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Accadde oggi

«La libertà non è uno spazio libero: è partecipazione»

Il 25 Aprile rappresenta l’occasione giusta per interrogarci su tematiche che, pur essendo importanti, vengono confinate nel luccichio della retorica: una di queste riguarda il significato della libertà.

Il 25 Aprile del 1945 iniziò la ritirata delle truppe nazifasciste dalle città di Torino e Milano come risultato del processo di liberazione attuato dai partigiani italiani e dalle truppe anglo-americane. Infatti l’Italia, all’indomani dell’armistizio di Cassibile dell’8 settembre del 1943, fu occupata militarmente dalle truppe naziste come previsto dall’Operazione Achse, pianificata da Hitler nel caso in cui l’Italia si fosse rivelata un alleato debole.

La mancata coscienza della libertà

Fin dal principio della costituzione dell’Italia Unita, gli italiani non hanno mai partecipato alla formulazione del concetto di libertà. Si noti che, prima del 1861, i movimenti che portarono alla fondazione dell’Unità non partirono mai dal basso con vere e proprie intenzioni rivoluzionarie, ma furono sempre guidati e idealizzati da intellettuali come Mazzini. Infatti, come dice Corrado Augias in Il disagio della libertà, la mancanza di partecipazione all’idea di nazione va ricercata nella mancanza di società. Fin dalla proclamazione del Regno d’Italia la democrazia non è mai stata contemplata, non permettendo lo sviluppo di quell’idea di libertà e coscienza civica fondamentale per una buona società democratica.

La libertà, come cantava Gaber, è «partecipazione», partecipazione alla collettività e all’idea di “bene”. Sempre Gaber affermava che l’uomo può essere libero solo nella democrazia, dove il concetto di libertà trova la sua miglior esplicazione. 

La libertà è stata indagata da molti pensatori: da Platone a Agnes Heller, passando per Locke, Spinoza e Kant, è stata un filo conduttore nella storia e nelle società. Heller è l’esempio più appropriato per questo nostro discorso in relazione alla Festa della Liberazione. La filosofa ha vissuto, da ebrea, in prima persona la limitazione della propria libertà personale nei lontani anni ’30 e ’40. Riuscita a scampare ai campi di concentramento, si è impegnata per tutta la vita in una riflessione morale atta ad accogliere la varietà dei valori nella post-modernità. Da ciò possiamo comprendere che la libertà non è incondizionata, ma ha dei limiti: il rispetto reciproco, il mutuo riconoscimento dell’idea di umanità e la non violazione della dignità altrui.

Fino a che punto si può limitare la libertà?

Nell’uomo vi è il sentimento di libertà, lo stesso sentimento che ha dominato i partigiani italiani negli anni della guerra per liberarsi dall’invasione straniera e dal regime fascista. Come dice la Heller nel suo libro Etica generale: “La libertà, sia personale che di scelta, è basata sull’esperienza vissuta, ovvero sentiamo quando è il momento di scegliere”. Nell’attimo in cui è nato il gruppo partigiano, il cuore degli italiani ha vibrato con spirito rivoluzionario, in favore di una liberazione territoriale e ideologica. Per Heller, la libertà è basata sull’autonomia morale, cioè la possibilità di ognuno di scegliere in una gamma finita di opzioni.

Continuando sul filone filosofico, il pensatore contemporaneo Paul Ricœur afferma che l’uomo può conquistare la propria libertà attraverso le parole e le azioni che, nel caso dei partigiani italiani, hanno portato alla nascita della Repubblica Italiana il 2 giugno 1946. La conquista di questo “spazio” socio-politico per noi è un dono e una responsabilità poiché la libertà non è una realtà statica, ma un processo dinamico in cui ognuno deve divenire una persona libera e un cittadino consapevole del fatto che si è liberi solo insieme.

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Bandiera dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia

Di Kevin Vadalà e Antonio Morabito

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SPECIALE ROMA | La storia di Euno: lo “Spartacus” di Sicilia che sfidò le legioni

Riceviamo e pubblichiamo la riflessione delle studentesse Alice Caccamo e Irene Paino sulla figura e vicenda dello schiavo Euno durante la prima guerra servile di Sicilia.

Un nome che molto probabilmente pochi di voi ricordano o conoscono, eppure rappresenta una delle fasi più significative della storia romana. Alla fine delle guerre puniche, con la distruzione di Cartagine tra le fiamme e il famoso pianto del console Scipione l’Emiliano sulle rovine della città, la Sicilia inizia ad assumere una posizione di centralità: da protagonista. Il terreno siculo ha da sempre interessato il governo romano per le sue caratteristiche, l’importante posizione geografica sul Mediterraneo, e le sue ricchezze agricole. In particolare, nel periodo successivo alle guerre puniche, la strategia commerciale del territorio siciliano si basava soprattutto su l’uso della manodopera servile. Contesto in cui si registra un significativo aumento di schiavi.

