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NEWS | L’Olanda restituisce alla Sicilia i reperti della secca di Capistello

Tornano a casa, in Sicilia, trentotto reperti archeologici che raccontano la storia dei commerci marittimi nelle isole Eolie.

I reperti dalla nave ellenica naufragata

Si tratta di vasellame, coppe e skyphoi, a vernice nera classificato come greco-italico e di una grossa anfora che hanno rappresentato parte del carico di una nave da trasporto naufragata sulla secca di Capistello, al largo dell’isola di Lipari. Il relitto è stato identificato come una nave ellenica naufragata nel IV secolo a.C. sul versante orientale dell’isola con un carico, appunto, di anfore e ceramica a vernice nera.

A causa della particolare natura del fondale, la nave, dopo aver urtato sulla sommità della Secca, affondò riversando buona parte del materiale trasportato su una superfice di oltre 1200 m2. Attualmente il relitto si trova ad una profondità attestata tra i 60 e i 90 metri, cosa che rende molto difficile il completamento del suo recupero.

Trafficanti di reperti

La notevole profondità non sembra invece aver intimorito alcuni trafficanti di reperti che, a partire dagli anni ‘60, hanno in parte depredato il relitto riuscendo ad asportarne, per l’appunto, vasellame e anfore. Il relitto fu scoperto nel 1957 ad opera di alcuni ricercatori di corallo e successivamente venne studiato dall’Istituto Archeologico Germanico di Roma. Abbandonato il sito a causa di diversi incidenti mortali che occorsero agli addetti al recupero, il luogo venne saccheggiato più volte nel corso degli anni. Alcuni di questi materiali sono stati però, fortuitamente, riconosciuti nel lontano 2015 da Sebastiano Tusa durante una visita al museo Allard Pierson di Amsterdam in occasione di una mostra dal titolo Mirabilia Maris dedicata al mare e organizzata con la partecipazione congiunta di diversi Paesi mediterranei.

La restituzione dei reperti da parte del museo olandese

Allertato il museo olandese sulla presenza di reperti a suo tempo trafugati dalla Sicilia lo stesso si è reso subito disponibile per la restituzione. Una promessa, questa, fatta all’allora assessore regionale e compianto Sebastiano Tusa che riesci, con diplomazia, ad ottenere la restituzione volontaria di quanto in possesso del museo olandese. L’Iter iniziato proprio nel 2015 e perfezionato nel 2020 ha visto con la giornata di oggi il concretizzarsi di quella promessa e la consegna ufficiale, presso l’Arsenale della Marina Regia di Palermo, dei reperti archeologici a suo tempo depredati e rivenduti.

All’evento erano presenti il direttore del Allard Pierson Museum di Amsterdam, Wim Hupperez, Valeria Li Vigni per la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana e l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, oltre al comandante regionale del Nucleo Tutela del patrimonio Culturale dei Carabinieri, Maggiore Giangluigi Marmora. Le operazioni di rientro dei reperti in Sicilia sono state infatti coordinate dal Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale di Palermo che ha assicurato il proprio supporto alla riuscita dell’operazione.

Le parole dell’assessore Samonà…

I nostri tesori tornano finalmente a casa: grazie alla competenza di Sebastiano Tusa e all’intervento del Nucleo di Tutela del Patrimonio culturale dei Carabinieri, un prezioso pezzo di storia illecitamente sottratto – ha sottolineato l’assessore Samonà – è rientrato in Sicilia e sarà restituito alla collettività. Sono felice di aver incontrato il direttore del Museo di Amsterdam con il quale, sono certo, si troveranno ulteriori fruttuose occasioni per condividere esperienze culturali, nella prospettiva di un rapporto proficuo nel nome della cultura. L’importante azione di vigilanza, costantemente effettuata insieme alle forze dell’ordine, ci ha permesso in questi anni, di riportare a casa diverse testimonianze del nostro patrimonio culturale. Acquisire i reperti sottratti alla Sicilia, vigilare e attivare scambi proficui con i musei di tutto il mondo, è la strada su cui il governo regionale è costantemente impegnato.


… e della soprintendente del Mare Valeria Li Vigni

Abbiamo raggiunto l’obiettivo di Sebastiano Tusa – dichiara la Soprintendente del Mare Valeria Li Vigni – di riportare nelle nostre sedi i reperti della Secca di Capistello, che ha fornito innumerevoli e importanti dati sulla documentazione del relitto. Siamo particolarmente grati al direttore del museo olandese per aver tenuto fede alla promessa fatta nel 2015. La strada aperta da Sebastiano va assolutamente seguita integrando sempre di più gli stati che volontariamente hanno deciso di tutelare il patrimonio artistico e restituire volontariamente quanto a suo tempo ottenuto per mezzo di acquisti dietro cui c’erano scavi illegali.

Nel futuro – conclude la Li Vigni – recupereremo un’anfora dal relitto e grazie alle rilevazioni tridimensionali potremo capire appieno la natura e la portata della nave senza per questo rimuoverla, vista anche la profondità, salvaguardandola allo stesso tempo così come richiesto anche dall’Unesco.

