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NEWS | Lombardia, piccoli borghi da proteggere

È simbolico che il convegno sul restauro sia stato organizzato a Palazzo Giureconsulti, ovvero all’interno di un sito che è l’esempio di un restauro di grandissima qualità, terminato proprio lo scorso aprile e che ha coinvolto la facciata e gli spazi interni, utilizzando anche tecniche e processi innovativi.

Sono le parole del presidente di Regione Lombardia al convegno “Il restauro guarda al futuro, organizzato da Confartigianato.

Tra gli altri, hanno partecipato all’evento Marco Granelli, presidente Confartigianato Imprese, Eugenio Massetti, presidente Confartigianato Imprese Lombardia e Antonella Ranaldi, sovrintendente archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Milano.

InnovaMusei, progetto della Regione Lombardia
Risultati raggiunti e nuovi impegni

Il presidente ha ricordato che Regione Lombardia, da inizio legislatura, ha promosso iniziative di conservazione e di valorizzazione dei beni culturali, mobili e immobili, di proprietà di enti e istituzioni ecclesiastiche, stanziando oltre 7 milioni di euro per ben 86 progetti di restauro indispensabili per la salvaguardia di opere di valore artistico, storico e culturale in piccoli borghi storici e nelle città lombarde.

Un esempio su tutti il campanile del Bernascone a Varese. Sempre dalla collaborazione con Fondazione Cariplo, (e Unioncamere Lombardia) è nato inoltre, il progetto InnovaMusei che ha stanziato 2,1 milioni di euro a favore di partenariati strategici nel settore delle raccolte museali ed ecomusei con il sostegno di imprese culturali e creative attive nel settore e portatrici di pratiche innovative. Sono stati sinora finanziati 16 progetti (17 imprese culturali e creative coinvolte) che hanno generato un investimento totale pari a oltre 3 milioni di euro.

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ENGLISH VERSION | Graves resurface in San Martino Dell’Argine (MN)

After some works done by the Navarolo di Casalmaggiore Consortium of Reclamation, some graves have emerged in San Martino dell’Argine, in the province of Mantua.

Excavations and archeological discovery

The 11 tombs have been brought to light in a range of about 350 metres; three of them present a covering, made of gabled bricks, known as “cappuccina”; these tombs appear to be divided into 4 seemingly separated cores.

san martino graves
Tomb with “cappuccina” covering.

The inhumation burials have unearthed adults and a few children. The complete absence of a funerary equipment makes it complicated to have a precise chronological dating, but the employment of reused bricks, especially inside the more structured graves, suggests the early medieval age. This hypothesis is supported by the discovery of holes belonging to wooden buildings and to ancient canals, which contain ceramic fragments.

san martino graves
Inhumation burial.

Occasional traces of prehistoric presence in the area have emerged from the diggings as well, and they are confirmed by the existence of a drainage well that contains small ceramic mixture fragments, confirming the flint retrieval during the initial investigations of 2020. The findings will allow to improve the knowledge of the area history, which will be useful to better understand the population dynamics of the Mantuan area.

Mayor Alessio Renoldi’s words

“Seeing those tombs buried for about 1.500 years in San Martino was both a surprise and an emotion. They’re invaluable pieces of history which confirm very early settlements in our territory, and this cannot help but arouse curiosity about the origins of our country. Obviously, we will try to make the best out of these discoveries, and we will provide as many information as possible to the citizens. I also hope that further investigation may bring out more fragments of history and knowledge of the town.”

san martino graves
Mayor Alessio Renoldi

Translation from: NEWS | Riaffiorano sepolture a San Martino dall’Argine (Mn)

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NEWS | Riaffiorano sepolture a San Martino dall’Argine (Mn)

Durante alcuni lavori eseguiti dal Consorzio di Bonifica Navarolo di Casalmaggiore riaffiorano sepolture a San Martino dall’Argine, in provincia di Mantova.

Gli scavi e la scoperta archeologica

Le 11 tombe sono state riportate alla luce in una fascia di circa 350 metri; tre sepolture presentano una copertura, detta “alla cappuccina”, formata da mattoni disposti a doppio spiovente; queste sembrano essere suddivise in quattro nuclei apparentemente separati.

