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ACCADDE OGGI | 8 giugno 208 a.C.: un ragazzo, sua nonna e un eunuco conquistarono Roma

L’8 giugno 208 a.C. si svolse la battaglia di Antiochia, non a torto un vero e proprio paradosso nella storia della Roma Imperiale. Macrino, infatti, riuscì a mettersi in scacco da solo, offrendo la vittoria ad un nemico più debole e impreparato. Tale sconfitta permise a Giulia Mesa di porre sul trono di Roma suo nipote, Eliogabalo, dapprima amato, poi abbandonato.

Il fatto storico

Il tempo non giocò a favore di Macrino. L’aiuto che aveva chiesto al senato, e che dimostra lo stato di debolezza dell’imperatore, non arrivò mai in tempo. Inoltre, parte della II legione Parthica, dopo aver ucciso il proprio comandante Ulpio Giuliano, passò dalla parte di Eliogabalo. In questo modo, Macrino fu costretto ad affrontare il nemico contando solo su quanto rimaneva delle proprie forze, la guardia pretoriana. Gli mosse contro Gannys, eunuco e tutore di Eliogabalo, promosso al ruolo di prefetto del pretorio. Inizialmente i pretoriani di Macrino riuscirono a sfondare la difesa avversarie, ma Giulia Mesa e Gannys riuscirono a risollevare la morale degli uomini, capovolgendo l’esito di quello scontro. Alla fine, Macrino fu costretto ad asserragliarsi in Antiochia e, intuita la fine, tentò la fuga sotto false spoglie.

Busto di Macrino, Musei Capitolini
Malcontento e propaganda: come conquistare un impero

Principalmente due furono le cause che portarono alla battaglia di Antiochia. Il fatto che Macrino avesse ridotto la paga e i privilegi dei legionari, e la propaganda sostenuta da Giulia Mesa a favore di suo nipote Eliogabalo, sacerdote del dio Sole di Emesa e presunto figlio di Caracalla. Dapprima fu la III legione gallica ad appoggiare il giovanissimo Eliogabalo; poi, sempre più legionari prestarono ascolto alle promesse di Giulia Mesa, scontenti delle privazioni subite. Addirittura, il prefetto del pretorio  della II legione parthica, Ulpio Giuliano, inviato da Macrino a sedar la rivolta, fu tradito dai suoi che passarono dalla parte dei ribelli. Laute allora furono le promesse di pagamento fatte da Macrino ai soldati. In effetti, la lotta per il potere non fu tanto vinta dagli eserciti quanto dall’offerta migliore in campo, ed i soldati si fidarono più delle ricchezze di Giulia Mesa che non di Macrino.