La nave…

La nave da trasporto naufragata nel mare siciliano appariva costituita da un fasciame semplice e senza alcun rivestimento in piombo mentre i madieri e le ordinate risultavano alternate. Lo scafo, inoltre, alla prima ricognizione si presentava dotato di due ancore con ceppi in piombo. Di cui uno è stato recuperato insieme a pesi per reti da pesca oltre ad alcune barre sempre in piombo e ad un lingotto di stagno di circa 10 chili di peso. Il sito subacqueo oltre a conservare ancora lo scafo ligneo presenta anche innumerevoli reperti che potrebbero indurre, in futuro, la ripresa di una campagna di archeologia subacquea per la loro raccolta e catalogazione.

… e il suo carico

Alcune parti del carico hanno conservato, al momento del rinvenimento, la posizione di stivaggio originaria con gruppi di anfore disposte verticalmente e pile di ceramica a vernice nera riposte negli interstizi. Il carico risulta formato essenzialmente da anfore greco italiche contrassegnate da bolli e trattate internamente con resina (circa cento quelle già recuperate).

Molte delle anfore erano ancora chiuse da un tappo di sughero sigillato mentre i bolli impressi sulle stesse, con nomi greci interi o abbreviati (Cháres, Bíon, Eúxenos, Pop, Díon, Pare, Pist) sono stati confrontati con timbri analoghi rinvenuti a Ischia, Selinunte, Taranto e Gela. Oltre alle anfore greco italiche sono state recuperate anche alcune anfore puniche. Inoltre, ad impreziosire il carico, diverse centinaia di vasi a vernice nera di varie forme: piatti e coppe oltre ad alcune kylikes dipinte con motivi vegetali bianchi all’interno e ad alcune lucerne su alto piede sagomato.

Molti dei reperti a suo tempo asportati dal sito sono oggi custoditi presso il museo archeologico di Lipari.

 

 

 

di Massimo Mirabella

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ATTUALITÀ | Al Parco e al Museo di Lipari arriva il festival “Isole. Dialoghi tra arte e letteratura”

Cosa unisce l’immagine con la parola e quali possono essere le declinazioni possibili di questo incontro? Per scoprire alcune delle modalità, il festival Isole. Dialoghi tra arte e letteratura dall’8 all’11 luglio 2021 propone quattro serate – aperte gratuitamente al pubblico – che vedranno protagonisti alcuni dei nomi più interessanti degli ambiti artistici e letterari internazionali.

Cuore del festival sarà l’ex chiesa di Santa Caterina, nella cittadella fortificata che domina Lipari, nell’area del Parco Archeologico delle Eolie con il suo grande Museo dalla ricca collezione di reperti. È qui che attraverso esposizioni, sonorità e letture, artisti e scrittori, musicisti e narratori racconteranno al pubblico come nasce un’opera, ciascuno secondo la propria scelta espressiva.

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Orgogliosamente ne parlano l’assessore Samonà e il direttore Vilardo

«Isola nell’Isola, Lipari – sottolinea l’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà – si conferma luogo fisico e spirituale di riflessione: uno spazio fisso nella fluidità del mare delle idee. Attraverso queste quattro giornate, la Parola, strumento principe della comunicazione, diventa il ponte tra realtà ed esperienze diverse che si raccontano. Da Lipari il Parco Archeologico delle Eolie recupera la propria centralità come luogo che custodisce e racconta la storia millenaria della Sicilia e che, attraverso quest’iniziativa, si propone come cenacolo in cui ospitare un confronto dialettico e creativo fra artisti e pensatori in un momento di incontro e di ritrovata convivialità».

L’assessore Alberto Samonà

Si esprime anche il direttore del Parco, l’architetto Rosario Vilardo: «Incoraggiati dal gradimento del pubblico, il festival “Isole” torna al Parco Archeologico delle Eolie. Un’esperienza positiva, che conferma il ruolo del Parco come polo culturale delle Eolie, luogo di conoscenza e svago di qualità che, partendo dal nucleo fondamentale della collezione archeologica, accoglie e abbraccia le altre discipline come le espressioni figurative, teatrali, artistiche, letterarie e cinematografiche».

Rosario Vilardo, direttore del Parco Archeologico delle Eolie
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NEWS | A Lipari nascono il Museo e il Parco geominerario della pietra pomice

«A Lipari nasceranno un Museo e un Parco geominerario della pietra pomice. Lo ha deliberato il governo Musumeci, allo scopo di preservare e valorizzare l’antico patrimonio economico-culturale presente nella più grande delle Eolie». Orgogliosamente lo annuncia l’assessore Alberto Samonà con un post su Facebook. «L’obiettivo» – evidenzia Samonà – «è quello di realizzare un Museo e anche un Parco geominerario con funzione didattica, per conservare la memoria e la storia dei luoghi e testimoniare il processo estrattivo e la storia della pomice attraverso foto, documentazioni, testimonianze, oggetti e ricostruzioni del ciclo di lavorazione. Un obiettivo che il nostro governo intende perseguire in collaborazione con l’associazionismo locale e con l’Università messinese».