Tomba con copertura “alla cappuccina”

Le sepolture ad inumazione hanno restituito individui adulti e alcuni bambini. L’assenza completa di elementi di corredo rende complicato arrivare ad una collocazione cronologica precisa, ma l’utilizzo, nelle tombe maggiormente strutturate, di laterizi di reimpiego fa ipotizzare un inquadramento in età alto medievale; questa ipotesi sarebbe avvalorata dal ritrovamento di alcune buche pertinenti a edifici lignei e di canali antichi, che stanno restituendo frammenti ceramici.

Sepoltura a inumazione

Dagli scavi sono emerse anche sporadiche tracce di frequentazione preistorica dell’area, attestata dalla presenza di un pozzetto di scarico con minuti frammenti ceramici ad impasto, che confermano il recupero di selce nel corso delle indagini preliminari del 2020. I dati emersi permetteranno di aggiungere tasselli per migliorare la conoscenza della storia dell’area, utili per meglio comprendere le dinamiche di popolamento antico nell’area mantovana.

Le parole del sindaco, Alessio Renoldi

“È stata una sorpresa e anche un’emozione vedere quelle tombe sepolte da circa 1.500 anni nei terreni di San Martino. Sono preziosissimi pezzi di storia che confermano insediamenti molto antichi dei nostri territori e non possono far altro che suscitare ulteriore curiosità sulle origini del nostro paese. Ovviamente cercheremo di valorizzare al meglio questo scoperte e quando sarà possibile metteremo a disposizione dei cittadini quante più informazioni possibili. Spero anche che ulteriori indagini possano far emergere nuovi frammenti di storia e di conoscenza del comune”.

Il sindaco, Alessio Renoldi

ENGLISH VERSION | Graves resurface in San Martino Dell’Argine (MN)

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DANTEDÌ | Divina Commedia: scoperte alcune pergamene del Trecento

Alcune pergamene della Divina Commedia, databili intorno al 1350, sono state ritrovate nella biblioteca storica del Collegio Ghislieri a Pavia. Le pergamene hanno restituito il II, III, X e XI canto del Paradiso della Commedia. Inoltre, gli straordinari frammenti sono tra i più antichi ritrovati.

Spiega Alessandro Maranesi, responsabile della biblioteca del Ghislieri e rettore vicario:

«Dalla ricostruzione che abbiamo potuto fare, questo documento era stato scoperto nel 1889 proprio al Collegio. Nonostante sia così prezioso, di lui non si seppe più nulla. Abbiamo contattato la Società Dantesca Italianavogliamo chiamare a raccolta i massimi studiosi per analizzarlo».

Divina Commedia
Le pergamene dantesche di Pavia
La storia delle pergamene

Le pagine trecentesche furono ritrovate nel 1889, dal laureando Celso Marchini, mentre era intento a consultare un’edizione parigina del Timeo di Platone. Successivamente, le pergamene vennero restaurate, ma furono presto dimenticate. Il testo è stato oggi riscoperto e attentamente analizzato dal professor Maranesi che ha iniziato a studiare le preziose carte. Alcuni elementi, le forme arcaizzanti e il tipo di scrittura, fanno datare le pergamene non oltre la metà del Trecento.

«Si tratta di uno dei frammenti più antichi della Divina Commedia mai rinvenuti. Certi dettagli, come il tipo stesso di pergamena e le lettere miniate in rosso, ci dicono che questi frammenti erano appartenuti a un Codice molto prezioso, che per il suo valore poteva trovare posto solo in case principesche, corporazioni religiose o famiglie potenti». Afferma il Professor Alessandro Maranesi.

Come siano arrivate le pergamene di Dante a Pavia, resta un mistero, ma è suggestiva l’ipotesi di un vero e proprio viaggio. Sarebbero appartenute ad un antico codice della ricchissima biblioteca visconteo–sforzesca che aveva sede nel castello Visconteo di Pavia, poi dispersa per mano dei francesi di Luigi XII nel 1499. 

divina commedia
Una delle pergamene trecentesche di Pavia
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ARCHEOLOGIA | Forcello (MN): gioiello dimenticato di archeologia etrusca

Il Forcello di Bagnolo S. Vito è il principale abitato etrusco-padano di VI-V secolo a.C. finora conosciuto in Lombardia, nonché il più settentrionale dell’area di espansione etrusca a nord del Po in età arcaica. Le indagini finora condotte fanno risalire la sua fondazione a poco dopo la metà del VI secolo a.C., mentre il definitivo abbandono si colloca agli inizi del IV secolo a.C., in probabile concomitanza con le invasioni galliche dell’Italia settentrionale (388 a.C.). Il sito del Forcello è collocato pochi chilometri a sud-ovest di Mantova, fra il paleoterrazzo del Mincio ad ovest e le bassure della valle fluviale ad est. Sorgeva su un’isola, o più probabilmente una penisola, circondata dalle acque del Mincio, situazione ideale per sfruttare questa importante risorsa come elemento di difesa e come via di comunicazione e di traffici.

