanto che in uno dei più antichi componimenti scritti dall’uomo, Le istruzioni di Shuruppak, databile alla metà III millennio a.C., è presente un consiglio pedagogico di particolare interesse. È rivolto ai figli, e recita come segue: Non devi dire bugie a tua madre: queste generano odio! […] La madre è come il dio sole, ha generato il genere umano (258–263). Concetto ripreso secoli dopo in un proverbio paleo-babilonese che definisce meglio l’insegnamento: un bambino dovrebbe comportarsi con modestia verso sua madre. Dovrebbe prendere in considerazione la vecchiaia! (UET 6/2 371). Insomma, i tempi cambiano ma certe dinamiche sembrano restare invariate.

Dipinto con ambientazione vicino orientale, An ancient custom di Edwin Long
Mamme disperate e figli ribelli

L’aspetto del disordine è uno dei principali casus belli tra mamme e figli. Nulla di nuovo, nemmeno per i sumeri. Infatti, non stupirà quanto le fonti antiche hanno da dire su questo argomento, anzi nel leggerle si potrebbe provare un certo senso di complicità o, più che altro, rassegnazione. Il consiglio, in questo caso, ha più il sapore di uno sfogo immortale: un figlio disordinato? sua madre non avrebbe dovuto metterlo al mondo, il suo dio non avrebbe dovuto crearlo! (c. 1.157). Non manca poi l’analisi del differente rapporto che si instaura con una figlia o con un figlio, come recita il seguente proverbio: una ragazza chiacchierona è messa a tacere da sua madre; un ragazzo chiacchierone non viene messo a tacere da sua madre (c. 1.185). Da questo punto di vista, ci si metta allora l’animo in pace: a quanto pare i maschi sono storicamente ingestibili.

Dipinto con ambientazione vicino orientale Queen Esther di Edwin Long
Mamme ingrate e figli fuorisede

Dato un assaggio ai proverbi sumerici, vale la pena passare alle lettere private. In un caso, troviamo un figlio che studia lontano da casa. Decisamente arrabbiato, prende argilla a stilo, e scrive una lettera a sua madre rinfacciandole di non inviargli vestiti nuovi. Il risultato è esilarante: […] Hai reso i miei vestiti più economici di anno in anno. Risparmiando sulle mie vesti sei diventata ricca! […] Il figlio di Adad-iddinam, il cui padre è un servo di mio padre, ha due vestiti nuovi […] Mentre tu mi hai dato alla luce, sua madre lo ha adottato, ma tu non mi ami nel modo in cui sua madre lo ama! (AbB 14 165). Una situazione proprio incresciosa quella vissuta dallo studente babilonese fuorisede che, evidentemente, subisce il peso di non sentirsi alla moda come i suoi coetanei. Che avesse ragione o meno il suo sfogo ha prevaricato, nel tempo, sulle ragioni di sua madre.

Dettaglio del dipinto con ambientazione vicino orientale, The Babylonian marriage market di Edwin Long
Mamme amorevoli e figli in ritardo a scuola

A chiusura di questo excursus sulle mamme agli albori della storia vale la pena ricordare la giustificazione di uno studente per il suo ritardo a scuola. L’episodio è tratto, in realtà, da un componimento sulla vita degli scribi, detto Edubba A, ma a tutti gli effetti è una finestra sulla vita scolastica dei fanciulli.  In questo caso, si può concludere che dar il la colpa alla mamma sia una strategia antichissima da usare con i maestri a scuola. Così parla il protagonista: la mattina svegliami, dissi, se faccio tardi il maestro mi punirà; ma al mio risveglio ho puntato gli occhi su mia madre, e le dissi, dammi la colazione che devo andare a scuola! Niente da fare, come si capisce dalle linee successive del testo, il ragazzo saltò la mattinata scolastica per aver ricevuto la colazione in ritardo. Sempre colpa di mamma, in ogni caso. D’altronde, un proverbio sumerico è molto chiaro in merito: la mia sorte è in una voce, (e) la mia mamma la può cambiare (c. 2.6).