La pomice di Lipari

L’isola di Lipari era uno dei principali luoghi in cui, nel Settecento, veniva prodotta la pietra pomice esportata in tutta Europa. La delibera del governo Musumeci intende riqualificare, così, non solo un luogo fisico, ma anche la storia di un luogo e di un’attività dimenticate. L’idea di fare delle cave e dei resti di un’industria scomparsa un museo minerario diffuso nasce dall’esigenza di recuperare dallo stato di abbandono e degrado i magazzini dismessi da diversi anni. Si punta, oltre che al recupero, anche a fornire un nuovo punto di richiamo turistico in un contesto già ampiamente ricco di stimoli, grazie anche all’attività del Centro Studi Eoliano.

Piattaforme di estrazione dismesse (©Luca Moglia Photography)

«La storia dell’estrazione della pomice e dell’ossidiana sull’isola» – afferma il presidente della Regione Nello Musumeci – «ha radici antiche e rappresenta un’attività di rilevante valore, da proteggere e promuovere. Il governo regionale lavorerà affinché tale patrimonio non si disperda; al via tutte le attività necessarie alla realizzazione del progetto di istituzione del Museo della pomice e del Parco geominerario».

La pietra pomice, bianca, leggerissima, prodotta dall’azione vulcanica, per secoli ha trovato ampio utilizzo nell’edilizia, costando all’isola di Lipari fatica e risorse, anche umane. In virtù di questa sua ingente produzione, la zona eoliana era nota come “l’immenso magazzino che fornisce la pomice a tutta l’Europa”.

Spiaggia sulla cava di pietra pomice a Lipari (ME) – foto: la Repubblica

Immagini dei cavatori di pietra pomice via Welcome to Lipari e Eolnet.

In copertina: Cave di pietra pomice a Lipari (immagine via La Gazzetta del Sud).

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ATTUALITÀ | Al Museo di Lipari arriva la mostra “Dipinti sull’acqua”

Che sia il ruggito di un oceano in tempesta o il placido corso del Tevere, le luci notturne e tremule del golfo di Palermo o il promontorio di Portofino schiaffeggiato dalle onde, dal 26 giugno al 31 ottobre 2021 sull’isola di Lipari arriva la mostra Dipinti sull’acqua. Da Sartorio a De Conciliis, allestita fra le sale del Museo Archeologico Bernabò Brea e le celle dell’ex Carcere, trasformato dal 2015 in Polo d’Arte contemporanea.

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È qui, tra le anfore recuperate negli abissi marini delle Eolie, i vasi policromi del “Pittore di Lipari” e la più ricca collezione di maschere della tragedia e della commedia greca che si fanno spazio – come improvvise finestre sul blu – diciannove tele di artisti vissuti negli ultimi due secoli. Artisti che all’acqua, simbolo della vita per eccellenza – ed elemento della natura più ineffabile, sotto il profilo pittorico, per la sua stessa fisicità e trasparenza – hanno dedicato paesaggi, scene di vita quotidiana o istanti di ingenua felicità.

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Carla Celesia di Vegliasco, Acqua e sole, olio su tela, 1912

A cura di Brigida Mascitti, la mostra è quindi promossa dal Parco Archeologico delle Eolie e realizzata in collaborazione con la Regione Siciliana, che la ospita degli spazi del Museo Archeologico Bernabò Brea. La mostra nasce infatti da un’idea del direttore, l’architetto Rosario Vilardo, e di Lorenzo Zichichi e aggiunge un nuovo capitolo all’indagine sulla “pittura d’acqua”.

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Karl Lindemann Frommel, Passeggiata di Poussin verso Monte Mario, olio su tela, 1859
Le parole dell’assessore Samonà

«Inodore, insapore, incolore, priva di forma eppure origine primigenia della vita sulla Terra. Dipingere l’acqua, per un pittore, può essere la sfida di una  stagione creativa o l’ossessione di una vita intera, come è stato infatti per alcuni fra gli artisti in mostra a Lipari. E quale spazio, meglio di un’isola, per sua stessa natura circondata dall’acqua, si presta ad accogliere una mostra come questa che vivifica e rigenera il percorso espositivo di uno tra i più sorprendenti musei della nostra Regione? Siamo certi, dunque, che i viaggiatori attesi alle Eolie nei prossimi mesi ameranno moltissimo questa raffinatissima, liquida suggestione che i “Dipinti sull’acqua” donano a questo museo e alla sua ricchissima collezione di reperti».

L’assessore Alberto Samonà
Gli approcci all’acqua spiegati dalla curatrice Brigida Mascitti
Brigida Mascitti, curatrice della mostra

Spiega la curatrice, Brigida Mascitti, storica e critica dell’arte specializzata nel Novecento storico: «La gamma degli approcci stilistici, concettuali e tematici all’immagine dell’acqua è assolutamente varia, e prescinde dunque dalla cronologia delle opere. Ed è così che il Tevere, con le sue enormi anse, è protagonista della tela Passeggiata di Poussin verso Monte Mario del 1859 di Karl Lindermann Frommel come della Valle del Tevere 1 del 2000 di Ettore De Conciliis. L’acqua spesso è anche l’elemento caratterizzante la città: così ne Il porto di New York del 1912 di Attilio Pusterla, nella tela Brasile. Nei dintorni di Olinda del 1924 di Giulio Aristide Sartorio e nel Canale di Venezia del 1939 di Bruno Croatto».