Esso doveva rappresentare un punto di confluenza nodale per i traffici provenienti sia dai centri portuali adriatici di Spina e di Adria, sia da altri centri dell’Etruria padana, come Bologna e Marzabotto; ma era anche punto di partenza di quella via che, passando  per la valle del Mincio, attraverso Brescia e Bergamo, conduceva infine a Como, il centro principale della cultura di Golasecca durante il V secolo a.C. Le popolazioni golasecchiane, infatti, detenevano il controllo di alcuni dei più importanti passi alpini, come quello del San Bernardino, e, favoriti dalla loro origine celtica e dalla conoscenza dell’ambiente montano, mantenevano i contatti con i Celti d’oltralpe.
Nel sito sono stati rinvenuti, infatti, classi e tipi di manufatti non solo di produzione locale, ma anche di importazione provenienti dalle località più diverse. I primi attestano in modo indiscutibile che gli abitanti del Forcello erano di origine etrusca, mentre i secondi dimostrano che questo insediamento rappresentava un importante centro di traffici, punto nodale di comunicazione fra il mondo mediterraneo centro-orientale, egeo in particolare, e l’Europa centrale. La maggior parte delle merci provenienti dalla Grecia, dopo aver fatto scalo ad Adria e Spina, proseguiva il suo percorso su imbarcazioni adatte alla navigazione fluviale fino al Forcello. Le numerose anfore commerciali da trasporto rinvenute, di cui è stato finora possibile riconoscere almeno otto provenienze diverse, mostrano che i prodotti di scambio erano rappresentati prevalentemente da vino e da olio. L’origine e la quantità del prodotto era garantita proprio dalla forma delle anfore, che era peculiare di ogni singolo centro produttivo. Il consumo del vino viene adottato anche come costume tipicamente greco, già introdotto e apprezzato anche nell’Etruria propria, quello del banchetto.
Tra i prodotti esotici che giungevano al Forcello si ricordano anche due conchiglie cipree (Cypraea monetaria) originarie del Mar Rosso, una bambolina in terracotta prodotta a Corinto e una testina fittile appartenente ad una statuetta di probabile fabbricazione rodia. Costituisce, invece, un evento straordinario e isolato il rinvenimento, durante la campagna di scavi del 1999, di uno scarabeo in diaspro verde di produzione fenicio-cipriota. Proveniente dal livello di incendio di una casa, presso la parete sud-orientale dell’ambiente, si tratta di un sigillo che presenta una raffigurazione, intagliata sulla base, del dio egizio Bes in combattimento contro un leone. L’oggetto, prodotto forse attorno al 550-540 a.C., dovette rimanere in uso, come dimostrano le tracce di usura, per almeno due generazioni, fino a rimanere seppellito in seguito all’incendio che distrusse l’abitazione attorno al 500 a.C.

L’appartenenza degli abitanti del Forcello all’etnia etrusca è apparsa chiara, fin dalle prime ricerche, grazie ad alcuni precisi indizi, quali la presenza della caratteristica ceramica fine da tavola e la notevole quantità di materiale d’importazione dalla Grecia, mai così ben rappresentato rispetto agli altri centri padani non etruschi. A definire in modo inequivocabile la provenienza di questa comunità, tuttavia, sono stati i ritrovamenti di iscrizioni, impresse prima della cottura o incise sulla ceramica come graffiti in alfabeto e lingua etruschi. L’adozione dell’alfabeto greco da parte degli Etruschi si fa risalire al 700 a.C. circa. Dei 26 segni che ne facevano parte ne vengono selezionati inizialmente 22, poi solo 20, attestazione, quindi, di una scelta ragionata, data dall’esigenza di far corrispondere questi segni ai suoni di una lingua differente. Le iscrizioni del Forcello denotano peculiarità grafiche e onomastiche che trovano ampio riscontro nei centri adriatici di Adria e Spina, nel bolognese e nel reggiano. Esse rimandano, per grafia e norme ortografiche, all’Etruria settentrionale, ossia a città quali Volterra, Populonia e Chiusi. E’ dunque da questi luoghi, evidentemente, che ha avuto origine la colonizzazione etrusca della pianura padana.