Le condizioni disumane e la crudeltà dei “padroni” furono causa probabile dei primi contrasti. La scintilla scoppiò nel 136 a.c nella città di Enna (Hennae) quando Eunus, uno schiavo siciliano, guidò una ribellione nei confronti di un ricco possidente: Damofilo. Dopo aver ucciso quest’ultimo attraverso le stesse condanne cui erano soggetti la maggior parte degli schiavi, Euno fu proclamato re e si fece nominareAntioco” (nome comune della dinastia siriana dei Seleucidi). La sua figura si trova ancora oggi in un limbo tra l’essere stato un umile schiavo, che ha trovato il coraggio di ribellarsi e farsi portavoce di quella parte della popolazione che veniva privata anche del diritto di essere umani, e l’essere profeta. Infatti, Euno sosteneva di avere dei contatti con la dea siriaca Atagartis e di riuscire a prevedere il futuro. Le sommosse si allargarono presto a tutta la Sicilia tra il 133 e il 132 a. C. Nelle zone di Morgantina, di  Agrigento, Messina e Taormina avvennero diversi scontri, in cui i “ribelli” riuscirono a sconfiggere le legioni romane.

Ci volle poco tempo perché l’esercito romano si macchiasse di una grande strage compiuta ad Enna. Euno fu catturato e imprigionato a Morgantina, dove vi morì. Così si conclude una delle pagine più buie della Storia, spesso sottovalutate e sminuite.  Molteplici sono i personaggi di cui, nel raccontare il passato, facciamo a meno di ricordare e che al contrario caratterizzano dei paragrafi importanti del grande Libro delle nostre origini. Noi, uomini di oggi, siamo fortunati ad avere la possibilità di conoscere e sapere del nostro passato. Solo in questo modo potremo rivoluzionare il futuro.

Euno
Francesco Sciortino, “La rivolta di Euno”, Sala Cerere (Enna)

Come scriveva Virgilio: “Felix qui potuit rerum cognoscere causas”. La storia di Euno diventa l’occasione per discutere sui principi della libertà e della dignità dell’uomo; valori talmente preziosi che si è disposti a pagare per essi il prezzo estremo. Egli, privato persino della possibilità di proclamarsi uomo, era stato marchiato a fuoco, identificato come un oggetto di proprietà del padrone. Come lui, migliaia di uomini e donne erano costretti a patire sofferenze e angherie quotidiane, a vivere un inferno sulla terra, nudi in tutti i sensi, spogliati anche della dignità. Ma sappiamo cosa succede alla corda che viene tirata troppo.

Oggi esistono numeri di emergenza, associazioni e organizzazioni mondiali che si occupano della salvaguardia dei diritti umani. Nel II secolo a.C., che strumenti avevano Euno e gli altri se non la propria frustrazione, rabbia e violenza per dire “basta”? Basta alla sopraffazione dell’uomo sull’uomo, alle umiliazioni, alle privazioni, alla mortificazione che annienta l’umano. I consoli erano soliti crocifiggere gli schiavi ribelli perché la crocifissione era ritenuta il supplizio più inumano e indecoroso. Ad Euno, invece, l’estremo supplizio venne risparmiato: i romani riconoscevano in lui qualcosa di più di un semplice schiavo. Il filologo e storico Luciano Canfora sostiene che egli è stato trattato, anche nell’ultima tremenda punizione, come un sovrano prigioniero. Questo perché ebbe il coraggio di alzare la testa e di lottare per vivere una vita degna di essere vissuta o di morire provandoci. Euno decise di non accettare passivamente il giogo che gli altri gli avevano posto intorno al collo, da oggetto divenne soggetto attivo. E come dice Karl Jaspers: “la vita non sarebbe degna di essere vissuta se non si rischiasse il sacrificio e, anche se vano, non è privo di significato.

L’epigrafe della statua di Euno a Enna recita:

L'umile schiavo Euno, / da questa sicana fortezza, arditamente lanciava il grido di libertà per i suoi compagni  d’avventura, / il diritto affermando di ogni uomo  a nascere libero / ed anche a liberamente morire.
Euno
Monumento a Euno – Castello di Lombardia, Enna

In copertina: statua di Euno ad Enna (fonte: Sicilian Post).

 

IRENE PAINO E ALICE CACCAMO