Bruno Croatto, Canale a Venezia, olio su tela, 1939

Continua: «I contemporanei De Conciliis e Piero Guccione si soffermano sulle placide sfumature di blu del mare con Perenni transiti III del 2015 e lo studio da Il nero e l’azzurro del 2003. Immancabile, inoltre, l’omaggio alla Sicilia, isola bagnata contemporaneamente da tre distinti mari ed immortalata da Vito Bongiorno con l’opera omaggio alla propria terra natale My land del 2021 o con una veduta spettacolare al crepuscolo del Porto di Palermo, opera del 2010 di Ettore De Conciliis».

Piero Guccione, Studio nero e azzurro, 2003

In copertina: Francesco Santosuosso, Tempesta sull’oceano primordiale, olio e acrilico su tela, 2019.

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NEWS | Archeologia Subacquea in Sicilia, nuovi tesori riemergono dal mare di Filicudi (ME)

Il mare antistante Filicudi (ME) ha restituito altri splendidi tesori. Si tratta di tre anfore integre, individuate durante le operazioni di controllo effettuate dalla Soprintendenza del Mare. La soprintendente Valeria Li Vigni ha presenziato alle operazioni assieme a Pietro Selvaggio del Nucleo subacqueo. Non poteva mancare l’ispettore onorario per i Beni Culturali sommersi delle Isole Eolie, Salvino Antioco. In aggiunta, la collaborazione dell’armatore del catamarano, Kaskazi Four, e dell’associazione Attiva Stromboli è stata determinante nel recupero.

I reperti rinvenuti nel mare di Filicudi (ME) – foto: Alberto Samonà

«Siamo stati tempestivi – dice la soprintendente Valeria Li Vigni – in un’operazione di monitoraggio e recupero che ha salvaguardato la pubblica fruizione dei beni, che da oggi saranno visibili al Museo Archeologico di Lipari “Bernabò Brea”, nella sezione distaccata di Filicudi. Un’operazione che ci riempie quindi di gioia e ci motiva giornalmente nell’attività di vigilanza, recupero e tutela dei beni custoditi in fondo al mare».

La soprintendente Valeria Li Vigni
LE ANFORE DI FILICUDI

Il ritrovamento riguarda due anfore di più piccole dimensioni, della tipologia MGS 2 (datata al III secolo a.C.), e una più grande della tipologia greco-italica (datata al II secolo a.C.). Quest’ultima, in particolare, porta inscritta la lettera greca eta interpretata come la probabile sigla del costruttore, effettuata prima della cottura. Inoltre, insieme a questo gruppo, sono stati rinvenuti alcuni frammenti di un’anfora del tipo Keay XXV, di provenienza tunisina. Tutti i reperti saranno visibili al MArE di Lipari.

Frammenti dell’anfora del tipo Keay XXV – foto: Alberto Samonà
Le due anfore del tipo MGS 2 – foto: Alberto Samonà

«Il mare delle Eolie – sottolinea l’assessore ai Beni Culturali Alberto Samonà – si rivela ricco di reperti che testimoniano la vitalità dei traffici commerciali che hanno animato il mare della Sicilia nel passato. Ancora una volta, la collaborazione tra le associazioni e la Soprintendenza del Mare si è rivelata preziosa. Ha consentito di recuperare e proteggere un prezioso patrimonio che rimane nella sua sede di ritrovamento, nel senso di una continuità di lettura».

L’assessore Alberto Samonà

Infine, alle parole dell’assessore fanno eco quelle del direttore del Parco Rosario Vilardo: «Il Parco archeologico delle Eolie è felice di accogliere ed esporre nelle sue sale il prezioso patrimonio recuperato dalla Soprintendenza del Mare. Un’operazione che permette quindi di mantenere sul posto ciò che è stato restituito dal mare; nel segno di un’unitarietà di lettura scientifica che ci consente di ricostruire, nelle sale museali delle Eolie, oltre 8000 anni di storia testimoniata».

Rosario Vilardo, direttore del Parco e del Museo di Lipari – foto: Tempo Stretto
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NEWS | Madeleine Cavalier al Museo Archeologico di Lipari

Domani, 20 giugno 2021, alle ore 11, ci sarà una conferenza al Castello di Lipari dal titolo Una chiacchierata con Madeleine. L’incontro si svolgerà in occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia.

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Chi è Madeleine Cavalier

Madeleine Cavalier è l’archeologa francese che dal 1950 fino a pochi anni fa ha svolto la sua attività di ricerca e di studio soprattutto nell’arcipelago Eoliano, ma anche a Tindari, Milazzo e in altri siti siciliani. Lavorando quindi assieme a Luigi Bernabò Brea, ha contribuito in maniera determinante alla fondazione del Museo Archeologico di Lipari e allo sviluppo delle sue collezioni.

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Madeleine Cavalier in archivio – foto: Regione Siciliana

Non è possibile qui elencare gli innumerevoli e fondamentali scavi e gli studi da lei realizzati, molti dei quali assieme al grande archeologo Luigi Bernabò Brea. Possiamo ricordare, tuttavia, tra le molte onorificenze ricevute, la Medaglia di bronzo dal Ministero della Pubblica Istruzione per i benemeriti della Cultura e dell’Arte; nonché la nomina a Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e a Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres.