 

ARCHAEOLOGY | Forcello: a forgotten jewel of Etruscan archaeology

Forcello di Bagnolo S. Vito is the main Etruscan-Po town of the 6th-5th century BC so far known in Lombardy, as well as the northernmost of the Etruscan expansion area north of the Po in the Archaic period. The investigations conducted so far trace its foundation until just after the middle of the sixth century BC, while the definitive abandonment takes place at the beginning of the fourth century BC, probably coinciding with the Gallic invasions of northern Italy (388 BC). The Forcello site is located a few kilometers south-west of Mantua, between the paleo terrace of the Mincio to the west and the lowlands of the river valley to the east. It stood on an island, or more likely a peninsula, surrounded by the waters of the Mincio, an ideal situation to exploit this important resource as an element of defense and as a means of communication and traffic. It was to represent a nodal point of confluence for the traffic coming both from the Adriatic port centres of Spina and Adria, and from other centres of the Etruria of the Po Valley, such as Bologna and Marzabotto; but it was also the starting point of the road which, passing from the Mincio valley, through Brescia and Bergamo, finally led to Como, the main centre of the culture of Golasecca during the 5th century BC. In fact, Golaseccans held control of the most important Alpine passes, such as that of San Bernardino, and, favoured by their Celtic origin and the knowledge of the mountain environment, they maintained contact with the Celts from across the Alps.
In fact, classes and types of artifacts were found not only of local production, but also imported from the most diverse locations. The former unquestionably attest that the inhabitants of Forcello were of Etruscan origin, while the latter demonstrate that this settlement represented an important centre of trade, a nodal point of communication between the central-eastern Mediterranean world, the Aegean in particular, and Central Europe.

Most of the goods coming from Greece, after having stopped in Adria and Spina, continued their journey on boats suitable for river navigation as far as the Forcello. The numerous commercial transport amphorae found, of which it has so far been possible to recognize at least eight different origins, show that the products of exchange were mainly represented by wine and oil. The origin and quantity of the product was guaranteed precisely by the shape of the amphorae, which was peculiar to each production centre. The consumption of wine is also adopted as a typically Greek custom, already introduced and appreciated also in Etruria, that of the banquet.

Among the exotic products that arrived there are also two cowry shells (Cypraea monetaria) originating from the Red Sea, a terracotta doll produced in Corinth and a clay head belonging to a statuette probably made in Rhodia. On the other hand, the discovery, during the excavation campaign of 1999, of a green jasper scarab of oriental Phoenician-Cypriot production constitutes an extraordinary and isolated event. Coming from the fire level of a house, near the south-eastern wall of the room, it is a seal with a representation of the Egyptian god Bes in battle against a lion carved on the base. Produced, perhaps, around 550-540 BC, it remained in use, as evidenced by the traces of wear, for at least two generations, until it was buried by the fire that destroyed the house around 500 BC .

The belonging of the inhabitants of Forcello to the Etruscan ethnic group appeared clear, right from the first researches, thanks to some precise indications, such as the presence of the characteristic fine tableware and the considerable amount of imported material from Greece, never so well represented compared to other Po valley centers. not Etruscans. To unequivocally define the origin of this community, however, were the findings of inscriptions, imprinted before firing or graffiti on ceramic, in the Etruscan alphabet and language. The adoption of the Greek alphabet by the Etruscans dates back to around 700 BC. Of the 26 signs that were part of it, 22 were initially selected, then only 20, proof, therefore, of a reasoned choice, given by the need to match these signs to the sounds of a different language. The Forcello inscriptions denote graphic and name-specific peculiarities that are widely reflected in the Adriatic centres of Adria and Spina, in the Bolognese and Reggio areas. In terms of spelling and orthographic norms, they refer to northern Etruria, that is to cities such as Volterra, Populonia and Chiusi. It is therefore from these places, clearly, that the Etruscan colonization of the Po valley originated.

                                                                                                                                            Article translated and curated by Veronica Muscitto