Cavalier e Brea – foto: Archivio Storico Eoliano

Durante le Giornate Europee dell’Archeologia, Madeleine Cavalier è a Lipari e domenica 20 luglio, assieme al direttore Rosario Vilardo ed all’archeologa Maria Clara Martinelli, incontrerà i cittadini dell’arcipelago Eoliano che tanto le debbono.

In copertina: Luigi Bernabò Brea con Madeleine Cavalier sugli scavi di Lipari.

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NEWS | Scoperta una inedita lettera di Garibaldi agli eoliani

Lo storico eoliano Pino La Greca ha scoperto una lettera finora inedita che Garibaldi inviò ai cittadini di Lipari nel 1860. Nino Saltalamacchia, Presidente del Centro Studi eoliano (che quest’anno compie 40 anni dalla fondazione), rende nota questa stupefacente notizia.

La lettera inedita di Garibaldi

La lettera, come riporta il testo, è stata inviata il 23 luglio di 160 anni fa, dal comando generale di Milazzo dell’Esercito nazionale in Sicilia.
Garibaldi ringrazia i cittadini di Lipari “per la generosa risoluzione: “Proclamate il governo italiano di Vittorio Emanuele ed eleggetevi un governatore alla maggioranza dei voti, al quale io conferisco temporaneamente poteri illimitati. Mantenetevi in corrispondenza col Prodittatore in Palermo per via di Milazzo, e con me, mentre soggiornerò in quest’isola. Vostro Giuseppe Garibaldi”.

La storia

Nonostante le parole scritte sulla lettera, noi sappiamo che Garibaldi, dopo la vittoria di Milazzo, partì per Messina. Prima di fare ciò, però, aveva dato disposizioni per l’occupazione di Lipari e delle isole dell’arcipelago a un gruppo di eoliani che avevano combattuto a Milazzo. Tale gruppo era guidato dal maggiore Giovanni Canale, che fu nominato governatore dallo stesso Garibaldi, fino all’esito delle nuove elezioni comunali. 

Il notaio eoliano Don Rosario Rodriguez trascrisse e conservò la lettera che oggi fa parte dei documenti del fascicolo relativo alle indagini sull’omicidio dell’ex sindaco borbonico Giuseppe Policastro, avvenuto nell’autunno del 1860, che lo stesso Pino La Greca sta studiando.

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ARCHEOLOGIA | Le meraviglie del Museo Archeologico Luigi Bernabò Brea di Lipari

Luigi Bernabó Brea e Madeleine Cavalier

Il Museo Archeologico Regionale Eoliano Luigi Bernabò Brea, nato da un precedente Antiquarium e posto sull’altopiano conosciuto come “il Castello”, fu inaugurato nel 1954. La sua sistemazione fu fortemente voluta dallo studioso Bernabò Brea, a cui  è stato successivamente dedicato, e dalla celebre Madeleine Cavalier. Quest’ultima, dopo aver condotto scavi e ricerche di stampo preistorico sul territorio ligure, fu sua collaboratrice fin dal 1951, quando assunse la direzione scientifica degli scavi a Lipari e di tutta l’attività archeologica nelle isole Eolie. La collaborazione tra i due ha significativamente ampliato la precedente collezione museale, tanto che si è resa necessaria l’apertura di nuovi poli. Oggi il Museo Archeologico di Lipari si articola in ben 6 sezioni – Preistoria, Epigrafia, Isole Minori, Età Classica, Vulcanologia e Paleontologia del Quaternario – che hanno sede in altrettanti edifici. L’esposizione si avvale di un esaustivo apparato didattico, composto da pannelli nelle lingue italiano e inglese. Essa documenta lo sviluppo degli insediamenti umani e delle civiltà che si sono succedute nel tempo nell’Arcipelago Eoliano.

La Sezione Preistorica

La Sezione Preistorica si trova in un edificio del XVIII secolo che, sorto sui ruderi del monastero normanno, fu sede del Palazzo Vescovile. I reperti in esso conservati mostrano il susseguirsi delle culture dall’età Neolitica (fine V millennio a.C.) al Tardo Bronzo (XI-X secolo a.C.). I materiali provengono dagli scavi condotti nell’area del Castello e nelle zone che hanno dato nome alle culture susseguitesi. Da Piano Conte, ad esempio, ci arrivano le ceramiche tipiche dell’omonima cultura dell’Eneolitico Medio; da Castellaro Vecchio, invece, provengono le tracce dei più antichi insediamenti neolitici. A questi, si aggiungono i manufatti rinvenuti a Contrada Diana e Spatarella. In tale sezione, per l’Età del Bronzo, sono esposti anche i reperti provenienti dagli insediamenti della cultura di Capo Graziano (Filicudi) e della cultura del Milazzese (Panarea).

Il percorso espositivo della Sezione Preistorica del Museo continua con le testimonianze dell’Ausonio I e dell’Ausonio II, i cui tipi ceramici sembrano analoghi a quelli del Tardo-Appenninico e alla cultura Protovillanoviana della penisola italiana. Infine, il percorso termina con le interessanti offerte votive, rinvenute all’interno del bòthros dedicato a Eolo, risalenti alla fondazione cnidia di Lipàra (580/576 a.C.).

La Sezione Epigrafica del Museo

La Sezione Epigrafica del Museo Archeologico di Lipari trova anch’essa posto nell’ex Palazzo Vescovile, all’interno della Sala X. Questa espone numerosi cippi e stele funerarie di età greca e romana, rinvenuti nell’area archeologica di Contrada Diana. Le iscrizioni recano i nomi dei defunti a cui, alle volte, si aggiungono formule dedicatorie o benauguranti. Il grande numero di reperti ha reso necessario la collocazione delle numerose stele anche nell’attiguo giardino, dove sono accompagnate da numerosi sarcofagi provenienti dalla stessa necropoli.

La Sezione delle Isole Minori

La Sezione delle Isole Minori del Museo Archeologico di Lipari, invece, è ubicata in un piccolo edificio di fronte alla Sezione Preistorica. All’interno delle sue vetrine, trovano posto numerosi reperti, provenienti dai contesti archeologici delle isole minori e databili tra il Neolitico Superiore e il Bronzo Medio. Punto saliente di questo percorso espositivo è la ricostruzione di una capanna dell’Età del Bronzo. Tale riproduzione, che occupa la zona centrale del padiglione dedicato all’Archeologia delle isole minori, è stata possibile mediante lo studio congiunto da parte di archeologi e archeobotanici.  

La Sezione Classica del Museo

Sala XIX con ricostruzione della trincea di scavo della necropoli dell’età del Bronzo

La Sezione Classica è, sicuramente, la più corposa e occupa il maggior numero di stanze all’interno del principale edificio novecentesco del Museo. Attraverso i tre piani a essa dedicati, i reperti sono esposti in modo da ricostruire il ricco quadro storico-culturale della città greco-romana. Oltre la Sala XX, in cui sono esemplificati i diversi tipi di sepoltura (sarcofagi e vasi di medie e grosse dimensioni), si segnala la Sala XIX, che propone una fedele ricostruzione della trincea di scavo della necropoli dell’Età del Bronzo, posta al di sotto dell’ex Piazza Monfalcone. Ai piani superiori si trovano esposti i numerosi reperti provenienti dai ricchi corredi funebri, tra i quali figurano le magnifiche maschere, suddivise per epoca e per tipo: si tratta di maschere della commedia e della tragedia greca e romana. Altri spazi espositivi sono dedicati alla collezione numismatica e agli oggetti di oreficeria.

La grande piramide delle anfore del Relitto A Roghi esposta nella sala XXVII

Da ultimo, fa parte della grande Sezione Classica l’ampia sala dedicata all’Archeologia subacquea. In questa sala troviamo esposti i carichi delle navi greche e romane disgraziatamente naufragate nelle acque dell’Arcipelago, nonché materiali di varie epoche, provenienti da discariche portuali in aree d’approdo oggi scomparse. Il visitatore è subito attratto dall’esposizione a piramide delle anfore del Relitto A Roghi di Capo Graziano, che occupa il centro della Sala XXVII. Successivamente, il visitatore prosegue il percorso espositivo attraverso i reperti di diverse epoche, magistralmente esposti in ordine cronologico.

La Sezione Vulcanologica

La Sezione Vulcanologica ha sede in un edificio del XIV secolo, accanto alla Sezione delle Isole Minori, che fu successivamente ampliato nel XVII secolo. La collezione è intitolata al grande vulcanologo Alfred Rittmann e mette in mostra la geomorfologia di origine vulcanica dell’arcipelago eoliano. Il percorso espositivo porta il visitatore ad osservare una serie di campioni geologici – tra cui la famosa ossidiana – e le ricostruzioni plastiche, che hanno lo scopo didattico di metterlo in contatto con gli aspetti produttivi ed economici dei diversi insediamenti umani che si sono succeduti sulle isole.

La Sezione Paleontologia del Quaternario

La Sezione di Paleontologia del Quaternario, infine, occupa attualmente una saletta posta nel settore sud-occidentale del Castello. La collezione prevede una serie di sedimenti e di fossili che dovevano essere presenti sulle diverse isole dell’Arcipelago Eoliano nel corso del Quaternario. Di notevole interesse è un frammento dello scudo di una tartaruga terrestre, inglobato nelle piroclasti di Valle Pera di Lipari e risalente a un periodo temporale compreso fra i 127.000 e i 104.000 anni fa.   

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ARCHAEOLOGY | The wonders of the Archaeological Museum Luigi Bernabò Brea in Lipari

Luigi Bernabó Brea and Madeleine Cavalier

The Regional Aeolian Archaeological Museum Luigi Bernabò Brea, born from a previous Antquarium and located on the plateau known as “Il Castello” (The Castle), was inaugurated in 1954.

Its arrangement was strongly desired by the scholar Bernabò Brea, to whom it was later dedicated, and by the famous Madeleine Cavalier. The latter, after having carried out prehistorical excavations and research in Liguria, was his research partner since 1951, when she took over the scientific direction of the excavations in Lipari and of all the archaeological activity in the Aeolian Islands. The collaboration between the two significantly allowed so much the expansion of the previous museum collection that it was necessary to open new centres. Today, the Archaeological Museum of Lipari consisting of six pavilions that contain respectively: Prehistory, Epigraphy, Minor Islands, Classical Age, Vulcanology and Paleontology of the Quaternary which are located in as many buildings. The exhibition makes use of a rich and exhaustive information that spread across captions in Italian and English. It documents the development of human settlements and the development of the successive civilizations in the Aeolian Archipelago.

The Prehistoric Section

This Section is located in an eighteenth century building which, built on the ruins of the Norman monastery, was the seat of the “Palazzo Vescovile” (Bishop’s Palace). The finds preserved in it show the succession of cultures from the Neolithic age (end of the 5th millennium BC) to the Late Bronze Age (11th-10th century BC). The materials come from excavations carried out in the area of “Il Castello”and in the areas that have given their names to successive cultures. From Piano Conte, for example, we get the typical ceramics of the homonymous Middle Eneolithic culture; from Castellaro Vecchio, on the other hand, the traces of the most ancient Neolithic settlements come. To these are added the artifacts found in Contrada Diana and Spatarella. In this section, for the Bronze Age, the finds from the settlements of the culture of Capo Graziano (Filicudi) and the culture of Milazzese (Panarea) are also exhibited.

The exhibition itinerary of the Prehistoric Section of the Museum continues with the evidence of Ausonius I and Ausonius II, whose handcrafted ceramics seem similar to those of the Late-Apennine and to the Protovillanovian culture of the Italian peninsula. Finally, the itinerary ends with the interesting votive offerings, found inside the bothros dedicated to Aeolus, dating back to the Cnidian foundation of Lipàra (580-576 BC).

The Epigraphical Section of the Museum

The Epigraphical Section of the Archaeological Museum of Lipari is also located in the former “Palazzo Vescovile”, inside Room X. This exhibits numerous memorial stones and funerary stelae from the Greek and Roman age, found in the archaeological area of Contrada Diana. The inscriptions bear the names of the deceased, to which, at times, dedicatory or auspicious formulas are added. The large number of finds made it necessary to place the numerous stelae also in the adjacent garden, where they are accompanied by numerous sarcophagi from the same necropolis.

The Minor Islands Section

This section, on the other hand, is located in a small building opposite the Pre-Historic Section. Inside its showcases, there are numerous finds, coming from the archaeological contexts of the smaller islands and datable between the Upper Neolithic and the Middle Bronze Age. The highlight of this exhibition is the reconstruction of a Bronze Age hut. This reproduction, which occupies the central area of the pavilion dedicated to the archaeology of the smaller islands, was made possible through the joint study by archaeologists and archaeobotanists.

The Classical Section of the Museum

 

 

 

Room XIX with reconstruction of the excavation trench of the Bronze Age necropolis

The Classical Section is certainly the largest and occupies the largest number of rooms inside the main twentieth-century building of the Museum. Through the three floors dedicated to it, the finds are exhibited in order to reconstruct the rich historical-cultural framework of the Greco-Roman city. Beyond Room XX, in which the different types of burial are exemplified (sarcophagi and vases of medium and large dimensions), there is Room XIX, which offers a faithful reconstruction of the excavation trench of the Bronze Age necropolis, located below the former Piazza Monfalcone. On the upper floors are exhibited the numerous finds from the rich funeral objects, including the magnificent masks, divided by age and type: they are masks of Greek and Roman comedy and tragedy. Other exhibition spaces are dedicated to the numismatics and jewellery objects.

 

The great pyramid of the amphorae of Wreck A Roghi on display in room XXVII

Finally, the large room dedicated to underwater archeology is part of the Classical Section. In this room Greek and Roman ships are showcased unfortunately shipwrecked in the waters of the Archipelago, as well as materials from various eras, coming from port dumps in landing areas that have now disappeared. The visitor is immediately attracted by the pyramid-like display of the wreck amphorae of A. Roghi of Capo Graziano , which occupies the centre of Room XXVII. Subsequently, the visitor continues the exhibition itinerary through the finds from different eras, masterfully displayed in chronological order.

The Vulcanological Section

The Vulcanological Section is based in a 14th century building, next to the Minor Islands Section, which was later enlarged in the 17th century. The collection is named after the great vulcanologist Alfred Rittmann and showcases the geomorphology of volcanic origin of the Aeolian archipelago. The exhibition itinerary leads the visitor to observe a series of geological samples – including the famous obsidian – and the plastic reconstructions, which have the didactic purpose of getting him in touch with the productive and economic aspects of the various human settlements that have occurred on the islands .

The Paleontology of the Quaternary Section

Finally, this Section currently occupies a small room located in the south-western sector of “Il Castello”. The collection includes a series of sediments and fossils that must have been present on the various islands of the Aeolian Archipelago during the Quaternary. Of considerable interest is a fragment of the shield of a terrestrial turtle, incorporated in the pyroclasts of Valle Pera di Lipari and dating back to a time period between 127,000 and 104,000 years ago.

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ARCHEOLOGIA | Il Parco Archeologico di Contrada Diana

Il Parco Archeologico di Contrada Diana si trova a Lipari, nell’area pianeggiante a sud del Vallone Ponte e a nord del Vallone S. Lucia. All’area del Parco appartengono l’ampia zona recintata nei pressi del Palazzo Vescovile, delimitata a sud dall’ex via Diana (ora via G. Marconi), e altre piccole aree archeologiche adiacenti. L’intera area archeologica è stata istituita nel 1971 dalla allora Soprintendenza delle Antichità della Sicilia Orientale. Nel 1987, invece, a seguito della nascita della Soprintendenza dei Beni Culturali a Messina, è diventata patrimonio archeologico della provincia di Messina.

Area del Parco Archeologico di Contrada Diana e Castello di Lipari

Scavi archeologici sistematici sono stati condotti fin dal 1948. Per circa un ventennio, a partire dal 1954, le indagini furono condotte da Luigi Bernabò Brea e Madeleine Cavalier, i quali contribuirono a fondare il Parco e, soprattutto, il Museo Archeologico. L’intera area del Parco conserva memoria di tutta la storia dell’isola e ha restituito testimonianze di età preistorica, greca e romana. Tra queste, di particolare interesse sono la necropoli greco-romana e i resti delle cinte murarie, cui si aggiungono due complessi termali.

La necropoli di Contrada Diana  

Il cuore del Parco Archeologico di Contrada Diana è costituito dalla grande necropoli. Primo sito a essere scavato, in oltre sessant’anni di scavo ha restituito quasi 3000 sepolture. Le tombe erano disposte ordinatamente, in filari, e sovrappose su più ordini: le più recenti, infatti, si trovano al di sopra di quelle più antiche. Tutte le sepolture hanno orientamento N-S e ognuna di esse era accompagnata da un corredo interno e da uno esterno. Sono state identificate ben otto tipologie di sepoltura: si tratta, prevalentemente, di sepolture in sarcofagi, più raramente all’interno di anfore defunzionalizzate. Il corredo esterno, prima posto entro un grande vaso, a partire dalla metà del IV secolo a.C. viene inserito all’interno di un involucro di argilla cruda. In età imperiale, dal I al V secolo d.C., oltre al riutilizzo di vecchie sepolture greche le tombe assumono anche forma monumentale con recinti e ipogei familiari. 

Il rito funebre era misto e prevedeva sia l’inumazione che l’incinerazione, con una netta prevalenza della prima sulla seconda. I ricchi corredi funebri, conservati all’interno del Museo Archeologico Regionale Eoliano, erano composti di ceramica figurata e non, gioielli e oggetti in metallo, statuette e maschere in terracotta, che riproducono personaggi della commedia e della tragedia greche e romane.

La cinta muraria

Gli scavi archeologici hanno portato alla luce i resti di due cinte murarie, una risalente al periodo della prima fondazione e l’altra al rifacimento della metà del IV secolo a.C. Le mura più antiche sono state rinvenute nel 1954, sotto quella che oggi è piazza Luigi Salvatore d’Austria. Si tratta di mura in opera poligonale, con grandi blocchi di pietra lavica perfettamente sbozzati, costruite con l’intento di proteggere il nucleo abitativo greco, che si estendeva tra la collina della Civita e il Castello.

Ciò che è visibile a Contrada Diana è il rifacimento della prima metà del IV secolo a.C.: si tratta di un tratto lungo 50 m, che evidenzia la presenza di torri quadrate di protezione. La nuova e più ampia cortina si adattava all’espansione dell’abitato greco. Questa seconda tecnica di costruzione prevedeva un riempimento di pietrame compatto, foderato, su entrambe le facce, da blocchi isodomi in pietra proveniente dal Monte Rosa di Lipari.

Con l’arrivo dei Romani, la città greca viene distrutta e obliterata dai resti della rioccupazione di epoca romana. Nella seconda metà del I secolo a.C., i cittadini edificano una nuova parallela linea di fortificazione, che dista 6,50 m dalla precedente: si tratta dell’aggere di Sesto Pompeo, opera dalla forma irregolare, composta di solo pietrame a secco e blocchi di spoglio. Le nuove mura facevano parte delle fortificazioni volute da Sesto Pompeo in occasione della guerra civile del 36 a.C. contro Ottaviano. Le mura, così come la necropoli, sono impiantate in un’area che era stata sede del villaggio preistorico, afferente alla cultura di Capo Graziano: esse, infatti, tagliano i resti di antiche capanne a pianta ovale, costruite con la tecnica del muro a secco.

I complessi termali

A tutto questo si aggiungono i complessi termali di via Mons. Bernardino Re e di via Franza. Il primo si trova quasi di fronte al Palazzo Vescovile e mostra resti di ambienti a carattere pubblico, con mosaici pavimentali e canalette di scarico, databili all’età imperiale. Sono ben visibili, inoltre, i resti di una vasca a ferro di cavallo, il frigidarium, e alcuni spazi adiacenti interpretati come tepidarium e calidarium. In via Franza, incastonato in quello che gli studiosi interpretano come un quartiere lavorativo, vi è un più modesto edificio termale. Questo, risulta essere composto da tre vani, dotati di pavimento in cocciopesto, uno dei quali, per la presenza delle caratteristiche colonnine in mattonelle sotto il piano pavimentale, è stato riconosciuto come calidarium. Questo secondo edificio termale risale alla tarda età imperiale.